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Oggi e domani il Riesame valuterà i ricorsi presentati dai principali indagati per riottenere la libertà

VENEZIA – Anche l’anziano titolare della Cooperativa San Martino, Mario Boscolo Bacheto, vuole farsi interrogare dal pubblico ministero e, per comunicare ai giudici del Tribunale del riesame di Venezia questa sua disponibilità prima che decidano, oggi, della sua sorte (è agli arresti domiciliari con il figlio Stefano) ha presentato loro un breve memoriale in cui spiega che doveva pagare i vertici del Consorzio Venezia Nuova (la Guardia di finanza ha scoperto la contabilità nera da cui risulta che ha consegnato a Pio Savioli ben 600 mila euro in due anni) per poter lavorare, per poter partecipare agli appalti del Mose, altrimenti la sua impresa sarebbe rimasta fuori, segnata nel libro nero di Giovanni Mazzacurati.

Come del resto era capitato prima, quando, ad esempio, c’era da spartirsi le partecipazioni al Consorzio della Furlanis, della Maltauro e della Del Favero, ditte che lasciavano. Boscolo Bacheto voleva acqusirle, ma Mazzacurati si affidò ad altri.

E ancora per i lavori ai murazzi di Pellestrina, 10 miliardi di vecchie lire. Sperava di ottenere per la San Martino il subappalto, invece tutto andò alla Mantovani di Piergiorgio Baita.

E, allora, scottato da quelle esperienze avrebbe cominciato a pagare. Oggi, i giudici veneziani dovranno esaminare i ricorsi presentati da Savioli, dai Boscolo Bacheto, Erminio Boscolo Menela, Dimitri Tiozzo e Antonio Scuttari. Mentre domani saranno prese in considerazioni quelle di Mazzacurati, Valentina Boscolo Zemello e Flavio Boscolo Contadin. Sono già stati affrontati, invece, quelli di Juri Barbugian, Carlo Tiozzo Brasiola, Luciano Boscolo Cucco e Roberto Boscolo Anzoletti. Per quest’ultimo i giudici hanno confermato gli arresti domiciliari, presumibilmente mettendo in primo piano quello che lo stesso giudice che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare ha scritto, cioè che l’imprenditore sarebbe stato il regista, assieme a Mazzacurati, dell’operazione per truccare la gara d’appalto del Porto per lo scavo dei canali. Sarebbe stato lui a lamentarsi con l’ex presidente del Consorzio per non aver avuto lavori per il Mose insistendo perché le grandi imprese rimanessero fuori. Inoltre, è finito sotto inchiesta a Pescara per un’altra turbativa d’asta. Mentre Barbugian e Tiozzo avrebbero avuto un ruolo marginale, limitandosi a partecipare con il 2, 8 per cento all’Associazione temporanea d’impresa e non avrebbero partecipato alla riunione in cui era stato messo a punto l’accordo per far vincere l’appalto da 12 milioni di euro ad Anzoletti e alle altre piccole imprese di Chioggia .

Giorgio Cecchetti

 

Il manager del Coveco, interrogato per 5 ore, ha cominciato a raccontare al pm Paola Tonini il sistema delle tangenti

VENEZIA – È cominciato alle 9,15, negli uffici della Guardia di finanza di Mestre, ed è terminato alle 14,15: cinque ore ininterrotte d’interrogatorio per Pio Savioli, difeso dall’avvocato Paolo De Girolami, davanti al pubblico ministero Paola Tonini. E ci sarà un secondo round nei prossimi giorni. Poco meno di un’ora sarebbe stata dedicata alla vicenda della gara d’appalto dell’Autorità portuale che è costata gli arresti domiciliari all’esponente del Consorzio Veneto Cooperativo nel consiglio direttivo del Consorzio Venezia Nuova (Cvn), mentre il tempo rimanente sarebbe stato dedicato a ricostruire il ruolo di Savioli come collettore di danaro in nero nelle varie imprese del Cvn trasformate poi in mazzette da consegnare a esponenti politici e pubblici funzionari. Per quanto riguarda il reato di turbativa d’asta, la rappresentante della Procura ha ormai raccolto numerose conferme alle ipotesi d’accusa. Nell’ordinanza di custodia cautelare le prove sono state raccolte grazie alle intercettazioni telefoniche e soprattutto a quelle ambientali e ora ci sono le conferme di chi ha organizzato la combine, vale a dire l’ex presidente del Consorzio Giovanni Mazzacurati, che già nel primo interrogatorio aveva confermato di aver messo mano a quell’appalto per far operare le piccole imprese di Chioggia che si lamentavano di aver lavorato poco per il Mose. Poi sono arrivate le conferme di Federico Sutto, il quale ha chiarito di aver impartito le direttive provenienti da Mazzacurati per fare in modo che alcune grosse imprese, come la Mantovani e la Cooperativa San Martino, non presentassero alcuna offerta per la gara in modo da far vincere l’Associazione temporanea d’impresa formata dalle aziende chioggiotte. Infine, è stato il presidente del Consorzio Coperativo Franco Morbiolo, in questo procedimento semplicemente indagato, a raccontare che «Savioli gli aveva spiegato che il Cvn poteva prospettare una somma oscillante tra i 100 mila e i 200 mila euro da corrispondere in cambio del fatto che doveva trovare il modo per non farsi aggiudicare la gara», visto che all’ultimo momento aveva presentato un’offerta disobbedendo alle direttive di Mazzacurati. Quindi, il pubblico ministero a Savioli deve aver chiesto alcune conferme sulla turbativa d’asta per passare velocemente ad altro. Per la Guardia di finanza – lo si legge nella informativa consegnata al pm – Savioli avrebbe dovuto essere indagato per corruzione o addirittura per concussione, visto che i titolari della Cooperativa San Martino, stando alla contabilità nera recuperata dagli investigatori, nel giro di due anni gli avrebbero consegnato ben 600 mila euro. Secondo l’ipotesi delle «fiamme gialle» per ottenere in cambio lavori negli interventi alle bocche di porto per il Mose. Ma Savioli avrebbe cercato di allontanare da sé l’accusa di essere un esoso: quei soldi, avrebbe aggiunto ieri, non erano per lui. Aveva il compito di raccoglierli anche da altre imprese, così come la Guardia di finanza ha scoperto riuscendo addirittura a filmarlo con la telecamera, per poi consegnarli ad esponenti politici e pubblici funzionari. Il segreto è totale sui nomi che Savioli ha fatto anche perché ora scatteranno ulteriori indagini per trovare riscontri a ciò che l’indagato ha riferito. Il suo difensore, l’avvocato De Girolami, non ha chiesto la scarcerazione (Savioli è agli arresti domiciliari) nella speranza che sia domani il Tribunale del riesame a revocare la misura, giudicandola inutile vista la disponibilità a collaborare. I giudici veneziani, domani, dovranno esaminare i ricorsi presentati dai difensori oltre che di Savioli, anche di Mario e Stefano Boscolo Bacheto, titolari della S. Martino, di Dimitri Tiozzo, Antonio Scutari ed Erminio Boscolo Menela. Mentre venerdì prenderanno in esame i ricorsi di Giovanni Mazzacurati, Fulvio Boscolo Contadin e Valentina Boscolo Zemello. A presiedere il Tribunale in entrambe le giornate sarà il giudice Angelo Risi. I giudici intanto hanno respinto il ricorso di Roberto Boscolo Anzoletti e hanno invece revocato l’obbligo di dimora per Juri Barbugian e Carlo Tiozzo Brasiola, accogliendo le tesi della difesa.

Giorgio Cecchetti

 

Bitonci: «L’ex ministro attenda la fine dell’inchiesta Mantovani»

Anche Paolo sinigaglia su fb dice la sua

VENEZIA «Galan? Prima di dare pagelle alla Lega dovrebbe attendere la conclusione delle indagini che hanno investito la Mantovani e Adria Infrastrutture». A parlare è Massimo Bitonci, capogruppo della Lega al Senato, uno dei big del Carroccio che non fa mistero di aspirare alla carica di sindaco di Padova: una corsa solitaria, Lega con due liste civiche, contro il Pd e il Pdl e chi altro ancora vorrà candidarsi nel 2014. L’ultima polemica nasce sull’onda delle dichiarazioni dell’ex ministro e parlamentare Pdl, che boccia la Lega considerandola inadeguata al ruolo di governo di Padova e anche del Veneto. La polemica dura dal 2010, anno in cui Galan è stato estromesso da palazzo Balbi per far posto a Luca Zaia grazie al patto siglato ad Arcore da Bossi e Berlusconi. E ieri Massimo Bitonci è tornato alla carica: «Galan ha governato il Veneto per 15 anni, lasciando buchi enormi e realizzando opere in project financing che strozzano la nostra comunità. Il signor Galan dice che la Lega è inadeguata a guidare Padova? Dimentica che il suo partito non ha saputo esprimere alcuna leadership o proposta per la città. Oltre a questo sentenzia anzitempo: dovrebbe attendere gli esiti delle inchieste che hanno investito Mantovani spa, Adria Infrastrutture e il Consorzio Venezia Nuova prima di dire che la Lega è inadeguata», afferma Massimo Bitonci.

E sul ruolo di Galan e dei suoi legami tra Adria Infrastrutture Spa e la Mantovani ieri è intervento anche Paolo Sinigaglia, fondatore della Simod, imprenditore di Legnaro, ex presidente di Veneto Sviluppo, finito anche nella polvere con gli aerei Alpi Eagles. Dopo aver letto l’articolo del mattino che ricostruiva gli interessi societari tra Adria Infrastrutture Spa, la Pvp, la Arianna Spa, la Margherita srl e Giancarlo Galan, Paolo Sinigaglia ha lasciato il suo commento su Facebook e sul sito del nostro giornale. Questo il testo del messaggio: «Secondo me non è un filo che lega Galan alla tangentopoli veneta ma l’inizio di un consistente cordone ombelicale a doppia mandata. Paolo Sinigaglia». Non è finita perché a scorrere la pagina dell’imprenditore ci si imbatte in una serie infinita di commenti sulle inchieste del Mose. Ecco quello su Baita e Minutillo. «La posizione di Claudia Minutillo merita un distinguo. Claudia era affranta dopo l’allontanamento subito da Galan. Le proposi di ricoprire una carica di operatrice commerciale in Alpieagles, ma cedette…». La firma è sempre Paolo Sinigaglia. (r.r.)

 

Pd, il capogruppo Tiozzo: «Marchese? Non è imputato e resterà in consiglio»

Si è presentato regolarmente in aula ma non ha rilasciato dichiarazioni, il consigliere regionale del Pd Giampietro Marchese, autosospesosi dal partito dopo le voci su un finanziamento illecito ricevuto da Pio Savioli, ex consigliere del Consorzio Venezia Nuova tra i principali imputati nell’inchiesta. «Ho parlato con Piero e mi ha ribadito la sua estraneità a fatti illegali», ha dichiarato il capogruppo democratico Lucio Tiozzo «io ne prendo atto e sottolineo la distinzione tra i comportamenti individuali e l’operato del partito e del gruppo. Marchese mi ha fatto notare di essere il consigliere che ha documentato il maggior numero di contributi privati, io credo che nel momento in cui si discute di abolire il finanziamento pubblico non si debba cadere nell’ipocrisia: la politica ha un costo, che certo dev’essere finanziato alla luce del sole, ma non è possibile demonizzare ogni contributo da parte di sostenitori privati». Marchese resterà in consiglio? «Io sono garantista, fino all’eventuale rinvio a giudizio credo abbia il diritto di restare al suo posto. Voci su un avviso di garanzia? Non ne so nulla».

 

Savioli ammette gli illeciti ma agli ordini di Mazzacurati

«Mazzacurati fu il regista dell’appalto per il Porto»

Risentito l’ingegnere, e si fa avanti anche Sutto

Il consigliere: «Raccoglievo il denaro dalle aziende e lo consegnavo al Consorzio»

VENEZIA NUOVA – Pio Savioli ha deciso di collaborare e per cinque ore ha confermato parte delle accuse

«Quei soldi non erano per me»

Pio Savioli ha deciso di parlare. Il consigliere del Consorzio Venezia Nuova è rimasto cinque ore davanti al sostituto procuratore Paola Tonini per difendersi, per chiarire la sua posizione, ma anche per ammettere (difficile non farlo di fronte alle intercettazioni e alla gran mole di elementi raccolti dalla Guardia di Finanza), per limitare la sua responsabilità e chiamare in causa quella di altri. Come nel caso delle presunte tangenti che, secondo le Fiamme Gialle, avrebbe imposto e incassato da alcune imprese a titolo di “ringraziamento” per averle fatte lavorare per il Consorzio. Savioli, assistito dall’avvocato Paolo De Girolami, ha smentito di averle intascate, negando di essere «assetato di denaro», come lo ha definito la Procura, che per lui aveva sollecitato la misura cautelare del carcere (il gip Alberto Scaramussa gli ha imposto, invece, gli arresti domiciliari). Quei soldi Savioli ha spiegato di averli raccolti per conto del Consorzio Venezia Nuova e di averli poi versati al Consorzio. A chi? Quasi sicuramente lo ha spiegato al magistrato, che ora dovrà effettuare verifiche e riscontri. Non avrebbe saputo indicare, invece, a cosa sia servito quel denaro: non era lui ad occuparsene e, dunque, ha detto di non saperlo. Anche se qualche idea su possibili destinazioni ad esponenti politici se l’è fatta. Congetture, nulla più, ha assicurato. Chissà se gli inquirenti gli hanno creduto.
Per quanto riguarda l’appalto “pilotato” per lavori commissionati dal Porto di Venezia – episodio per il quale è stata emessa la misura cautelare nei suoi confronti e di altre sei persone, tra cui Mazzacurati – Savioli ha ammesso di aver avuto un ruolo nell’accordo per far vincere alcune piccole imprese fino a quel momento escluse dalle opere di Salvaguardia in laguna. Ma ha spiegato di essersi limitato a trasmettere alla cooperativa San Martino di Chioggia un messaggio da parte del presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, che sarebbe stato il vero “regista” dell’operazione. Ruolo che lo stesso Mazzacurati ha riconosciuto, seppure motivandolo a fin di bene, ovvero per cercare di “riequilibrare” l’assegnazione dei lavori tra le imprese più deboli.
L’interrogatorio di Savioli si è svolto nella sede della Polizia Tributaria di Mestre, in Corso del Popolo, ed è proseguito dalle 9.30 alle 14.30. E, con molte probabilità, avrà un seguito nei prossimi giorni con approfondimenti e ulteriori specifici chiarimenti.
Savioli, insomma, sembra deciso a collaborare. L’avvocato De Girolami ha precisato, però, che il suo cliente non si riconosce nell’immagine di «faccendiere dell’illecito» con cui è stato dipinto, aggiungendo che alcune delle circostanze che gli vengono contestate nella relazione conclusiva delle Fiamme Gialle avrebbero «spiegazioni innocenti», dovute anche al carattere espansivo del suo cliente.
Nel frattempo è stato riascoltato Mazzacurati: per circa un’ora, alla presenza del suo difensore, l’avvocato Giovanni Battista Muscari Tomaioli, ha risposto ad una serie di domande a chiarimento di specifici aspetti emersi anche attraverso deposizioni raccolte dalla Finanza nei giorni successivi agli arresti.
Con molte probabilità anche Federico Sutto, fedele collaboratore del presidente del Consorzio Venezia Nuova sarà riascoltato dagli investigatori. Nell’interrogatorio sostenuto la scorsa settimana ha ammesso di aver avuto un ruolo nell’appalto “pilotato”, limitandosi però a comunicare gli ordini del “capo”, Mazzacurati, che dalle intercettazioni telefoniche risulta essere stato rispettato, onorato e temuto come un “monarca assoluto”, di fronte al quale l’unica possibilità era quella di ubbidire.

Gianluca Amadori

 

IN TRIBUNALE – Domani l’esame dei ricorsi contro arresti e obblighi

L’appuntamento davanti al Tribunale del riesame inizia domani. In programma la discussione dei ricorsi presentati dalla difesa per ottenere la revoca delle misure cautelari o, quantomeno, una loro attenuazione. La scorsa settimana il collegio presieduto da Daniela Defazio ha confermato i domiciliari per due imprenditori, revocando l’obbligo di dimora per altri due, la cui posizione è più marginale. Ora, davanti ad un nuovo collegio, presieduto da Angelo Risi, compariranno Mazzacurati, Savioli e i principali imprenditori finiti sotto accusa per turbativa d’asta.

 

La società Margherita srl, riconducibile al parlamentare del Pdl e a sua moglie possedeva il 10% di una spa detentrice di quote nelle imprese sotto inchiesta

PADOVA – C’è un filo che lega il parlamentare del Pdl, ex governatore del Veneto ed ex ministro Giancarlo Galan a Adria Infrastrutture Spa e Mantovani. Le due società finite nel mirino della procura veneziana, la stessa che in queste ultime settimane ha acceso i riflettori sul Consorzio Venezia Nuova e che ha ottenuto l’arresto (tra gli altri) dell’ex presidente Giovanni Mazzacurati. Effetti di due inchieste distinte, ma che hanno alcuni punti in comune. Primo fra tutti l’obiettivo di far luce su un comparto in cui il finanziamento pubblico è una delle voci più consistenti. Un filo, si diceva. Un filo che parte da Margherita srl, società padovana riconducibile a Galan e alla moglie Sandra Persegato e che ha come oggetto sociale anche l’assunzione di partecipazioni di altre società sia in Italia che all’estero. Un legame quasi invisibile, perché intessuto nella stoffa di decine società, il cui insieme è di difficile visualizzazione. Tuttavia, una volta svelato, è la rappresentazione stessa del sistema veneto: un intreccio di interessi economici sotto forma di partecipazioni societarie che racchiude e raggruppa politici, imprenditori, finanzieri, sacerdoti, commercialisti e professionisti di ogni genere. Grovigli che, proprio perché tali, consentono a volte a società minuscole di condizionare imprese molto più grandi, inserite in contesti di potere che muovono decine di milioni di euro a favore di una o dell’altra parte a seconda della convenienza. Ma torniamo a Margherita srl. Seguendo il filo di quote e azioni si arriva direttamente in Adria Infrastrutture Spa, passando attraverso Arianna Spa (società specializzata nella produzione di led per l’illuminazione pubblica e di cui Margherita srl ha posseduto il 10%) e arrivando a Pvp srl (società che ha domicilio fiscale in Passaggio Corner Piscopia 10 a Padova, stesso indirizzo di Margherita Srl e dello Studio Penso-Venuti e associati) e quindi in Adria Infrastrutture, controllata anche da Mantovani. Un intreccio decisamente scomodo, se non altro perché Claudia Minutillo (ex segretaria di Galan e consigliere delegato di Adria Infrastrutture) e Piergiorgio Baita (ex presidente di Mantovani Spa e vice presidente di Adria Infrastrutture) nella primavera scorsa sono stati arrestati con l’accusa di aver creato un sistema di fatture false per milioni di euro, grazie alla sanmarinese Bmc Consulting del faccendiere bergamasco William Ambrogio Colombelli nonché ex consigliere della Nuova Garelli, società partecipata da Paolo Berlusconi, fratello dell’ex premier Silvio (come ha scritto Gianfranco Turano nell’Espresso nel marzo scorso). A legare le società non solo quote ma anche persone: come Paolo Venuti, commercialista padovano, socio e amministratore di Pvp e presidente del collegio sindacale di Adria Infrastrutture. Ma facciamo un passo indietro seguendo il filo che porta da Margherita srl a Adria Infrastrutture. Sfogliando la Margherita. La società è stata fondata nel 2008 da due persone fisiche e due giuridiche: la società Frasseneto (azienda agricola) di Sandra Persegato e la Comunità Incontro Onlus di don Pietro Gelmini. Il sodalizio ha un capitale sociale di 20 mila euro interamente versato. L’amministratore unico è Sandra Persegato che nel 2011 ha ricevuto le quote del marito in dono (nel 2013 Galan ha riacquistato una piccola partecipazione), mentre tra il 2009 e il 2010 sono entrati in società sia la sorella di Galan, Valentina (dipendente della Regione Veneto e che ha lavorato anche nell’ufficio stampa dell’Azienda ospedaliera di Padova), sia Guido Penso, titolare dell’omonimo studio insieme al commercialista Venuti. Ma ciò che conta è che Margherita srl fino al 2011 è stata socia di Arianna Spa. Il filo di Arianna. La società è nata nel 2009 per interesse di Pvp srl. Al suo interno, oltre alla società dei coniugi Galan troviamo anche tra gli altri la Carel di Brugine (di proprietà di Luigi Rossi Luciani, ex presidente Confindustria Veneto, ora presidente del Parco Scientifico Galileo), la Finpiave (riconducibile a Bepi Stefanel), la Pvp e l’ingegner Alberto Giovanni Gerli un trentenne di Albignasego inventore di un sistema di illuminazione a led innovativo che riveste il ruolo di ad. Tra i consiglieri della spa troviamo sia Paolo Venuti che Christian Penso entrambi soci di Pvp. Particolare numero uno: Arianna, partecipata da Pvp, a sua volta detiene una quota azionaria della società presieduta dai commercialisti padovani. Il che rende ancora più diretto il rapporto tra la Margherita srl e Adria Infrastrutture spa. Quindi tra l’ex Governatore e un’azienda che ha lavorato e prosperato anche grazie agli investimenti pubblici. Affari come molti altri, si dirà. Come quelli che hanno consentito a Galan di incassare una plusvalenza di 373 mila euro vendendo la propria partecipazione (del 10%) di Arianna nell’ottobre del 2011 (articolo del Mondo.it del 2012). Particolare numero due: Arianna fornisce in esclusiva i propri prodotti a Metalco spa. Il cui titolare, il trevigiano Claudio Bertino si è sposato a Jesolo nel 2009 scegliendo come testimoni di nozze Giancarlo Galan e la moglie.

Lo snodo Pvp. La società fa capo a noti professionisti padovani: Guido Penso, il figlio Christian (che detengono quote paritarie) e Paolo Venuti. Pvp ha in portafoglio, tra le altre, anche quote di Adria Infrastrutture (300 mila euro circa su un capitale sociale di 4,5 milioni di euro), di Arianna spa (circa il 30%). I tre, Guido e Christian Penso e Paolo Venuti sono anche amministratori allo stesso tempo. Venuti è un commercialista molto attivo in Veneto. Socio della Trust Company Delta Erre, ha ruoli in Maap di Padova (sindaco), in Padovafiere Spa (presidente del collegio sindacale), in Bh4 spa (sindaco), in Save spa (sindaco), in Adria Infrastrtutture spa (presidente del collegio sindacale), in Concessioni Autostradali Venete (sindaco), ed è stato in Aps spa (sindaco), in Fiera di Padova Immobiliare Spa (presidente dei revisori di conti e del collegio sindacale), in Telerete Nordest srl (sindaco supplente), in Ater Padova (revisore dei conti, ruolo assunto per decreto regionale), in Acegas-Aps service (sindaco supplente)in Aps Holding spa (sindaco), in Veneto Logistica (presidente del collegio sindacale), nella spa partecipata dalla Regione Veneto e da otto istituti di credito Veneto Sviluppo (sindaco), in Metropolitana del Veneto srl (sindaco) in Venezia Terminal Passeggeri spa (consigliere) e in Veneto Strade spa (sindaco e revisore dei conti).

Paolo Baron

 

Pio Savioli pronto a collaborare

Ieri sentito di nuovo dal pm Tonini l’ex presidente Mazzacurati. Oggi tocca al consigliere

VENEZIA – Secondo interrogatorio ieri per Giovanni Mazzacurati davanti al pubblico ministero Paola Tonini e primo colloquio, invece, per Pio Savioli questa mattina negli uffici della Guardia di finanza di Mestre. L’anziano ingegnere era già stato sentito il 25 luglio scorso, quando il colloquio era stato interrotto per i seri problemi di salute e la sua età piuttosto avanzata (81 anni). In quel primo round Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova (CVN) concessionario unico per le opere di salvaguardia di Venezia, avrebbe ammesso, le proprie responsabilità relative alla turbativa d’asta del bando per lo scavo dei canali navigabili dell’Autorità portuale che lo hanno portato agli arresti domiciliari. I legali di Mazzacurati, gli avvocati Giovanni Battista Muscari Tomaioli e Alfredo Biagini, al termine dell’ interrogatorio, avevano riferito che l’ingegnere aveva confermato quanto ascrittogli nell’ordinanza, secondo la quale l’ex presidente del CVN si sarebbe attivato per far vincere la gara d’appalto, esterna al consorzio a delle imprese che si erano lamentate di lavorare troppo poco per il Mose. In questo secondo colloquio potrebbe aver cominciato a raccontare a chi finivano i fondi neri raccolti dal Consorzio attraverso le imprese, che consegnavano lo 0,5 per cento degli introiti percepiti per i lavori svolti. Sicuramente collaborerà con gli inquirenti anche Savioli, il rappresentante del Consorzio Veneto Cooperativo nel Consiglio direttivo del Consorzio Venezia Nuova. È quello che gli investigatori della Guardia di finanza hanno intercettato e filmato mentre ritirava i soldi in nero da alcuni imprenditori. Stando ai conti della Guardia di finanza soltanto dalla Cooperativa San Martino di Chioggia, in due anni, avrebbe ottenuto ben 600 mila euro. Intanto, in attesa di conoscere le motivazioni che hanno spinto il Tribunale del riesame a revocare le ordinanze di obbligo di dimora per Juri Barbugian e Carlo Tiozzo Brasiola e confermare, invece, quella per Roberto Boscolo Anzoletti, sono attende le decisione per l’udienza di giovedì e di venerdì. quando, i giudici veneziani prenderanno in esame la posizione di Savioli e di altri, mentre il giorno successivo saranno valutate quelle di Mazzacurati e dei titolari della Coop San Martino.

Giorgio Cecchetti

 

Bottacin: «Filippin mi attacca ma tace sul consociativismo del Pd»

Scambio di battute polemiche tra Diego Bottacin, ex democratico e ore consigliere regionale di Verso Nord, e Rosanna Filippin, senatrice e segretario veneto del Pd. A Bottacin, che aveva lamentato l’isolamento subito nel Pd quando aveva sollevato il tema della trasparenza in materia di appalti tanto da indurlo a uscire dal partito, Filippin ha replicato attribuendo la sua scelta a ragioni «molto meno nobili», di carattere elettorale. Controreplica di Bottacin: «È singolare e non certo privo di fantasia il tentativo del Pd regionale di spostare il piano della discussione. Nel momento in cui esponenti e tesserati del partito risultano coinvolti in un’inchiesta giudiziaria, la dirigenza si scaglia pubblicamente contro il sottoscritto, descrivendomi come “opportunista” per aver lasciato il Pd in un momento di “debolezza”. A parte il fatto che non ho ancora visto il Pd in un momento di “forza”, la riprova sono le ultime elezioni politiche – perse contro ogni pronostico, ribadisco la mia posizione attuale: il Pd veneto non si è affrancato dal collateralismo, mantenendo rapporti privilegiati con alcuni operatori economici e in una logica consociativa ha sempre negoziato la propria quota rappresentanza nelle società pubbliche di gestione (Ulss, Autostrade, etc). Questo, non solo ha limitato la capacità di rappresentare un’opposizione credibile a livello regionale, ma ha soprattutto impedito la modernizzazione e l’apertura del Pd verso la società» Conclusione: «Ho lasciato il Pd non per strani calcoli o arzigogolate alchimie partitiche, ma solo per aver preso coscienza della sostanziale irriformabilità di una formazione politica, ostinata a voler cambiare gli italiani anziché impegnata a cambiare l’Italia».

 

PER TRE ANNI – La Finanza ha controllato con “cimici” uffici e ristoranti vip

VENEZIA NUOVA – I risultati dell’inchiesta possibili anche grazie alle tecnologie utilizzate per le intercettazioni

Così il Grande Fratello li ascoltava

Di fronte alle registrazioni audio-video degli incontri fugaci negli autogrill autostradali lungo la Venezia-Padova e la Padova-Bologna, nei ristoranti dei vip come Le Calandre di Rubano, il Granso stanco di Sottomarina, Da Poppi sulla Romea, Alla Conchiglia di Marghera, e negli uffici delle persone cui è affidato un ruolo di protagonista nella vicenda, c’è poco da replicare con “non ricordo”, “non ero io”, o “ero da un’altra parte”.
Consorzio Venezia Nuova, appalti pilotati e mazzette: indagini ad altissima tecnologia. E fuor di metafora. Sì perché quelle condotte dalla Guardia di Finanza di Venezia vedono l’utilizzazione di supporti informatici e strumentazioni all’avanguardia per poter consegnare ai magistrati prove documentali che traggano solidità, come dire, dall’evidenza dei fatti. Microspie di ultima generazione posizionate in luoghi considerati strategici per la frequenza dell’utilizzo da parte dei “soggetti attenzionati” e per la qualità della resa del materiale prodotto. E si sa che la pausa pranzo, o l’invito a cena sono i momenti preferiti e considerati più propizi per discutere di affari, comprese le gare del Mose o di altri enti come l’Autorità portuale, o per fissare il quantum per poter essere ammessi alla corte del “grande burattinaio” come il sostituto procuratore Paola Tonini, titolare dell’inchiesta, definisce Giovanni Mazzacurati, ex presidente di Cvn, dimessosi appena due settimane prima di essere travolto dallo scandalo e finire agli arresti domiciliari con alcuni dei suoi fedelissimi, fra cui Pio Savioli fra i più immortalati dalle riprese filmate impegnato a quanto emerso a incassare e dispensare i fondi neri generati da alcune consorziate, e Federico Sutto, segretario di fiducia del “capo”.
E poi ci sono le intercettazioni telefoniche, i cosiddetti servizi di osservazione, cioè i pedinamenti, con tanto di telecamere nelle mani dei pazienti investigatori a fissare visi, contesti, passaggi di buste e di gps posizionati sulle auto di Savioli e di altri. Senza mai dimenticare le “carte” che testimoniano movimenti di denaro, contabilità parallele, conti esteri che porterebbero in Svizzera o investimenti immobiliari. Tre anni in cui il “grande fratello” delle Fiamme gialle, su delega del pm, ha restituito su file uno spaccato del mondo Cvn, il concessionario unico per la realizzazione del Mose, in grado di condizionare l’intero sistema economico finanziario non solo lagunare bensì regionale e anche oltre. Ed ecco che l’informativa firmata dal colonnello Renzo Nisi, comandante del Nucleo di polizia tributaria, quella consegnata alla dottoressa Tonini, è organizzata nella modalità ipertestuale per consentire al giudice che la legge l’immediato collegamento e quindi riscontro di quanto scritto con le prove ora video, ora audio, in maniera da facilitare la lettura sinottica del risultato finale dell’attività investigativa. Tre anni. Dal 2009 al luglio 2011 In cui i finanzieri, una decina, del 1. Gruppo tutela entrate, diretto dal tenente colonnello Roberto Ribaudo, si sono dedicati esclusivamente a Cvn e company, raccogliendo e catalogando una mole impressionante di materiale che si è trasformato, con le richieste del pm Tonini e le ordinanze emesse dal gip Alberto Scaramuzza, in un pesantissimo e documentatissimo atto d’accusa contro il modus operandi dei vertici del Venezia Nuova. E, avverte la Finanza, siamo solo all’inizio. Fra i capitoli da affrontare rimarrebbero infatti quelli della corruzione e della concussione finora relegati in secondo piano. Sulla base dell’inquadratura che affida il ruolo di pubblico ufficiale ai componenti del cda di Cvn, considerando quest’ultimo soggetto con pubblica funzione amministrativa, in virtù del mandato ricevuto dal Magistrato alle acque, ergo dal Ministero.

Monica Andolfatto

 

Nuovo interrogatorio, è indicato come la «longa manus» del Consorzio nella raccolta di fondi neri

VENEZIA – È la settimana di Pio Savioli. L’uomo del Consorzio veneto cooperativo nel consiglio del Consorzio Venezia Nuova sarà interrogato dal pubblico ministero Paola Tonini che cercherà di mettere ulteriormente a fuoco i meccanismi, non solo dell’appalto pilotato per i lavori al Porto, ma soprattutto dei fondi neri utilizzati, secondo l’accusa, per oliare il sistema. Savioli infatti è considerato dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Venezia la longa manus dell’ex presidente del Consorzio Giovanni Mazzacurati. Colui che raccoglieva i soldi tra le imprese disposte a pagare per poter avere una fetta della torta degli appalti cucinata dal Consorzio. Passaggi di denari documentati con foto e video a corredo della lunga relazione redatta dalla Finanza e in gran parte ancora coperta da omissis dietro i quali potrebbero nascondersi i nomi che i finanzieri sospettano essere i destinatari ultimi dei finanziamenti. In particolare ci sono delle immagini che testimoniano, nella primavera del 2011, il passaggio di denaro in buste, in auto, all’uscita di un casello autostradale, tra lo stesso Savioli e un imprenditore che voleva la sua fetta di appalti. Imprenditori che sarebbero pronti a raccontare quel che sanno pur di stare a margine dell’inchiesta che sta facendo tremare il Veneto e che sta sempre più disegnando i contorni di un sistema consociativo di gestione degli appalti, per accontentare destra e sinistra. Se le cose stanno davvero così, come sospettano i finanzieri, lo potrà spiegare proprio Savioli. Sempre questa settimana, tra giovedì e venerdì, l’inchiesta sul presunto appalto pilotato passerà al vaglio del Tribunale del riesame dove saranno valutate le posizioni dei principali indagati: Giovanni Mazzacurati e Pio Savioli. Ma anche quelle di Mario e Stefano Boscolo Bacheto della cooperativa San Martino di Chioggia, la società dalla quale, dopo una semplice verifica fiscale che ha portato alla scoperta di una contabilità parallela rispetto a quella ufficiale, è partita l’inchiesta. In calendario anche i ricorsi presentati da un gruppo di imprenditori delle società di Chioggia coinvolte nell’inchiesta. (f.fur.)

 

Dossier di Zaia al pm «La verità sul nuovo ospedale di Padova»

L’iniziativa del governatore dopo le indiscrezioni sulla cena che riunì Mazzacurati, Savioli, Zanonato, Zaccaria e Ruscitti

VENEZIA – Procura della Repubblica di Venezia. Una decisione suggerita dalle notizie filtrate nell’ambito dell’inchiesta sul Consorzio Venezia Nuova che sta evidenziando un ventaglio di illegalità decennali, con abusi e distorsioni nelle dinamiche di mercato legate alla costruzione del Mose (il sistema di dighe mobili in laguna il cui costo finale è stimato in 6 miliardi di euro) nonché intrecci tra affari e politica culminati in fondi neri e finanziamenti illeciti. Ma che c’entra in tutto questo il nuovo polo ospedaliero in programma a Padova? Il riferimento, contenuto nelle carte all’esame degli investigatori, corre a una cena alle Calandre, rinomato ristorante di Sarmeola, che l’8 giugno 2011 raccolse intorno a un tavolo l’anfitrione Giovanni Mazzacurati e Pio Savioli – all’epoca presidente e consigliere di Venezia Nuova, ora detenuti con accuse pesanti – e in qualità di ospiti il sindaco di Padova Flavio Zanonato, il rettore del Bo Giuseppe Zaccaria e l’allora segretario generale della sanità veneta Giancarlo Ruscitti. Una riunione, spiegano i commensali, dedicata a discutere il futuro del progetto ospedaliero. «Avendo ricevuto un preciso mandato dal Senato Accademico e dalla Facoltà di Medicina di portare avanti la linea dell’imprescindibile necessità di dare a Padova una nuova struttura ospedaliera degna delle tradizioni della Scuola Medica e funzionale alle esigenze della città e della Regione, non mi sono sottratto in alcuna occasione ad incontri con chiunque si mostrasse favorevole alla costruzione di un nuovo Policlinico», la motivazione addotta in una nota da Zaccaria, lesto a precisare che «Né l’Ateneo né il Rettore hanno mai preso posizione sulle modalità tecniche e finanziarie di un’eventuale appalto, tutte queste ultime di competenza esclusiva della Regione». Più irritata la reazione di Zanonato. Il ministro dello Sviluppo economico, che aveva commentato la pubblicazione della notizia annunciando una querela via Twitter («L’informazione non è diffamazione, sono stato inserito in un contesto estraneo»), ieri ha motivato sul piano istituzionale la sua partecipazione alla cena, ribadendo la polemica verso i media: «Mi sono battuto da anni per il nuovo ospedale di Padova e ho cercato di capire se realisticamente si poteva fare accompagnandomi ad un altro grande soggetto che è l’Università. Perciò mi ha dato molto fastidio essere inserito in un ambiente indicato come torbido in cui solo l’accostamento a certe persone crea un problema. Si tratta di comportamenti scorretti, non legali fino in fondo, di certi giornali che ho smesso di leggere». Ma perché l’ingegnere Mazzacurati, a capo del pool concessionario unico della faraonica opera idraulica a Venezia, avvertì il bisogno di affrontare il tema ospedale? Da quale interesse muoveva la sua iniziativa? Il sospetto di finalità trasversali è forte, acuito dalla presenza di Savioli, definito dalla Procura un collettore di fondi neri. E ancora, i dubbi circa pressioni sulla Regione per accelerare o condizionare il progetto che nella versione iniziale, sottoscritta anche dal rettore Zaccaria, prevedeva mille posti letto “estendibili” e un campus universitario sull’area dall’attuale complesso Giustiniani con costi intorno a 1,2 miliardi. Tant’è. Un mese e mezzo dopo la fatidica cena, Luca Zaia comunicò la decisione di Palazzo Balbi: via libera a un nuovo «ospedale europeo», snellito a mille posti “fissi” e senza più campus per 650 milioni di spesa, da realizzarsi entro il 2016 a Padova Ovest, anziché in centro, con l’Azienda ospedaliera stazione appaltante dell’accordo di programma. Ora il governatore, che della trasparenza fa il suo biglietto da visita («Io di appalti non mi occupo né mi occuperò») ricostruisce nel dettaglio il processo decisionale che culminò nell’approvazione del progetto. L’obiettivo del dossier trasmesso ai magistrati è rimarcare l’autonomia e la correttezza che ispirarono la scelta, affidata a un pool di tecnici coordinati dal top manager Domenico Mantoan. Carta canta etc etc, il teorema di partenza.

Filippo Tosatto

 

inchiesta MOSE – Le dimissioni del sindaco chieste dal Gruppo misto 

Il Gruppo Misto del consiglio comunale prende posizione in merito all’inchiesta sul Consorzio Venezia Nuova per i lavori del Mose, chiedendo, tra le righe, le dimissioni di Orsoni, Marchese e Falconi. «Le indagini», si legge in una nota, «avrebbero riscontrato anche il finanziamento alla campagna elettorale del sindaco Giorgio Orsoni, il finanziamento al Pd attraverso una “dazione” al presidente di Ames Giampietro Marchese, i rapporti professionali dell’impresa dell’attuale presidente dell’istituzione Gondola Nicola Falconi. Pur nella convinzione che le persone coinvolte abbiano diritto alla presunzione di innocenza e auspicando che quanto evidenziatosi in questi giorni non abbia a tradursi in comportamenti illegittimi, si evidenzia la necessità che i ruoli istituzionali e gli incarichi debbano essere tenuti al riparo da ogni coinvolgimento attraverso la immediata separazione delle responsabilità personali dagli incarichi e dalla rappresentanza istituzionale attualmente ricoperti. Ciò consentirà agli stessi di tutelarsi con migliore efficacia in ogni sede. A rendere oltremodo grave quanto ipotizzato dalle notizie di stampa relative alle indagini della Guardia di Finanza sta la consapevolezza che quanto emerso si sarebbe svolto ai danni della città di Venezia attraverso un uso distorto delle risorse destinate alla sua salvezza e salvaguardia».

 

INCHIESTA MOSE – Numerosi imprenditori hanno chiesto alla Finanza e alla Procura di essere ascoltati

«Se mi beccano buttano la chiave»

Savioli e Morbiolo intercettati al telefono: «Scrivilo su carta che si possa inghiottire, non scherzo»

I TIMORI – Alcuni indagati sospettavano di essere indagati e intercettati. Tra questi Pio Savioli che al telefono dice al suo interlocutore: «Se mi beccano buttano la chiave». E Morbiolo a un suo collaboratore: «Scrivi su carta che si possa mangiare».

IN CODA – Sul fronte delle indagini, ora molti imprenditori hanno chiesto alla Finanza e alla Procura di essere sentiti. La prossima settimana l’inchiesta passerà al vaglio del tribunale del riesame.

EX LEADER – Piergiorgio Baita, ex “capo” della Mantovani, avrebbe fornito molte informazioni agli inquirenti

Indagini sull’appalto “pilotato”. Anche se non indagati, molti chiedono alla Procura di incontrare i pm per allontanare il rischio del carcere

VERSIONI DA VERIFICARE  A ogni deposizione seguono molti controlli e riscontri

INIZIATIVE AUTONOME – Anche chi non è nel mirino vorrebbe “vuotare il sacco”

CANTIERI – Per anni la laguna è stata interessata da decine di cantieri. Molte anche le proteste di ambientalisti e residenti perché le opere avrebbero modificato di molto l’ambiente.

Imprenditori in “coda” per parlare con la Guardia di Finanza e con i magistrati della procura che coordinano le indagini. A poco più di due settimane dall’esecuzione delle misure cautelari relative al presunto appalto “pilotato” per lavori commissionati dal Porto di Venezia, sono numerose le persone che hanno chiesto di essere ascoltate. Tra loro vi sarebbero anche imprenditori che per ora non risultano indagati (o comunque non sono oggetto delle misure restrittive) e che potrebbero aver deciso di “vuotare il sacco” per evitare il rischio di finire in carcere. Dalla prossima settimana, insomma, la Guardia di Finanza avrà parecchio da lavorare, anche perché dopo ogni interrogatorio e deposizione è necessaria un’articolata attività di riscontro e di verifica delle versioni fornite.
Gli elementi che stanno emergendo nel filone relativo all’appalto “pilotato” e alle false fatture della cooperativa San Martino, su cui indaga la pm Paola Tonini, si intrecciano con quelli già agli atti nelle indagini sulle false fatture della società Mantovani spa, nel quale finì in carcere lo scorso inverno Piergiorgio Baita, il quale ha iniziato dalla primavera a collaborare con il pm Stefano Ancilotto. L’esito delle due indagini si preannuncia “esplosivo” per gli equilibri economico-finanziari della regione, ma anche per quelli politici, considerato che sono molte le ombre di tangenti e di finanziamenti illeciti ai partiti che spuntano dalle carte acquisite dalle Fiamme Gialle. Un elemento accomuna le due inchieste: entrambe sono iniziate da un accertamento fiscale che ha portato alla scoperta di false fatture, grazie alle quali le società realizzavano “provviste” in nero, parti delle quali sarebbero poi finite per finanziare esponenti politici.
Finora sono comparsi davanti agli investigatori il presidente del consorzio Coveco, Franco Morbiolo (indagato a piede libero), il quale è parlato per circa sei ore con il pm Paola Tonini. Morbiolo è l’imprenditore che decise di sfidare il presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, rifiutando di sottostare all’accordo per far vincere l’appalto alle piccole imprese: il Coveco presentò domanda ugualmente e si aggiudicò uno stralcio dei lavori, per poi fare un passo indietro in cambio di un’adeguata contropartita. Anche il segretario di Mazzacurati, Federico Sutto (ai domiciliari), ha confessato, spiegando di aver eseguito gli ordini del “capo”. E lo stesso presidente del Consorzio Venezia Nuova (anche lui ai domiciliari) ha ammesso di aver pilotato l’appalto, seppure assicurando di averlo fatto a fin di bene, per riequilibrare le assegnazioni di lavori a favore delle piccole imprese, troppo spesso escluse.
Nei primi giorni della prossima settimana sarà la volta di Pio Savioli, il consigliere del Consorzio Venezia Nuova definito «il grande protagonista dell’attività investigativa» e non è escluso che il trevigiano possa decidere di collaborare con gli inquirenti nel tentativo di uscire da una posizione che appare fortemente compromessa.

Gianluca Amadori

INTERCETTAZIONI – Alcuni indagati sospettavano di essere intercettati. Morbiolo: «Scrivilo su carta che si possa mangiare»

Savioli: «Se mi beccano buttano via la chiave»

VENEZIA – (gla) Alcuni degli indagati sospettavano di essere sotto inchiesta e temevano di poter essere intercettati. È quanto emerge dagli atti della Guardia di Finanza.
Franco Morbiolo, responsabile del consorzio Coveco di Marghera, è molto cauto e nel 2011 suggerisce ad un collaboratore di prendere tutte le precauzioni necessarie per non essere trovato il possesso di documenti scomodi: «Scrivilo su una carta diversa… su carta mangiabile… se arriva qualcuno un giorno è deglutibile… non sto scherzando…», gli dice in un colloquio registrato dalle Fiamme Gialle.
Anche Pio Savioli, il consigliere del Consorzio Venezia Nuova, secondo i finanzieri era a conoscenza delle indagini in corso. Al telefono spiega al suo interlocutore di essere stato più volte avvisato che potrebbero scattare perquisizioni e arresti, ma ostenta sicurezza: «Sono venuti anche a casa mia alla sera dicendo … domani… arrestano tutti… come vedi non è successo nulla… c’è qualche mallevolenza, un po’ di lettere anonime – dichiara, per poi aggiungere – Se mi beccano buttan via la chiave…»
Stefano Tomarelli, altro amministratore del Consorzio Venezia Nuova (nonché della cooperativa Clodia e della società romana Condotte spa) viene descritto come «particolarmente diffidente e guardingo», tanto da spegnere spesso il telefonino e da pagare l’autostrada soltanto in contanti per non lasciare tracce. «Unitamente al Savioli, entrambi consapevoli dell’attività di polizia giudiziaria in corso e ipotizzando di essere intercettati, durante le conversazioni telefoniche hanno tentato in tutti i modi di celare le date, i luoghi e i motivi degli incontri», nel corso dei quali si sarebbero verificati i pagamenti illeciti di tangenti, scrivono i finanzieri.

 

L’INCHIESTA – Sarà la settimana dedicata al riesame

Tra giovedì e venerdì prossimi l’inchiesta sul presunto appalto “pilotato” passerà al vaglio del Tribunale del riesame. Davanti al collegio presieduto da Angelo Risi saranno discusse le posizioni dei principali indagati: quelle di Giovanni Mazzacurati e Pio Savioli, innanzitutto. Poi quelle di Mario e Stefano Boscolo Bacheto, della cooperativa San Martino e di Gianfranco Boscolo Contadin della Nuova Coedmar (tutti algi arresti domiciliari). Sono in calendario, infine, i ricorsi presentati da Ermimio Boscolo Menela dell’omonima impresa, Dimitri Tiozzo della “Tiozzo Gianfranco”, Antonio Scuttari della Clodiense opere marittime e Valentina Boscolo Zemello della società Zeta, tutte di Chioggia.

 

L’inchiesta del pm Tonini al cuore del sistema-Venezia: fondi neri creati dalle aziende per pagare l’affidamento di nuovi appalti

VENEZIA – Mantenere la pax tra le aziende e sostenere i politici chiamati a ricoprire posti chiave per assicurare i lavori: i fondi neri, per milioni di euro, potrebbero essere serviti a questo secondo l’ipotesi investigativa della Guardia di finanza di Venezia. Se accontenti tutti, nessuno si lamenterà, almeno che non arrivi una semplice verifica fiscale della Finanza, come è accaduto alla cooperativa San Martino di Chioggia, a scoprire false fatturazioni e fondi neri. Gli uomini del Nucleo di polizia tributaria stanno cercando di mettere uno vicino all’altro i tasselli dell’inchiesta sul Consorzio Venezia Nuova, che due settimane fa ha visto finire agli arresti domiciliari sette persone, tra le quali il presidente del Consorzio, Giovanni Mazzacurati per un appalto pilotato al porto, con accuse di turbativa d’asta e fatture false. Ma nelle oltre 700 pagine dell’informativa dei finanzieri – in gran parte coperte da omissis – ci sono già riferimenti ai presunti finanziamenti illeciti per le campagne politiche del sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, che ha già respinto al mittente tutte le accuse, al consigliere regionale del Pd, Giampietro Marchese, di cui venerdì sera è stata annunciata l’auto-sospensione dal partito, e di Renato Brunetta – anch’egli ha ribadito che tutti i finanziamenti sono regolari – quando tre anni fa si candidò per guidare Ca’ Farsetti. Il filone dei presunti finanziamenti illeciti alla politica è quello più delicato dell’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Paola Tonini, che a partire da questa settimana sentirà prima Pio Savioli, una delle figure chiave dell’indagine, e poi di nuovo Giovanni Mazzacurati, già interrogato giovedì, negli uffici della Finanza di Mestre, alla presenza anche del pubblico ministero Stefano Ancilotto, che sta indagando invece sui fondi neri della Mantovani a trazione Piergiorgio Baita. L’ex ad dell’azienda pigliatutto in Veneto per ciò che riguarda le grandi opere ha già raccontato la sua versione dei fatti – i verbali sono secretati – e ottenuto così il via libera per il patteggiamento a 22 mesi. Pio Savioli, se veramente vuoterà il sacco, potrebbe fornire spunti tra i più preziosi per l’indagine. L’uomo del Consorzio Veneto cooperativo nel Consiglio direttivo del Consorzio è ritenuto dai finanzieri la longa manus di Mazzacurati, il collettore del denaro pagato dalle aziende, nella misura dello 0,5% del valore dell’appalto, per avere la garanzie di poter lavorare. Soldi che, secondo i finanzieri, in parte restano nella tasche di Pio Savioli (tra il 5% e l’8%) e in parte andavano ad alimentare quei fondi nero i cui ultimi destinatari sono con buona probabilità indicati negli omissis posti dal pubblico ministero sulla relazione della finanza che, in laguna, fa tremare destra e sinistra.

Francesco Furlan

 

INTERROGATORIO – Savioli, doppio round davanti ai magistrati

Un’altra settimana importante per l’inchiesta: l’interrogatorio del consigliere Pio Savioli è previsto tra lunedì e martedì mentre giovedì primo agosto ci sarà il Riesame. Attualmente Savioli infatti si trova agli arresti domiciliari. Se decidesse di parlare forse gli potrebbero essere revocati. Venerdì 2 agosto invece dovrebbe esserci il Riesame per presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, e di altre persone coinvolte nell’inchiesta. Ulteriori sviluppi dell’indagine sono previsti dalla fine di agosto.

 

Da Morbioli (Coveco) e Sutto conferme sulla gara truccata.

Tribunale del riesame: Boscolo Anzoletti resta ai domiciliari

VENEZIA – Il Tribunale del riesame di Venezia (relatrice Daniela Defazio) ha confermato gli arresti domiciliari per Roberto Boscolo Anzoletti, il titolare della «Lavori Marittimi e Dragaggi» di Chioggia, respingendo il ricorso presentato dai difensori, ha invece revocato la misura dell’obbligo di dimora nei confronti di Juri Barbujgian della «Nautilus srl» di Venezia e di Carlo Tiozzo Brasiola della «Somit» di Chioggia, così come avevano chiesto gli avvocati Marco Vassallo, Renzo Fogliata e Stefano Rizzardi. Infine, hanno modificato la misura per Luciano Boscolo Cucco de «La Dragaggi», difeso dall’avvocato Daniele Grasso: hanno confermato l’obbligo di dimora nel territorio del Comune di Chioggia, ma hanno revocato l’altro obbligo, quello di rimanere in casa dalle 8 alle 17. Ieri mattina, l’udienza a porte chiuse ha visto anche la partecipazione del pubblico ministero Paola Tonini, che a conferma delle sue accuse ha depositato i verbali d’interrogatorio di due indagati, quello del braccio destro di Giovanni Mazzacurati, Federico Sutto, e quello di Franco Morbioli, presidente del «Coveco«, il capo di Pio Savioli, colui che era incaricato di ritirare i soldi presso le imprese del Consorzio Venezia Nuova per poi consegnarle a politici e pubblici funzionari, oltre che a trattenerne un a parte. Sutto è agli arresti domiciliari, mentre Morbioli è semplicemente indagato. Nel verbale d’interrogatorio di quest’ultimo l’imprenditore racconta come era andata la vicenda della gara d’appalto per lo scavo dei canali navigabili dell’Autorità portuale che è costata l’arresto a Mazzacurati e agli altri per turbativa d’asta. «Pio Savioli», si legge, «mi disse che la Cooperativa San Martino non avrebbe partecipato alla gara e che era stato l’ingegner Mazzacurati a fornire questa indicazione. Mi disse ancora che a quella gara avrebbero partecipato le piccole imprese e che si sarebbero astenute anche la Mantovani e la Codemar». Morbioli, però, non si astiene e presenta all’ultimo momento un’offerta e allora «Giorgio Mainoldi (del Consorzio) è venuto a chiedermi di ritirarla, dicendomi “Tu sai già come dovrebbero andare le cose rispetto alle gare dell’Autorità portuale, è bene quindi che il Coveco ritiri l’offerta perché poi potrebbero essersi problemi con il Consorzio”». E ancora: «Savioli mi disse che Mazzacurati era andato su tutte le furie a causa delle nostra offerta, poi mi disse che il Consorzio poteva prospettare una somma oscillante tra i 100 e i 200 mila euro, in cambio il Coveco doveva trovare il modo per non farsi aggiudicare la gara». Anche Sutto ha confermato di aver agito in questa direzione, aggiungendo di averlo fatto su precise disposizioni di Mazzacurati.

Giorgio Cecchetti

 

CACCIARI  «L’origine dei mali nella concessione»

«L’origine di tutti i mali è il concessionario unico». Lo dice Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia. «Il grave errore che si è fatto è stato quello di affidare la salvaguardia a un’unica opera di profilo altissimo», continua Cacciari, «creando l’humus ideale per ogni pratica monopolistica come quella che per anni ha visto unico attore il Consorzio, con il beneplacito di tutti i governi dal 1984 ad oggi. Berlusconi come Prodi. È davvero inquietante». Così Cacciari in un intervista proiettata giovedì sera dagli schermi dello Sherwood Festival al parco San Giuliano di Mestre.

 

IL CASO –  Anche il pm Ancilotto all’interrogatorio di Mazzacurati

Il magistrato che indaga sul caso Baita-Mantovani insieme alla collega Tonini: inchieste sempre più intrecciate

VENEZIA – Nuovo appuntamento con il pubblico ministero Paola Tonini per Giovanni Mazzacurati la prossima settimana, ma prima il magistrato interrogherà un altro degli arrestati che ha chiesto di essere sentito e che ha l’intenzione di vuotare il sacco, è Pio Savioli, il rappresentante del Consorzio Veneto Cooperativo nel Consiglio direttivo del Consorzio Venezia Nuova. E’ quello che gli investigatori della Guardia di finanza hanno intercettato e filmato mentre ritirava i soldi in nero dagli imprenditori titolari delle ditte del Consorzio, la Cooperativa San Martino di Mario e Stefano Boscolo Bacheto, la Te.Ma di Gianfranco Castelli, la Geosigma di Diego Tramontin. Ma tutte le imprese avevano l’obbligo di contribuire al «fondo nero» consegnando lo 0,5 per cento dell’importo dei lavori ottenuti per il Mose. «Molte imprese avevano ingenti avanzi di gestione che abbattevano con il sistema della falsa fatturazione» si legge nell’informativa delle «fiamme gialle». E sia il pubblico ministero Stefano Ancilotto sia la collega Tonini hanno scoperto come gli imprenditori legati a Mazzacurati costituivano i fondi neri (sette milioni e mezzo Piergiorgio Baita della Mantovani grazie ad una società di San Marcino e la Coop San Martino cinque milioni e 800 mila grazie ad una società con sede a Villach in Austria). Adesso vogliono scoprire a chi finivano quei soldi: Claudia Minutillo, l’ex segretaria di Giancarlo Galan poi diventata manager, e Baita hanno già parlato, hanno fatto i nomi.

Adesso tocca a Giovanni Mazzacurati ed è proprio per questo che il pubblico ministero Ancilotto, giovedì pomeriggio, ha assistito all’interrogatorio dell’anziano ingegnere negli uffici della Guardia di finanza di Mestre e presumibilmente assisterà anche ai prossimi colloqui con il pm Tonini. Non è escluso che Baita, i cui verbali d’interrogatorio sono secretati, abbia sostenuto che era proprio Mazzacurati a consegnare le mazzette a Roma e a Venezia per quanto riguarda i lavori del Mose e che sarebbe stato necessario chiedere a lui i nomi di coloro che percepivano le tangenti. Dunque, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova sarebbe stato uno dei prossimi obiettivi dell’inchiesta partita dalla frode fiscale della Mantovani e per questo motivo anche il pm Ancilotto è interessato a ciò che ha da dire, dopo che è finito agli arresti domiciliari per turbativa d’asta. Un’accusa lieve, visto che con un patteggiamento o con il rito abbreviato potrebbe cavarsela con una condanna di poco superiore ai 12 mesi di reclusione, rispetto ai reati che potrebbero piovergli tra capo e collo se le ipotesi avanzate dagli investigatori della Finanza, quelle di associazione a delinquere, corruzione e altro, fossero provate. Intanto il pm Tonini e i finanzieri stanno monitorando tutti gli appalti per lo scavo dei canali navigabili dell’Autorità portuale, che sono diciannove. Per la maggior parte gare vinte dalle imprese maggiori, costrette però poi a subappaltare alle piccole che sono le uniche ad avere i mezzi necessari.(g.c.)

 

Pd: il consigliere Marchese si autosospende

Passo indietro dopo le accuse di finanziamenti illeciti. La parlamentare Rubinato: «Ora chi sa parli»

IL SEGRETARIO FILIPPIN – Non è mai stato il nostro tesoriere, spero che le indagini siano rapide e sono certa che Piero potrà dimostrare la sua totale estraneità

VENEZIA – Il consigliere regionale Giampietro Marchese si è autosospeso dal Pd. L’ha reso noto in serata il segretario della federazione veneziana, Michele Mognato, che ha definito il passo indietro «Un atto opportuno perché volto ad evitare strumentalizzazioni politiche anche se non previsto dallo statuto del Partito»; «Il Pd è estraneo ai fatti oggetto d’indagine», ha concluso il dirigente democratico «ed è evidente che auspichiamo la massima chiarezza, ribadendo la nostra fiducia nel lavoro della magistratura». Marchese, il cui nome compare nelle indagini della Guardia di Finanza come presunto destinatario di contributi elettorali illeciti dal Consorzio Venezia Nuova, ha 55 anni, vive a Jesolo ed è al terzo mandato nell’assemblea di Palazzo Ferro-Fini dove in passato ha ricoperto la carica di vicepresidente e di capogruppo. Veterano del Pci-Pds-Ds-Pd, è stato responsabile organizzativo e si è occupato delle primarie. Ha presieduto, fino a tre mesi fa, la Fondazione Rinascita che gestisce il patrimonio dei disciolti Ds ma non era il “cassiere rosso”: «Piero Marchese non ha mai ricoperto il ruolo di tesoriere del Pd veneto né di quello veneziano», ha precisato il segretario regionale Rosanna Filippin, lesta a smentire indiscrezioni trapelate a distinguere le eventuali responsabilità personali da quelle del partito democratico «attendiamo che le indagini facciano il loro corso in totale autonomia e mi auguro che si giunga presto all’accertamento dei fatti, sono sicura che Piero Marchese potrà dimostrare la sua totale estraneità a quanto riportato dalla stampa». Quanto ai finanziamenti privati, Filippin conclude ricordando che «Il bilancio del Pd, a livello nazionale ma anche regionale, è pubblico e certificato da una società di consulenza esterna, la Price Water House. Chiunque voglia può liberamente visionarlo sul nostro del Pd». La vicenda, comunque, suscita tensioni e disagio nel partito. In mattinata, ben prima dell’annuncio di Marchese, era stata la deputata trevigiana Simonetta Rubinato a rompere il silenzio, auspicando un segnale di discontinuità: «L’inchiesta sui presunti finanziamenti illeciti versati ad esponenti politici regionali, sta allargando ancor di più il solco tra i cittadini, politica e partiti, è bene che quanto prima sia fatta luce sull’intera vicenda da parte della magistratura», la premessa della parlamentare «per questo la stessa dirigenza del Pd deve collaborare con le autorità inquirenti e chi ritiene di poter essere coinvolto si autosospenda per non travolgere l’intero partito compromettendo l’impegno di molti militanti, dirigenti ed eletti che continuano a fare politica in modo corretto». «Già il tema del finanziamento lecito ai partiti è controverso», ha concluso Rubinato «figuriamoci poi se dovesse essere confermato che accanto ai contributi pubblici c’era anche il canale del finanziamento illegale. Perciò è doveroso che dirigenti, eletti e candidati democratici facciano piena chiarezza sui contributi ricevuti e sulle spese sostenute. In questo momento è necessaria la massima trasparenza e sobrietà».

Filippo Tosatto

 

GLI APPALTI a Venezia

Il Pm ha chiesto la conferma delle misure

Il gip indica sette pentiti che dovranno essere sentiti

VENEZIA – Il Riesame lascia ai domiciliari Boscolo Anzoletti. Niente obblighi di dimora invece per due indagati chioggiotti

IL GOVERNATORE Zaia:«Massima trasparenza Se certe cose fossero vere, sarebbe molto imbarazzante»

IL SEGRETARIO – Il capo dei democratici veneziani Mognato: «È stata una sua iniziativa»  «Noi siamo estranei, auspichiamo la massima chiarezza su questa vicenda»

SOTTO TIRO – Giampiero Marchese, consigliere regionale del Pd che ieri si è autosospeso.

VENEZIA – Primi verdetti del Tribunale del riesame sull’inchiesta sul Consorzio Venezia Nuova. Ieri i giudici hanno valutato la posizione di tre indagati che avevano l’obbligo di dimora e uno che è agli arresti domiciliari.
I giudici hanno confermato la detenzione a casa per Roberto Boscolo Anzoletti, 55 anni titolare della “Lavori marittimi e dragaggi” difeso dagli avvocati Bertocco e Rossato. Confermato l’obbligo di dimora per Luciano Boscolo Cucco, 52 anni titolare della ditta “Dragaggi srl” e difeso dall’avvocato Daniele Grasso. Il legale, però, è riuscito a farsi cancellare il divieto di uscire di casa dalle 8 alle 17 che aveva fortemente penalizzato l’attività del suo assistito. «Ora – ha spiegato l’avvocato Grasso – potrà tornare a lavorare». Revocati, inoltre, i due obblighi di dimora che erano stati inflitti a Juri Barbugian, 39 anni titolare della “Nautilus” difeso dall’avvocato Marco Vassallo e a Carlo Tiozzo Brasiola, 38 anni titolare della “Somit” che era difeso dall’avvocato Fogliata. In mattinata sia i difensori che la Procura avevano sostanzialmente ribadito ai giudici le rispettive posizioni. Gli avvocati, in pratica, hanno sostenuto che i loro assistiti, con le rispettive società, avevano piccolissime partecipazioni nell’associazione temporanea di impresa e che quindi non erano al corrente dell’eventuale turbativa d’asta ipotizzata dalla Guardia di finanza. «Un ottimo risultato – ha spiegato in serata l’avvocato Vassallo – il mio assistito ha avuto una quota molto piccola in quel raggruppamento e della turbativa d’asta davvero non sapeva nulla».
Di diverso parere il pubblico ministero Paola Tonini secondo la quale, invece, tutti i soggetti erano a conoscenza del sistema e per questo l’accusa aveva anche chiesto la conferma delle varie misure. La prossima settimana il Tribunale del riesame dovrebbe valutare i ricorsi formulati dagli indagati principali dell’inchiesta come l’ex presidente del Consorzio, Giovanni Mazzacurati, e il consigliere Pio Savioli.

Giampaolo Bonzio
Stop al Consorzio padrone. Venezia, azione in Parlamento

INCHIESTA CVN  «In Parlamento per dire basta al Consorzio»

Stop al Consorzio padrone Venezia, azione in Parlamento

Marcon (Sel): «Grandi opere? Consultazione obbligatoria»

Restituire alla città la “sovranità” rispetto ai grandi temi. La legge speciale per Venezia deve essere modificata garantendo che la comunità locale possa decidere quali progetti devono mettere in sicurezza un territorio tanto delicato come quello lagunare. E impedendo che si ripeta quanto accaduto con la “concessione unica” al Consorzio Venezia Nuova per il Mose che ha, di fatto, esautorato sindaco e consiglio comunale da scelte strategiche e spianato la strada alle dighe mobili malgrado i dubbi fin da allora sulla loro efficacia.
Verso questa direzione, con proposte di disegni di legge in Parlamento, si muoveranno sia il senatore Felice Casson (Partito Democratico) che il deputato Giulio Marcon (Sel). Che fa un passo ulteriore: «Va creato un meccanismo – afferma Marcon – per cui, ogni volta che un territorio deve essere interessato da grandi opere, debba essere obbligatoria una consultazione popolare».
L’impegno dai parlamentari è stato assunto giovedì sera durante il dibattito sul come “Liberare la laguna di Venezia dalla palude degli affari”, promosso al Parco S. Giuliano durante il Venice Sherwood Festival. Dibattito moderato da Beppe Caccia (In Comune) e cominciato con una video intervista a Massimo Cacciari, per 12 anni sindaco di Venezia. È stato lui a stilare una cronistoria della vicenda finita, in queste settimane, tra le indagini della Magistratura, a partire dal 1988 e delle responsabilità sia del Governo Berlusconi che di quello di Prodi. «Passò l’idea che – afferma l’ex-Sindaco – la salvaguardia si giocava su un’opera di grandissimo contenuto tecnologico che avrebbe convogliato tutte le risorse. Ho contestato per anni, mai contraddetto, le criticità tecniche e l’illogicità del progetto».
La “madre” di tutte le responsabilità, in primis, politiche e trasversali è stata quella di prevedere, appunto, un “concessionario unico” per la realizzazione dell’opera: «È un sistema – afferma Casson – che l’Europa ha condannato perché favorisce l’illegalità. Su questo territorio comanda il privato e questo è inaccettabile. Il sindaco deve riaffermare il diritto-dovere di governare perché lo chiamiamo a rispondere di ciò che fa».
Cosa che non è avvenuta con le dighe mobili che rischiano di portare con sè un danno ulteriore. «A Venezia il cambiamento climatico e le sue conseguenze – afferma l’assessore all’Ecologia Gianfranco Bettin – non si contrastano con piccole opere. La legge speciale deve garantire risorse e non possono dirci che il Mose ha mangiato i soldi. Dopo il danno giungerebbe la beffa». Tommaso Cacciari chiede che si studi una moratoria per quei processi a carico dei cittadini che hanno lottato contro il Consorzio Venezia Nuova, mentre Armando Danella (No Mose) punta al «sequestro preventivo cautelativo di politici e tecnici che hanno approvato l’opera». Lui si domanda che senso abbia mettere in opera le paratoie «quando si sa che non funzionano».
Di diverso avviso, l’ex sindaco Cacciari: «Mi auguro che il Mose si concluda nei modi e nei tempi previsti. Se qualcuno ha mandato a remengo 6 miliardi di euro, beh, – afferma – 6mila scudisciate se le merita eccome».

Giacinta Gimma

 

LA LETTERA «Nessuna richiesta indebita da Thetis Spa»

Dalla società Thetis, tirata in ballo nell’inchiesta sugli appalti da intercettazioni della guardia di finanza, riceviamo e pubblichiamo. «Con riferimento alle notizie riportate dal Gazzettino del 26 luglio 2013 sotto il titolo “Nuove ombre su Thetis”, si rappresenta che la Societa TE.Ma. del sig. Castelli ha lavorato per Thetis con incarichi assegnati limitatamente al periodo 2002- 2010, prima dunque dell’attuale gestione. Per quanto di competenza si precisa che nessuna richiesta indebita è stata mai avanzata da Thetis e che la Società si riserva di tutelare in ogni forma e nelle sedi opportune la propria immagine. L’attuale gestione di Thetis ha adottato un’attenta politica di promozione e gestione delle professionalità presenti in azienda, contestualmente a una necessaria attivita di controllo e riduzione dei costi, anche a fronte del quadro generale di crisi del Paese e di un mercato sempre piu competitivo e ad alto contenuto tecnologico. La politica adottata ha permesso di mantenere, all’interno di un contesto difficile, una azienda solida e vitale con una struttura economicofinanziaria che la pone oggi tra le prime societa di ingegneria in Italia».

Thetis S.p.A

 

L’INCHIESTA – Dopo la notizia della mazzetta da 50mila euro che avrebbe ricevuto da Savioli, consigliere di Cvn

Mose, Marchese si sospende dal Pd

Il consigliere regionale veneto: ho agito nel rispetto delle leggi. Il partito: «Noi estranei alle indagini»

Giampiero Marchese, personaggio di spicco del Pd veneziano e veneto, consigliere regionale, ad di Ames, la municipalizzata delle mense e delle farmacie comunali di Venezia ed ex presidente della Fondazione che controlla il “tesoro” immobiliare ex Ds, ha preso due iniziative ufficiali ieri: dopo la notizia che Pio Savioli, uomo chiave del Consorzio Venezia Nuova, gli avrebbe consegnato una mazzetta di 50mila euro, Marchese ha scritto ai giornali per dire che ogni suo atto è trasparente e poi al vertice del Pd per annunciare la sua auto sospensione. E il segretario provinciale del Pd veneziano Mognato lo ha definito «un atto opportuno perché volto ad evitare strumentalizzazioni politiche, anche se non previsto dallo statuto del Partito». Mognato ha aggiunto: «Il Pd è estraneo ai fatti oggetto d’indagine ed è evidente che auspichiamo la massima chiarezza, ribadendo la nostra fiducia nel lavoro della magistratura».
Fiducia e rispetto che lo stesso governatore del Veneto Luca Zaia ieri mattina ha ribadito nei confronti degli investigatori: «Ho l’impressione che sull’inchiesta relativa al Consorzio Venezia Nuova si stia scrivendo una Treccani. L’unica cosa che chiedo è di avere trasparenza massima. È fondamentale, perché alcune cose che si leggono, se fossero vere, sarebbero assolutamente imbarazzanti».
Giampiero Marchese, nelle sue poche righe ai giornali, non sembrava per niente imbarazzato anche se poi non ha più risposto al telefono. Il Partito non gli ha chiesto di fare un passo indietro?
«No, è stata una iniziativa sua», risponde Mognato.« Lo ha fatto per evitare che la vicenda si trasformi in non so che. E devo dire che mi sembra la scelta di una persona che sa cosa vuol dire quando si è avuto un ruolo di dirigente del partito. Ad ogni modo mi auguro che, se ci sarà seguito, dimostri tutta la sua estraneità».
Vi siete sentiti o visti da quando sono uscite le prime notizie sull’inchiesta relativa al Consorzio Venezia Nuova, a Baita e via di seguito?
«Sì e mi sembrava assolutamente tranquillo e sereno».
La Guardia di Finanza sostiene che ha incassato una “mazzetta” da 50 mila euro.
«Ripeto, sono questioni sempre delicate e non sono in grado di giudicare dalla semplice lettura dei giornali. Spero si chiarisca tutto al più presto».
Anche Michele Zuin, consigliere comunale del Pdl veneziano, auspica un chiarimento rapido: «Io sono sempre garantista al massimo, e finché sono cose così e non c’è nulla di ufficialmente provato noi non ci esprimiamo». Renato Boraso ieri sera in consiglio comunale ha chiesto le dimissioni di Marchese da Ames. Tutti, indistintamente, sperano che l’inchiesta finisca presto: «Ci auguriamo che si faccia chiarezza velocemente e che ogni omissis venga scoperto, per il bene di tutti» dice Pietrangelo Pettenò di Rifondazione comunista Fds che siede sui banchi del Consiglio regionale come Marchese per il Pd.
Anche il capogruppo del Pd nel Consiglio comunale veneziano ritiene che la scelta di Marchese di autosospendersi sia stata opportuna, «anche se non mi risulta che in questo momento sia indagato, ma non so niente di più di ciò che leggo sui giornali», commenta Claudio Borghello. «Speriamo che tutto venga chiarito al più presto e perciò è opportuno che si concentri su questa storia. Lui sa più di altri che occorre che la sua vicenda non sia di intralcio alle funzioni del partito e alle altre responsabilità che assolve».

 

LA LETTERA  «Tutti finanziamenti dichiarati»

VENEZIA – Prima dell’autosospensione una breve lettera inviata ai giornali. Giampietro Marchese del Pd ha preso carta e penna per formulare tre precisazioni.
Prima. «I finanziamenti da me ricevuti nella campagna elettorale 2010 sono stati tutti da me dichiarati nel pieno rispetto di quanto previsto dalla vigente normativa».
Seconda. «Quanto alle contestazioni che ho letto sui giornali, mi attenderei che gli organi di stampa riportassero riscontri ufficiali e non ipotesi contro le quali è difficile anche replicare».
Terza puntualizzazione. «Non sono mai stato responsanbile organizzativo provinciale del Pd di Venezia, nè tesoriere».
Dopo aver firmato, chiedendo la pubblicazione, ha maturato la decisione di autospendersi. E il partito democratico sembra aver gradito.

 

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