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Gazzettino – Villa di Galan, fu Mantovani a pagare

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

1

lug

2014

MAREMOTO SUL MOSE – I giudici sulla progettista Brotto: «Coinvolta attivamente, sapeva dei soldi ai politici»

Villa di Galan, fu Mantovani a pagare

Il Tribunale del riesame: le parcelle per oltre un milione a Turato nascondevano somme destinate al deputato

La società di costruzioni Mantovani ha pagato i restauri della villa di proprietà dell’allora presidente della Regione, Giancarlo Galan, a Cinto Euganeo «attraverso il conferimento all’ingegner Danilo Turato, di quattro o cinque incarichi diversi», per un ammontare complessivo di circa 600-700mila euro per il corpo principale della villa e 400mila euro per la barchessa. Lo ha raccontato l’ex presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, e il Tribunale del riesame ritiene vi siano fondati motivi per ritenere che le fatture liquidate all’ingegnere siano superiori al dovuto per una normale parcella professionale e che servissero per nascondere le somme provento di corruzione destinate a Galan, come contestato dalla Procura.
È per questo motivo che il collegio presieduto da Angelo Risi ha confermato il sequestro dei beni di Turato, per un ammontare di oltre 300mila euro. All’architetto sono stati revocati gli arresti domiciliari semplicemente per il venir meno delle esigenze cautelari, ma il Tribunale conferma la sussistenza di gravi indizi nei suoi confronti.
L’INGEGNER BROTTO – I giudici parlano di gravi indizi anche per quanto riguarda la posizione di Maria Brotto, la responsabile della progettazione del Mose, alla quale sono stati concessi gli arresti domiciliari a Rosà, in provincia di Vicenza, ritenuti sufficienti ad impedirle di commettere altri reati dello stesso tipo. I giudici del Riesame riconoscono alla Brotto un ruolo di primo piano nel sistema corruttivo del Consorzio Venezia Nuova: «Emerge con chiarezza che non solo è ad integrale conoscenza di tutte le iniziative del Mazzacurati, ma vi ha partecipato fornendogli un contributo di partecipazione adesivo e consapevole», si legge nell’ordinanza lunga 15 pagine.
IL CONTO SVIZZERO – La Procura accusa l’ingegner Brotto della corruzione degli ex presidenti del Magistrato alle acque, Patrizio Cuccioletta, e Maria Giovanna Piva e gli elementi raccolti contro di lei sono numerosi. È Piergiorgio Baita a raccontare di aver bonificato 500mila euro a Cuccioletta sul conto svizzero intestato alla moglie, e a precisare che fu la Brotto a fornire il numero di quel conto.
La difesa ha negato che l’ingegnere del Cvn fosse l’unico soggetto che si rapportava con Cuccioletta e ha evidenziato una serie di conversazioni intercettate con l’architetto Flavia Faccioli (responsabile delle relazioni esterne del Consorzio) «sempre aventi ad oggetto benefici “pratici” in favore dell’allora Magistrato alle acque». Ma ciò, secondo il Tribunale, non alleggerisce la posizione della Brotto che «risulta anche a conoscenza dei pagamenti ai politici». I giudici ritengono che «la Brotto, già coinvolta attivamente nella sovrafatturazione, fosse pienamente consapevole delle dazioni che il Cvn versava ad entrambi i funzionari corrotti – tanto da partecipare in prima persona a taluni dei pagamenti – e che abbia poi graficamente concorso con loro nel compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio». Il riferimento è alle centinaia di documenti rinvenuti nel computer dell’ingegnere, formalmente riferibili al Magistrato alle acque, ma predisposti personalmente dalla Brotto o da personale del Cvn: secondo gli inquirenti è la prova che era Mazzacurati (anche per tramite della sua più stretta collaboratrice) a decidere il da farsi, tanto da predisporre perfino le delibere per conto dell’ente che avrebbe dovuto controlare.
LIA SARTORI – La Procura sta attendendo la proclamazione dei nuovi europarlamentari per eseguire la misura cautelare nei confronti dell’esponente politico vicentino di Forza Italia, ex presidente del Consiglio regionale, alla quale il gip ha imposto gli arresti domiciliari per finanziamento illecito ai partiti. L’immunità di cui gode, in qualità di europarlamentare uscente, cesserà non appena il nuovo Europarlamento si insedierà.
ATTI A MILANO – Nel frattempo sono già arrivati in Procura a Milano gli atti relativi alla posizione di Roberto Meneguzzo, ex amministratore della finanziaria Palladio accusato, di aver versato denaro, per conto di Mazzacurati, per corrompere l’ex generale della Finanza Emilio Spaziante e l’ex braccio destro del ministro Giulio Tremonti, Marco Milanese.

Gianluca Amadori

 

TANGENTI – Baita versò 500mila euro sul conto svizzero di Cuccioletta

L’USCITA DI SCENA – Disse: «Se ne andò perché mia moglie la odiava». Oggi ha cambiato versione

IPSE DIXIT Nel 2013 dall’ex governatore solo parole positive per la ex segretaria «Instancabile ed efficiente» Così elogiava la Minutillo

(gla) Claudia Minutillo «è stata una collaboratrice instancabile, capace di lavorare diciotto ore al giorno, senza perdere un colpo. Il nostro rapporto di lavoro si è concluso fisiologicamente, sette anni fa».
Perché l’allontanò all’improvviso? «Perché mia moglie la odiava e perché la mia segreteria non la sopportava più. Lavorava 24 ore su 24 ma era troppo imperiosa. L’allontanamento non fu indolore: lei voleva restare».
È stato lei ad inserirla nella galassia Mantovani?: «No. Era una grande lavoratrice, Baita la conosceva e capisco perché abbia voluto portarla con lui. E poi che doveva fare la Minutillo, la pensionata?»
Piergiorgio Baita: «Un uomo di grande spessore professionale, attentissimo, informato, una spanna sopra tutti gli altri dal punto di vista tecnico e manageriale».
All’inizio di marzo del 2013 l’ex presidente della Regione Veneto ed ex ministro alla Cultura, Giancarlo Galan, aveva espresso queste considerazioni sulla sua ex segretaria e sull’allora presidente della società di costruzioni Mantovani, appena arrestati per false fatture milionarie. In due interviste concesse ad altrettanti quotidiani, ora allegate alla sua memoria difensiva, Galan riservava nei confronti di Minutillo e Baita parole ben diverse da quelle dedicate loro pochi giorni fa, nel corso della conferenza stampa con la quale ha presentato la sua memoria difensiva presentata alla giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. «Figuriamoci se licenzio una persona solo perché è antipatica a mia moglie», ha dichiarato Galan lo scorso 23 giugno. Nella memoria depositata ai deputati scrive che «le ragioni in quell’occasione furono gravi e molteplici». Quali? Per ora sono coperte da omissis, probabilmente perché l’ex ministro avrebbe preferito comunicarle direttamente ai pm nell’interrogatorio che non è mai avvenuto. Ma perché, se aveva sospetti sull’onestà della Minutillo non l’ha detto subito nel 2013, magari fornendo elementi utili agli inquirenti? Perché questi sospetti sul suo comportamento li ha espressi soltanto dopo aver saputo che sono stati proprio la sua ex segretaria e Baita ad indicarlo come un corrotto al soldo del Consorzio Venezia Nuova? Nella memoria depositata alla Camera Galan fa riferimento anche al fatto che la Minutillo «ostentava continuamente un lusso (capi di vestiario, accessori, gioielli ecc.) del tutto ingiustificato ai miei occhi rispetto al compenso percepito per le mansioni che svolgeva». Perché questa circostanza non l’ha riferita prima, presentandosi in Procura quando la Minutillo fu arrestata per gravi reati?
I magistrati veneziani lo chiederanno sicuramente a Galan non appena avranno la possibilità di ascoltarlo. E, probabilmente, lo stesso quesito se lo pongono anche i deputati che, entro l’11 luglio, sono chiamati a decidere se dare il via libera al suo arresto per corruzione, chiesto dai pm Paola Tonini, Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, coordinati dal procuratore aggiunto Carlo Nordio.
Anche su Baita l’ex ministro dice oggi cose in parte diverse da quelle contenute nelle interviste del 2013: oggi lo definisce «da un lato estremamente preparato, ma dall’altro cinico, ambizioso e fornito di una considerazione sconfinata di sé stesso».

 

GLI AMBIENTALISTI L’AVEVANO PREVISTO

Chi farà le scuse ufficiali agli ambientalisti che da sempre hanno ritenuto scandalosa la gestione di tutta l’operazione criminale Mose e che sono stati etichettati ai tempi delle proteste come “sovversivi”? Chi ringrazierà gli ambientalisti che hanno invitato, supportato, accompagnato, affidato una nutrita documentazione per non incorrere in querele, e quindi diffondere all’opinione pubblica gli imbarazzi degli intervistati (ora agli arresti) sulle tematiche truffaldine della gestione Mose-politici-controllori?
La giustizia è lenta ma finalmente è arrivata: mazzette, controllori imparentati con i controllati ecc. Adesso tutti i coinvolti parlano e gli ambientalisti del Lido di Venezia aspettano che il cerchio si allarghi e si faccia luce anche su tutti gli altri “scandali” del Lido (la seconda parte diffusa attraverso le inchieste giornalistiche degli stessi programmi televisivi).

Paolo Fumagalli – Venezia

 

E ORA RIDATECI I NOSTRI DENARI

Tangentopoli Mose: ”un mare infestato da squali che amano cibarsi di denaro pubblico”. Al telegiornale ho sentito che il signor Orsoni – sindaco di Venezia nonchè avvocato – rispetto al rifiutato patteggiamento da parte del gip Massimo Vicinanza (al quale dico bravo!) avrebbe affermato «bene, così finalmente comincerò a difendermi, cosa che non ho mai potuto fare sino ad oggi!». Tale affermazione è offensiva per Lui stesso uomo di diritto e per il suo difensore e per le persone mediamente normali che ascoltano. Essendo il patteggiamento una precisa scelta basata sugli atti e non a caso “concordato” con la Procura! Fino al terzo grado di giudizio tutti sono innocenti e quindi attendiamo l’evoluzione dell’indagine. Magari aspettiamoci la prescrizione visto che in Italia ciò è possibile. Basta la richiesta di patteggiamento per la revoca della misura cautelare per ottenere la libertà? A queste persone che amano “cibarsi“ di denaro pubblico dovrebbero quanto meno non finire in carcere, bensì espropriati dei beni sino alla terza generazione e radiati dagli albi professionali se essi sono professionisti. O impedire loro di svolgere attività imprenditoriale e allontanamento dalla pubblica amministrazione a vita. Forse almeno così bloccheremo questa emergenza sociale denominata “tangentopoli“ in quanto non c’è giorno che non si scriva di qualche politico indagato o processato per corruzione o concussione. Visto che poi il Pd ha la fobia e la persecuzione di combattere l’evasione fiscale ma si può sapere come sono stati registrati i denari incassati dalle primarie? Non ricordo che siano stati rilasciati scontrini o ricevute da parte di chi andava al seggio a votare. Forse basta apostrofare “contributo volontario” perché tutto sia possibile senza incappare nelle vessazioni del fisco e controllo della GdF? Bene domani vado dal mio panettiere e pago il pane con contributo volontario deciso dal fornaio (quindi prezzo al pubblico). Sia venuta ora di “pulizia“ della politica veneziana e dell’entroterra, ridateci i nostri denari!!!

Gianluca Bragatto – Caorle

 

SCANDALO MOSE – Rispetto ai 4 mesi del patteggiamento l’ex sindaco potrebbe avere una pena tre volte più pesante

Orsoni a processo entro dicembre

La Procura decisa a non farsi “decapitare” l’inchiesta dalla prescrizione: primo grado entro l’anno

L’ACCUSA – Sovrafatturazioni per 20 milioni Il gip: solidarietà criminale

Processo a Giorgio Orsoni entro dicembre. Questo è l’obiettivo della Procura di Venezia. Sarà un processo con rito immediato e sarà un processo senza sconti. Del resto l’ex sindaco di Venezia ha rotto il patto implicito che era stato siglato con la Procura e che prevedeva la condanna a qualche mese e al pagamento di 15 mila euro per uscire definitivamente dal processo. Adesso si ricomincia da capo. Con la prescrizione in agguato. Ma di tempo, conteggiano in Procura, ce n’è, eccome. Anche volendo restare alla campagna elettorale, marzo 2010, con la prescrizione si arriva, conteggiando 7 anni e mezzo, a fine 2017. Quando basta per fare il primo grado di sicuro e forse anche il secondo. Poi è chiaro che Orsoni andrà in prescrizione, ma intanto? La Procura punta ad una condanna in primo grado a 12 mesi come minimo invece dei 4 del patteggiamento. Possibile? Finora gli investigatori hanno in mano le dichiarazioni di Baita: «Ho versato 50 mila euro in nero per Orsoni. Li ho dati in contanti a Federico Sutto». E di Mazzacurati che, oltre ad ammettere quello che non si può negare e cioè i 110 mila euro “in bianco” versati nel conto corrente del garante della campagna elettorale, ha parlato di 400-500mila euro “in nero”. Qualche centinaio li avrebbe portati lui personalmente a casa di Orsoni. E siccome gli ultimi pagamenti potrebbero essere datati 2011, quando la campagna elettorale era finita da un bel po’, allora la prescrizione si allungherebbe ancora. Del resto detta a verbale lo stesso Orsoni: «Mazzacurati a casa mia, che io ricordi, non è venuto prima della campagna elettorale. Dopo certamente sì». E Mazzacurati cosa portava a casa sua? «Posso dire che probabilmente sì, che fosse venuto anche con dei plichi di carte… Può essere che abbia lasciato dei plichi da qualche parte, non lo so» – risponde Orsoni. Ma allora, se Mazzacurati è andato dopo l’elezione e Mazzacurati dice di avergli portato i soldi in quei plichi, questo potrebbe far cambiare sia la data della prescrizione che il reato, da finanziamento illecito a corruzione impropria. E poi c’è sempre l’incognita Sutto. Il “postino” potrebbe decidersi a parlare e a raccontare tutte le volte che è andato a casa di qualcuno a portare il “plico”.

Maurizio Dianese

 

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