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La catena francese vara il piano dei tagli che investe pesantemente anche Mestre. Penalizzate soprattutto le commesse

baccaglini (cgil) – Rimaniamo esterrefatti, non siamo disposti a perdere nemmeno un posto. Assemblea il 4 maggio, mentre il 9 sarà sciopero

Prima la malattia non più retribuita al 100 per cento, le pause di lavoro non pagate, i premi di produzione annullati e la quattordicesima andata in fumo, adesso la dichiarazione di esubero di 65 dipendenti. Anche Auchan di Mestre, sulla scorta di quanto la catena francese sta facendo a livello nazionale, ha annunciato gli esuberi.

Filcams Cgil, Uiltucs Uil e Fisascat Cisl, rispondono di non essere disposti a perdere nessun lavoratore, aderiscono allo sciopero nazionale del 9 maggio e proclamano assemblea a Mestre con i lavoratori il 4 maggio.

«In tutto il Veneto si salva solo Verona», spiega Paolo Baccaglini di Filcams-Cgil, «A Mestre si parla di 65 persone su 323 lavoratori, per la maggior parte donne. Siamo esterrefatti di questa decisione: all’inizio dell’anno discutevamo dell’andamento dell’iper, di strategie per tamponare l’emorragia dei consumi, poi di punto in bianco si sono interrotte le trattative sulla scorta di quanto stava avvenendo a livello nazionale. Adesso la presa di posizione».

Spiega Baccaglini: «Sappiamo che vogliono tagliare anche Mestre, ma non sappiamo quali sono i dati dell’ipermercato che portano a questi numeri. Nessuno parla di decreto Salva Italia, di liberalizzazioni: quando dicevamo che le aperture sette giorni su sette avrebbero portato solo a una maggiorazione dei costi e non a un aumento delle venite e dei guadagni, non ci hanno ascoltato. Rispediamo al mittente gli esuberi, non vogliamo perdere posti di lavoro. Disponibilità a discutere di ammortizzatori sociali, ma senza quelle richieste inaccettabili che ci hanno proposto. Tra l’altro guardando i dati, si apre una procedura di mobilità e tra gli esuberi non c’è un quadro, un dirigente, un direttore, sono solo addetti, una condizione paradossale. Perché vogliono far pagare le scelte sbagliate prese a livello dirigenziale a chi non ne ha colpa? L’iper è all’osso, i dipendenti sono quelli che permettono che stia in piedi».

«Ci aspettavamo quanto successo», aggiunge Andrea Stevanin di Fisascat Cisl, «A nostro avviso l’esubero non c’è e non è motivato, a Mestre non esiste questa esigenza. Noi non faremo uscire nessuno se non volontariamente dal posto di lavoro, non ci sono le condizioni effettive per lasciare scoperti posti di lavoro, riteniamo questa presa di posizione dell’azienda un atto arrogante. Prima hanno disdetto l’integrativo, poi gli esuberi. Ci sono gli ammortizzatori sociali, il servizio alla clientela va mantenuto».

Il senatore Antonio De Poli (Udc) ha presentato un’interrogazione al Ministro del Lavoro Poletti. «Dobbiamo porre in essere tutte le azioni necessarie a tutela dei lavoratori e delle rispettive famiglie».

Marta Artico

 

Riconosciuto il “diritto alla programmabilità del tempo”. Auchan risarcisce il 30% dello stipendio

Turni variabili, dipendente vince la causa

Diritto alla programmabilità del tempo extralavorativo. Un tema attuale di questi tempi, per il quale c’è chi fa causa e la vince, come M.N., dipendente dell’Auchan che si è rivolta all’avvocato Cosimo Damiano Cisternino, fiduciario della Fisascat Cisl, che ha avuto ragione dal giudice del lavoro di Venezia.

«Il giudice», spiega il legale, «ha riconosciuto illegittimo il comportamento del datore di lavoro verso la lavoratrice part-time, che come altre non ha firmato clausole di flessibilità e ha subito invece sin dall’assunzione la rotazione dei turni, con preavvisi di poche settimane. La legge prevede che il lavoratore part-time debba sapere qual è la collocazione del turno, se mattina o sera, sulla base di una clausola che predetermina la turnazione inserita nel contratto. Diversamente c’è il lavoratore che accetta che la collocazione del turno possa variare. La lavoratrice in questione invece, non avendo firmato questa clausola di flessibilità, ha svolto turni che variavano sempre».

Il giudice del lavoro ha riconosciuto un danno importante, ossia la maggiorazione del 30 per cento della retribuzione mensile per dieci anni.

«Il che vale più di un Tfr», precisa l’avvocato. «Il parziale accoglimento del ricorso», si legge testuale nella disposizione, «accerta la violazione da parte di Auchan S.p.a. del diritto della ricorrente alla programmabilità del proprio tempo extra lavorativo in conseguenza della continua variazione dei turni di lavoro impostale sin dall’assunzione e per l’effetto condanna l’S.p.a. al risarcimento del danno a favore della ricorrente nella misura del 30% della retribuzione via via maturata dal 24 ottobre 2003 alla data di deposito del ricorso, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali dalle singole scadenze al saldo effettivo».

Racconta M.N.: «Non ho mai firmato nulla, hanno giocato a ping pong con i miei orari, hanno gestito la mia vita e il mio tempo libero, era come fossi flessibile ed elastica. Non potevo prendere un appuntamento, un visita medica, faccio da madre e padre, con tutti i problemi del caso. A un certo punto ho detto basta: dopo pressioni e pressioni non ce l’ho più fatta. Adesso ho finalmente capito che la legge e il mio contratto, mai osservato da loro, prevedeva il rispetto e la preservazione del mio tempo libero. Ho sofferto molto. Volevo riavere la mia dignità di lavoratrice e non essere uno zerbino».

«È una sentenza che ha premiato il disagio che la lavoratrice ha subito», commenta Fisascat Cisl attraverso Andrea Stevanin.

(m.a.)

 

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