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I commissari dimezzano la spesa e pensano al trasferimento

Cemento e guard rail in mezzo alla laguna per i jack up del Mose

Centodieci milioni di euro per due piccole navi che devono sollevare le paratoie e portarle in Arsenale. E una banchina con cemento e guard rail, degna di un parcheggio di periferia, in mezzo alla laguna sotto le mura dell’Arsenale. Il Mose è anche questo.

Spese collaterali e aree occupate per la manutenzione di un sistema che richiederà energìe e lavoro per l’eternità. Prima del ciclone che ha portato in carcere 35 persone, il 4 giugno scorso, il Magistrato alle Acque magnificava le sorti dei due «jack-up», navi specializzate per estrarre le paratoie dal fondo del mare e trasportarle in Arsenale per la manutenzione. Gioielli della tecnica navale che costano 55 milioni di euro l’uno. Soldi sufficienti per risanare e rilanciare il bilancio del Comune per i prossimi anni. Una delle due navi è già quasi pronta, si possono vedere nel Bacino grande dell’Arsenale Nord i piloni gialli della grande macchina idraulica che dovrebbe «svitare» le cerniere e portare in superficie le paratoie.

Secondo il progetto si dovrà estrarne dal fondo del mare una ogni 20-30 giorni. Completando il giro delle 78 paratoie mobili in circa 5 anni, imprevisti esclusi.

Uno dei primi atti dei due nuovi commissari nominati da Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, è stato quello di dimezzare le spese per i jack up. Ne arriverà soltanto uno, con un risparmio di 55 milioni di euro. Secondo alcuni ingegneri sarebbe stato sufficiente molto meno per il trasporto delle paratoie. Smontate in loco, potevano essere benissimo trascinate da un rimorchiatore noleggiato.

Per ospitare i jack-up il Consorzio Venezia Nuova con il Magistrato alle Acque guidato da Maria Giovanna Piva e Patrizio Cuccioletta – entrambi arrestati per lo scandalo Mose – aveva costruito una banchina degna del porto di Rotterdam. Piloni e barriere in cemento, guard rail poco adatti al paesaggio lagunare.

«Servono per la sicurezza dei movimenti di camion e gru», aveva spiegato l’allora presidente di Mantovani e factotum del Mose Piergiorgio Baita, «al termine di questa fase di lavori saranno rimossi».

Ma sono passati quattro anni e il cemento insieme al ferro dei guard rail è sempre là. Anche in questo caso, hanno osservato inascoltati alcuni tecnici, sarebbe stato sufficiente uno scivolo, come quelli in uso nei cantieri navali, per garantire il passaggio della paratoia dall’acqua ai Bacini e all’area di manutenzione.

Una questione all’esame dei commissari. Che dovranno decidere a breve su un’altra questione strategica fondamentale: dove si farà la manutenzione del Mose? E chi gestirà quello che si annuncia il business senza fine dei prossimi decenni?

Un’ipotesi allo studio è quella di trasferire l’area della manutenzione a Marghera, in un’area attrezzata cghe potrebbe essere proprio l’area ex Pagnan, bonificata e restaurata dalla Mantovani per farci arrivare i cassoni. In questo modo si libererebbe l’Arsenale e con esso i Bacini di carenaggio, da restituire alla cantieristica tradizionale. Nell’Arsenale Nord potrebbe restare la centrale operativa della manutenzione e della gestione.

Temi all’ordine del giorno delle prossime riunioni. Intanto il cemento e i guard -rail autostradali restano al loro posto.

Alberto Vitucci

 

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