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Gazzettino – Terremoto sul Mose. Arrestato Mazzacurati

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

13

lug

2013

TERREMOTO SUL MOSE – Ai domiciliari l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, 14 misure restrittive, un centinaio di indagati

TRAVOLTI ANCHE IMPRENDITORI DI CHIOGGIA

False fatture per i sassi. Tremano i “sabionanti”

BUFERA GIUDIZIARIA – Nuovo ciclone giudiziario sulla città. Ieri mattina la Guardia di finanza ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, 81 anni, e di altre sei persone (altri sette hanno l’obbligo di dimora). L’accusa è di turbativa d’asta per un appalto al porto di Venezia.

L’INCHIESTA – Tutto è partito da una verifica amministrativa sulla cooperativa San Martino di Chioggia che, secondo l’accusa avrebbe creato fondi neri per quasi 5 milioni. Ma la turbativa d’asta si è concretizzata in un appalto di 15 milioni nel quale sono stati scoperti ribassi sospetti ed un ruolo ritenuto troppo decisivo del Consorzio.

APPALTI PILOTATI – L’ingegnere dimessosi in giugno “decideva” chi doveva vincere le gare. Baita evita un nuovo arresto «perchè sta collaborando»

OPERAZIONE PROFETA – L’indagine che ha portato all’arresto di Mazzacurati

LE IPOTESI DI REATO – False fatture e turbativa d’asta per una serie di lavori in laguna

INCHIESTA AD AMPIO RAGGIO – Cinquecento finanzieri impegnati in tutta Italia: indagini in corso

Sette agli arresti e 100 indagati

Tra i perquisiti “eccellenti” anche Mauro Fabris (presidente del Consorzio) e l’ex manager della sanità, Ruscitti

L’offensiva è di quelle pesanti. E non solo per i nomi coinvolti. Ma anche per le forze messe in campo dalla Guardia di Finanza, braccio operativo della Procura di Venezia. Cinquecento i militari al lavoro dall’alba di ieri per eseguire le ordinanze di custodia cautelare, sette arresti domiciliari, sette obblighi di dimora e le perquisizioni in mezza Italia, alcune come dire eccellenti: 140 in tutto fra Veneto, Friuli, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Campania, a carico sia di indagati, un centinaio, che di persone informate sui fatti entrate in contatto a vario titolo con gli indagati, il cui rapporto secondo gli investigatori merita accertamenti più approfonditi
Sedi di aziende, uffici e abitazioni private. “Visitate” dagli uomini al comando del colonnello Renzo Nisi e del tenente colonnello Roberto Ribaudo a vario titolo e dunque anche per la semplice acquisizione di documenti come è il caso dell’Autorità portuale di Venezia che in questa inchiesta sarebbe parte lesa, insieme a tutti i cittadini che si sono trovati a finanziare opere pubbliche di importo di molto superiore a quello che sarebbe risultato in un mercato di reale libera concorrenza e non inquinato a monte dalla turbativa d’asta contestata.
I finanzieri hanno suonato al campanello della sede del Magistrato alle Acque, della Thetis all’Arsenale. E pure a quello di casa di Giancarlo Ruscitti, ex segretario generale della Sanità del Veneto e ora direttore del San Camillo al Lido, forse collegato con Mazzacurati quando quest’ultimo presiedeva la Banca degli occhi di Mestre. E si sono spinti anche a Camisano Vicentino, dove abita Mauro Fabris, nominato al vertice di Cvn dallo scorso 28 giugno dopo le dimissioni di Mazzacurati.
Fra le imprese figurano Rossi Costruzioni Generali di Vicenza, Cantieri Costruzioni Cemento CCC di Musile di Piave, Ciac di Marghera, Clea Scarl di Campolongo Maggiore, Clodia Scarl di Chioggia con sede anche a Roma, Coan Ambiente srl di Roma, CosIdra srl di Padova, E-Solving di Roma, Geosigma srl di Pordenone, Groma di San Vendemmiano (Tv) Ibc srl di Roma, Ing. Mazzacurati sas di Padova, Ln Consulting di Roma, Palladio Finanziaria di Vicenza con sede anche a Milano, Protecno srl di Noventa Padovana, Rain srl di Roma, Selc di Marghera, Te.Ma du Faenza (Ravenna), Cogenfi di Roma con sede anche a Padova in via Trieste 32, stesso indirizzo dello studio del commercialista Francesco Giordano: quest’ultimo avrebbe ricevuto confidenze in merito alla turbativa d’asta dell’appalto da quasi 12 milioni di euro bandito dall’Autorità portuale di Venezia e che ha portato all’arresto del “capo supremo” di Cvn, Giovanni Mazzacurati. Perquisita pure la Corina di via Torino a Mestre, ora in liquidazione, società cartiera collegata al giro di fatture false generate dalla Coop san Martino che faceva lievitare il prezzo dei “sassi” acquistati in Croazia per la realizzazione della bocca di porto di Chioggia.
Perquisizioni domiciliare quindi per le segretarie di Mazzacurati, Stefania Accietto di Mestre, Francesca De Pol alla Giudecca, Ornella Malusa a Cannaregio, per l’addetta stampa di Cvn Flavia Faccioli a Santa Croce, per i dipendenti di Coveco Stefania Gruarin di Gruaro, Enrico Provenzano ed Elena Scacco entrambi di Chirignago, per i dipendenti di Cvn Vincenzo Palomba di Scorzè, Roberto Rosselli di Parma, dell’ex dirigente Roberto Pratavà di Treviso, della rappresentante legale Cvn Valentina Croff a Santa Croce e della dirigente Nicoletta Doni al Lido. E anche per il presidente di Clea, Sandro Zerbin a Campolongo Maggiore e di Paolo Merlo della Ccc a San Donà.

 


Altri sette con obbligo di dimora

A Rialto blitz all’alba: sequestrati i computer dei dirigenti dell’ente

Oltre a Mazzacurati gli arresti domiciliari per turbativa d’asta riguardano Pio Savioli, consigliere del Consorzio Venezia Nuova; Federico Sutto, dipendente del Consorzio Venezia Nuova; Roberto Boscolo Anzoletti, rappresentante legale della Lavori Marittimi e Dragaggi Spa; Mario Boscolo Bacheto, amministratore della Cooperativa San Martino; Stefano Boscolo Bacheto, amministratore di fatto della Cooperativa San Martino e Gianfranco Boscolo Contadin (detto Flavio), direttore tecnico della Nuova Co.ed.mar. Obbligo di dimora per Valentina Boscolo Zemello, rappresentante legale della Zeta Srl; Antonio Scuttari, rappresentante legale della Clodiense Opere Marittime; Carlo Tiozzo Brasiola, rappresentante legale della Somit Srl; Luciano Boscolo Cucco, rappresentante legale de La Dragaggi Srl; Dimitri Tiozzo, rappresentante legale della Tiozzo Gianfranco Srl; Juri Barbugian, rappresentante legale della Nautilus Srl; Erminio Boscolo Menela, rappresentante legale della Boscolo Sergio Menela e figli Srl.

 

L’ALTRO ARRESTO “FAMOSO”

Sutto, una carriera all’ombra di De Michelis e poi l’incarico come assistente di Mazzacurati

A 37 anni era già un “arrivato”, Federico Sutto. Si era iscritto al Psi nel 1975 e 15 anni dopo era segretario provinciale del partito socialista di Treviso, poltrona strappata ad un uomo del senatore Siro Zanella che fino ad un giorno prima era il ras del Psi di Treviso. Ma ormai nel Veneto degli anni ’90 comandava il Doge di Venezia, cioè Gianni De Michelis e Federico Sutto era il suo segretario. Sutto aveva seguito il ministro prima alle Partecipazioni statali, poi al ministero del Lavoro, infine a Palazzo Chigi come vicepresidente del Consiglio. Ma nel 1992 De Michelis incappa nell’inchiesta sulla tangenti ai partiti per la terza corsia dell’autostrada e per la bretella dell’aeroporto Marco Polo. In aula, a testimoniare a favore di De Michelis, che verrà comunque condannato, c’è anche il trevigiano – ma abita a Zero Branco – Federico Sutto. Che ritroviamo anni dopo – adesso ne ha 60, compiuti a marzo – come segretario del Consorzio Venezia Nuova, “collaboratore personale addetto ai rapporti di rappresentanza del presidente Mazzacurati Govanni” – è la dizione esatta del suo incarico. Come dire il braccio destro e sinistro del “capo supremo”, come lo chiamano confidenzialmente gli imprenditori che lavorano con il Consorzio e che obbediscono ciecamente agli ordini di Mazzacurati e di Federico Sutto. Un ruolo importante, al punto che, Sutto si occupa direttamente degli appalti e quando capita – non capita mai, ma qualche volta capita – che una ditta vinca un appalto che non deve vincere, è Sutto che prende in mano il telefono e costringe la ditta a ritirarsi. Si tratta della Coveco, che viene ricompensata del “sacrificio” con l’assegnazione di opere per 150 mila euro. Tanto paga Pantalone. Ma per Federico Sutto, secondo il Gip Scaramuzza, sono sufficienti gli arresti domiciliari perchè “trattasi di soggetto certamente esecutore di ordini altrui e privo di poteri decisonali o d’iniziativa propri, trattando si esecutore degli ordini del Mazzacurati”. Un giudizio impietoso perchè è come dire che, anche dopo tanti anni, Sutto è rimasto il segretario di qualcuno, come ai tempi di De Michelis. (m.dia.)

 

Magistrato alle Acque, Thetis e Porto “visitati” dalla Finanza

Sono arrivati all’alba, i finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria di Venezia: alle sei di mattina erano già fuori delle sedi-simbolo del Mose. A Palazzo Dieci Savi, a Rialto, negli uffici del Magistrato alle Acque, gli impiegati dovevano ancora arrivare. Il custode ha aperto e i finanzieri si sono addentrati nei corridoi di quello che fin dal 1501 è il luogo deputato a garantire la salvaguardia della città dall’acqua alta. Sono andati a colpo sicuro, si sono indirizzati in uffici ben identificati e hanno sequestrato, a quanto pare, i computer utilizzati abitualmente dalle persone che più contano – o contavano – all’interno del Provveditorato alle Opere pubbliche. Ovvero i due ex presidenti del Magistrato alle Acque, a ritroso nel tempo Ciriaco D’Alessio e Patrizio Cuccioletta, il vicepresidente Giampietro Mayerle attualmente in pensione, l’attuale capo dell’ufficio tecnico e dell’Ufficio Salvaguardia ingegner Fabio Riva, e il funzionario ing. Valerio Volpe. Tra lo sconcerto dei dipendenti, che non si aspettavano uno spiegamento di forze così massiccio.
Un copione simile all’Arsenale, negli uffici di Thetis, società di ingegneria con oltre un centinaio di dipendenti presieduta da Giovanni Mazzacurati fino al 28 giugno scorso, che sviluppa progetti e applicazioni tecnologiche per l’ambiente e il territorio, nata a capitale pubblico come partecipata del Comune e della Regione e che via via nel tempo è diventata per la maggioranza delle azioni proprietà del Consorzio Venezia Nuova.
Amministratore delegato è Maria Teresa Brotto, in vacanza all’estero, informata telefonicamente di quanto stava accadendo e che non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Nel frattempo i finanzieri hanno acquisito documentazione ritenuta importante, e hanno chiesto con molta gentilezza ai dipendenti di non utilizzare i computer, per cui nel pomeriggio l’attività dei lavoratori è stata sospesa.
Perquisizioni anche negli uffici dell’Autorità portuale, dove la Guardia di Finanza ha prelevato documentazione inerente probabilmente allo scavo e alla manutenzione dei canali di grande navigazione.

 

AUTORITÀ PORTUALE – Il presidente Paolo Costa

L’AUTORITÀ PORTUALE – Costa: «Collaboriamo con la Finanza. In questa vicenda siamo parte lesa»

Non è stata una bella giornata, ieri, nemmeno per l’Autorità portuale veneziana (Apv) anche perché gli appalti sotto inchiesta sono tra i più importanti affidati negli ultimi anni dato che riguardano l’escavo dei canali industriali della laguna. Un’opera indispensabile e senza la quale il porto commerciale di Marghera sarebbe stato destinato ad una lenta agonia e alla morte per mancanza di navi che non sarebbero più riuscite a passare per canali intasati dai fanghi. Quando l’operazione escavo venne avviata la situazione era già di grave emergenza, tanto che il Governo nominò un commissario per affrontarla e per ricominciare a fare quel che la Repubblica Serenissima faceva in continuazione, ossia la manutenzione dei suoi canali, e che invece da almeno trent’anni non venivano toccati. Il presidente del Porto, Paolo Costa, non ha voluto intrattenersi sulla notizia del nuovo filone dell’inchiesta ma si è limitato a commentare che «abbiamo aperto le porte alla Guardia di Finanza e abbiamo messo a disposizione tutti i documenti che ancora ci chiederanno, per assicurare la massima trasparenza. Per il resto, a quanto ci risulta, siamo parte lesa».

 

IL METODO   «Fondi neri e società cartiera. Un meccanismo che si ripete»

IL SINDACO – Si riapre la discussione sull’affidamento di grandi progetti a un unico soggetto

«Rivedere il sistema delle concessioni»

Orsoni rivendica più controlli da parte degli enti di vigilanza. «Sono uno strumento a rischio»

Il “nodo” sta tutto nelle concessioni. In quell’idea che – proprio attraverso queste formule “autorizzatorie” – si apra la questione più importante. Giorgio Orsoni, sia pure come sindaco, esprime un parere da avvocato amministrativista sull’inchiesta che ha travolto il Consorzio Venezia Nuova. Professione e attività politica in questo caso coincidono.
Sindaco, sotto accusa c’è però una gestione come quella del Consorzio Venezia Nuova…
«Ho sempre detto – sottolinea il sindaco – che il sistema dei concessionari unici è un sistema molto delicato e che può avere un senso. E questo può averlo in determinate situazioni. Ma c’è anche bisogno che ci sia un’amministrazione “concedente” la concessione che abbia, e sappia esercitare, un controllo reale e soprattutto efficiente».
Quindi lo Stato faccia più controlli. Verifiche solo in riferimento al Consorzio Venezia Nuova?
«Non mi riferisco solo ed esclusivamente ad esso. Come sappiamo il regime della concessione è uno strumento usato con grande generalità. Pensiamo ad esempio al porto e all’aeroporto laddove solo pensando al territorio veneziano, ci sono dei “concessionari” privati su infrastrutture statali che dovrebbero gestire il settore secondo evidenti interessi pubblici. Ci si ritrova, per certi versi, in alcuni casi con privati che, pur avendo una “concessione” pubblica dallo Stato, fanno prevalere i loro interessi rispetto a quelli del “concedente”. Quello che auspico, e che ho sempre cercato, è che lo Stato, ma in particolar modo gli enti locali possano esercitare una maggiore forma di controllo».
Insomma, episodi come quello del Consorzio Veneto potrebbe rientrate nella casistica del “mancato controllo”?
«Mi limito ad osservare una situazione generale. E mi accorgo di questa situazione. Come ho cercato di descriverla».
Il blitz della Guardia di Finanza che ha portato all’arresto dell’ex presidente Mazzacurati è da mettere in relazione all’inchiesta legata alla figura di Piergiorgio Baita?
«Non ho alcun elemento per dire nè sì nè no. A leggere le notizie pervenute sulla vicenda di Mazzacurati, mi pare che si metta un po’ in discussione un sistema. Da quello che leggo finora il meccanismo dei “fondi neri” e di creare delle “cartiere” mi pare simile a quello che ha contraddistinto la vicenda Baita. Però sono tutte cose che si debbono provare».
Al centro dell’attenzione c’è ovviamente tutta la vicenda del Mose visto che si stanno ultimando le opere.
«Sono giunte al termine molti passaggi importanti sul Mose, ma manca ancora un miliardo e mezzo di finanziamento per arrivare al completamento dell’opera. Non proprio noccioline, anche se è tutto impostato anche per la sua gestione futura. Ma quello che spetta a noi, oggi più di ieri, è di sollecitare i controlli. Così come abbiamo sempre fatto».
E quindi?
«Torno a ripetere spetta all’autorità concedente vedi il Ministero per le infrastrutture esercitare il proprio controllo, attraverso il Magistrato alle Acque su queste vicende e quindi sulla “concessione” data. Non voglio dire che se il “controllo” fosse affidato al Comune le cose sarebbero andate diversamente, ma credo che se gli enti locali fossero stati obiettivamente maggiormente coinvolti, forse ci sarebbe stata maggiore oculatezza su questi procedimenti»

 

LE REAZIONI DELLA CITTÀ – Fiducia nella magistratura e desiderio di fare chiarezza

Zaccariotto: «Avanti Mose». Bonzio: «Potere condizionante»

Tra i primi rappresentanti politici a commentare a Venezia l’inchiesta in corso sul Consorzio Venezia Nuova, Francesca Zaccariotto, presidente della Provincia: «Meglio non perdersi in giudizi affrettati – spiega – Ma è evidente che le notizie sono gravi, lasciano l’amaro in bocca e fanno male alla politica, al territorio e alle imprese. Mi auguro che il Mose non subisca battute d’arresto». Dello stesso tenore la dichiarazione del suo predecessore Davide Zoggia, parlamentare e responsabile Enti locali del Pd: «Massima fiducia nella Magistratura, si faccia chiarezza al più presto: il Mose è un’opera giunta alla fine, sarebbe il colmo se si fermasse ora». Mentre per Andrea Martella, deputato del Pd, «va da sè che occorre attendere gli sviluppi, capire nel dettaglio quanto è accaduto e accertare ogni responsabilità. Tuttavia, dall’inchiesta emerge il nodo Consorzio Venezia Nuova, in quanto concessionario unico dal potere vastissimo e privo di particolari controlli. Un’anomalia evidenziata più volte e che va superata, nell’interesse di Venezia e dello stesso Mose». Da Ca’ Loredan, a sparare a palle incatenate contro quello che definisce «il meccanismo perverso e all’origine di tutti i mali della concessione unica dei lavori per la salvaguardia fisica di Venezia e della sua laguna» è Beppe Caccia, consigliere della lista In Comune. Che, insieme al superamento di «un meccanismo che ha consegnato a una lobby d’imprese un enorme potere di condizionamento della vita economica e politico-amministrativa della città e della regione», si augura la calendarizzazione di tutte le proposte di legge speciale, e che le indagini «chiariscano una volta per tutte come sono stati impiegati e a chi sono stati dirottati i fondi neri accumulati dal Consorzio e soci». Anche Sebastiano Bonzio della Federazione della sinistra confida che «la Magistratura faccia fino in fondo chiarezza su un sistema che per decenni ha strozzato l’economia veneziana. Una richiesta doverosa per chi, come noi, denuncia da tempo le anomalie di un potere monopolistico che ha condizionato al di fuori delle regole e delle normative economia, vita politica e progettazione urbana. Pretendiamo si esca dalla logica delle opere utili solo per chi le fa. E che, finalmente, si operi per rivoluzionare il sistema costruendone uno alternativo».
Infine, Piero Bortoluzzi, consigliere provinciale e municipale di Fratelli d’Italia. «Non è accettabile – commenta – che si arrivi solo ora alla resa dei conti, con l’opera ormai quasi completata e con milioni di euro in più ormai già sottratti alla collettività per le maggiori spese conseguenza degli illeciti ipotizzati. Solo ora nonostante anni ed anni di dubbi e di richieste di chiarimenti sul regime anomalissimo del Consorzio Venezia Nuova, caso unico in Europa di ente controllante e controllato, progettista e realizzatore!»

Vettor Maria Corsetti

 

IN ATTESA DI NOMINA – Da due mesi e mezzo il posto di presidente è vacante

I MAGISTRATI ALLE ACQUE – D’Alessio: «La turbativa? Lavori spartiti in autonomia»

Il presidente dell’ente in pensione dal 30 aprile si dice «mortificato»

Maria Giovanna Piva: «Ho lasciato Venezia, con la città ho chiuso»

Maria Giovanna Piva è stata per sette anni a capo del Magistrato alle Acque. Fino al 2008, anno in cui le imposero di lasciare la presidenza, destinazione l’Emilia Romagna, in anticipo rispetto alla naturale scadenza del suo contratto. Forse per il fatto che aveva chiesto degli approfondimenti sul tipo di cerniere delle paratoie da utilizzare nel Mose, perchè il progetto approvato definitivamente prevedeva un prototipo realizzato con il meccanismo della fusione, già sperimentato positivamente, mentre il Consorzio Venezia Nuova decise di utilizzare quelle in lamiere saldate, tra l’altro più costose.
Piva da cinque anni è in pensione e ieri mattina è stata informata via sms della vicenda degli arresti, che hanno coinvolto persone con cui ha lavorato fianco a fianco. Ma con fermezza preferisce non commentare, evitando di riaprire una ferita lenta a cicatrizzare. «Per due anni ho fatto fatica a tornare a Venezia, ormai ho chiuso definitivamente la porta di quell’esperienza»
Piva fu sostituita dall’ingegner Patrizio Cuccioletta, ieri irrintracciabile, rimasto in carica dal 2008 al 2011, per pensionamento. Dopo una settimana fu nominato al suo posto l’architetto Ciriaco D’Alessio, che ieri ha accolto la notizia dell’operazione della Finanza con un duplice stato d’animo. «Sono mortificato – ha detto – mi spiace davvero per l’ingegner Mazzacurati, il “padre” del Mose che a breve avrebbe visto il suo completamento. Uno smacco. E sconcertato anche per l’accusa, la turbativa d’asta. In effetti il Consorzio Venezia Nuova, come concessionario unico, si “spartisce” il lavoro autonomamente, non capisco in che cosa consista la turbativa se non per gli appalti più piccoli di fornitura».
E in questo momento la presidenza del Magistrato alle Acque è vacante, dopo il pensionamento, il 30 aprile scorso, di D’Alessio, circostanza peraltro già ampiamente prevedibile. E non c’è memoria di un’assenza così duratura di un incarico con la funzione (anche politica) di controllo, tra l’altro, sull’esecuzione di un’opera pubblica tra le più rilevanti in Italia, che ha già portato un flusso di denaro di quasi 5 miliardi di euro a Venezia. Un problema, quello dell’assenza del “controllore” ancora più evidente in questo frangente. In un ambiente in cui capita che dipendenti del Consorzio Venezia Nuova passino per concorso alle dipendenze del Magistrato alle Acque e quindi la funzione di controllo diventi ancora più impegnativa. Ma la nomina, prerogativa del Capo dello Stato d’intesa con il consiglio dei ministri, non è ancora stata formalizzata.

Raffaella Vittadello

 

ODORE DI TANGENTI – Depositi milionari in Austria grazie alle società cartiere

Nella rete Luciano Boscolo Cucco, l’imprenditore mecenate della città

L’inchiesta che ha scoperchiato il giro di fatture false e appalti pilotati è scaturita da una verifica fiscale fatta nel 2009 alla Coop San Martino

CHIOGGIA – Tra gli imprenditori finiti nei pasticci c’è anche Luciano Boscolo Cucco, titolare della Dragaggi la cui sede si trova a Marghera. La sua flotta di unità specializzate opera su tutto il territorio nazionale ed all’estero. Le sue attività spaziano dal ripascimento delle spiagge ai lavori per la posa degli oleodotti. Oltre che per la sua attività imprenditoriale, Cucco deve la propria notorietà a numerose iniziative filantropiche ed a sostegno della cultura chioggiotta. Nel 2008, sostenne tra l’altro le spese per il trasporto negli Stati Uniti del bragozzo «Teresina», appartenente alla collezione storica del comune di Bellaria Igea Marina. Fu fatto sfilare a New York lungo la Fifth Avenue, in occasione del Columbus Day. La stessa imbarcazione ha, inoltre, partecipato a varie manifestazioni nel Mediterraneo.
Cucco rientra, tra l’altro, nel comitato che organizza ogni anno gli incontri della «Rotta del sale», iniziativa dedicata agli approfondimenti storici sulle attività tradizionali dei salinari dell’Alto Adriatico, cessate all’epoca della caduta della Repubblica di San Marco. Non si contano, infine, le occasioni in cui il titolare della Dragaggi si è reso promotore di borse di studi e restauri d’opere d’arte di notevole valore storico.
Ma in realtà molti dei personaggi coinvolti nell’inchiesta frequentano il mondo che conta di Chioggia e Sottomarina sia a livello politico che sociale, esponenti dei “salotti buoni” della città entrati per ovvie ragioni a contatto con gli amministratori locali. Esemplare, per l’appunto, l’attività del mecenate Boscolo Cucco. (R.Per.)

 

Lavori e milioni in laguna. Così Chioggia finisce nell’occhio del ciclone

Stavolta i fondi neri portano a Chioggia. Già, perché secondo l’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla Procura di Venezia, il giro vorticoso di fatture false è generato dalla Cooperativa San Martino, impresa di costruzioni con sede amministrativa in via dei Maestri del Lavoro in località Val da Rio e sede legale a Marghera in via Galvani. Non a caso fra i sette finiti agli arresti domiciliari ci sono i due amministratori di fatto, Mario Boscolo Bacheto, di 68 anni, e Stefano Boscolo Bacheto, di 46 anni, residenti a Sottomarina, il primo in via Giovanni da Verrazzano, il secondo sul Lungomare Adriatico.
E l’inchiesta che poi ha scoperchiato il sistema degli appalti “pilotati” dal Consorzio Venezia Nuova per quanto riguarda le grani opere portuali nasce proprio da una “banale” verifica fiscale alla Coop San Martino datata 2009, quando l’azienda è impegnata nella realizzazione della bocca di porto del Mose a Chioggia. Servono “sassi” e parancole che la Coop acquista in Croazia con tanto di fatture. Gonfiate. O meglio, attive per operazioni inesistenti. Questa la contestazione formulata. Se ad esempio l’importo era cento, di fatto il pagato era ottanta. Uno stratagemma che le Fiamme gialle hanno rendicontato, almeno fino al 2004, per un importo complessivo di oltre sei milioni di euro di “denaro fantasma”.
Di reale c’era solo il conto corrente in Austria dove veniva depositato attraverso due società cartiere, la Istra Impex HgmbH con sede a Villach consistente in un mero ufficio e la Corina di Mestre ora in liquidazione. E i viaggi che ogni tanto i Boscolo – stando a quanto emerso – effettuavano oltre il confine di Tarvisio per prelevare il contante. A chi lo portavano? A chi serviva? Sono domande per il momento ancora senza risposta e che comunque fanno ipotizzare anche l’«opzione tangenti». A inchiodare i vertici della Coop San Martino la chiavetta Usb affidata alla segretaria trovata dai militari del colonnello Renzo Nisi contenente file dettagliati di tutta la “contabilità parallela”.
Sembra la fotocopia dell’inchiesta che lo scorso marzo ha portato in cella l’allora presidente della Mantovani Spa Piergiorgio Baita e sodali sempre per “evasione fiscale”: lo schema applicato era lo stesso. E la strada portava sempre all’estero, in quel di San Marino. E compariva anche Cvn. E il Mose: «Meno male che lo costruiamo sott’acqua» ebbe a dire Baita, così sassi e palancole non si contano…
In un intreccio di collegamenti più o meno carsici che i finanzieri stanno facendo emergere con una sorta di manovra a tenaglia, avanzando e attaccando su più fronti. Per condannare una volta per tutte il “modello Venezia”, illegale e sfrontato tanto nei metodi quanto nell’ideazione, nell’ambito dell’aggiudicazione dei lavori per le grandi opere pubbliche. Adombrando pastoie fra imprese e politica che prima o poi verranno delineate nei profili e nelle responsabilità. Penali e morali. A rimetterci in primis sono sempre e in ogni caso i cittadini. Meglio non dimenticarlo.

 

LE AZIENDE COINVOLTE – Specializzate in edilizia e nei lavori marittimi

LE IMPRESE – S. Martino, Lmd, Zeta, Somit, Boscolo Menela Clodiense, Nautilus

OBBLIGO DI DIMORA – Il provvedimento ha colpito sette persone dell’ambiente

L’INCHIESTA DI MARZO – La Dragaggi srl già indagata per i lavori a Pescara

Nel marzo scorso un’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza dell’Aquila aveva portato alla luce un giro di appalti pilotati e un giro d’affari milionario per i lavori nel porto canale di Pescara, che vedeva ditte veneziane in prima fila. L’inchiesta era partita un paio di anni prima, quando la draga Gino Cucco della Dragaggi srl con sede a Marghera era stata sequestrata dai carabinieri. La gara d’appalto l’aveva vinta un’altra la Francesco Gregolin di Cavallino Treporti. Tra gli arrestati Giuseppe Biscontin, 65 anni, muranese, ex dirigente del Magistrato alle Acque e consulente della Dragaggi srl di Luciano Boscolo Cucco. I titolari delle due aziende erano stati interdetti per due anni dall’attività. Secondo i finanzieri ci sarebbe stato un cartello di partecipazione all’appalto per favorire la Dragaggi. In una mail tra l’amministratore unico della Dragaggi e Giuseppe Biscontin si accertava che, prima della formalizzazione della procedura concorsuale, la stessa società conosceva sia i nomi di tutti i partecipanti che le percentuali di ribasso che avrebbero offerto. Nell’inchiesta è indagato anche l’ex commissario per il dragaggio del porto, dimessosi nel 2012, e presidente della Provincia di Pescara, Guerino Testa.

 

Da “sabionanti” a re del cemento

L’inchiesta della Finanza coinvolge imprenditori di spicco in città: ecco chi sono

Chioggia trema. Gli arresti domiciliari e gli obblighi di dimora decisi dalla Magistratura a carico di 11 imprenditori e professionisti di Sottomarina, sospettati d’aver in qualche modo orchestrato l’attribuzione degli appalti del consorzio Venezia nuova, mette a dura prova la credibilità di alcune tra le più affermate aziende specializzate nei lavori marittimi e nell’edilizia generale. Si tratta della Lavori marittimi e dragaggi, della Cooperativa San Martino, della Nuova Coedmar, della Zeta, della Clodiense opere Marittime, della Nautilus e della Sergio Menela e figli.
L’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza sugli appalti del Consorzio parrebbe, dunque, aver concentrato le attenzioni sulle quasi totalità delle società impegnate nei lavori del Mose e delle opere ad esso complementari. I nomi dei chioggiotti sottoposti agli arresti domiciliari, in città, sono notissimi: Roberto Boscolo Anzoletti (rappresentante legale della Lavori marittimi e dragaggi); Mario e Stefano Boscolo Bacheto, amministratori di fatto della San Martino; Gianfranco Flavio Boscolo Contadin. Sono stati invece destinatari dell’obbligo di dimora: Valentina Boscolo Zemello, rappresentante legale della Zeta; Antonio Scuttari, rappresentante legale della Clodiense opere marittime; Carlo Tiozzo Brasiola, rappresentante legale della Somit; Luciano Boscolo Cucco, rappresentante legale de La Dragaggi; Dimitri Tiozzo, rappresentante legale della Tiozzo Gianfranco; Juri Barbugian, rappresentante legale della Nautilus; Erminio Boscolo Menela, rappresentante legale della Sergio Boscolo Menela e figli.
Non v’è dubbio che si tratti degli esponenti di maggior spicco di un mondo imprenditoriale che spiccò il volo a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, per iniziativa di un certo numero di cavatori fluviali particolarmente intraprendenti. A Sottomarina, erano definiti “i sabionanti”. Essi risalivano il corso dei fiumi con i loro burchi muniti di benna per poter, appunto, prelevare la sabbia d’acqua dolce destinata all’edilizia che, all’epoca, era in pieno “boom”. Entrati in contatto con i costruttori più affermati, i “sabionanti” non tardarono a comprendere che loro stessi li avrebbero potuti emulare e battere, almeno nel particolare ambito delle opere fluviomarittime. La loro grande occasione arrivò con la costituzione del Consorzio Venezia Nuova, monopolista pubblico-privato dei lavori per la realizzazione delle paratoie alle bocche di porto e della miriade di opere ad esse complementari: scogliere, consolidamento della banchine, scavi portuali, opere idrauliche pubbliche e così via. Estremamente lungimiranti, gli eredi degli umili cavatori compresero ben presto che il futuro delle proprie aziende sarebbe dipeso dalla preparazione tecnica e culturale di chi le avrebbe dovute rappresentare sul mercato generale. Sta di fatto che, attualmente, esse sono tutte gestite da personaggi in grado di trattare a tutto campo tanto con i privati quanto con gli amministratori pubblici di maggior livello.
Va da sè che, nel corso degli ultimi decenni, i contatti tra i responsabili di tali aziende ed il mondo della politica siano fatti sempre più stretti e frequenti. Raggiunti traguardi qualitativi invidiabili, gli eredi dei “sabionanti” operano attualmente a livello internazionale, ottenendo grandi appalti non solamente in Europa. Nel frattempo, il loro impatto sull’economia del Clodiense è divenuto rilevantissimo anche in virtù dell’indotto generato dalle attività principali. Esso spazia dalla cantieristica, ai trasporti, alla portualità ed alle forniture di materiali per le costruzioni.

 

 

L’uomo delle dighe chiamato il sindaco occulto di Venezia

Lo hanno chiamato “il padre del Mose”. In ufficio per tutti era “L’ingegnere”. Lui, Giovanni Mazzacurati, 81 anni, toscano di Pisa, “è stato” il Consorzio Venezia Nuova.

INTERCETTAZIONI   «La torta da spartire fra i pollastrelli» «Qui si va in galera»

L’INCHIESTA – Appalti con il trucco. Bufera sul Consorzio Venezia Nuova. L’ex presidente, dimessosi lo scorso 28 giugno, Giovanni Mazzacurati, 81 anni, è finito agli domiciliari.

LE MISURE – Sette ordini di custodia ai domiciliari e altrettanti obblighi di dimora. Un centinaio di indagati. Blitz all’alba: 500 finanzieri impegnati in 140 perquisizioni.

L’INCHIESTA – Appalti con il trucco. Bufera sul Consorzio Venezia Nuova. L’ex presidente, dimessosi lo scorso 28 giugno, Giovanni Mazzacurati, 81 anni, è finito agli domiciliari.

LE MISURE – Sette ordini di custodia ai domiciliari e altrettanti obblighi di dimora. Un centinaio di indagati. Blitz all’alba: 500 finanzieri impegnati in 140 perquisizioni.

La torta da spartirsi è di quasi 12 milioni e mezzo di euro. Ma stavolta la fetta più grossa la vogliono le imprese più piccole, i pollastrelli, come le definisce Franco Morbiolo, rappresentante legale, direttore tecnico e presidente del Cda del Coveco, società consorziata nel Venezia Nuova.
Non sa di essere intercettato dalla Guardia di Finanza quando parla nel suo ufficio con Mario Boscolo Bacheto, della Coop San Martino, e anche al telefono con Pio Savioli, consigliere del Consorzio Venezia Nuova, il 24 giugno 2011, a due giorni dalla scadenza del termine della presentazione delle offerte per la gara d’appalto – la “torta” – indetta dall’Autorità portuale di Venezia per il “Completamento dello scavo dei canali portuali di grande navigazione sino alla quota prevista da Prp e conferimento dei sedimenti dragati” in tre stralci distinti. Morbiolo non nasconde la sua netta contrarietà alla decisione di Giovanni Mazzacurati, dominus indiscusso del Consorzio, che ha potere assoluto nell’aggiudicare i lavori, di “tacitare” le aziende minori che erano andate a lamentarsi direttamente da lui, assicurando loro raggruppate in Ati, la vincita. Escludendo per stavolta, come si evince dall’ordinanza firmata dal gip Alberto Scaramuzza, la creme de la creme – la definizione è sempre di Morbiolo – ovvero i leoni, Mantovani Spa di Baita, Nuova Coedmar di Gianfranco Boscolo Contadin detto Flavio e Coop San Martino di Mario Boscolo Bacheto cui nell’ordine sarebbero spettate le quote del 50% e del 25%. Era stato lo stesso Mazzacurati a impartire l’ordine ai tre “colossi” di astenersi evidenziando quindi, come sottolinea più volte lo stesso giudice, il ruolo di deus ex machina dell’allora presidente di Cvm. Non tollerando alcuna, come dire, indisciplina.
M. a S.: Mario (ndr Boscolo) è venuto qua, prima ha parlato dell’autorità portuale no? e allora dice “ti cosa pensi..” io cosa vuoi che ne pensi… io gli ho detto: le cose fatte così non vanno bene. Perché chi guarda esternamente la roba qua e sa leggere vede che c’è un inciucio. Allora ho detto: io non so ho detto, però finora le gare che ha fatto l’autorità portuale sono andate via dal 48 al 57% di ribasso e hanno sempre partecipato tutti perché il mercato è quello che è. Quindi tutti le imprese hanno partecipato e tiriamo una linea. Oggi in queste tre gare che sono 15 e 12 milioni…
S.: 12
M.: Cosa succede? Che vedono che spariscono… che sparisce la creme de la creme delle imprese vere. Vedono che rimane soltanto dei pollastrelli … lui (ndr Mario Boscolo) mi ha detto ” quel numero lì…” io pensavo col 20, vincono con l’8-10% di ribasso
La conversazione continua.
M.: Si va in galera
S.: Ah io parlo con Mazzacurati e faccio un casino bestiale!!!
M. Qua si va in galera
S.: Federico (ndr (Sutto, uomo di fiducia di Mazzacurati) è un cretino…
Poi succede quello che non deve succedere. Morbiolo non si allinea e decide sul filo di lana di partecipare alla gara nonostante il veto di Mazzacurati che si arrabbia. Moltissimo. È il 27 giugno quando telefona a Savioli
Mazzacurati: Pio è successo un casino e là il Coveco ha fatto l’offerta su quella gara…
S.: Va bè questo l’ho saputo me l’ha detto Federico (ndr Sutto) ieri
M.: E ho capito ma si era… si era impegnati ad agire in un certo modo, è la solita storia…
S.: No scusa Giovanni a me non era stato detto. Io dovevo fare…
M.: Te l’ho detto… te l’ho detto
S. Io dovevo fare una cosa che ho fatto
M.: Te l’ho detto anch’io te l’ho detto
S.: Sì mi avevi detto della San Martino, comunque…
M.: No va bene è la stessa cosa roba dai!
S.: E no il fatto
M.: (ndr alzando notevolmente il tono della voce) Va bene Pio. Adesso Pio
S.:: Bisogna che ne parliamo a voce lunedì
M.:: Benissimo! Hai fatto un trucco e mi vuoi anche far passare per scemo! La trovo una roba inaudita!
S.: Ma neanche per sbaglio Giovanni!
M::: Hai Capito! La trovo… Mi crea un problema gigantesco per niente! Quattro minuti prima della chiusura… Ma dimmi che razza…
S.: Ma non è così!
M.: Che razza di truffanti che ci sono!!!
S.: Non è così!!!
M.: Erano… come non è così??? E così!
S.:: Va bene Giovanni
M.: Va bene
S.: Ne parlimo e te lo spiegherò
M.: No!No! Non ne parliamo neanche!!! Non credo che ne parlerò più io! Ciao ciao.
E butta giù il telefono.
Un’intercettazione fondamentale scrive il gip perché indicativa della predominanza del Cvn e della reazione violenta di Mazzacurati nei confronti di chi disubbidisce ai suoi ordini.

Monica Andolfatto

 

 

 

BLITZ ALL’ALBA Per altri sette l’obbligo di dimora. Cento indagati. Perquisizioni in tutt’Italia

Tempesta sul Mose, 7 arresti

Ai domiciliari Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, per turbativa d’asta

“VENEZIA NUOVA” nella bufera

LE CONFERME DALLE INTERCETTAZIONI – L’”ingegnere” padre-padrone influenzava ogni vicenda

Ai domiciliari l’ex presidente Giovanni Mazzacurati, il consigliere Pio Savioli, l’ex dirigente Federico Sutto e quattro imprenditori di Chioggia

BLITZ DELLA FINANZA – Eseguite 140 perquisizioni in Veneto e Friuli. Un centinaio gli indagati

«Noi estranei, il Mose non c’entra»

Il direttore Redi: «Quei lavori erano stati appaltati dall’Autorità portuale»

Aste e appalti truccati. Retata al Consorzio

Un fulmine a ciel sereno. Mauro Fabris, neopresidente del Consorzio Venezia Nuova, dopo 31 anni di “governo” Mazzacurati, è imbarazzato: «Avevo appena convocato per mercoledì prossimo il direttivo del Consorzio per fare il punto della situazione dopo aver chiesto ai dirigenti di relazionare sullo “stato di fatto” di tutti gli impegni del nostro ente. Ora siamo qui a prender atto di una situazione inaspettata».
Anche se Fabris dichiara la propria disponibilità a collaborare con la magistratura, il “colpo allo stomaco” è stato pesantissimo. Ieri nella nuova sede del Consorzio all’Arsenale, c’era smarrimento e preoccupazione tra i dipendenti. Non capita tutti i giorni vedere i finanzieri negli uffici e il personale costretto a restare all’esterno. «Posso comunque ribadire – spiega Fabris – che non vi è alcun problema per il Mose. I fondi sono stati già stabiliti e quindi non vi è nulla da temere».
Il Consorzio è un “gigante” sorto nel 1987 per “concessione” dello Stato che affidava ad un gruppo di imprese le opere per la salvaguardia di Venezia. Attualmente ha 131 dipendenti, ma è soprattutto l’indotto d’appalto a contare. Nei quattro cantieri aperti alle bocche di porto della laguna sono impiegate all’incirca 5mila persone. Una situazione delicata sintetizzata anche dalla nota del direttore generale, Hermes Redi: «Il Consorzio intende sottolineare che le eventuali turbative d’asta non riguardano i lavori del Mose. Al riguardo, atteso lo stato delle indagini, può solo affermarsi che il Consorzio è estraneo alle condotte contestate relativamente alla presunta turbativa di incanti pubblici riferita ad una gara d’appalto indetta dall’Autorità portuale di Venezia. Le eventuali condotte non sono riferibili all’assegnazione dei lavori del Mose, assentiti al Consorzio Venezia Nuova sin dal 1985 e avviati nel 2003. In ordine a presunti coinvolgimenti relativi ad attività del Consorzio, peraltro del tutto marginali, estranee al Mose in cui sembrano coinvolti taluni consulenti e dipendenti del Consorzio, di livello impiegatizio, l’ipotesi accusatoria sarà valutata al fine di verificare i comportamenti personali mantenuti dal personale coinvolto». Insomma Redi prende le distanze segnando una sorta di “discontinuità” con il passato. «Il Consorzio Venezia, pur con l’auspicio che l’ex presidente ingegner Giovanni Mazzacurati, il componente del consiglio direttivo, Pio Savioli, l’ex dirigente Federico Sutto e i dipendenti coinvolti comprovino la loro estraneità ai fatti, si riserva ogni valutazione anche al fine di tutelare la propria posizione avverso eventuali comportamenti che possano comprometterne l’immagine e le attività in corso». Come dire, se qualcuno ha sbagliato, il Consorzio farà valere la propria immagine.

 

L’INCHIESTA – È stato contestato il reato di turbativa, con obbligo di dimora per altre 7 persone

Questa volta il bersaglio grosso è il Consorzio Venezia Nuova. Lo storico presidente e direttore generale dimessosi lo scorso 28 giugno, Giovanni Mazzacurati, 81 anni, è finito agli arresti domiciliari insieme ad altre sei persone (altre sette hanno l’obbligo di dimora) in seguito ad un’inchiesta sulla turbativa d’asta in merito ad aziende collegate ai lavori del Mose, il progetto per la difesa di Venezia dall’acqua alta. Si tratta del secondo affondo della Procura dopo l’arresto, nei mesi scorsi, di Piergiorgio Baita, l’ex presidente della Mantovani. In questo caso si tratta di accertamenti che hanno tratto spunto da una verifica amministrativa su una delle tante aziende impegnate negli interventi di salvaguardia, la Cooperativa San Martino scarl di Chioggia. Nel 2009 i finanzieri della tributaria lagunare, coordinati dal colonnello Renzo Nisi, hanno scoperto che questa società aveva dato vita ad una serie di operazioni e fatturazioni fittizie collegate all’acquisto di palancole e di sassi da annegamento provenienti da una società croata. Avendo notato che alcuni costi erano lievitati a dismisura, i finanzieri hanno scoperto una società in Austria dove venivano creati i fondi neri poi messi a disposizione della Cooperativa. La scelta dell’Austria non è casuale visto che quello, in gergo, viene definito un “paradiso bancario”. Da questo primo nucleo di partenza, relativo ad un frode di oltre cinque milioni di euro per operazioni inesistenti sistemate in una contabilità parallela, la Finanza ha poi messo sotto i riflettori anche altre aziende che lavoravano per il Consorzio. È saltato fuori che alcuni appalti per il Mose funzionavano in modo arbitrario.
Emblematico il caso di un bando per lo scavo dei canali per conto dell’Autorità portuale, suddiviso in tre stralci per un totale di quasi 15 milioni. Ad attirare l’attenzione degli inquirenti è il fatto che generalmente i ribassi si attestano fino al 46 per cento, in questi casi si arriva solo attorno al 10. Con un evidente danno per lo Stato, per più episodi, anche fino a 100 milioni. «Durante i controlli che hanno visto l’impiego di 500 uomini – hanno spiegato i finanzieri – abbiamo accertato che il Consorzio può gestire, dirigere e quindi anche scegliere le società che poi dovranno fare i lavori». Per questo appalto un soggetto, uscito da questa sorta di “patto”, presenta all’ultimo minuto una proposta vincente che scatena le ire delle altre imprese. «In questo caso – ha spiegato il colonnello Nisi – la Coveco ha vinto, ma subito dopo il Consorzio ha disposto che doveva assolutamente far lavorare anche gli altri soggetti esclusi». Da qui l’indagini del pm Tonini che ipotizza la turbativa d’asta. Le intercettazioni non fanno che confermare un quadro dove, come hanno spiegato gli investigatori, Mazzacurati agiva da “padre padrone” capace di influenzare ogni vicenda.
Agli arresti domiciliari sono finiti anche Pio Savioli, consigliere del Consorzio Venezia Nuova; Federico Sutto, dipendente del Consorzio Venezia Nuova ex socialista legato in passato a Gianni De Michelis; Roberto Boscolo Anzoletti, rappresentante legale della Lavori Marittimi e Dragaggi Spa; Mario Boscolo Bacheto, amministratore di fatto della Cooperativa San Martino; Stefano Boscolo Bacheto, amministratore di fatto della Cooperativa San Martino e Gianfranco Boscolo Contadin (detto Flavio), direttore tecnico della Nuova Co.ed.mar.
L’obbligo di dimora è invece scattato per Valentina Boscolo Zemello, rappresentante legale della Zeta Srl; Antonio Scuttari, rappresentante legale della Clodiense Opere Marittime; Carlo Tiozzo Brasiola, rappresentante legale della Somit Srl; Luciano Boscolo Cucco, rappresentante legale de La Dragaggi Srl; Dimitri Tiozzo della Tiozzo Gianfranco Srl; Juri Barbugian della Nautilus Srl; Erminio Boscolo Menela della Boscolo Sergio Menela. Eseguite 140 perquisizioni, soprattutto nel Veneziano, ma anche a Padova, Treviso e Pordenone. Un centinaio gli indagati.
Secca replica dei difensori di Mazzacurati, gli avvocati Alfredo Biagini e Giovan Battista Muscari Tomaioli. «Il Mose non c’entra, si tratta di un appalto per il porto di Venezia».

Gianpaolo Bonzio

 

AZIONI LEGALI  «Ci tuteleremo per danni alla nostra immagine»

GIOVANNI MAZZACURATI  «Noi si era impegnati ad agire in un certo modo, invece è successo un casino è la solita storia…»

PIO SAVIOLI   «Sì, questo l’ho saputo da Federico, a me non era stato detto, io dovevo fare una cosa che ho fatto»

LA RICOSTRUZIONE – Una società austriaca creava “fondi neri” per la Coop S. Martino

Un fulmine a ciel sereno. Mauro Fabris, neopresidente del Consorzio Venezia Nuova, dopo 31 anni di “governo” Mazzacurati, è imbarazzato: «Avevo appena convocato per mercoledì prossimo il direttivo del Consorzio per fare il punto della situazione dopo aver chiesto ai dirigenti di relazionare sullo “stato di fatto” di tutti gli impegni del nostro ente. Ora siamo qui a prender atto di una situazione inaspettata».
Anche se Fabris dichiara la propria disponibilità a collaborare con la magistratura, il “colpo allo stomaco” è stato pesantissimo. Ieri nella nuova sede del Consorzio all’Arsenale, c’era smarrimento e preoccupazione tra i dipendenti. Non capita tutti i giorni vedere i finanzieri negli uffici e il personale costretto a restare all’esterno. «Posso comunque ribadire – spiega Fabris – che non vi è alcun problema per il Mose. I fondi sono stati già stabiliti e quindi non vi è nulla da temere».
Il Consorzio è un “gigante” sorto nel 1987 per “concessione” dello Stato che affidava ad un gruppo di imprese le opere per la salvaguardia di Venezia. Attualmente ha 131 dipendenti, ma è soprattutto l’indotto d’appalto a contare. Nei quattro cantieri aperti alle bocche di porto della laguna sono impiegate all’incirca 5mila persone. Una situazione delicata sintetizzata anche dalla nota del direttore generale, Hermes Redi: «Il Consorzio intende sottolineare che le eventuali turbative d’asta non riguardano i lavori del Mose. Al riguardo, atteso lo stato delle indagini, può solo affermarsi che il Consorzio è estraneo alle condotte contestate relativamente alla presunta turbativa di incanti pubblici riferita ad una gara d’appalto indetta dall’Autorità portuale di Venezia. Le eventuali condotte non sono riferibili all’assegnazione dei lavori del Mose, assentiti al Consorzio Venezia Nuova sin dal 1985 e avviati nel 2003. In ordine a presunti coinvolgimenti relativi ad attività del Consorzio, peraltro del tutto marginali, estranee al Mose in cui sembrano coinvolti taluni consulenti e dipendenti del Consorzio, di livello impiegatizio, l’ipotesi accusatoria sarà valutata al fine di verificare i comportamenti personali mantenuti dal personale coinvolto». Insomma Redi prende le distanze segnando una sorta di “discontinuità” con il passato. «Il Consorzio Venezia, pur con l’auspicio che l’ex presidente ingegner Giovanni Mazzacurati, il componente del consiglio direttivo, Pio Savioli, l’ex dirigente Federico Sutto e i dipendenti coinvolti comprovino la loro estraneità ai fatti, si riserva ogni valutazione anche al fine di tutelare la propria posizione avverso eventuali comportamenti che possano comprometterne l’immagine e le attività in corso». Come dire, se qualcuno ha sbagliato, il Consorzio farà valere la propria immagine.

 

TECNOLOGIE – Cimici in uffici e nelle auto hanno svelato il “sistema”

Intercettazioni telefoniche e ambientali per delineare un “sistema”. I finanzieri hanno ascoltato l’utenza di casa della segretaria della Coop San Martino, il cellulare di Pio Savioli che oltre a essere consigliere di Cvn aveva un rapporto di collaborazione con Coveco, il cellulare di Giovanni Mazzacurati allora presidente di Cvn, il cellulare di Piergiorgio Scuttari della F.lli Scuttari Benito. Mentre le cimici sono state messe nell’auto di Savioli, nell’ufficio di presidenza di Coveco a Marghera utilizzato solo da Franco Morbiolo, in un altro ufficio Coveco utilizzato solo da Savioli, e nell’auto di Stefano Tomarelli consigliere Cvn destinatario di fondi da parte di Coop San Martino.

 

INTERCETTAZIONI – Le conversazioni al telefono di presidente e imprenditori avvalorano la tesi investigativa dell’accordo per controllare le assegnazioni

«Hai barato e mi fai scemo…»

«Il Coveco ha presentato l’offerta quattro minuti prima della chiusura»

Per l’imprenditore si profila l’accordo di patteggiare la pena di 22 mesi

Il suo grande sogno: realizzare le dighe mobili per salvare la città più bella dall’alta marea e dalla forza del mare

IL PERSONAGGIO – L’ingegner Mazzacurati ha legato vita e carriera all’opera di salvaguardia

INCHIESTE PARALLELE Il gip: «Si è già dimesso dagli incarichi e ha iniziato un rapporto di collaborazione con l’autorità giudiziaria»

Respinta la richiesta di arrestare anche Piergiorgio Baita

La Guardia di finanza ha spiegato che quest’inchiesta non ha collegamenti particolari con quella che ha interessato qualche mese fa l’ex presidente della società di costruzioni Mantovani, Piergiorgio Baita.
Ma è del tutto evidente che parlare delle opere del Consorzio Venezia Nuova e andare a riguardare gli appalti del Mose, porta inevitabilmente ad incrociare l’imprenditore di Mogliano che lo scorso 14 giugno è uscito dal carcere di Belluno dopo tre mesi e mezzo di detenzione. E così si scopre che il pubblico ministero Tonini aveva anche chiesto una misura cautelare per lo stesso Baita. Una richiesta però respinta.
Secondo quanto afferma il gip lagunare, «l’indagato Baita non ricopre più alcun incarico poichè a seguito di altre vicende processuali, distinte anche se connesse a queste per le quali lo stesso si trova agli arresti domiciliari, il medesimo si è già dimesso da tutti gli incarichi, iniziando un rapporto di collaborazione con l’autorità giudiziaria. Per questo, per l’assenza dei ruoli idonei e per gli atteggiamenti processuali non è configurabile alcuna esigenza cautelare».
E quindi, controllando le date, si può notare che sia la scarcerazione di Baita sia la chiusura delle indagini e la richiesta di questi arresti domiciliari, la distanza è davvero breve.
Non è un caso che dopo la scarcerazione di Baita tutti si aspettavano una nuova offensiva dalla magistratura. A far tremare più di qualcuno, in tutto il Veneto ma non solo (le indagini della Finanza si sono sviluppate anche in Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana Lazio e Campania) probabilmente sono state le dichiarazioni fatte da Baita in queste ultime settimane.
L’imprenditore, accusato di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale e difeso dall’avvocato Alessandro Rampinelli, nell’ultimo confronto con il pm Stefano Ancilotto aveva parlato per oltre tre ore. E in quella circostanza, a quanto pare, avrebbe fornito un quadro generale del funzionamento del mondo degli appalti e della presenza di un sistema di pagamento di “mazzette”.
A questo punto anche la sua posizione sembra arrivata ad una svolta. Qualche giorno fa, infatti, la Procura di Venezia e la difesa avrebbero trovato un accordo per un patteggiamento complessivo di 22 mesi. Ora la parola passa al giudice.

Gianpaolo Bonzio

 

Il “padre” del Mose è stato sommerso dalla piena giudiziaria

Il simbolo, l’uomo da attaccare, il dirigente con il quale condividere le scelte legate alla salvaguardia di Venezia. Sposato, un figlio Carlo, regista apprezzato, è sempre stato un uomo in disparte. Schivo, lontano dalle telecamere e dal circo Barnum dell’informazione, ma cortese, disponibile. Cattolico praticante, per molti anni è stato Procuratore di San Marco e anche presidente dello Studium Marcianum, la “creatura” fondata dal cardinale Angelo Scola quando era Patriarca di Venezia. Dal 2006 è anche al vertice della Fondazione Banca degli Occhi.
Mazzacurati ha trascorso la sua vita per il Mose. L’ha sognato, lo ha realizzato, lo ha amato. Lo ha soprattutto difeso contro tutti i detrattori. A destra e a sinistra. Con un unico obiettivo: realizzare un’opera unica al mondo per salvare la città più bella del globo. E ovviamente passare alla storia come l’ingegnere che, dopo aver ipotizzato le “dighe mobile”, sarebbe riuscito a realizzarle per bloccare la forza del mare. Un personaggio a tutto tondo capace di giudizi pesanti come quando all’ex sindaco Massimo Cacciari disse che “ormai si era ridotto ad un soprammobile” dopo l’ennesima polemica sul Mose fino a negare veementemente in tutti i modi – e di fronte ai giornalisti – di non essere “il sindaco occulto” di Venezia. Ma uomo di potere certamente sì.
Mazzacurati nato nel 1932 all’ombra della “Torre Pendente”, si è laureato in Ingegneria Idraulica all’università di Padova. Dal 1955 al 1959 lavora nell’azienda di famiglia realizzando opere di difesa costiera nel delta del Po e di bonifica in Sardegna. Dal 1959 al 1983 è direttore del gruppo di costruzioni “Furlanis” di Portogruaro – vero e proprio modello veneto di sviluppo, si diceva una volta – una delle grandi potenze di settore. Qui tra i suoi dipendenti c’è anche quel Piergiorgio Baita che poi per molti anni a venire sarà al suo fianco al Consorzio Venezia Nuova come titolare di un’azienda, la Mantovani, finita in questi mesi nell’occhio del ciclone per frode fiscale.
E negli anni per la “Furlanis”, Mazzacurati realizza grandi opere (centrali termoelettriche, tratte autostradali e provinciali, opere aeroportuali e marittime ed idrauliche tra le quali una grandissima diga a Bakalori in Nigeria con relative bonifiche). Insomma, un manager di tutto rispetto. Poi agli inizi degli anni Ottanta il grande balzo, l’arrivo alla direzione del Consorzio Venezia Nuova. Il “gioiello” o il “buco nero” – a seconda dei punti di vista – che favorirà e opererà per un’opera faraonica come quella del Modulo Sperimentale Elettromeccanico, il Mose. E qui, tra le mura del nuovo ente che riunisce le imprese che puntano a lavorare per la salvaguardia di Venezia, si muove come un leone. Difende a spada tratta il progetto, la sua immedesimazione è totale. È il perno sul quale gira il sistema di costruzione dell’opera. È altresì l’«elemento di continuità», come lo definiscono i giornali nel corso di quest’ultimo ventennio per lo sviluppo del progetto. Prima lavora come direttore dell’ente dal 1983 vedendo transitare davanti a sè fior fiore di presidenti mandati in laguna dallo Stato, Luigi Zanda, Franco Carraro, Paolo Savona, tutti “grand commis” di Stato, ma con un piede più a Roma che a Venezia. Poi nel 2005 diventa presidente del Consorzio.
Qui, nella Serenissima, c’è solo lui. Transitano nei suoi uffici presidenti della Repubblica, governatori di regione, uomini politici, parlamentari, ministri. Mazzacurati è l’unico “bastione” a difesa del Mose, delle cerniere, delle paratie mobili, dei lavori alle bocche di porto. Insomma, un “grande vecchio” che a poco a poco vede nascere, sviluppare, crescere la sua opera. E poi, infine, la svolta del giugno scorso dove un lapidario comunicato partorito dal “suo” Consorzio racconta le sue dimissioni per motivi di salute. Tutto vero per un uomo che soffre di cuore. «Lascio sapendo che il lavoro ormai è vicino alla conclusione. Il 90 per cento è terminato e abbiamo portato a termine una serie di opere. Ci sono voluti 31 anni, costellati di alti e bassi, ma possiamo dire che vediamo la fine dell’opera per la quale è stato costruito il Consorzio». Quasi un testamento.

Paolo Navarro Dina

 

 

L’EX SINDACO «È un’operazione da sei miliardi…»

LA MORALE – Bottacin: l’assenza di concorrenza è un danno per tutti

L’ACCUSA   «Un enorme potere è stato consegnato a una lobby di imprese»  Beppe Caccia consigliere comunale

LE REAZIONI – Il sindaco di Venezia: si dovevano coinvolgere gli enti locali

Orsoni: è mancato il controllo

Cacciari: la logica del “concessionario unico” porta a questi risultati. «L’ho denunciato dall’inizio, nessuno mi ascoltò. Tutti i governi, di destra e sinistra, erano favorevoli»

Del Mose è stato il principale oppositore. Il professor Massimo Cacciari, sindaco di Venezia negli anni in cui la politica – veneta e italiana – prese insieme le decisioni definitive sulle opere per la salvaguardia di Venezia e sul soggetto che avrebbe dovuto realizzarle, oggi può serenamente allargare le braccia di fronte all’inchiesta che investe l’ex presidente del Consorzio e i meccanismi d’affidamento delle opere: «Tutti i governi, di destra e di sinistra, indistintamente, si sono sempre schierati a favore di questa opera. Nessuno mi ha ascoltato. Il Mose è un’operazione da sei miliardi di euro, e questo dice tutto».
Lei non lo voleva.
«Io sono uso pensare che anche i miei avversari siano persone in perfetta buona fede, e del tutto onesti. Io mi opponevo al Consorzio e al Mose per ragioni tecniche ed economiche. Ora lo scenario è completamente cambiato, e ci penserà la magistratura».
Lei era contrario non solo alle opere, ma anche al meccanismo che è stato messo in piedi per realizzarle.
«Io sottolineo le responsabilità politiche e mediatiche dei molti che furono pancia a terra favorevoli all’opera. Perché un’opera con un concessionario unico e che concentrava su un’unica cosa tutto il problema della salvaguardia di Venezia, bè era il grembo fecondo ideale anche per operazioni come quelle sulle quali adesso sta indagando la magistratura. Sia chiaro, io non so nulla della materia che riguarda l’inchiesta e non mi interessa. Io questo so, che tutta la procedura del Mose era viziata ab origine, che ab origine io la denunciai con pochissimi altri».
Allora lei insisteva per soluzioni alternative.
«Ci sono due tremila pagine, abbiamo fatto indagini inchieste seminari, abbiamo pubblicato volumi su volumi, ci sono questioni di carattere tecnico ed economico che riguardano tutto il problema della salvaguardia e l’utilità del Mose e sì, anche eventuali soluzioni alternative».
Ma lei era anche contrario al meccanismo scelto per affidare le opere, un’eccezione al normale funzionamento della concorrenza e del mercato.
Ma certo che ero contrario: è evidente, la logica del concessionario unico e dell’unica grande opera è l’humus più favorevole per ogni pratica monopolistica. Dopo di che io mi auguro che la magistratura non trovi nulla e che l’opera possa realizzarsi al più presto. Quando giunsi alla fine della mia battaglia, con Prodi presidente del Consiglio, immediatamente dopo aver votato contro nel Comitato interministeriale, dichiarai che da quel momento io cessavo ogni forma di opposizione perché in democrazia si discute ma poi si deve anche decidere e quindi mi auguravo a quel punto che l’opera potesse concludersi nei tempi previsti, che mi pare fossero il 2013-2014».

 

IL GOVERNATORE – Zaia: spero che si faccia chiarezza nel più breve tempo possibile

Giorgio Orsoni, seppure come sindaco, esprime un parere da avvocato amministrativista sull’inchiesta che ha travolto il Consorzio Venezia Nuova. «Ho sempre detto – dice il primo cittadino di Venezia – che il sistema dei concessionari unici è un sistema molto delicato e che può avere un senso. E questo può averlo in determinate situazioni. Ma c’è anche bisogno che ci sia un’amministrazione “concedente” la concessione che abbia, e sappia esercitare, un controllo reale e soprattutto efficiente». Per Orsoni «lo strumento usato con grande generalità. Ci si ritrova, in alcuni casi con privati che, pur avendo una “concessione” pubblica dallo Stato, fanno prevalere i loro interessi rispetto a quelli del “concedente”. Quello che auspico, e che ho sempre cercato, è che lo Stato, ma in particolar modo gli enti locali possano esercitare una maggiore forma di controllo». Orsoni non vuole dire «che se il “controllo” fosse affidato al Comune le cose sarebbero andate diversamente, ma credo che se gli enti locali fossero stati obiettivamente maggiormente coinvolti, forse ci sarebbe stata maggiore oculatezza su questi procedimenti»
Il governatore del Veneto, Luca Zaia, auspica si chiarisca in fretta: «Ho piena fiducia nell’operato della magistratura, l’unica titolata a fare chiarezza e a tutelare gli interessi dei veneti, nella speranza che, in un momento cruciale e tormentato per la nostra terra, l’istruttoria si svolga nel piu’ breve tempo possibile per il bene del Veneto».
Il presidente del Porto, Paolo Costa, si limitato a commentare che «abbiamo aperto le porte alla Guardia di Finanza e abbiamo messo a disposizione tutti i documenti che ancora ci chiederanno, per assicurare la massima trasparenza. Per il resto, a quanto ci risulta, siamo parte lesa».
Pietro Bortoluzzi, consigliere comunale a Venezia di Fratelli d’Italia, parla di «senso di scoramento e di amaro in bocca per l’esito clamoroso dell’inchiesta». Sergio Berlato, europarlamentare veneto del Pdl, confida «sul fatto che alla Guardia di finanza venga permesso di andare fino in fondo nell’operazione».
«I fatti dimostrano – rileva Diego Bottacin, consigliere regionale veneto di Verso Nord – come l’assenza di concorrenza si trasforma in danno per gli enti pubblici, per i cittadini e per le imprese». Beppe Caccia, consigliere comunale di Venezia per una civica, definisce «perverso» il «meccanismo della concessione unica da parte dello Stato dei lavori per la salvaguardia fisica di Venezia e della sua laguna, meccanismo che dal 1984 in poi ha consegnato ad una lobby d’imprese un enorme potere di condizionamento della vita economica e politico-amministrativa della città e dell’intera regione».
Per il consigliere regionale della Federazione della sinistra Veneta, Pietrangelo Pettenò «l’arresto di Mazzacurati, l’ex uomo chiave del Consorzio Venezia Nuova getta un’ombra su tutta la città e chiama le forze politiche ed istituzionali che hanno governato e operato le scelte sul territorio ad una grande iniziativa di chiarificazione e trasparenza».

 

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