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I ministri Delrio (Infrastrutture), Ambiente (Galletti) e Cultura (Franceschini) concordi nel rimettere ogni decisione nelle mani della nuova amministrazione

«Sull’alternativa alle grandi navi in laguna deciderà il prossimo sindaco. Rispettando l’ordine del giorno del Senato, che prevede di mettere a confronto le varie soluzioni progettuali». È questa la conclusione a cui sono giunti ieri pomeriggio i ministri delle Infrastrutture Graziano Delrio, dell’Ambiente Gian Luca Galletti e dei Beni culturali Enrico Franceschini.

Nessuna «forzatura» del governo, dunque. Come auspicavano i sostenitori della soluzione Contorta (Autorità portuale in testa) e come invece temevano i comitati, che hanno inviato proprio ieri ai ministri un corposo dossier sulla vicenda. Con le elezioni alle porte e il nuovo sindaco in arrivo, la politica ha deciso che per prendere una decisione sul futuro della città si attenda la nuova nomina, dopo quasi un anno di commissario.

Proprio il commissario aveva partecipato nell’agosto scorso a un Comitatone – allora il ministro era Maurizio Lupi – astenendosi sulla decisione di mandare avanti il progetto Contorta, già allora sostenuto dal Porto.

Nel frattempo il Contorta è andato all’esame della Via, la commissione di Impatto ambientale, restituito al mittente con la richiesta di corpose osservazioni. E adesso l’Ispra, l’Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale, ha demolito anche le risposte inviate dal Porto alle richieste di integrazione della commissione nazionale Via. 250 pagine, 134 richieste che secondo l’Ispra «non hanno ricevuto risposte dal proponente».

Non basta, perché secondo i tecnici del ministero «le misure di compensazione proposte non annullano gli impatti. Anzi, ne comporta di ulteriori che vanno valutati».

Scenario sempre più difficile, quello per il nuovo canale Contorta. Che anche i candidati sindaci, nessuno escluso, hanno bocciato, pur avendo soluzioni alternative diverse.

Si fanno strada anche le altre alternative, già all’esame della commissione Via pur se non inserite nella «Legge Obiettivo» come ricorda il presidente del Porto Paolo Costa. Le nuove banchine a Marghera, il nuovo terminal alla bocca di porto di Lido, come proposto da De Piccoli-Duferco. Questa è l’ipotesi che sembra in vantaggio rispetto alle altre, sostenuta anche dai comitati «No Grandi Navi». Ma è proprio l’unico progetto che la Clia, la compagnia internazionale delle crociere, dice «non essere compatibile». Scartato a suo tempo anche dall’Autorità portuale, ma non ancora dal ministero. La tensione aumenta, e il mondo delle crociere preme per una soluzione. «Se no le compagnie sceglieranno altri porti», dice Costa. Soluzione adesso rinviata ai primi di giugno. A oltre tre anni dal tragico naufragio della Costa Concordia. Che aveva riaperto la polemica sul «rischio» del passaggio delle navi a pochi metri da San Marco, con un divieto mai applicato alla laguna.

Alberto Vitucci

 

L’ex magistrato ne ha discusso con le società delle grandi rotte internazionali

«Siamo per la crocieristica, con garanzie». Ieri gli incontri con Realacci e Vendola

«Ho incontrato i rappresentanti della Clia, l’associazione degli armatori delle grandi rotte navali internazionali, presenti rappresentanti di Carnival e Msc. E andrò a parlare con Vtp. Anche gli armatori sono d’accordo nell’evitare lo scavo del canale Contorta e abbiamo portato su questa linea anche gli altri candidati sindaco. È ampio il consenso al no al Contorta. Ora bisogna decidere rapidamente sulle alternative. E ribadisco che noi siamo per la croceristica a Venezia, garantendo il lavoro e l’equilibrio ambientale».

Grandi navi , Felice Casson ribadisce la sua posizione a Mestre incontrando in piazzale Donatori di sangue l’amico onorevole Ermete Realacci, presidente della commissione Presidente VIII commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera.

«Non è lungimirante proseguire con lo scavo del Contorta», conferma Realacci, ricordando il pronunciamento unanime del Senato sulla valutazione di alternative.

I due hanno lavorato assieme anche al disegno di legge sugli ecoreati che dovrebbe essere approvato martedì. Venezia, dice Realacci, merita il ruolo di capitale del Veneto, «regione al secondo posto in Italia per investimenti nella Green economy», e che occupa 6.400 aziende in Provincia, «quelle che si sono difese meglio dalla crisi».

Ambiente, salute, lavoro. Tre temi cardine del programma di Casson: ieri mattina all’Officina del gusto l’incontro con il mondo della sanità veneziana, nel pomeriggio a Forte Marghera il saluto a Niki Vendola, leader di Sel arrivato per sostenere la lista di Bettin “2020Ve”.

«Bonifiche, sostegno alle produzioni green, difesa dei servizi sociali pubblici sono tra le cifre distintive della lista e della coalizione», dice Casson che, dopo la visita alla Grandi Molini, è sempre più convinto che il rilancio per la città passi anche per un forte investimento su Porto Marghera ma servono azioni lungimiranti: sburocratizzazione, economia green, e zona franca economica per garantire innovazione e finanziamenti europei. Su Alles promette battaglia e sul Vallone Moranzani, servono accordi con «impegni precisi». E conclude: «Lavoriamo uniti, se lo faremo concluderemo la partita il 31 maggio con una vittoria».

Mitia Chiarin

 

Nuova Venezia – Lido. Bisogno di legalita’ e trasparenza.

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17

mag

2015

Il noto scandalo del Mose ed ora la vicenda legata alle (per ora presunte) infiltrazioni della ‘ndrangheta al Lido non possono che confermare l’enorme bisogno – anche nel nostro territorio – di legalità e trasparenza, soprattutto nel campo degli appalti e delle nuove opere.

Legalità e trasparenza che ritengo siano state ben carenti al Lido ad iniziare da quello strano commissariamento esteso a tutta l’isola e a quella vicina della Certosa. Un Commissario della Protezione Civile (ma non c’era stato alcun terremoto o altra emergenza!) per portare a termine un nuovo inutile Palazzo del Cinema (cosa peraltro non avvenuta: esiste solo un gran buco nella terra e nelle finanze pubbliche) ma anche per far passare, senza il normale iter autorizzativo, progetti edificatori anche privati su terreni privati, come per il Parco delle Rose, proposto dalla società sotto inchiesta.

Per “valorizzare” il Lido. L’ex Commissario Spaziante aveva comunque istituito, benché non obbligatoria, una Conferenza di Servizi, in cui Comune, Regione, Soprintendenza, ecc. avevano sostanzialmente approvato i vari progetti, che per diversi motivi – cambi di proprietà, scarse risorse, ripensamenti – non sono stati poi neanche completati, con grave danno alla collettività, all’ambiente e anche all’occupazione (in particolare per quanto riguarda l’Hotel Des Bains).

Da notare che lo stesso Commissario aveva fatto presente che tale allargamento di poteri e territorio era stato richiesto (e orgogliosamente rivendicato) dal Sindaco Cacciari; il Presidente del Consiglio Berlusconi l’aveva prontamente accontentato. Peccato che a denunciare tali storture e le pesanti criticità dei vari progetti siamo stati solo noi ambientalisti e pochi (troppo pochi) esponenti del mondo politico e della cultura.

Cristina Romieri  – Venezia Lido ambiente

 

Gazzettino – Venezia . Chiesta la concessione per sei anni.

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17

mag

2015

POVEGLIA – L’associazione presenta al Demanio una nuova offerta

L’associazione Poveglia per Tutti fa i conti e si scopre come finora siano stati spesi, per feste e ordinaria amministrazione, poco più di 14mila euro. Di questi, quasi 5mila sono stati utilizzati per la festa nell’isola di Poveglia, cifra considerevole in quanto quasi 2mila erano stati chiesti dal Demanio per polizza assicurativa, fidejussoria e per sbarcare lì. Mentre ben 3mila sono stati incassati dal portale Paypal, noto intermediario di sicurezza finanziaria che per la sola funzione di garante si è pappato una cospicua fetta di introiti. In tutto, l’associazione ha incassato, dalla nascita, 488mila euro, 83 sono stati restituiti a chi ha deciso di non lasciarli all’associazione, assestandosi oggi a quota 390mila.

Cifra che è servita al direttivo per richiedere la concessione al Demanio per almeno sei anni. Sei anni, hanno fatto sapere mercoledì a San Leonardo dall’associazione, sono il periodo in cui si sarebbe in grado di provvedere alla Fase 0, quella in cui si darebbe una sistemata all’isola dopo tanto tempo, andando oltre, arricchendola di una novità: la ristrutturazione di due edifici. La casa del custode, il cui restauro è quantificato in 120mila euro più il lavoro gratuito degli associati, potrebbe diventare così il presidio dell’associazione.

Dal 4 maggio, data in cui è stata protocollata la richiesta, si dovranno attendere almeno 45 giorni, anche se c’è la speranza, accompagnata da un velato ottimismo, che la situazione possa sbloccarsi favorevolmente. Il prossimo appuntamento sarà per il 6 giugno alla Cooperativa Il Cerchio di Sacca Fisola dove si chiederà ai soci di partecipare per proporre un cambiamento di statuto da quello attuale, ad uno più tagliato sul processo partecipativo. In tal senso, si è stabilito anche di proporre la possibilità di suggerire modifiche direttamente dal sito www.povegliapertutti.org.

 

Inviata la richiesta al demanio

POVEGLIA – L’associazione Poveglia potrebbe ottenere la gestione per sei anni dell’omonima isola. Lo hanno detto in Sala San Leonardo, in occasione di un incontro con la cittadinanza, Lorenzo Pesola e Gianluca Ghigi, parte dello staff del gruppo che da un anno a questa parte sta dedicando tempo e impegno per ottenere la concessione.

La richiesta è stata ufficialmente avanzata qualche giorno fa al direttore del Demanio, Vincenzo Capobianco, unita a un dossier in cui viene spiegato il progetto di recupero. Entro 45 giorni si saprà se i volontari potranno concretizzare il primo passo per il restauro dell’isola che implica l’utilizzo di 400 mila euro, l’intera somma dei fondi versati dai soci finora.

Come primo intervento si vorrebbe aprire il parco dell’isola, perimetrare le parti pericolanti e con 110 mila euro iniziare il restauro dell’edificio della casa del custode. Nel frattempo s’inizierebbe una raccolta fondi tramite crow-funding per permettere ai soci di continuare il lavoro di recupero di Poveglia, da un anno in balìa di lunghe e delicate trattative con il Demanio.

Insomma, se la concessione venisse conferita, si potrebbe portare avanti la prima operazione sul verde, in modo da cominciare subito a renderlo fruibile per i veneziani.

Un primo segnale positivo è comunque arrivato. Il prossimo 21 giugno l’Associazione Poveglia organizzerà un presidio sull’isola, ma, a differenza dell’anno scorso che si era dovuta versare una somma per i permessi, quest’anno il Demanio ha concesso tutto gratuitamente. Una bella sorpresa per i soci che hanno apprezzato il gesto di apertura.

Un’altra novità sta nel rinnovo del direttivo che verrà scelto il giorno dell’assemblea il 6 giugno. Per adesso si stanno ricevendo le candidature da inviare alla mail dell’Associazione Poveglia.

(v.m.)

 

AL SUMMIT PROMOSSO DALL’ASSESSORE CONTE

VENEZIA – Venezia frena sull’idrovia. La grande opera, del valore di 700 milioni di euro tutti da trovare, metterebbe di certo al riparo da alluvioni il territorio padovano, ma non darebbe ancora garanzie sicure sull’impatto dello scolmatore sulla laguna. È questa la preoccupazione di comitati e associazioni, espressa ieri nel Palazzo Grandi Stazioni di Venezia all’assessore all’Ambiente Maurizio Conte, all’ingegnere Luigi D’Alpaos e al dirigente Settore Suolo della Regione Tiziano Pinato.

Immediata la risposta dell’ingegnere padovano che replica ai veneziani di non barricarsi dietro a inutili “no” e di non perdere questa straordinaria occasione di riportare dei sedimenti in una laguna «che è già mare e che perde 500.000 metri cubi di sedimenti all’anno».

Dopo l’aggiudicazione definitiva del bando di gara europeo al padovano Beta Studio e alla società milanese Technital s.p.a. per l’«affidamento del progetto preliminare per il completamento dell’idrovia Padova Venezia come canale navigabile e scolmatore», ieri si sono ribadite ai progettisti le criticità: i comitati chiedono uno studio di impatto ambientale, costi e benefici del progetto e trasparenza sugli effetti nella laguna. Alessandro Campalto, presidente della Conferenza dei sindaci della Riviera, composto da dieci Comuni padovani e veneziani, ha ribadito il loro unanime sì, ma verificando che sia un progetto che porti benefici a tutti.

Si è parlato poi del ruolo strategico che potrebbe avere il Porto Off Shore per favorire l’attività industriale di Padova e della necessità di pensare alla navigazione con chiatte e non con navi.

Nel progetto è inserito anche lo studio della possibilità di utilizzare l’idrovia come scolmatore del Bacchiglione e non solo del Brenta.

Per adesso non ci sono fondi, il Piano Dissesto del premier dirà se ci sono soldi per il Veneto.

Vera Mantengoli

 

CAMPONOGARA – Parte l’iter per la realizzazione dell’Idrovia Padova Mare. Ad annunciarlo è la Regione, che ha invitato alla prima riunione i comitati di Riviera, Piovese e vicentino, che da anni si battono per la realizzazione dell’opera.

«In seguito dell’aggiudicazione definitiva della progettazione preliminare per il completamento dell’Idrovia Padova – Venezia come canale navigabile di quinta classe per navi fluvio-marittime», spiega la Regione, «è stato sottoscritto il contratto d’appalto con il raggruppamento temporaneo di imprese che si è aggiudicato la gara. Per garantire la partecipazione a tutti i portatori di interessi, l’assessorato alla difesa del suolo ha convocato per domani (oggi) alle 15 a Palazzo Grandi Stazioni a Venezia, un incontro per illustrare gli obiettivi dell’opera».

Quella dell’idrovia è la storia di un’opera che aspetta da 50 anni di essere completata. Si tratta del canale navigabile tra Padova e Venezia. Se ultimato potrebbe proteggere una zona ad alto rischio dalle alluvioni, dare impulso al turismo sulle vie d’acqua e togliere traffico merci dalle autostrade. Mancano solo 13 chilometri da scavare, ma dopo 50 anni e 55 miliardi di vecchie lire, il canale è ancora incompiuto.

«In questo incontro», spiega per il comitato Brenta Sicuro Marino Zamboni, «chiederemo che la portata del canale sia di almeno 400/450 metri cubi al secondo cioè la capacità necessaria a salvare dalle disastrose alluvioni vaste aree di Padova e Venezia, Mira compresa».

(a.ab.)

 

Nuova Venezia – Mestre. Noi pendolari siamo presi in giro.

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14

mag

2015

L’intervento

Claudio Peris

A Mestre all’alba non si guarda all’orario ufficiale perchè tutto ruota attorno alle Frecce, che hanno la precedenza. Noi pendolari siamo presi in giro

Non ci crederete, ma qui in Veneto esiste una stazione dove i treni partono prima di arrivare. Una stazione dove, se vai sul binario del treno all’orario previsto per il suo arrivo, magari alle prime ore dell’alba, ti accorgi che quel treno non c’è! È già partito….

Succede tutti i giorni alla stazione ferroviaria di Mestre. Purtroppo non solo con il primo treno per Venezia Santa Lucia del mattino che è previsto in arrivo al binario alle 5.41 con partenza successiva alle 5.43, ma a tutte le ore. Qui, dicono i ferrovieri, per Venezia è prevista la “partenza anticipata” anche di cinque, sei minuti. Alla faccia dell’orario ufficiale che prevede un orario di arrivo del treno e uno di partenza. Come in tutte le stazioni del mondo.

Per noi poveri pendolari, perso il treno previsto, non resta allora che correre da un binario all’altro in cerca di quello successivo per Venezia. Ma non sarà sicuramente un’impresa facile. Arrivati sull’altro binario, mentre speri di salire, neanche a farlo apposta anche quel treno ti sfila sotto il naso e lo perdi ancora! È partito in anticipo pure quello.

E allora corri, corri da un binario all’altro e finisci per perdere sia l’uno che l’altro treno. Eh sì: perché mentre corri dall’undicesimo al primo binario e sali le scale “l’altro treno” non c’è: è già partito.

Se poi, a causa dei perenni lavori di sistemazione degli ascensori sui binari (inizio lavori nel marzo 2014 e tuttora fermi), il treno si ferma lontano dalla salita delle scale del binario, ti tocca fare i cento metri di corsa sul marciapiede, sperando che nel frattempo il capotreno non sia disattento e ti chiuda le porte in faccia, facendoti rimanere lì impalato a imprecare sul binario.

Se poi ancora, come nel caso del treno da Mestre per Venezia delle 5.43 lo perdi, ti tocca aspettare fino alle 6.04, sempre che quel treno arrivi! Mi è capitato qualche volta, infatti, che il treno da Treviso è stato cancellato e allora non ti resta che aspettare il successivo…

Finisci così per arrivare a Venezia (nonostante la levataccia) alle 6.20 se ti va bene. Quasi quaranta minuti dopo! Un’eternità per fare 10 chilometri di ferrovia tra Mestre e Venezia.

Ma se non vi basta, mi è anche capitato durante una giornata qualsiasi (in orari normali) che salendo in tempo sul treno da Mestre per Venezia, dopo una lunga attesa (più di dieci minuti dopo dell’orario previsto per la partenza), il mio treno inspiegabilmente rimaneva fermo, non partiva!

E come una beffa intanto vedevo partire per Venezia le Frecce Bianche e quelle Rosse… E come nelle comiche anche gli altri treni regionali. Treni con orario di partenza successivo al mio? Mi sono chiesto: «Quale è la logica delle ferrovie? I misteri della stazione di Mestre sono infiniti?». No. Mi hanno spiegato: precedenza alle Frecce. Certamente! Ma per i regionali niente regole? Devono aspettare solo i treni di serie B?

Nel frattempo, per complicare la vita a noi pendolari e a tutti i viaggiatori, sono spariti nella stazione di Mestre quasi tutti i monitor che segnalavano l’orario di arrivo dei treni. Mentre su quelli delle partenze per Venezia invece, le Frecce non esistono e non ci si può nemmeno salire!

Che calvario. Non solo per noi lavoratori, ma anche per i turisti e addirittura, come spesso me lo dicono, anche per gli stessi ferrovieri! E pensare che tanti anni fa, nel sottopassaggio della stazione di Mestre, per ogni binario all’inizio delle scale c’erano delle luci lampeggianti che segnalavano la partenza del primo treno utile per Venezia. Ora invece sugli unici grandi monitor delle partenze, anche se l’indicatore lampeggia, il treno spesso non c’è: è già partito. Partito dall’unica stazione ferroviaria al mondo dove i treni partono prima di arrivare. Quella Venezia Mestre che fa anche ridere il mondo. Una stazione ferroviaria così efficiente che il treno pur partendo in anticipo è anche capace di arrivare in ritardo a Venezia! Bizzarrie che ci fanno impazzire e sembrano proprio non interessare a nessuno.

 

Nuova Venezia – Tangenti Mose, Baita teste su Milanese

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13

mag

2015

L’ex manager di Mantovani domani in udienza a Milano: chiamato dal pm contro l’ex parlamentare

VENEZIA – Trasferimento a Milano, in Tribunale, domani per l’ingegnere Piergiorgio Baita. Giovedì, infatti, l’ex presidente della «Mantovani» è stato chiamato a testimoniare dal pubblico ministero del capoluogo lombardo Roberto Pellicano nel processo che vede sul banco degli imputati Mario Milanese, l’ex braccio destro del ministro dell’Economia del governo Berlusconi Giulio Tremonti ed ex parlamentare di Forza Italia. Deve rispondere di corruzione per aver ricevuto dalle mani dell’allora presidente del Consorzio Giovanni Mazzacurati 500 mila euro.

Baita è a conoscenza di alcuni particolari dei quali può riferire, visto che era uno di coloro che stava nella cupola del Consorzio che decideva chi e quanto pagare. L’ingegnere veneto è già stato condannato in via definitiva per frode fiscale ma è ancora indagato per corruzione, per questo sarà interrogato con la presenza del suo difensore in aula, l’avvocato veneziano Alessandro Rampinelli.

La Procura milanese ha chiesto anche la testimonianza di Mazzacurati, colui che avrebbe consegnato il denaro a Milanese, ma il suo difensore è pronto a consegnare, così come ha fatto a Venezia durante l’incidente probatorio, la documentazione medica che proverebbe che l’anziano ingegnere non solo è gravemente cardiopatico ma ormai ha perso la memoria. Milanese deve rispondere di corruzione: stando all’accusa, avrebbe rivestito il ruolo di «intermediario qualificato» in virtù dell’«autorevolezza» delle cariche politiche e dei suoi rapporti privilegiati – ha spiegato il pm ai giudici – con l’allora ministro dell’Economia che era anche presidente del Cipe».

Fu proprio il Cipe a decidere il maxi stanziamento che nel 2003 ha di fatto sbloccato gli appalti per le paratoie del Mose da collocare nelle tre bocche di porto della laguna di Venezia.

Per l’accusa Milanese avrebbe ricevuto negli uffici di Milano di Palladio Finanziaria 500 mila euro in cambio del suo intervento per introdurre «una norma ad hoc per salvare il finanziamento di 400 milioni per il Mose che altrimenti il Cipe avrebbe destinato ad altre opere nel Sud Italia.

Il Tribunale ha già ammesso come parte civile contro Milanese sia il Consorzio Venezia Nuova sia il ministero dell’Economia.

Giorgio Cecchetti

 

Nuova Venezia – Grandi navi, il Contorta perde terreno.

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12

mag

2015

Tutti i candidati sindaci sono contrari. Il viceministro Nencini: soluzioni rapide per Venezia. Il Comitato: Costa si dimetta

Il Porto si aggrappa al Contorta. Ma nessuno o quasi nel mondo politico sembra appoggiare la sua posizione. Rilancia l’ipotesi il presidente Paolo Costa, che ha tirato ieri le somme sull’attività dello scalo veneziano negli ultimi dodici mesi. Frenano i candidati sindaci, pur con vari distinguo.

E frena anche Riccardo Nencini, viceministro alle Infrastrutture e Trasporti e segretario nazionale del Psi. Ieri mattina era a Venezia per appoggiare la campagna a sindaco di Felice Casson.

«Ha annunciato «soluzioni rapide per Venezia, sulla base degli studi e dei pronunciamenti già fatti». Un’altra grande opera? «Questo governo ha decisamente cambiato strada rispetto agli altri», dice Nencini, «abbiamo abolito la Legge Obiettivo, approvato il nuovo codice degli appalti che prevede un maggiore controllo sulle imprese e una separazione fra controllato e controllore, introdotto l’Autorità nazionale Anticorruzione di Raffaele Cantone».

Anche i socialisti presenti in sala, da sempre non ostili alla crocieristica, abbozzano. La via Contorta come alternativa alle grandi navi a San Marco sembra dunque più ardua.

Dopo la grande manifestazione di sabato, il Comitato «No Grandi navi» rilancia.

«Costa prenda atto che tutti i candidati sindaci e la città sono contrari al suo devastante progetto e si dimetta», ha dichiarato ieri il portavoce Silvio Testa, «è un uomo solo al comando, ma non è Fausto Coppi al Giro d’Italia. Ne prenda atto anche il presidente Renzi, a cui abbiamo consegnato 120 mila firme contrarie allo scavo. Non può esistere una Via positiva per un progetto che Venezia non vuole. Mettiamoci una pietra sopra, si cominci a riflettere sulle vere alternative praticabili».

Alternative su cui però non c’è accordo.

I comitati puntano sulle «navi incompatibili fuori della laguna». Dunque preferiscono il nuovo terminal al Lido. Nei progetti presentati da Cesare De Piccoli-Duferco, Boato-Vittadini, già al vaglio della commissione di Impatto ambientale, ma anche dal Movimento Cinquestelle di Davide Scano e dall’assessore di Mira Luciano Claut.

Altra ipotesi in campo è quella di Marghera, con il progetto firmato da Roberto D’Agostino – anch’esso depositato alla commissione Via – per spostare il terminal delle grandi navi in canale Brentella e canale Industriale Ovest. la Marittima sarebbe destinata a piccole navi, yacht di lusso e residenza.

Luigi Brugnaro, ex presidente di Unindustria e candidato sindaco, punta su una quarta alternativa. Il canale Vittorio Emanuele, già esistente, per far arrivare le navi in Marittima passando per Marghera. Ipotesi che il Porto ha scartato, al pari del terminal al Lido, qui per la «commistione impossibile» del traffico passeggeri con il traffico commerciale.

Anche Francesca Zaccariotto si schiera contro lo scavo del Contorta. «Ma dobbiamo salvaguardare la Marittima, dice, «e i 5 mila posti di lavoro della croceristica».

Felice Casson, candidato del centrosinistra, scandisce la sua linea. «Mai detto che la croceristica va abbandonata», dice, «dobbiamo trovare un’alternativa compatibile con l’ambiente che possa salvaguardare i posti di lavoro e addirittura aumentarli.

Le alternative sono depositate al ministero, si tratta di decidere confrontando costi, impatti ambientali e possibilità di posti di lavoro. Ma scavare un nuovo canale in laguna sarebbe devastante, oltre che illegittimo». Partita ancora in corso. Mentre le navi sono tornate. Ma solo quelle al di sotto delle 96 mila tonnellate.

Alberto Vitucci

 

Un nuovo studio dimostra l’evoluzione del fenomeno. Il direttore Trincardi: «Non abbiamo soldi»

Erosione in laguna, le indagini del Cnr

Erosione in aumento. Correnti modificate, più veloci in entrata. Nuove buche sui fondali e buche precedenti che si approfondiscono sempre più. Una situazione drammatica, quella della laguna, denunciata dagli esperti. Gli imponenti lavori del Mose hanno accelerato le trasformazioni. E il monitoraggio promesso non arriva. Lo ammette anche il professor Fabio Trincardi, direttore del Cnr-Ismar di Venezia. Che denuncia come «a fronte di un decisivo aumento delle conoscenze sembrano venir meno i finanziamenti per i monitoraggi». Si interrompono dunque, dice Trincardi, «le serie storiche di dati idrologici e di trasporto dei materiali, indispensabili per comprendere le tendenze evolutive reali della laguna». La campagna di monitoraggio del Corila dopo la posa dei cassoni in calcestruzzo sui fondali della laguna è stata interrotta. «Nessuno l’ha voluta finanziare, e serviva proprio a verificare gli effetti delle opere», dice Trincardi. Tutto questo proprio mentre le tecniche a disposizione del Cnr veneziano sono tra le più avanzate in Europa. Le profondità e lo stato dei fondali si analizzavano fino a poco tempo fa con tecniche piuttosto rudimentali. Un sasso legato alla corda, le canne da pesca. Adesso i sonar, gli ecoscandagli e strumenti sofisticati possono dare la fotografia reale di cosa succede sott’acqua, delle correnti aumentate e delle nuove buche. Nei prossimi giorni il Cnr presenterà il suo ultimo rilevamento, frutto del lavoro di 25 tecnici e ricercatori. Una vera «fotografia» dei fondali lagunari che sarà presto pubblicata sull’Atlante della laguna. «Ma l’esame risale al 2013», dice Trincardi, e per avere un quadro della situazione e degli interventi necessari occorre andare avanti». Pur in mancanza di carte storiche così dettagliate si possono ad esempio verificare alcuni fenomeni abbastanza evidenti. In bocca di porto di Malamocco, dove da sempre esiste una buca (detta «delle Ceppe») negli ultimi anni la superficie si è allargata. L’area di colore blu, dove la profondità sfiora i 50 metri – intorno a ciò che resta del molo ottocentesco, in parte demolito per far parte dalla conca di navigazione – è molto più ampia. Sul fondo del canale dei Petroli, osserva il direttore del Cnr veneziano, «sono comparsi trogoli erosivi di forma ellittica che potrebbero essere indotti da un processo di erosione in atto». Valutazione difficile, vista la mancanza di precedenti ad alta risoluzione. Ma nuovi casi vengono segnalati vicino a San Giorgio, in bacino San Marco (buca da trenta metri), sotto la lunata del Lido, davanti e dietro i «materassini» messi sul fondale per proteggere le paratoie. Fenomeni su cui Il Cnr vuole indagare.

Alberto Vitucci

 

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