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L’INCHIESTA – Processo in salita per Orsoni: tutti contro l’ex sindaco

Il gip si oppose alla richiesta di patteggiare 4 mesi e multa

LA REPLICA – Contestate le affermazioni dei due deputati dem indagati

LE ELEZIONI «La gestione affidata a persone vicine al Pd»

LA DIFESA – Gli avvocati Arata e Grasso precisano che Orsoni non si è interessato all’organizzazione della campagna elettorale«Mai ricevuto soldi al di fuori della legge»

SISTEMA MOSE – Mancano i riscontri su Zoggia e Mognato: possibile archiviazione

VERSO IL PROCESSO – I pm proseguono con gli accertamenti sull’ex sindaco

Tutti contro Orsoni per i finanziamenti elettorali in nero

Tutti gli elementi raccolti finora dalla Procura sembrano puntare contro l’ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, in relazione al presunto finanziamento illecito di 450mila euro che l’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, racconta di aver versato “in nero” nel 2010 per finanziare la campagna elettorale per le Comunali in laguna. Al momento non sarebbe emerso alcun riscontro sul possibile ruolo giocato dai due esponenti di spicco del Pd, gli attuali deputati Michele Mognato e Davide Zoggia, chiamati in causa dallo stesso Orsoni nell’interrogatorio da lui sostenuto il 9 giugno scorso, subito dopo essere finito ai domiciliari per violazione della legge sul finanziamento dei partiti. Nessuna delle persone ascoltate dagli investigatori ha dato indicazioni o conferme in merito al fatto che i due onorevoli abbiano gestito quel finanziamento, né che siano stati loro a spingere Orsoni a rivolgersi a Mazzacurati per chiedere contributi elettorali. Zoggia e Mognato, ascoltati come indagati martedì scorso, hanno negato di essersi mai occupati di finanziamenti per il candidato sindaco. Di conseguenza non è escluso che la posizione dei due deputati del Pd finisca presto in archivio come chiesto dai difensori, gli avvocati Guido Calvi, Gianluca Luongo, Marta De Manincor e Alfredo Zabeo. Le loro dichiarazioni potrebbero però essere utilizzate per sostenere l’accusa nei confronti di Orsoni, assieme a tutte le altre raccolte finora nel corso dell’inchiesta.

Quello del presunto finanziamento illecito per la campagna elettorale del 2010 al Comune di Venezia è uno degli episodi minori emersi nell’ambito dello scandalo del “sistema Mose”, e certamente non è di gravità paragonabile alle maxi tangenti contestate all’ex presidente della Regione, Giancarlo Galan, o all’ex assessore Renato Chisso, accusati di corruzione. Ma ha avuto il maggior impatto mediatico per il risalto della persona coinvolta – il sindaco di Venezia – poi costretto alle dimissioni. Orsoni ha sempre respinto ogni addebito, spiegando che di un primo contributo “in bianco” di 110mila euro, è certo della totale legittimità, in quanto regolarmente registrato dal suo mandatario elettorale (la Procura invece ritiene che sia illecito in quanto i soldi, ufficialmente provenienti da alcune società provenivano in realtà dal Cvn, provento di false fatturazioni). Quanto al secondo contributo – quantificato da Mazzacurati in circa 450mila euro – Orsoni ammette di averlo chiesto su sollecitazione dei “maggiorenti” del Pd, ma di non aver materialmente visto i soldi, per il versamento dei quali sostiene di aver fornito a Mazzacurati gli estremi del conto gestito dal suo mandatario elettorale. Versione che contrasta col racconto dell’ex presidente del Cvn, il quale parla di denaro consegnato a Orsoni personalmente, e in parte tramite il fedele collaboratore Federico Sutto. Di una parte del contributo – 50 mila euro – si sarebbe invece occupato il presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, sempre tramite Sutto.

Pur negando ogni responsabilità, lo scorso giugno Orsoni aveva concordato con la pubblica accusa il patteggiamento di 4 mesi di reclusione e 15mila euro di multa, ma il gip Massimo Vicinanza ha rigettato la proposta ritenendo la pena non congrua. L’ex sindaco ha quindi dichiarato di volersi difendere a processo per dimostrare la propria innocenza. La Procura si appresta a chiudere le indagini sull’ex sindaco, ma nel frattempo sta conducendo una serie di nuovi accertamenti: tra pochi giorni si saprà se sono stati raccolti altri elementi di prova contro di lui.

Gianluca Amadori

 

«Il professor Orsoni ha sempre dichiarato di non essersi mai interessato alla organizzazione e gestione della propria campagna elettorale che è stata seguita da altri soggetti ed in particolare da soggetti direttamente o indirettamente riferentisi al Pd. Tale è stato l’accordo intervenuto con i maggiori rappresentanti del Pd a livello locale al momento della accettazione della candidatura».

Lo precisano i legali dell’ex sindaco di Venezia, gli avvocati Francesco Arata e Daniele Grasso, in un comunicato diramato nella tarda serata di ieri, attraverso il quale replicano a quanto è trapelato dopo gli interrogatori degli onorevoli Michele Mognato e Davide Zoggia (indagati) e dell’ex assessore Alessandro Maggioni (semplice testimone), ascoltati nei giorni scorsi in Procura.

I difensori dell’ex sindaco spiegano che Orsoni, «su sollecitazione di vari esponenti politici ha occasionalmente avuto modo di invitare alcuni soggetti, imprenditori e non, da lui conosciuti, fra i quali l’ing. Mazzacurati, a contribuire nel pieno rispetto delle regole, al finanziamento della sua campagna elettorale», senza conoscere «l’entità delle somme pervenute al mandatario elettorale, né come esse fossero spese, se non parecchio tempo dopo la conclusione della campagna elettorale».

Nel comunicato si precisa che Orsoni «non ha mai ricevuto somme con modalità diverse da quelle consentite dalla legge, né è a conoscenza che altri ne abbiano ricevute per sostenere la sua campagna elettorale, al di fuori di quanto pervenuto al mandatario elettorale».

Per finire, i legali sottolineano che l’allora candidato sindaco «non ha mai avuto indicazioni di fabbisogni finanziari precisi per la campagna elettorale né a sua volta ha dato indicazioni di tale genere ad altri soggetti. Ogni affermazione difforme da quanto sopra precisato – concludono gli avvocati Grasso e Arata – è destituita di ogni fondamento e contraria alla realtà, frutto di pura fantasia, come risulta anche dal verbale di interrogatorio reso avanti l’Autorità Giudiziaria».

(gla)

 

MOSE Dopo l’iscrizione nel registro indagati

Su Mognato e Zoggia il Pd ora fa quadrato

Il Pd metropolitano e cittadino fa quadrato attorno ai deputati Davide Zoggia e Michele Mognato, recentemente indagati dalla magistratura per finanziamento illecito dei partiti. Il segretario metropolitano Marco Stradiotto precisa inoltre che il bilancio del partito non c’entra con la vicenda. Chi invece va all’attacco è l’ex consigliere comunale Jacopo Molina, il quale chiede al partito di “cambiare musica e musicisti” e agli indagati di non presentare istanza di patteggiamento.

 

LA BUFERA Le segreterie provinciale e cittadina smorzano i toni: «Avranno presto modo di chiarire»

Il Pd fa quadrato su Mognato e Zoggia

Stradiotto: «Non c’entrano con i bilanci». Ma Molina attacca: «Deficit di credibilità del partito»

Da tutti “massima fiducia nella magistratura, con l’auspicio che faccia chiarezza al più presto”. Ma al tempo stesso, in qualcuno, la richiesta che “il partito cambi musica e musicisti”.
Opinioni diversificate, nel Pd, per i deputati Michele Mognato e Davide Zoggia indagati in relazione ai contributi che Giovanni Mazzacurati (Consorzio Venezia Nuova) sostiene di aver versato nel 2010 pro campagna elettorale di Giorgio Orsoni.

Il segretario metropolitano Marco Stradiotto chiede di smorzare i toni e si dice convinto “che a breve entrambi avranno modo di chiarire”.

«Sui bilanci del partito siamo tranquilli – puntualizza – non mi risulta che Michele e Davide fossero coinvolti direttamente in quella campagna elettorale. La commissione finanziamenti presieduta da Gilberto Bellò? Conclusa senza rilievi di sorta. E con i risultati da un mese in rete, alla voce “trasparenza” del nostro sito. Dopo le dichiarazioni dell’ex Sindaco Orsoni l’iniziativa della Magistratura appare effettivamente quasi come un atto dovuto.Dopo i tristi fatti di Roma è evidente come un episodio come questo, che nulla ha a che vedere con quelle situazioni così gravi, venga accolto da un assoluto clamore mediatico. Da segretario metropolitano, dunque, invito tutti ad abbassare i toni, a non confondere situazioni molto diverse e a non scambiare un atto dovuto, come un avviso di garanzia, con una sentenza».
Anche il coordinatore cittadino ed ex consigliere comunale Emanuele Rosteghin manifesta fiducia sugli approfondimenti della magistratura e l’estraneità dei due parlamentari. Precisando che «l’attenzione del partito è rivolta alla preparazione delle primarie per il candidato alla carica del sindaco. Dove tutti saranno tenuti all’osservanza di un codice di autoregolamentazione all’insegna della sobrietà, sul quale stiamo lavorando».

Di tenore opposto la dichiarazione di Jacopo Molina: «Non scherziamo – tuona l’ex consigliere comunale e candidato alle primarie – Una questione morale coinvolgente in modo sempre più pesante anche il Pd c’è tutta. Su quanto a loro ascritto, invito Mognato e Zoggia a difendersi nelle sedi competenti, augurandomi che possano dimostrare la loro estraneità ai fatti. Rimane l’aspetto politico, reso ancor più grave dal deficit di credibilità del partito. Che, dopo lo tsunami, dovrebbe cambiare musica e musicisti».

Da Molina, anche la richiesta che gli indagati non scelgano la strada del patteggiamento: «Sarebbe un’ammissione di colpevolezza – conclude – Anzi, a questo livello ritengo opportuno un chiarimento della Segreteria nazionale, in analogia alla posizione assunta verso Orsoni e Marchese. Per ribadire in modo forte e chiaro che chi patteggia non è compatibile con il Partito democratico. E per far sì che per chiunque sia valido il principio della dimostrazione d’innocenza nella sede e in un modo consoni al proprio ruolo istituzionale e politico».

 

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