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L’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova per tre ore davanti al pm «Non pensavo fosse illegale, lo feci per accontentare tutte le imprese»

VENEZIA – Giovanni Mazzacurati, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, ha parlato per quasi tre ore. Ammettendo, davanti al pm Paola Tonini, le proprie responsabilità relative alla turbativa d’asta nella gara d’appalto indetta dall’Autorità portuale di Venezia per la quale l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova è agli arresti domiciliari. I legali di Mazzacurati, Giovanni Battista Muscari Tomaioli e Alfredo Biagini, al termine dell’interrogatorio, hanno riferito che l’ingegnere al pm ha confermato quanto ascrittogli nell’ordinanza del gip Alberto Scaramuzza secondo la quale l’ex presidente del Consorzio si sarebbe attivato per far vincere una gara d’appalto esterna a delle imprese che si erano lamentate di lavorare troppo poco per il Consorzio e quindi di essere penalizzate in termini di ricavi. Mazzacurati ha spiegato di non essersi reso conto dell’eventualità di un illecito facendo partecipare delle imprese del Consorzio a una gara d’appalto dell’Autorità portuale di Venezia per delle opere a mare, in quanto preoccupato di far in modo che nell’ambito delle attività costruttive in laguna potessero essere soddisfatte tutte le imprese del settore. Mazzacurati ha anche assicurato che si è trattato dell’unica sua ingerenza in vicende del genere. Dopo quasi tre ore, l’ingegnere, agli arresti domiciliari, ha dovuto smettere. Le sue condizioni di salute, infatti, non gli permetterebbero lunghi sforzi. Probabilmente è stato fissato un nuovo appuntamento. Gli inquirenti, che hanno interrogato l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova negli uffici della Guardia di finanza di Mestre, hanno fatto in modo di depistare tv e giornalisti. Proprio questo bisogno di tranquillità, di tenere lontana l’attenzione dei media da un lato e le dichiarazioni dei difensori prima del colloquio dall’altro, fanno ritenere che l’anziano ingegnere abbia deciso di collaborare. La Guardia di finanza fino ad ora ha soprattutto ricostruito in quale modo i vertici del Consorzio e le imprese più importanti costituivano i fondi neri e lo hanno fatto sia con l’indagine coordinata dal pubblico ministero Stefano Ancilotto su Piergiorgio Baita e la Mantovani, sia con quella del pm Tonini che ha riguarda Mazzacurati e il Consorzio.

Adesso si è aperta la seconda fase delle indagini, quelle che devono chiarire a chi venivano pagate le tangenti prelevate dai conti all’estero, in Svizzera per la Mantovani, in Austria per la Cooperativa San Martino. Oggi, intanto, primo vaglio del Tribunale del riesame per quanto riguarda le posizione di alcuni degli indagati. Mentre solo l’1 agosto il Tribunale discuterà le posizioni di Mazzacurati e di altri. (g.c)

 

Savioli, mister 8 per cento e la “cresta” alle mazzette

Gli investigatori: era il collettore dei soldi che alimentavano il “fondo tangenti” ma incassava la sua quota. Fotografato con una borsa: «Dentro 100 mila euro»

VENEZIA – I finanzieri lo considerano la longa manus del presidente del Consorzio Venezia Nuova e l’uomo che faceva da collettore dei soldi destinati ad alimentare quel fondo nero di cui l’indagine coordinata dal pm Paola Tonini dovrà accertare i destinatari. Ma Pio Savioli, secondo le indagini del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Mestre, aveva anche l’abitudine di tenere per sé una parte di quei soldi, per una percentuale stimata tra il 5% e l’8% di quello 0,5% del valore dell’appalto che le aziende mediamente versavano per avere la sicurezza di lavorare nei cantieri su cui vigilavano il Consorzio e il suo presidente, Mazzacurati. I finanzieri sono in possesso di filmati e foto che testimoniano una ventina di presunti scambi di denaro che vedono come protagonisti Savioli, Stefano Tomarelli, pure lui consigliere del Consorzio dal 2002, che però non è stato raggiunto da alcun provvedimento, e alcuni imprenditori disposti a pagare per garantirsi le quote degli appalti per i lavori in laguna. In particolare c’è un incontro, che risale al 2011, in cui Savioli accompagnato da un’altra persona – che i finanzieri sospettano essere proprio Tomarelli, episodio sul quale sono in corso ulteriori verifiche – incontra un imprenditore, in un luogo appartato all’uscita di un casello della Bologna-Firenze, dal quale si fa consegnare una busta con 100 mila euro in contanti, passaggio di denaro documentato dai finanzieri, che ritengono questa una prova fondamentale. Che Pio Savioli fosse il referente delle aziende e il primo destinatario dei soldi “fuori busta” era ben spiegato già nell’ordinanza di custodia cautelare con la quale il consigliere del Consorzio Venezia Nuova è finito agli arresti domiciliari. Secondo l’indagine dei finanzieri, nel solo biennio 2005 e 2006, sarebbe stato destinatario di 600 mila euro da parte della società cooperativa San Martino di Chioggia che, proprio per evitare controlli, utilizzava una contabilità parallela, di cui è stata trovata traccia solo in una memoria Usb nella disponibilità di una dipendente, Nicla Boscolo “Bacheto” dopo che, preoccupati dalla visita dei finanzieri per una normale verifica fiscale, i titolari della San Martino avevano deciso di eliminare tutta la documentazione cartacea relativa alle elargizioni a Savioli e a Tomarelli. Quest’ultimo, sempre secondo i riscontri della Finanza sulla contabilità ritenuta parallela, avrebbe ricevuto dalla San Martino almeno la somma di “20.000 + 20.000”.

Francesco Furlan

 

finanziamenti ai politici: IL CONSORZIO SI SCUSA

L’ex ministro Matteoli: «Ho restituito quei 20 mila euro»

VENEZIA «Il contributo regolarmente elargito nel 2006 dal Consorzio a sostegno della mia campagna elettorale, quale candidato alle elezioni per il Senato della Repubblica è stato interamente restituito non appena ricevuto a cura del mio mandatario». Lo precisa il senatore del Pdl Altero Matteoli in relazione all’inchiesta della Guardia di finanza sul Consorzio. «Quanto affermo è facilmente verificabile» sottolinea l’ex ministro «ed è stato riportato nelle dichiarazioni che i candidati devono depositare, a norma di legge, presso le Corti di Appello competenti (nella fattispecie quella di Firenze) e il Parlamento». L’intervento di Matteoli arriva dopo che nei giorni scorsi il Consorzio aveva reso pubblici i contributi versati a sostegno di campagne elettorali locali o nazionali. Tra i beneficiari risultava esserci anche Matteoli, per una somma pari a 20 mila euro. Matteoli nel 2006 era esponente di Alleanza nazionale, e sarebbe poi diventato ministro dei Lavori pubblici. Ieri sera il Consorzio dopo aver verificato che i soldi sono stati effettivamente restituiti, si è ufficialmente scusato con Matteoli. Sul tema dei finanziamenti ai politici interviene anche il Movimento 5 Stelle: «Pur non essendo prevista da alcuna disposizione legislativa si chiede al sindaco e alla maggioranza di pubblicare l’elenco di tutti i finanziatori privati della campagna elettorale». (f.fur.)

 

FINANZIATO DAL CVN

Bettin: «Bellissimo il film su Venezia»

«Non so come siano avvenute e avvengano le scelte a sostegno di opere letterarie o artistiche nell’ambito del Consorzio Venezia Nuova, non l’ho mai frequentato limitandomi a contrastarne spesso, in modo radicale, i progetti e il ruolo in città e in laguna. Forse le importantissime e benvenute indagini in corso da parte della magistratura potranno chiarire anche tali aspetti, ma bisogna dire che certe polemiche sul film di Carlo Mazzacurati sostenuto dal Consorzio, tendono a offuscare il valore dell’opera e del suo autore». È l’assessore comunale Gianfranco Bettin, che certo non può essere sospettato di contiguità con il Consorzio a intervenire. «“Sei Venezia” di Mazzacurati è uno dei film documentari più belli, originali e interessanti sulla Venezia contemporanea. L’autore, uno dei principali registi italiani, ha lavorato a lungo, in profondità e con sincerità sulla città e sulla sua laguna, dimostrando di avere tutte le carte professionali e artistiche per affrontare al meglio questo progetto. Del resto, il Consorzio ha sostenuto, da molti anni, altre importanti opere, soprattutto letterarie, come i libri di Iosif Brodskij, di Andrè Chastel, di Acheng, Predrag Matvejevic, Harold Brodkey, Derek Walcott e altri nomi di straordinaria caratura, veri e propri classici, ma anche autori più legati al nostro tempo. È auspicabile che il Consorzio, o quello che ne sarà dopo queste indagini, in modo trasparente e lungimirante, prosegua nel sostegno di questi e altri autori invitandoli a studiare e a raccontare Venezia».

 

Perquisita la fondazione degli ex ds

Mestre, per la Finanza l’ex presidente Marchese avrebbe incassato contributi illeciti

VENEZIA – La Guardia di finanza è entrata anche nella sede del Partito Democratico, in via Cecchini 5 a Mestre: ha compiuto una perquisizione negli uffici della Fondazione «Rinascita 2007», la società che gestisce il patrimonio immobiliare dei Ds veneziani, il partito che si è sciolto nel Pd assieme alla Margherita. Presidente della Fondazione, che ha la sede allo stesso indirizzo del Pd, fino a tre mesi fa è stato il consigliere regionale Giampietro Marchese, l’esponente politico che, stando al rapporto delle «fiamme gialle», avrebbe incassato «finanziamenti illeciti» da parte del Consorzio Venezia Nuova o comunque di società che ne fanno parte. A differenza del sindaco di Venezia, per ora, Marchese non ha smentito la notizia e, più volte cercato al telefono, non ha mai risposto. A differenza dei sindaci, che stando alla legge non avevano l’obbligo di rendicontare contributi e spese elettorali ma Giorgio Orsoni lo ha fatto comunque, tutti i consiglieri regionali sono tenuti a denunciare quanto hanno speso e da chi hanno ricevuto finanziamenti, visto che la norma impone anche un tetto massimo per le spese elettorali. Nella lunga informativa della Guardia di finanza il nome di Marchese ricorre in più occasioni, anche quando i militari si ritrovano a trascrivere le intercettazioni ambientali colte grazie ad una microspia posta negli uffici della Coveco di Marghera, la società per cui lavorava uno degli arrestati, Pio Savioli. A parlare, l’8 giugno 2011, è il presidente Coveco Franco Morbioli, di fronte c’è Marchese, ex segretario organizzativo del Pd veneziano. È il giorno dell’apertura delle buste della gara d’appalto per lo scavo dei canali navigabili dell’Autorità portuale: Morbioli spiega a Marchese che per quel bando «Mazzacurati ha fatto fare un’unica cordata formata da tutti i piccoli imprenditori per accontentarli e non rompersi i coglioni e ha tenuto fuori gli altri, compreso Baita». Insomma gli racconta tutto del trucco ideato dall’ex presidente del Consorzio, trucco che è costato a lui e agli alti l’arresto per turbativa d’asta. Il senatore Felice Casson, intanto, durante un dibattito ieri sera, ha chiesto a tutti i candidati del suo partito, il Pd, di rendere pubblici i contributi elettorali, a livello comunale, provinciale e regionale, ricevuti. «Occorre trasparenza», ha ribadito il senatore, «e dunque devono essere resi pubblici, se ci sono stati, gli importi e da chi sono stati ricevuti».

Giorgio Cecchetti

 

Gazzettino – Inchiesta Mose. Gli appalti a Venezia.

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26

lug

2013

L’ex presidente del Consorzio ha minimizzato le responsabilità

NUOVE IPOTESI – Nessuna contestazione su finanziamenti elettorali o tangenti

L’ACCUSA – Intendeva tacitare malumori per il monopolio sul Mose dei grandi costruttori veneti

Ci sono le prove, documenti e intercettazioni: Pio Savioli, consigliere del Consorzio Venezia Nuova, stando alle prove raccolte dalla Finanza, avrebbe consegnato una mazzetta da 50mila euro al consigliere del Pd veneto Marchese. Intanto, ieri pomeriggio Giovanni Mazzacurati ha risposto due ore alle domande del pm Paola Tonini. Sull’appalto finito sotto inchiesta, l’ex presidente di Cvn ha detto di essere intervenuto per ragioni di riequilibrio, «volevo soccorrere le imprese minori». E ha ammesso, «procedura poco ortodossa».

L’INTERROGATORIO – Mazzacurati risponde per due ore al Pm sulle irregolarità nell’appalto per il Porto

«Volevo soccorrere le imprese minori»

«Lo ammetto, una procedura poco ortodossa. Ma è l’unico episodio e non me n’è venuto in tasca nulla»

Ha risposto per due ore alle domande del pm Paola Tonini, precisando di essere intervenuto, nell’appalto finito sotto accusa, solo per ragioni di riequilibrio, di “soccorso” alle società minori che si erano lamentate per essere state escluse dalle opere di Salvaguardia in laguna. «È stato l’unico episodio e non me n’è venuto nulla in tasca», ha dichiarato l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, pur ammettendo di essersi reso conto che non è stata una procedura “ortodossa”.
Giovanni Mazzacurati, 81 anni, agli arresti domiciliari dallo scorso 12 luglio con l’accusa di turbativa d’asta in relazione ad un presunto appalto “pilotato” del 2011 per lavori portuali a Venezia, è stato ascoltato ieri pomeriggio nella sede della Polizia Tributaria di Corso del Popolo, a Mestre (dopo aver depistato la stampa, tutta in attesa all’esterno della Procura, a Venezia), da dove è uscito attorno alle 19, accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Alfredo Biagini e Giovanni Battista Muscari Tomaioli.
Mazzacurati, definito dal pm Paola Tonini il “Grande Burattinaio”, è accusato di aver avuto un ruolo di primo piano «nell’attività collusiva che porterà al turbamento delle gare… – scrive il magistrato nella richiesta di misura cautelare – Per tacitare pericolosi malumori da parte dell’imprenditoria veneta “minore” in ordine al “monopolio” delle cosiddette Grandi Imprese nell’esecuzione dell’Opera Mose, interviene direttamente, con disposizioni d’imperio, per creare un accordo spartitorio».
I tre stralci dei lavori furono aggiudicati con un ribasso di circa l’11 per cento e, secondo la Procura, in questo modo per la pubblica amministrazione vi sarebbe stato un grave danno economico: se il ribasso fosse stato del 17 per cento l’Autorità Portuale avrebbe risparmiato quasi 800mila euro, scrive il magistrato; risparmio lievitato a quasi 5 milioni se il ribasso fosse stato del 46 per cento, come in molte altre gare simili.
Nell’informativa conclusiva dell’inchiesta la Guardia di Finanza traccia un profilo dell’ex presidente del Consorzio ben più pesante rispetto al solo episodio del presunto appalto “pilotato”. Le Fiamme Gialle contestano «una gestione quasi “familiare” dell’impresa ad opera dei Mazzacurati» e scrivono che in laguna era attiva una vera e propria associazione per delinquere, di cui avrebbero fatto parte Mazzacurati (che i suoi collaboratori definivano “Re”, “Monarca Assoluto”, “Imperatore”, “Doge”), numerosi membri del Consiglio direttivo e dirigenti apicali del Consorzio, nonché amministratori di società consorziate e altri soggetti collegati: un’organizzazione che sarebbe stata dedita all’emissione e all’utilizzo di false fatture attraverso le quali realizzare “provviste” da utilizzare per «corrispondere tangenti ai pubblici ufficiali referenti del Consorzio Venezia Nuova, nonché per elargire finanziamenti illeciti ad esponenti politici locali». Su questo filone sono ancora in corso accertamenti e non è stata ancora formalizzata alcuna contestazione. E, nel corso dell’interrogatorio, di queste circostanze non si è parlato, hanno precisato i legali di Mazzacurati.
Da registrare la precisazione resa ieri dal senatore del PdL, l’ex ministro Altero Matteoli, che il Consorzio Venezia Nuova aveva indicato in un comunicato come destinatario di un contributo elettorale di 20mila euro: «Il contributo regolarmente elargito nel 2006 dal Consorzio Venezia Nuova a sostegno della mia campagna elettorale, quale candidato alle elezioni per il Senato della Repubblica, è stato interamente restituito non appena ricevuto a cura del mio mandatario – dichiara Matteoli – Quanto affermo è facilmente verificabile ed è stato riportato nelle dichiarazioni che i candidati devono depositare, a norma di legge, presso le Corti di Appello competenti (nella fattispecie quella di Firenze) e il Parlamento». Il Consorzio Venezia Nuova si è rammaricato dell’accaduto «e se ne scusa vivamente con il senatore Matteoli».

 

Per un errore nell’edizione del 25 luglio, a proposito dell’indagine della Guardia di Finanza sui lavori del Consorzio Venezia Nuova, è stato pubblicato tra gli indagati in un richiamo il nome di Ferruccio Falconi, noto esponente culturale dell’isola, che non c’entra nulla con la vicenda, anzichè Nicola Falconi, presidente dell’Ente gondola.
Ce ne scusiamo con gli interessati.

CORRUZIONE – Indagato Falconi (Ente gondola)

Il presidente dell’Ente gondola, Nicola Falconi, risulta indagato per corruzione in relazione a un episodio legato alla sua attività imprenditoriale nel campo dei lavori subaquei. Il nome di Falconi (che con l’appalto “pilotato” del Porto non c’entra) è emerso nel corso di alcune intercettazioni telefoniche effettuate tra il 2010 e il 2011 dalla Guardia di Finanza che, in quel periodo, stava ascoltando i colloqui del consigliere del Consorzio Pio Savioli. Gran parte del capitolo in cui si parla di Falconi è coperto da omissis, segno che gli inquirenti stanno ancora lavorando: di conseguenza non è possibile sapere in relazione a quale appalto Falconi sia finito sotto inchiesta. La sua iscrizione sul registro degli indagati risale a più di due anni fa e da allora non ha avuto alcuna notizia sullo stato delle indagini.
Falconi ha dichiarato di avere rispetto per il lavoro della Finanza e ha spiegato di non ricordare il colloquio intercettato, ipotizzando che si trattasse di una generica lamentela.

 

VENEZIA – Aperti due fascicoli per verificare eventuali sprechi nella realizzazione del Mose e di altre opere

Scende in campo la Corte dei conti

VENEZIA – (gla) Anche la Procura regionale della Corte dei conti sta indagando sui lavori della Salvaguardia della laguna di Venezia.
I fascicoli aperti attualmente sono due: il procuratore Carmine Scarano li ha assegnati ai viceprocuratori Giancarlo Di Maio e Alberto Mingarelli i quali stanno raccogliendo materiale per verificare la sussistenza di un eventuale danno erariale e, in caso affermativo, per individuare i responsabili a cui chiedere di risarcire lo Stato di tasca propria.
Le due inchieste sono nelle fasi preliminari e, con molte probabilità, sono destinate a procedere di pari passo con le indagini penali in quanto in quella sede la magistratura ha maggiori strumenti a disposizione, in particolare per quanto riguarda la raccolta di testimonianze o deposizioni.
Uno dei due fascicoli riguarda alcuni interventi del Mose, il secondo specifici appalti per opere alla bocca di porto di Chioggia. Dalla Procura della Corte dei conti nessun commento o dichiarazione in relazione ai due delicati fascicoli.
Nei procedimenti per responsabilità erariale, la Corte dei conti prende in esame i comportamenti di pubblici dipendenti o di privati che utilizzano fondi pubblici. Sono perseguibili, ad esempio, comportamenti penalmente rilevanti come appropriazioni indebite, truffe o atti di corruzione: i pubblici ufficiali possono essere chiamati a restituire le somme distratte, ma anche a risarcire il danno provocato all’immagine della pubblica amministrazione. E possono essere contestati anche comportamenti dovuti a colpa grave, ovvero danni erariali provocati da mancati controlli o errori macroscopici commessi da pubblici dipendenti.
Preliminarmente la Procura ha il compito di accertare la sussistenza di un danno erariale: spese eccessive rispetto ai prezzi di mercato o costi supplementari sopportati dall’ente pubblico a causa di lavori mal fatti, ad esempio. Oppure “tangenti” che possono aver fatto lievitare i costi di un’opera.

 

Mose, mazzetta da 50mila euro al tesoriere del Pd

Il consigliere Savioli intercettato e fotografato dalla Finanza mentre consegna il denaro a Marchese, esponente dei democratici. Mazzacurati ammette: pratiche poco ortodosse per aiutare piccole imprese

L’EPISODIO – Pagamento in occasione della campagna elettorale del 2012

«Savioli ha dato 50 mila euro al “tesoriere” del Pd»

I RISCONTRI – Foto, intercettazioni e documenti contro il membro del Consorzio

Una “mazzetta” da 50mila euro. A consegnarla in contanti in occasione della campagna elettorale del 2010, il “solito” Pio Savioli, sorta di uomo-bancomat dei fondi neri. Ci sono le prove: documenti e intercettazioni. Tutto nel maxi-fascicolo, disseminato da parecchi omissis, dell’inchiesta lagunare, che ha travolto il Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico per la realizzazione del Mose. È uno degli episodi che chiamano in causa Giampietro Marchese, esponente di spicco del Pd veneto, consigliere regionale ripescato di recente a Palazzo Ferro Fini primo fra i non eletti, presidente di Ames, la società che raggruppa le farmacie comunali di Venezia, ed ex segretario organizzativo del partito, nonché responsabile della Fondazione Rinascita, proprietaria di tutte le sedi del vecchio Pci-Pds-Ds-Pd per un patrimonio calcolato in quasi tre milioni di euro.
E non sarebbero gli unici soldi che Marchese avrebbe incassato nell’ambito dei finanziamenti illeciti di cui è costellata la dettagliata informativa firmata dal colonnello Renzo Nisi, comandante del Nucleo di Polizia tributaria delle Fiamme gialle di Venezia.
I quattrini da dispensare, a destra e a manca, arrivano dalle consorziate del Cvn, anche quelli per Marchese. E una delle più attive sul fronte risulta essere la Cooperativa San Martino di Chioggia, vera e propria banca parallela per Savioli e compagni al quale vengono consegnati almeno 600mila euro nel solo biennio 2005-2006: e guarda caso è dalla verifica fiscale alla San Martino che scoppia lo scandalo Cvn. Il nome di Marchese spunta anche nella trascrizione di quanto registrato dalla microspia installata dai finanzieri nell’ufficio di presidenza del Coveco uno dei soci pesanti di Cvn. È l’8 giugno del 2011 e il dialogo riportato è fra Franco Morbiolo, capo del Coveco, e Marchese. Il tema affrontato è l’appalto “pilotato”, quello che di fatto ha portato all’arresto con l’accusa di turbativa d’asta, fra gli altri del “monarca assoluto” del Cvn, Giovanni Mazzacurati, e anche di Savioli, componente del cda di Cvn e collaboratore di Coveco. Una gara indetta in tre stralci dall’Autorità portuale di Venezia per lo scavo di canali di navigazione con importo totale 12 milioni e mezzo di euro. Una gara che, su disposizione di Mazzacurati, deve essere vinta dalle piccole imprese con un ribasso molto al di sotto del 50-54% mediamente applicato, e da cui le grandi imprese impegnate nel Mose devono astenersi, compresa la Mantovani di Piergiorgio Baita, finito in carcere lo scorso 28 febbraio per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale.
Ma Morbiolo ha disubbidito agli ordini, partecipando al secondo stralcio e scatenando le ire di Mazzacurati che è “arrabbiatissimo” e minaccia ritorsioni. Di questo parlano i due, l’imprenditore e e il politico. Con Marchese, quindi a conoscenza della combine, che concorda sul fatto che “Mazzacurati pensa di essere onnipotente e pensa di fare tutto”. Mazzacurati che ieri per due ore è stato a colloquio con il sostituto procuratore Paola Tonini, titolare dell’inchiesta, e che a quanto pare avrebbe deciso di collaborare, lui che viene definito dalla stessa pm “il grande burattinaio”. E non solo del Cvn che gestisce un’opera faraonica dal costo finale stimato in sei miliardi e mezzo di euro, bensì dello scenario politico ed economico della regione.
Fra i suoi fedelissimi Savioli, impegnato a ritirare e recapitare i soldi per creare il consenso generalizzato necessario a non disturbare il manovratore: nella foto della Finanza del maggio 2011 che pubblichiamo in prima pagina, sta scendendo dall’Audi A5 di Stefano Tomarelli (altro consigliere Cvn) e tiene stretta la borsa nera da cui non si separa mai.

Monica Andolfatto

 

INCHIESTA CVN . GLI SVILUPPI

Tra gli indagati spunta il nome di Ferruccio Falconi, imprenditore lidense e presidente dell’Ente gondola. L’accusa è di corruzione: molti gli omissis nelle intercettazioni con Savioli, in attesa di approfondimenti. Ombre su Thetis che avrebbe trattenuto il 5 %.

Inchiesta Cvn, indagato Falconi

L’imprenditore è anche presidente dell’Ente gondola. Nuove ombre su Thetis

Il presidente dell’Ente gondola accusato di corruzione nell’ambito della sua attività di imprenditore «Il colloquio con Savioli? Forse una lamentela, per le piccole aziende è difficile sbarcare il lunario»

Quelle strane telefonate . Indagato anche Falconi

Il presidente dell’Ente gondola, Nicola Falconi, risulta indagato per corruzione in relazione ad un episodio legato alla sua attività imprenditoriale nel campo dei lavori subaquei. La notizia emerge dagli atti dell’inchiesta sul presunto appalto pilotato per lavori al Porto di Venezia che, un paio di settimane fa, hanno portato all’emissione di 14 misure cautelari, di cui 7 agli arresti domiciliari per turbativa d’asta, tra cui spicca quella emessa a carico dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova.
Il nome di Falconi (che con l’appalto “pilotato” del Porto non c’entra) è emerso nel corso di alcune intercettazioni telefoniche effettuate tra il 2010 e il 2011 dalla Guardia di Finanza che, in quel periodo, stava ascoltando i colloqui del consigliere del Consorzio Pio Savioli. Nell’informativa conclusiva, gran parte del capitolo in cui si parla di Falconi è coperto da omissis, segno che le Fiamme Gialle stanno ancora lavorando su questo filone. Di conseguenza non è possibile sapere in relazione a quale appalto Falconi sia finito sotto inchiesta per corruzione, né a quali somme di denaro illecite si riferiscano le ipotesi della Finanza. La sua iscrizione sul registro degli indagati risale a più di due anni fa e da allora non ha avuto alcuna notizia sullo stato dell’inchiesta.
Di sicuro le Fiamme gialle si sono insospettite di fronte ad alcuni passaggi dei colloqui telefonici nei quali Falconi «evidenzia come i lavori effettuati da alcune consorziate al Consorzio Venezia Nuova, siano risultati notevolmente superiori agli importi di riferimento in possesso al Magistrato alle acque».
Falconi, dirigente della Sitmar Sub, discute a lungo con Savioli nel dicembre del 2010, prima dell’apertura delle buste per una gara che sarebbe stata poi vinta dalla sua società. «Ci siamo.. giustamente fatto volentieri umiliati come se fossimo una ditta calabrese che veniva a cercare lavoro… – spiega Falconi – Sono dovuto andare lì me li sono dovuti subire e chiedere e questo.. voglio questo… voglio quell’altro cioè nel senso sono uscito pulito come sai un pollo spennato…»
A cosa fa riferimento l’imprenditore? Più chiaro l’accenno ai prezzi: «Io lavoro a 0,31… sai a quanto lavorano loro?… le imprese extra Consorzio eh? A un euro e cinquanta il metro quadro!»
Savioli non pare sorpreso: «Capito, ma che novità. Lo so io… sennò non sarebbero scheletri, Nicola… Nelle pieghe del Consorzio si imparano sempre cose nuove… Tu hai fatto il liceo classico o sbaglio? ecco allora dovresti ricordarti la fine dell’impero Romano… le solite robe tutte le pieghe la gente di infila…»
La Guardia di Finanza conclude: «qualora i fatti fossero effettivamente accertati ne conseguirebbero responsabilità penalmente rilevanti attesa la natura “pubblica” dei fondi utilizzati per effettuare tali lavori».
«Quello che so, l’ho letto sui giornali – risponde Falconi, dichiarando di voler leggere direttamente il fascicolo che lo riguarda prima di commentare – Ho il massimo rispetto per l’inchiesta della Finanza, che tra questa miriade di persone dovrà ricostruire il peso e le responsabilità di ciascuno. Ma faccio fatica a ricostruire quel colloquio, a distanza di tre anni. Di telefonate se ne fanno tante per ottenere un lavoro, tanti sono gli incontri, le cene, soprattutto per le aziende piccole che devono sbarcare il lunario ogni giorno».
Secondo Falconi quella conversazione con Savioli si potrebbe inquadrare in una generica lamentela. «Del resto noi con il Consorzio avevamo dei rapporti abbastanza limitati, trasmettevamo via fax le nostre richieste. Ovvio che in un sistema di intercettazioni a così ampio raggio oltre alle conversazioni private sono state registrate tutte quelle telefonate che facevano “rizzare le antenne” per l’argomento di cui si trattava. Ma va tutto contestualizzato».

 

«Tutto regolare finché ci sono stato io»

Antonio Paruzzolo difende gli anni della sua gestione in Thetis: «Assunzioni solo in base alle competenze»

«Sono indignato e incazzato come una bestia per come si stia buttando al macero una storia di successi lunga 20 anni».
L’ex assessore alle Attività produttive del Comune, Antonio Paruzzolo, è un fiume in piena. Non sopporta il fatto che la Thetis che lui ha gestito da amministratore delegato fino al marzo 2010 possa essere stata considerata un “baraccone” o un luogo dove assumere amici e parenti degli amici. O, peggio, come si legge nella pagina accanto, un luogo dove venivano chieste “percentuali” per poter lavorare.
«Lo ripeterò all’infinito – spiega – fino a quando ci sono stato io neanche una lira è stata chiesta a chicchessia. Anzi, al solo pensiero che qualche personaggio avesse potuto usare il nome di Thetis per chiedere qualcosa avrei fatto la rivoluzione. Io sono fatto così, in azienda controllavo perfino la qualità del caffè che veniva servito nelle riunioni. Perciò posso dire che per tutto il periodo in cui ci sono stato io non è mai successo nulla di ciò che si legge. Se solo mi fosse stata presentata lontanamente un’idea del genere, mi sarei dimesso nel giro di due minuti. Sul dopo, non sono in grado di dire nulla».
Ciò che è stato pubblicato su Thetis deriva dalle intercettazioni, in particolare quelle di Pio Savioli.
«Io mi ricordo un Savioli prodigo di complimenti per l’azienda e per il sottoscritto. Era in cda ma non ho mai capito cosa ci stesse a fare. In 13 anni non ha avuto mai nulla da ridire».
Fino a quando è rimasto a Thetis?
«Nominato assessore nel marzo 2010 smisi di occuparmi di tutti i progetti relativi alla salvaguardia, tenendomi solo quelli extra consorzio e comunque lontani da Venezia. Poi, ho preso atto che le cose erano cambiate in maniera molto rapida nella società e ho mollato tutto nel gennaio 2011».
Thetis è “accusata” di essere stata il collocamento per molti “amici”.
«Le assunzioni, fino a quando ci sono stato io, sono state fatte solo dopo sulla base dei curricula e delle competenze e dopo un rigoroso colloquio che mostrasse come quella persona fosse la più adatta a ricoprire quel posto. E basta».
Intanto, in relazione all’articolo apparso ieri sul Gazzettino contenente la frase attribuita a Pio Savioli «Thetis è un baraccone spaventoso», le Segreterie Territoriali Filctem e Femca e le Rsu di Thetis, hanno emesso una nota nella quale «pur non entrando nel merito delle indagini in corso, ritengono inaccettabile e offensiva tale affermazione nei riguardi di tutti i dipendenti che ogni giorno si dedicano con professionalità al proprio lavoro. Auspichiamo che al più presto la magistratura faccia chiarezza, considerando la già pesante situazione di crisi economica del territorio e più in generale del Paese».

 

LA RELAZIONE GDF- Il suo nome è emerso da alcune intercettazioni svolte tra 2010 e 2011

SOSPETTI – Alcuni lavori effettuati da ditte del Cvn sono molto superiori agli importi di riferimento

Tra i concussi anche il veneziano Tramontin, titolare della Geosigma

A Savioli una busta con una tangente consegnata da Castelli di Te.ma

LA FRASE  «Io lavoro a 0,31 euro al mq, loro a 1,5 euro!». Ma gran parte dei colloqui sono coperti da omissis

LE INTERCETTAZIONI – Nuove ombre su Thetis

«Mi chiedevano il 5%»

Seguendo le mosse di Pio Savioli, immortalato in almeno tre occasioni mentre incassa mazzette, la Gdf “ascolta” le proteste di un imprenditore

(gla) «È il grande protagonista dell’attività investigativa». Così i finanzieri del Nucleo di polizia Tributaria di Venezia descrivono Pio Savioli, il 69enne di Villorba, in provincia di Treviso, consigliere del Consorzio Venezia Nuova (nonché amministratore di Clodia e consulente del consorzio Coveco), finito agli arresti domiciliari in relazione ad un presunto appalto “pilotato” per lavori portuali a Venezia. La turbativa d’asta che gli viene contestata dal gip Alberto Scaramuzza appare ben poca cosa rispetto alle pesanti accuse che vengono formulate nei suoi confronti dai finanzieri, secondo i quali Savioli «risulta beneficiario di ingenti somme corrisposte a titolo di “tangenti” a partire dall’anno del 2005».
Il nome di Savioli è emerso per la prima volta nel corso di una verifica fiscale che portò alla scoperta della contabilità in “nero” della cooperativa San Martino di Chioggia, impegnata in alcune opere di salvaguardia della laguna. Dalla documentazione acquisita dalle Fiamme gialle risultò che Savioli avrebbe ricevuto ingenti somme di denaro, quantificate in 600mila euro tra il 2005 e il 2006. Ma non solo: tra il 2010 e il 2011 le Fiamme Gialle hanno documentato con appostamenti, fotografie e video «alcuni incontri finalizzati allo scambio di denaro (rappresentante il “compenso”) tra le imprese esecutrici di alcuni lavori, San Martino sc e Clea Sc e gli amministratori del Consorzio Venezia Nuova».
Savioli, infine, viene indicato come il «promotore ed esecutore dell’illecito finanziamento ad esponenti politici effettuati dal CVN mediante un “giro” di fatture per operazioni inesistenti».
Al nome del manager trevigiano Savioli viene affiancato quello di Stefano Tomarelli, amministratore del CVN, della società romana Condotte e del consorzio Clodia: anche quest’ultimo, secondo la Finanza, sarebbe stato beneficiario di somme di denaro contante di provenienza illecita.
COOP SAN MARTINO – I 600mila euro incassati da Savioli sarebbero delle vere e proprie “tangenti” finalizzate ad agevolare la cooperativa di Chioggia nelle assegnazioni dei lavori di Salvaguardia della laguna. In particolare i lavori da effettuarsi alla bocca di porto di Chioggia, assegnati dal CVN alla società consortile Clodia, (composta da Condotte spa, San Martino e Coveco). Concussi sarebbero Mario e Stefano Boscolo Bacheto e Antonio Boscolo Cucco. La Finanza scrive che non è certo se Savioli sia l’effettivo beneficiario delle somme o se le abbia poi consegnate ad altri.
SOCIETÀ TE.MA – Vittima della seconda presunta concussione è Gian Franco Castelli della Te.ma snc. Fotografie scattate dai finanzieri documentano, nel dicembre del 2010, la consegna a Savioli di una busta, avvenuta all’interno di un’auto, nel piazzale del motel che si trova alla rotatoria di Marghera.
Dalle intercettazioni emerge che, in precedenza, a Castelli sarebbero state chieste somme indebite anche da Thetis: una percentuale in relazione ai lavori svolti. «Ce ne sono 140 che ci han trattenuto… rispetto a quello che prendevamo prima, il 5 per cento la Thetis», spiega Castelli al telefono. E sempre riferendosi alla Thetis: «ci hanno massacrato ultimamente…». Savioli conferma: «Lo so, massacra tutti Thetis, non è una novità…» Per la Finanza è la conferma che Thetis, sui lavori assegnati dal CVN alle imprese, trattiene una percentuale del 5 per cento».
GEOSIGMA – Vittima della terza presunta concussione è Diego Tramontin, veneziano, titolare della Geosigma di Pordenone, il quale sarebbe stato costretto a versare 1500 euro giustificati da una fattura emessa dal Coveco per operazioni che la Finanza definisce inesistenti. Il versamento sarebbe avvenuto sempre nel dicembre del 2010, vicino al casello autostradale di Conegliano. I due si incontrarono in un bar di San Vendemiano, come documentano intercettazioni e fotografie. All’uscita, a fianco della vettura di savioli, Tramontin «ha aperto la borsa che aveva con sè, si è accostato in maniera circospetta al Savioli e facendo scudo con il corpo ha prelevato qualcosa all’interno della borsa e lo ha consegnato rapidamente al Savioli». Su questi episodi non è stata disposta alcuna misura cautelare: le indagini sono ancora in corso e potrebbero condurre a breve a ulteriori novità.

Gianluca Amadori e Raffaella Vittadello

 

Corrotti e corruttori nascosti fra gli omissis

Oggi Mazzacurati, ascoltato dal pm Tonini, sulle parti secretate delle indagini

Intanto ieri sentito il trevigiano Sutto: due ore di interrogatorio senza ammissioni

«VENEZIA – Esegue incondizionatamente gli ordini di Mazzacurati senza discuterli» scrive il pubblico ministero Paola Tonini nella sua richiesta di cattura di Federico Sutto, un tempo segretario di Gianni De Michelis ed ex sindaco di Zero Branco poi in prestito al Consorzio come addetto ai rapporti di rappresentanza del presidente. E ieri, la rappresentante della Procura lo ha interrogato per poco meno di due ore alla presenza del suo difensore, l’avvocato padovano Gianni Morrone. Nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni alla fine del colloquio, ma sembra che Sutto non si sia sbottonato. Insomma, ha cercato di spiegare quelle due o tre telefonate intercettate, ha spiegato che lui eseguiva le direttive del capo. Un atteggiamento che si potrebbe definire di attesa, attesa di quello che accadrà oggi: il pm Tonini, infatti, sentirà proprio Giovanni Mazzacurati su sua specifica richiesta. Difeso dagli avvocati veneziani Giovanni Battista Muscari Tomaioli e Alfredo Biagini, l’anziano ingegnere sembra orientato a raccontare quello che sa, insomma a vuotare il sacco. Probabile che il magistrato non si accontenti delle sue ammissioni sull’accordo tra le imprese per truccare la gara d’appalto dell’Autorità portuale per lo scavo dei canali navigabili. Gli chiederà delle 400 pagine del lungo rapporto della Guardia di finanza che nessuno ancora ha letto perché coperto dagli omissis. Presumibilmente in quelle pagine ci sono i nomi di coloro che Mazzacurati ha incontrato e pagato, le identità dei politici nazionali e locali che potrebbe aver corrotto in modo da ottenere i finanziamenti statali per procedere con i lavori di salvaguardia della laguna, in particolare il Mose. È evidente che se Mazzacurati imbocca questa strada, gli altri indagati non hanno speranza di cavarsela se non facendo la stessa scelta. E anche Pio Savioli, difeso dall’avvocato trevigiano Paolo De Girolami sembra deciso a seguire le orme dell’ex presidente: il suo legale ha già chiesto l’interrogatorio che è stato fissato per la prossima settimana. Nel frattempo gli investigatori della Guardia di finanza, proseguono indagini e accertamenti in particolar modo per quanto riguarda gli organi di controllo, coloro cioè che avevano il compito e il dovere di seguire passo a passo i lavori alle bocche di porto, per appurare che i lavori venissero compiuti a regola d’arte, e per controllare costi e spese. Innanzitutto il Magistrato alle acque, che nel rapporto viene definito «succube» del Consorzio, quindi i collaudatori, per la maggior parte grand comis dello Stato scelti dal Magistrato alle acque. Nel rapporto si fanno i nomi di Amedeo Liverani, dirigente del ministero dei Trasporti, di Lorenzo Quinzi e Vincenzo Fortunato, capo ed ex capo di gabinetto del ministro dell’Economia e delle Finanze, e Angelo Balducci, ex presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici finito in galera perché considerato uno dei capi della cricca.(g.c.)

 

Mazzette “in proprio” ai capi del Consorzio

Alcuni dirigenti tenevano per sé le tangenti, che venivano estorte alle imprese associate

Quando l’ex presidente “condannò” il leghista Malaspina: «Ai suoi amici nessun lavoro»

VENEZIA – C’è una telefonata intercettata dai finanzieri tra Giovanni Mazzacurati e la responsabile relazioni esterne del Consorzio Venezia Nuova Flavia Faccioli in cui l’allora presidente le dice: «Bisogna fare in modo che quelli che sono associati con lui non piglino neanche un lavoro, neanche morti». Il lui in questione è l’allora assessore provinciale leghista Massimiliano Malaspina, chioggiotto, che aveva duramente attaccato il Consorzio: «Da anni», aveva sostenuto l’ex esponente del Carroccio « il Consorzio sta facendo in città il bello e cattivo tempo, con buona pace degli amministratori. Un esempio su tutti è il cantiere per il Baby Mose a Chioggia, voluto dalla giunta Guarnieri, ma per nulla osteggiato dal sindaco Romano Tiozzo. Vedere come procedono i lavori è a dir poco avvilente: due sole persone nel cantiere che operano con lentezza danneggiando l’economia di una parte importante della città». Ma c’è un retroscena che le 750 pagine del rapporto della Guardia di finanza svelano grazie alle numerose intercettazioni. La raccomandazione. Malaspina, stando alla ricostruzione delle Fiamme gialle, attraverso una terza persona aveva cercato di «spingere» una ditta di Chioggia, quella di Salvatore Tiozzo Basiola, avrebbe interceduto per fargli ottenere più lavori, quelli del Mose, presso Mazzacurati, che evidentemente non aveva prestato attenzione a questa richiesta. Poi erano arrivate le critiche di Malaspina e Mazzacurati aveva chiesto alla Faccioli di sentire Giampiero Beltotto, il portavoce del presidente della giunta regionale Luca Zaia. Il giornalista, ex caporedattore della Rai, probabilmente dopo aver sentito Zaia aveva consigliato di lasciar perdere, aveva sostenuto che non valeva la pena di rispondere a Malaspina. Mazzacurati, però, la vendetta contro chi aveva osato criticarlo e i suoi protetti l’aveva messa in cantiere.

Vita e morte. Del resto, Mazzacurati faceva e disfaceva, era lui a comandare e gli altri dovevano obbedire. «Distribuiva i lavori, decideva la vita e la morte delle imprese, interveniva sugli appalti anche al di fuori degli interventi per il Mose» scrivono i finanzieri. «Grazie agli ingenti fondi elargiti dallo Stato per la salvaguardia della laguna», prosegue il rapporto, «ha una disponibilità finanziaria che gli permette di erogare compensi a parenti e conoscenti». Il pubblico ministero Paola Tonini lo definisce «il grande burattinaio», abituato a «gestire un potere universale all’interno del Consorzio organizzato in gruppi clientelari secondo la norma del profitto personale e della sopraffazione dei gruppi economici minori». Ha evitato il carcere soltanto per la sua età avanzata, ha 81 anni, e per le sue condizioni di salute precarie. «Mediante la “Ing. Mazzacurati Giovanni sas” il presidente riesce a convogliare i benefici economici ottenuti direttamente o indirettamente dal Consorzio anche alle figlie Cristina, Elena e Giovannella» si legge in un’altra pagina del lungo rapporto.

Tangenti. Il sospetto è che «dirigenti apicali del Consorzio, abusando della propria posizione, abbiano costretto o indotto diversi responsabili di società consorziate a corrispondere indebitamente denaro o altre utilità» scrivono i finanzieri, secondo i quali chi lavora al Consorsio è pubblico ufficiale perchè la legge del 1984 lo ha reso concessionario unico. E così quei 600 mila euro che un altro degli arrestati, Pio Savioli, ha intascato da parte dei titolari della Cooperativa San Martino per favorirla nei lavori del Mose devono essere considerati una tangente. Ma, stando ai controlli dei finanzieri che hanno anche scattato le foto della consegna delle buste, Savioli ha chiesto e ottenuto soldi anche da Gianfranco Castelli della «Te.Ma.» e Diego Tramontin della «Geosigma», piccole imprese che hanno lavorato per il Consorzio. Per questo gli investigatori ipotizzano per numerosi indagati anche il reato di associazione a delinquere. E nell’elenco la Guardia di finanza ci infila pure il commercialista padovano Francesco Giordano, «consulente fiscale del Consorzio», si legge, «circa gli aspetti giuridico fiscali penalmente rilevanti».

Incontri celati. Un altro dirigente del Consorzio che, stando alle intercettazioni, è sospettato di aver intascato tangenti, ma non è stato raggiunto da alcun provvedimento, è Stefano Tomarelli legato all’impresa Condotte. Sempre i titolari della Cooperativa San Martino gli avrebbero consegnato almeno 40 mila euro. Le Fiamme gialle scrivono che Savioli e Tomarelli erano venuti a conoscenza dell’inchiesta: quest’ultimo, «consapevole dell’indagine, ha tentato di celare gli incontri con gli imprenditori, spegne il telefonino, quando entra in autostrada paga in contanti il pedaggio e non usa il telepass che pure possiede e non usa la carta di credito» si legge. Tutto questo per non far rintracciare i suoi movimenti, per non indicare con chi si incontrava e nel timore di essere intercettato, per non far ascoltare i suoi discorsi.

Giorgio Cecchetti

 

L’inchiesta si allarga a tutte le grandi opere

La commissione del Comune sulla Mantovani indagherà anche sul Consorzio

Occhi puntati su Mose, ospedale dell’Angelo, tram e Coppa America

Si partirà ascoltando il sindaco Giorgio Orsoni. Poi si proseguirà con i dirigenti e i tecnici comunali che hanno avuto nel tempo per conto del Comune rapporti professionali con la Mantovani e con le altre imprese del Consorzio Venezia Nuova. E quindi si continuerà con una lunga sequenza di audizioni, che andranno dal nuovo presidente del Consorzio Mauro Fabris – che ha da poco preso il posto dell’indagato Giovanni Mazzacurati – al direttore Ermes Redi, ai sindaci uscenti Massimo Cacciari e Paolo Costa, agli ultimi tre presidenti del Magistrato alle Acque (Maria Giovanna Piva, Patrizio Cuccioletta e Ciriaco D’Alessio) senza trascurare, tecnici, ingegneri, e appunto dirigenti comunali di oggi e di ieri come Maurizio Calligaro, Armando Danella, Leopoldo Pietragnoli, secondo un programma di audizioni proposto dal consigliere della lista In Comune Beppe Caccia. È il denso programma di lavoro che si è dato la commissione comunale d’indagine sui rapporti tra il Comune e la Mantovani – presieduta da Luca Rizzi (Pdl) – che ieri si è riunita per la prima volta a Ca’ Farsetti e che allargherà la sua sfera di interesse non solo ai rapporto tra il Comune e l’impresa guidata da Pier Giorgio Baita, ma anche, appunto, a tutta l’attività del Consorzio Venezia Nuova in rapporto all’Amministrazione. Ampia anche la sfera di dossier che verranno esaminati, che non riguarderanno solo il Mose, ma anche l’Ospedale alMare, i lavori del Tram, quelli del mercato ortofrutticolo di Mestre, l’organizzazione della Coppa America – tra gli altri – che hanno sempre visto Mantovani e Consorzio in preimo piano nei rapporti con il Comune. Il primo obiettivo – come hanno sottolineato diversi consiglieri, da Placella (Cinque Stelle) a Funari (Gruppo Misto), a Borghello( Pd) – è proprio chiarire la liceità e la correttezza dei rapporti delle imprese con il Comune, che la stessa delibera istitutiva della Commissione mette in dubbio. Il fatto che si parta con l’ascolto di Orsoni non è casuale, perché a diversi consiglieri, a cominciare da Jacopo Molina del Pd, non ha fatto piacere scoprire che il sindaco aveva ricevuto contributi per la campagna elettorale da alcune imprese del Consorzio. «Anche se quei contributi erano leciti e dichiarati – ha sottolineato Molina – il sindaco avrebbe potuto trovare la forza per ringraziare e rifiutarli per opportunità e a chi si candiderà per il 2015 chiederemo in via prioritaria di rifiutare contributi di questo tipo». Ma ci sono anche consiglieri a cui la commissione d’indagine su Mantovani e Consorzio non piace affatto, come l’ex magistrato Ennio Fortuna (Udc), che ha ribadito ieri la sua inutilità, sottolineando la liceità della comncessione unica al Consorzio e il rispetto delle leggi e prenendosi per questo dallo stesso Caccia – al termine di un duro alterco – l’accusa di voler fare solo ostruzionismo. Ma l’obiettivo della Commissione – ha sottolineato sempre Molina – è anche rimpere per il futuro «l’approccio consociativo» tra Comune e sistema delle imprese legate al Mose.

Enrico Tantucci

 

«Ci sono i prodromi di una tangentopoli del Veneto»

Anche il capogruppo di Italia dei Valori in Consiglio regionale veneto, Antonino Pipitone, interviene sugli sviluppi dell’inchiesta. «Si scorgono all’orizzonte i prodromi di una tangentopoli veneta» dichiara Pipitone . «Prima i soldi finiti a VeDrò, il “pensatoio” legato al presidente del Consiglio Enrico Letta, poi i contributi elettorali e le voci che tirano in ballo altri esponenti politici. giunto il momento di tracciare una linea. Basta. Chi ha avuto contributi dal concessionario unico o dalle aziende che sono state implicate nell’inchiesta lo dica».

 

IL CONSIGLIERE REGIONALE DI VERSO NORD ACCUSA

Bottacin: c’era un patto consociativo scellerato sui grandi appalti

Il consigliere regionale di Verso Nord Diego Bottacin chiede che la commissione di inchiesta sui lavori pubblici, istituita a marzo dal Consiglio regionale a seguito dello scandalo Mantovanì, indaghi su quello che definisce «il patto consociativo che sta alla base del sistema veneto degli appalti». La richiesta di Bottacin prende spunto dalle notizie trapelate nel corso dell’inchiesta sul Consorzio Venezia Nuova. «Quanto emerge in questi giorni», dichiara Bottacin «conferma l’esistenza di un patto consociativo tra diverse forze politiche e l’asservimento di buona parte del sistema di potere (non solo politico) veneto alla pratica della spartizione senza gara delle grandi commesse pubbliche nella nostra regione». Bottacin invita la magistratura «ad accertare ogni illecito e ogni responsabilità», ma fa appello anche alla politica perché «estirpi subito questa pratica distorta che indebolisce e soffoca l’economia veneta». «Dai documenti e dalle intercettazioni pubblicate», prosegue l’esponente di Vero Nord «emerge l’imbarazzante spregiudicatezza e spudoratezza dei vertici del Consorzio Venezia Nuova nel dispensare regalie in modo scientificamente uniforme. Ma oltre al danno, assai rilevante, costituito delle risorse tolte alla costruzione delle opere per finire a partiti, candidati, fondazioni, riviste, convegni, strenne, associazioni e via elencando, c’è un danno forse più profondo e strutturale inferto al nostro sistema economico costituito da anni di “selezione” delle imprese più fedeli a scapito di quelle più capaci». «Se, come sembra, i principali partiti politici assecondavano ogni decisione sulle grandi commesse pubbliche della regione cercando di evitare in ogni modo il ricorso alla concorrenza e al confronto di mercato, non ci possiamo sorprendere dei blandi controlli attuati dalle istituzioni pubbliche. Prima e più ancora del profilo penale, questa è una pesantissima responsabilità politica a cui i maggiori partiti veneti non si possono più sottrarre e a cui va posta con urgenza una soluzione definitiva e radicale».

 

INCHIESTA MOSE. LA NUOVA BUFERA

INCHIESTA MOSE – Assunti a Thetis anche le figlie di ex dirigenti di punta del Magistrato alle acque

Nelle società collegate al Cvn molti congiunti di Mazzacurati, ma anche parenti di manager e di chi doveva controllare

Emergono nuovi intrecci tra gli ex vertici del Magistrato alle Acque e il Consorzio Venezia Nuova, passando attraverso Thetis, partecipata del Consorzio, definita in un’intercettazione “un baraccone spaventoso”. E dal rapporto della Gdf spunta un elenco di persone beneficiate dal Consorzio o assunte in aziende legate al Cvn e legate da vincoli di parentela all’ex presidente Mazzacurati, a manager e professionisti del Consorzio stesso. Del resto la Gdf parla, a proposito del Cvn, “di gestione quasi di famiglia dell’impresa da parte di Mazzacurati”

 

IL COMUNE   «Reverenti? Noi ci siamo sempre opposti»

Ieri prima riunione della Commissione comunale d’indagine su Mantovani e del Consorzio Venezia Nuova. Le reazioni all’accusa di reverenza

Le rivelazioni della segretaria della S.Martino

Da una normale verifica fiscale alla Cooperativa San Martino di Chioggia nel 2010 la chiave di volta dell’inchiesta della Finanza

LA FRASE – E Savioli disse: «Thetis è un baraccone spaventoso»

A LIBRO PAGA – Anche la figlia dell’ex capo dell’ufficio tecnico del Magistrato

 

Una parentopoli targata Consorzio Venezia Nuova

La relazione della Guardia di Finanza evidenzia una incredibile rete di legami familiari

La figlia dell’allora Magistrato alle acque assunta a Thetis, società controllata da Cvn

 

L’ANOMALIA – Chi doveva controllare il Mose finiva per essere debitore di molti favori a Mazzacurati

La Guardia di Finanza ha rilevato un’opacità di rapporti tra Magistrato alle Acque – che aveva una funzione di controllo – e il Consorzio Venezia Nuova concessionario unico per la realizzazione del Mose. Con un atteggiamento di sottomissione da parte dell’organo decentrato del Ministero dei Lavori pubblici rispetto alla cordata di imprenditori privati. Nel rapporto delle Fiamme Gialle si dice che «grazie alle ingenti somme a disposizione riconosciute dallo Stato a titolo di “oneri accessori” il Consorzio Venezia Nuova elargiva ingenti compensi in denaro o in altra natura a propri dirigenti e collaboratori nonchè a parenti e affini di questi ultimi, secondo una gestione quasi “familiare” dell’impresa ad opera di Mazzacurati». Dubbi anche sull’utilità di alcune consulenze. E qui viene citata la frase proferita da Pio Savioli in una conversazione con l’allora amministratore delegato di Thetis Antonio Paruzzolo: «una consulenza non si nega a nessuno». In effetti per il 2008 si evidenziano i saldi delle “consulenze tecniche” per circa un milione e mezzo di euro, oltre ad “altre consulenze e prestazioni professionali” che superano i 6 milioni e 600 mila euro.
L’attenzione delle Fiamme Gialle si accentra anche su Thetis, definita da Savioli in un’intercettazione “un baraccone spaventoso”. Thetis è società di ingegneria con oltre un centinaio di dipendenti presieduta da Giovanni Mazzacurati fino al 28 giugno scorso, sviluppatrice di progetti e applicazioni tecnologiche per l’ambiente e il territorio, nata a capitale pubblico come partecipata del Comune e della Regione. Nel tempo è diventata per la maggioranza delle azioni controllata dal Consorzio Venezia Nuova.
«Senza entrare nel merito delle attività eseguite – scrive la GdF – suscitano non poche perplessità i vincoli familiari che legano soggetti tutti collegati direttamente o indirettamente al Consorzio Venezia Nuova». E segue un elenco di persone, tra cui Daniele Rinaldo, marito dell’attuale amministratore delegato di Thetis Maria Teresa Brotto, ingegnere idraulico al cui studio si appoggia il Consorzio Venezia Nuova.
Viene citata anche Flavia Cuccioletta, laureata in ingegneria e assunta prima al Consorzio Venezia Nuova e poi a Thetis, dove è assistente alla direzione. È la figlia di Patrizio Cuccioletta, presidente del Magistrato alle Acque nel 2011, data a cui si riferisce l’informativa della Finanza.
Ci sono poi altri nomi che figurano nella lista, tutti legati da parentele più o meno strette tra dipendenti a diversi livelli all’interno del Consorzio Venezia Nuova e alle ditte collegate. E altri che non compaiono. Ma la trasmissione Report “I mercanti di Venezia” aveva fatto l’esempio di Eleonora Mayerle, figlia dell’ex capo dell’Ufficio tecnico del Magistrato alle Acque, assunta a Spazio Thetis dove fa l’assistente per la realizzazione di eventi culturali e mostre legate all’arte contemporanea.

Raffaella Vittadello
L’INTERROGATORIO DELLA DONNA CHIAVE

Da Chioggia all’Austria gli “ordini” sulle false fatture

Nicla Boscolo Bacheto: «Più volte feci presente le mie perplessità, mi fu detto di non impicciarmi». Un “buco” di 750mila euro interrompe il rapporto

«Le mie perplessità sono state più volte esposte ai responsabili Mario e Stefano Boscolo, i quali mi intimavano di procedere in quanto, a loro dire, era tutto regolare. Anzi in diverse occasioni mi hanno intimato di non impicciarmi in loro affari».
Dalle 14.30 alle 20.45 del 20 maggio del 2010. Tanto è durato l’interrogatorio di Nicla Boscolo “Bacheto”, segretaria della cooperativa amministrata da Mario e Stefano Boscolo “Bacheto”, consorziata Cvn, e finiti entrambi ai domiciliari Con lei nella caserma delle Fiamme Gialle in Corso del Popolo a Mestre c’è l’avvocato di fiducia, Giorgio Zecchin del foro di Padova. Suo malgrado è la chiave di volta dell’inchiesta con cui la Procura lagunare ha “affondato” Cvn e Mose nata da una normale verifica fiscale alla Cooperativa San Martino di Chioggia. E proprio la “chiavetta usb” che le hanno affidato i suoi datori di lavoro a mettere i finanzieri sulla strada dei fondi neri targati Cvn e creati nell’azienda clodiense attraverso due società cartiera, la Istra Impex di Villach e la Corina di Mestre: un giro vorticoso di fatture false con cui si è fatto lievitare anche del 200% il prezzo dei “sassi” per la realizzazione della bocca di porto di Chioggia, costata alla collettività qualcosa come 104 milioni di euro. Domande precise e circostanziate quelle a cui Nicla risponde, scritte in undici pagine di verbale. Sotto la lente di ingrandimento 22 milioni di euro, ovvero l’ammontare dei costi relativi ai rapporti intercorsi fra Istra e San Martino per la forniture di palancole, sassi da annegamento e noleggio della motonave battente bandiera del Belize Sunrise III. Forniture che prima erano in carico alla società croata Kamen Pazin e che dal 2004, anno della sua costituzione, passano alle ditta austriaca.
L’ipotesi di reato formulata nei suoi confronti dell’impiegata in qualità di amministratrice di fatto della Istra è di aver emesso dal 2004 al 2006 fatture relative ad operazioni inesistenti nei confronti della San Martino e di non aver presentato la dichiarazione dei redditi rispetto allo stesso periodo. Il “denaro fantasma” calcolato dalla Finanza toccherebbe gli oltre sei milioni: fra i destinatari finali Pio Savioli e Stefano Tomarelli, entrambi consiglieri di Cvn.
A insospettire gli investigatori il ritrovamento negli uffici della San Martino di moduli in bianco di fatture intestate alla Istra: e Nicla ammette che era lei a redigere le fatture della Istra su precise direttive dei due Boscolo, che fissavano anche il totale da riportare. E conferma che erano sempre loro ad aver fondato la Istra supportati da un altro dipendente della San Martino, Giancarlo Cadamuro. Il che significa che Istra nella realtà delle cose era gestita a Chioggia e la sua figura era di mero «passacarte»: erano i due Boscolo a fare da registi arrivando persino a stipulare un contratto di intermediazione (con Istra) otto mesi dopo la redazione del contratto di fornitura (con Kamen). Ma è solo una delle tante anomalie riscontrate. Come i conti esteri e la strana contabilità della Istra con bonifici San Martino-Istra con l’annotazione “per noi”: 150mila euro il 4/8/2004 e 200mila euro il 16/9/2004. «Le annotazioni ritengo si riferiscano a disponibilità finanziarie che i Boscolo portavano in Italia dall’Austria. Presumo che fossero contanti. I contanti venivano portati a casa di Mario e di Stefano, che avevano idonee cassaforti». È un “buco” di 750mila euro, a quanto si evince, a interrompere la collaborazione fra San Martino e Istra. Ammanco che viene imputato da un tale Massimiliano Mompiani, referente di Istra a Villach, a una impiegata della ditta austriaca. Versione che forse non convince i Boscolo.

 

GIRO VORTICOSO – Così il prezzo dei “sassi” veniva fatto lievitare anche del 200%

CONSIGLIO COMUNALE – Boraso (lista Impegno): «Il sindaco spieghi tutto oppure si dimetta»

«Riverenza? No, siamo l’unico oppositore»

Respinte le accuse di sudditanza del Comune al Cvn: «Da noi schiena dritta e scontri durissimi»

«Ma quale riverenza! Se c’è un ente che a livello istituzionale ha contrastato lo strapotere del Consorzio Venezia Nuova e il meccanismo della concessione unica, quello è stato il Comune di Venezia, nel silenzio assordante degli altri enti».
Beppe Caccia, consigliere comunale di “In Comune” e rappresentante storico degli oppositori del Consorzio, non ci sta a vedere Ca’ Farsetti passata come “riverente”, sia pure in un’informativa della Guardia di Finanza. Proprio ieri, intanto, si è svolta la prima riunione della Commissione consiliare d’indagine per far luce sul ruolo della Mantovani e del Consorzio Venezia Nuova sulla vita sociale ed economica della città. La prima audizione, da programmare entro l’inizio della pausa estiva dei lavori, vedrà ovviamente il sindaco come primo ospite. «La storia del Comune di Venezia – aggiunge Caccia – è la storia dell’unico livello istituzionale che non solo ha contrastato il progetto del Mose ma anche l’idea di esso come unica idea di salvaguardia di Venezia e della sua laguna. Due episodi su tutti: nel 2006 la decisione di andare avanti come se niente fosse fu presa dal Comitatone con l’unico voto contrario dell’allora sindaco Cacciari – puntualizza -. Il sindaco Orsoni, archiviata la vicenda Mose, è quello che negli ultimi anni ha prodotto il più duro scontro con il Consorzio e il Magistrato alle acque mai fatto in città legato alla proprietà dell’arsenale».
Proprio Cacciari ieri ha ricordato: «La concessione unica è l’humus da cui può nascere qualsiasi comportamento non corretto e la responsabilità è tutta politica. Io lo denuncio dal 1990».
Lo stesso sostiene il capogruppo del Pd, Claudio Borghello: «Che il Consorzio fosse un interlocutore obbligato in città è assodato, ma il Comune ha sempre avuto la schiena dritta e la vicenda Arsenale la dice lunga. È vero invece che abbiamo intrattenuto dei rapporti, tanto che c’è una commissione d’inchiesta, che dubito porterà alla scoperta di qualcosa di illecito».
In Consiglio Comunale, sulla scorta delle affermazioni della Finanza su presunti contributi elettorali al sindaco Orsoni, il consigliere Renato Boraso (lista Impegno) ha chiesto spiegazioni al più presto oppure dimissioni: «Poche righe di comunicato non ci bastano».

Michele Fullin

 

I FONDI AGLI ENTI RELIGIOSI – Il giallo di 300mila euro alle Clarisse «Non abbiamo mai visto quei soldi»

L’informativa delle Fiamme Gialle parla anche di contributi ad enti e opere religiose “pur nella consapevolezza – annotano gli stessi finanzieri della polizia giudiziaria – del fine benefico delle elargizioni”. In particolare spiccano tra queste elargizioni gli 850mila euro erogati alla Fondazione Marcianum – soprattutto in riferimento agli anni in cui è stato Patriarca Angelo Scola – e i 300mila euro al convento delle Clarisse.
Queste ultime, però, appresa questa notizia dai giornali, hanno puntualizzato di non aver mai visto direttamente quei soldi. Cosa peraltro possibile, dal momento che nell’informativa delle Fiamme Gialle l’informazione è molto stringata e potrebbe essere stata riportata da qualche taccuino o registro senza che questi indicassero tutti i passaggi necessari. Appare improbabile, infatti, che un contributo così importante potesse essere elargito materialmente e direttamente ad un convento dedito esclusivamente alla preghiera e senza strutture amministrative.

LAGUNA E AFFARI – Dibattito al parco San Giuliano con Casson, Bettin e Cacciari

Gli intrighi giudiziari del Consorzio Venezia Nuova finiscono anche al Venice Sherwood Festival. Questa sera alle 20.30 in uno degli spazi occupati dalla kermesse di musica e spettacolo in corso al parco San Giuliano verrà ospitato un dibattito con ospiti illustri e il tema di discussione sarà proprio quello legato a tutto ciò che sta accadendo al concessionario unico per la realizzazione dei lavori del Mose.
«Liberare la laguna di Venezia dalla palude degli affari», questo il titolo scelto per il dibattito che avrà come ospiti illustri l’ex sindaco Massimo Cacciari che non sarà presente fisicamente ma del quale verrà trasmessa una video intervista esclusiva. Poi l’assessore all’ambiente Gianfranco Bettin, il senatore del Pd Felice Casson e il deputato di Sel Giulio Marcon. A moderare il dibattito il consigliere comunale di «In Comune» Beppe Caccia. Attesa la partecipazione di molti esponenti dei vari comitati ambientalisti veneziani. «Come riformare la Legislazione speciale per Venezia con l’obbiettivo di superare il regime delle «concessioni uniche» e restituire dignità e democrazia, sovranità e risorse alla comunità locale?» Questa una delle domande a cui cercheranno di dare risposta gli ospiti del dibattito. (r.ros.)

 

IL RITRATTO – Nelle 740 pagine di relazione, Giovanni Mazzacurati viene descritto da amici e imprenditori come «monarca assoluto» della laguna. Il pm lo definisce il «grande burattinaio».

LA REPLICA  –   Il sindaco Giorgio Orsoni risponde che «non esiste alcun illecito finanziamento», e che si tratta di «notizie denigratorie e prive di qualunque supporto».

IL DOSSIER –  Il rapporto della Guardia di Finanza parla di «scarsi controlli sul Consorzio Venezia Nuova»: del tutto assenti le verifiche interne, perchè non era previsto il collegio dei sindaci.

I RAPPORTI – La Gdf definisce «opachi» i rapporti tra Cvn e Magistrato alle Acque. Quanto al Comune di Venezia sarebbe «riverente» verso il Cvn per le elargizioni ricevute.

La relazione della Finanza parla di rapporti poco chiari con Ministero, Magistrato alle Acque e Comune

GLI APPALTI a Venezia

LE INTERCETTAZIONI – Alcuni imprenditori: «Il ” vecchio” pensa d’essere onnipotente»

ATTO D’ACCUSA – Il Pm indica il ruolo di Grande Burattinaio dell’ingegnere del Cvn

Un imprenditore: «Per le prossime cinque generazioni Savioli è sistemato»

Le “strane” richieste del dirigente del Ministero. Tra i collaudatori anche Balducci e Fortunato

«Spartizione per garantire un monopolio di imprese»

L’INCHIESTA – Mazzacurati definito “monarca assoluto”. La replica di Orsoni: mai finanziamenti illeciti, altri si preoccupino

Re, Monarca assoluto, Imperatore, Doge. Così viene definito da collaboratori, amici, imprenditori Giovanni Mazzacurati, il presidente del Consorzio Venezia Nuova, dimessosi dall’incarico, per motivi di salute, all’età di 82 anni pochi giorni prima dell’esecuzione della misura cautelare con la quale il gip Alberto Scaramuzza gli ha imposto gli arresti domiciliari in relazione ad un presunto appalto “pilotato” per lavori portuali. Al telefono, intercettati tra il 2010 e il 2011 dalle microspie della Finanza, tutti riconoscono il suo ruolo di Comandante Supremo. Chi con deferenza, come il consigliere del Consorzio, il trevigiano Pio Savioli: «Tu comandi, sai che io obbedisco». Chi polemico: «Il vecchio pensa di essere onnipotente… il peggio è che gli altri sotto di lui credono di essere coperti da lui per cui possono fare tutto… è come se uno è Gesù Cristo tanto c’è Dio sopra di me che mi protegge…», sbotta Franco Morbiolo, il responsabile del Coveco che decise di sfidare Mazzacurati violando gli accordi e presentando un’offerta per l’appalto “riservato” ad alcune piccole imprese.
BURATTINAIO – Per il pm Paola Tonini, l’ex presidente del Venezia Nuova, è più semplicemente il «grande burattinaio». Così lo definisce nella richiesta con la quale, lo scorso 17 giugno, ha sollecitato la misura cautelare per turbativa d’asta e per le false fatture milionarie emesse ed utilizzate dalla cooperativa San Martino di Chioggia. La Procura voleva il carcere per i principali indagati: per Savioli e per l’altro trevigiano, Federico Sutto, uomo di fiducia di Mazzacurati; per gli imprenditori chioggiotti Roberto Boscolo Anzoletti, Mario e Stefano Boscolo Bacheto (tutti ai domiciliari) nonché per l’ex presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, per il quale il gip ha rigettato la richiesta facendo riferimento alla collaborazione avviata dall’ingegnere nell’inchiesta parallela del pm Stefano Ancilotto. Per Mazzacurati lo stesso pm Tonini ha sollecitato i domiciliari, ma solo in considerazione dell’età avanzata.
POTERE UNIVERSALE – Sul suo ruolo e responsabilità il rappresentante dell’accusa ha pochi dubbi: l’allora presidente del Consorzio avrebbe “pilotato” l’appalto per accontentare alcune piccole imprese escluse dai lavori e Savioli avrebbe «ottemperato agli ordini senza sindacarne la natura lecita o illecita», nell’ambito di una consolidato rapporto di sinergia che Morbiolo così riassume discutendo con un altro imprenditore: «È nato da quando c’è Tangentopoli perché Savioli si è coperto il c… così si spiega tutto…»
«Gravissima è la condotta posta in essere da Mazzacurati», scrive il pm Tonini evidenziando come oltre a «gestire un potere “universale” all’interno di uno “Stato” (il Consorzio Venezia Nuova, ndr) organizzato in gruppi clientelari secondo la “norma” del “profitto personale” e della sopraffazione dei gruppi economici minori… si ritiene legittimato, probabilmente anche a seguito di contaminazioni corruttive all’interno dell’organo amministrativo, a predeterminare la spartizione anche delle gare bandite dall’autorità portuale allo scopo di garantire il monopolio di alcune imprese sul territorio veneto, di “tacitare” i gruppi economici minori con il “danaro pubblico” proveniente da altre pubbliche amministrazioni e quindi di conservare a favore della Imprese “maggiori” il fiume di danaro pubblico destinato al Consorzio Venezia Nuova».
RITORSIONE – Il potere esercitato da Mazzacurati sarebbe confermato anche da un’eloquente intercettazione: a seguito delle critiche mosse sulla stampa al Consorzio da parte dell’assessore provinciale Massimo Malaspina (il quale denunciò l’esistenza di un monopolio a scapito delle piccole imprese, in particolare di alcune aziende di Chioggia, estromesse dai lavori), Mazzacurati, parlando con l’addetta stampa Flavia Faccioli dispone: «Bisogna fare in modo che quelli che si sono associati con lui non pigliono neanche un lavoro neanche morti… che non sembri che noi…proprio una ritorsione… una mancanza di considerazione…»
ASSETATO DI DENARO – Il pm Tonini è particolarmente dura anche nei confronti di Savioli: «È assetato di denaro e per circostanze e modalità in corso di accertamento, ne chiede a numerosi imprenditori…». Sete di denaro che sarebbe risaputa nell’ambiente, come emerge da una frase pronunciata da un altro imprenditore che sul consigliere del Consorzio dice al suo interlocutore: «le prossime 5 generazioni, ha la famiglia sistemata…».
Per finire Sutto, di cui oggi è previsto l’interrogatorio davanti al pm Tonini: «Esegue incondizionatamente gli ordini di Mazzacurati, senza discuterli…» scrive il magistrato.

 

IL RAPPORTO DELLA FINANZA  «Scarsi controlli sul Consorzio». E a Venezia «Comune riverente»

Assenti le verifiche interne. «Opaco» il rapporto con il Magistrato alle Acque. E Ca’ Farsetti “condizionata” dalle «diverse elargizioni concesse dal Cvn»

VENEZIA – (gla) Le indagini hanno evidenziato una «forte carenza di controlli» sull’operato del Consorzio Venezia Nuova. Lo scrivono i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Venezia nelle 740 pagine di cui è composta la relazione conclusiva dell’inchiesta scaturita, due settimane fa, con l’arresto di Giovanni Mazzacurati e altre persone per turbativa d’asta.
CONTROLLO INTERNO – La Finanza rileva che è la stessa forma giuridica del CVN che non prevede «il controllo interno assunto dalla generalità delle società di capitali, qual è il collegio dei sindaci». Ma non solo: il Consiglio direttivo del Consorzio, secondo le Fiamme Gialle, è poco propenso a controllare determinati aspetti, affidati alla discrezionalità del presidente. «È proprio la figura del Mazzacurati che predomina incontrastata sul CVN», si legge nella relazione che fa riferimento alla circostanza che l’allora presidente si sarebbe fatto «rimborsare dall’Ente rimborsi spese non spettanti (alcuni addirittura per personali contributi previdenziali ed assistenziali) nonché bonus per diversi milioni di euro».
MAGISTRATO ALLE ACQUE – Il rapporto «appare più opaco ancora», scrivono i finanzieri. «L’Ente ministeriale appare da un lato approfittare della potenza economica del Consorzio che dovrebbe controllare, dall’altro appare ad esso succube».
Eloquente di questi rapporti di sottomissione è una lettera, citata dalle Fiamme Gialle, che fu inviata a Mazzacurati nel 2005 da un dirigente del Ministero dei trasporti, Amedeo Liverani, nominato collaudatore di alcuni stralci del Mose (i collaudatori sono scelti dal Magistrato alle acque, ma pagati dal Consorzio). Nella missiva il collaudatore, che dovrebbe controllare la buona esecuzione e il funzionamento dell’opera, ringrazia il presidente del Venezia Nuova «per il Suo autorevole interessamento e per la discrezione con cui ha accompagnato ogni suo passo istituzionale» e lo assicura che lo «terrà informato di ogni novità significativa che dovesse emergere», augurandosi che «i nostri sforzi congiunti siano premiati e che, alla fine di un percorso tanto accidentato, si possano raccogliere i migliori frutti. La lettera del dirigente pubblico, dal tono quasi sottomesso, si conclude con una richiesta di interessamento di Mazzacurati alla sua personale posizione: «Mi consenta, infine, di ricordarLe, con l’occasione, la mia necessità di un buon collaudo (in neretto nella missiva, ndr) con Enti pubblici (Anas, Regione, Ferrovie, Società Concessionarie ecc.) dal momento che questo filone tende ad inaridirsi».
Tra i collaudatori del Mose figurano personaggi di rilevanza nazionale: Lorenzo Quinzi e Vincenzo Fortunato, oggi rispettivamente capo ed ex di gabinetto del Ministero dell’Economia, nonché l’ex presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Angelo Balducci, coinvolto in altre inchieste.
IL COMUNE – Un breve passaggio la relazione della Finanza lo dedica anche a Ca’ Farsetti, definito «Ente riverente con il CNV in quanto beneficiario di diverse elargizioni concesse dal CNV, prima fra tutte il finanziamento al suo attuale amministratore, Orsoni Giorgio». Nel capitolo sulla carenza di controlli viene citata, infine, «la Regione Veneto, nonché il portavoce dell’ex Governatore, Miracco Franco» che, secondo gli investigatori, avrebbe ricevuto contributi dal Consorzio (di cui è stato capo ufficio stampa fino al 2001).
Non risulta che, in relazione alle circostanze evidenziate nel filone dei mancati controlli, siano state formulate imputazioni.

 

Cvn: contributi elettorali? In tutto 58mila euro. Ecco chi li ha presi

(m.f.) Nessun contributo elettorale nel 2010 è stato elargito dal Consorzio Venezia Nuova. È proprio il concessionario unico dei lavori per la salvaguardia della laguna a puntualizzare la questione, fornendo anche l’elenco dei finanziamenti regolarmente effettuati tra il 2000 e il 2013. In realtà, però, l’elenco si ferma al 2008, ultima data in cui il Consorzio in quanto tale ha deliberato un’uscita da fondi nel proprio bilancio per sostenere una campagna elettorale.
«Da verifiche interne – fanno sapere dalla direzione del Consorzio – sono stati versati secondo la normativa vigente in materia contributi per complessivi 58mila 98euro e 74 centesimi».
Ecco i beneficiari: 14 novembre 2000, Comitato elettorale Democratici di sinistra (3mila 98 euro, 74), 10 dicembre 2004, Comitato elettorale Forza Italia (10mila euro); 16 marzo 2006, Comitato elettorale Altero Matteoli (20mila euro), 29 marzo 2006, Comitato elettorale Vincenzo Minici (20mila euro), 8 febbraio 2008, Comitato elettorale Radicali Italiani (5mila).

 

LE REAZIONI – Il sindaco di Venezia: tutto documentato, altri devono preoccuparsi. Zaia: «Il Consorzio dica chi ha ricevuto i soldi e chi no»

Orsoni: «Nessun finanziamento illecito»

VENEZIA – «Non esiste alcun illecito finanziamento, su questa vicenda c’è qualcuno che vuole seminare fumo». Non poteva che essere secca la replica del sindaco Giorgio Orsoni in merito agli sviluppi dell’inchiesta sul Consorzio Venezia Nuova. Ieri il Gazzettino aveva riportato una frase contenuta nel rapporto della Gdf consegnato ai magistrati in cui si leggeva che Mazzacurati era stato «il promotore dell’illecito finanziamento al politico Orsoni a lui legato da vecchia amicizia».
«Sono notizie denigratorie e prive di qualunque supporto – attacca Orsoni – c’è una campagna denigratoria casualmente concomitante con la mia esposizione su questioni di rilievo per la città. E’ evidente che io non posso essere ritenuto responsabile della eventuale illecita provenienza delle somme a sostegno della campagna elettorale che è costata 287 mila euro. La somma è stata regolarmente contabilizzata dal mio mandatario che ha rendicontato quanto donato attraverso un conto corrente appositamente acceso sul quale sono transitate tutte le donazioni ed i pagamenti fatti a sostegno della campagna elettorale per dar prova della trasparenza delle operazioni. Non ho ricevuto altre somme diverse da quelle transitate in conto. Sicchè, non esistono finanziamenti illeciti, né illecite utilizzazioni delle somme donate».
Ieri era intervenuto anche il presidente della Regione, Luca Zaia. «Piuttosto che vedere uscire un nome al giorno è meglio che il Consorzio faccia una lista di chi ha avuto soldi attraverso la delibera del Cda. Invito il presidente Fabris a guardare tutte le scartoffie. Non sarebbe male fare anche una lista di chi non ha ricevuto un euro. In questo elenco figurerei anch’io visto che la mia campagna elettorale è stata autofinanziata: voglio poter girare a testa alta».

Gianpaolo Bonzio

 

LA NUOVA BUFERA

L’INCHIESTA – La relazione della Gdf: Ca’ Farsetti «riverente col Consorzio perchè beneficiaria di diverse elargizioni»

LA DIFESA – Non vuole sentir parlare di irregolarità sulla sua campagna elettorale per la corsa a Ca’Farsetti. E così ieri il sindaco Giorgio Orsoni ha ribattuto alle accuse che emergono dall’inchiesta della Guardia di finanza sul Consorzio Venezia Nuova. «È tutto documentato, non c’è nessun finanziamento illecito» ha attaccato Giorgio Orsoni.

L’INDAGINE – Nella relazione delle Fiamme Gialle c’è però un altro passaggio dedicato proprio al Comune di Venezia definito «un ente riverente con il Consorzio Venezia Nuova in quanto beneficiario di diverse elargizioni concesse dallo stesso Consorzio, prima fra tutte il finanziamento al suo attuale amministratore, Giorgio Orsoni».

L’IRA DEL SINDACO «Finanziamenti tutti documentati, nulla di illecito. Mi hanno messo nel mirino, ma altri si devono preoccupare»

Mose, ombre sul Comune

J’ACCUSE   «Mi sono esposto su questioni di rilievo, questo è il risultato»

 

E spunta Miracco: anche a lui contributi

C’è anche la Regione Veneto e il nome di Franco Miracco, portavoce dell’allora Governatore, Giancarlo Galan, nel capitolo che la Guardia di Finanza dedica alla carenza di controlli sull’attività del Consorzio Venezia Nuova. Un passaggio sintetico, senza alcuna contestazione specifica.
A Miracco, attualmente assessore della Cultura a Trieste, le Fiamme Gialle dedicano poi un’altra citazione: nella parte in cui vengono elencate le ingenti somme di denaro elargite dal Consorzio Venezia Nuova a dirigenti e collaboratori, si fa riferimento a non meglio precisati compensi a lui riconosciuti.
Miracco in passato ha ricoperto l’incarico di responsabile dell’Ufficio stampa del Venezia Nuova fino al 2001, anno in cui passò in Regione. L’indagine della Finanza si concentra sull’attività del Consorzio dal 2005-2006 in poi: sarà interessante capire a quale titolo venivano erogati quei presunti contributi a Miracco.

Orsoni: «Fondi illeciti? Falso»

La Gdf: «Comune riverente»

Il sindaco contrattacca: «Tutto documentato, altri si devono preoccupare». Ma la Finanza parla di Ca’ Farsetti come ente “succube” al Cvn in quanto «destinatario di diverse elargizioni»

La Gdf: Mazzacurati avrebbe promosso finanziamenti irregolari per il primo cittadino

PER LA CAMPAGNA – Avrebbe ricevuto finanziamenti illeciti

Non vuole assolutamente sentir parlare di irregolarità sulla sua campagna elettorale per la corsa a Ca’Farsetti. E così ieri, ancora una volta, il sindaco Giorgio Orsoni ha ribattuto alle accuse che emergono dall’inchiesta della Guardia di finanza sul Consorzio Venezia Nuova.
Il rapporto stilato dalla Finanza, è bene precisarlo, non fa mai riferimento a mazzette ma a sospetti finanziamenti illeciti erogati per la campagna elettorale del sindaco. Gli uomini della Gdf, come ha scritto ieri il Gazzettino, riferendosi al Consorzio, avevano parlato di una sorta di associazione per delinquere in laguna che avrebbe avuto come fulcro proprio l’ex presidente Giovanni Mazzacurati oltre ad altri amministratori di società. E Mazzacurati in un passaggio della relazione della GdF viene definito «promotore dell’illecito finanziamento a Giorgio Orsoni, a lui legato da amicizia di vecchia data».
Il sindaco di Venezia, come è nel suo stile, ha risposto punto su punto alle accuse. In mattinata, incalzato dai cronisti, si è detto quasi sereno, ed è decisamente passato al contrattacco. «Non sono io a dovermi preoccupare – ha spiegato – ma altri: quelli che vogliono mantenere nascoste le cose. Perchè mi sembra che, in questa vicenda, ci sia qualcuno che vuole seminare del fumo». Nel pomeriggio poi il sindaco, probabilmente per evitare altre polemiche ed eventuali malintesi, è stato ancora più netto, elencando con precisione somme e modalità tecniche della sua campagna elettorale. «È tutto documentato, non c’è nessun finanziamento illecito, alcune argomentazioni diffuse in questi giorni sono prive di qualunque supporto – ha attaccato Orsoni – Le notizie diffuse sulla stampa sono sostanzialmente tendenziose e prive di qualunque supporto». Poi uno spunto polemico. «Esiste evidentemente – prosegue il sindaco – una campagna denigratoria casualmente concomitante con la mia esposizione su questioni di rilievo per la città. Si parla di “illeciti finanziamenti”. E’ evidente che io non posso essere ritenuto responsabile della eventuale illecita provenienza delle somme a sostegno della campagna elettorale. La campagna è costata 287 mila euro, come è stato reso pubblico e già ho avuto modo di dichiarare. Tale somma è stata regolarmente contabilizzata dal mio mandatario. Egli ha rendicontato quanto donato attraverso un conto corrente appositamente acceso sul quale sono transitate tutte le donazioni ed i pagamenti fatti a sostegno della campagna elettorale per dar prova della trasparenza delle operazioni. Non ho ricevuto altre somme diverse da quelle transitate in conto – conclude Giorgio Orsoni – sicchè non esistono finanziamenti illeciti, né illecite utilizzazioni delle somme donate». Va ricordato che il procuratore Luigi Delpino ha specificato che il sindaco non risulta indagato.
Ma dalla carte emerge intanto un’altra significativa novità. Nella relazione delle Fiamme Gialle c’è anche un passaggio dedicato proprio al Comune di Venezia definito «un ente riverente con il Consorzio Venezia Nuova in quanto beneficiario di diverse elargizioni concesse dallo stesso Consorzio, prima fa tutte il finanziamento al suo attuale amministratore, Giorgio Orsoni». Un elemento, questo, che non mancherà di suscitare nuove polemiche.

 


VERIFICHE – I lavori alle ditte legate al Cvn sempre pagati profumatamente

Marchese sapeva dell’appalto pilotato

Morbiolo, intercettato, spiega l’operazione al consigliere regionale ed ex segretario organizzativo del Pd

Sapeva tutto sull’appalto “pilotato” e avrebbe ricevuto finanziamenti illeciti erogati al mandatario elettorale. La Guardia di Finanza ne è certa. A inchiodare Giampietro Marchese alle proprie responsabilità, sicuramente morali, sono le intercettazioni ambientali trascritte dai militari delle Fiamme Gialle, integranti l’informativa redatta sullo “scandalo Cvn”.
È la tarda mattinata dell’otto giugno del 2011 quando Marchese, presidente di Ames, ex segretario organizzativo del Pd e consigliere regionale (era stato bocciato nel 2010 alle elezioni ma è rientrato recentemente al Ferro Fini come primo dei non eletti) entra nell’ufficio di Franco Morbiolo, presidente di Coveco, situato a Marghera: non immaginano né possono immaginarlo che ad ascoltare e trascrivere quello che si dicono c’è un finanziere autorizzato dal pm Paola Tonini. Èil giorno dell’apertura delle buste della gara articolata in tre stralci concernente il primo lotto di lavori del bando indetto dall’Autorità portuale dell’importo complessivo di circa 12 milioni e mezzo di milioni di euro. Quello che Giovanni Mazzacurati, all’epoca presidente del Consorzio Venezia Nuova, ha deciso di far vincere alle ditte minori che si erano lamentate perché a loro toccava solo le briciole del faraonico business rappresentato dal Mose. Un ordine di scuderia, come si è visto, al quale Morbiato disubbidisce decidendo di presentare quattro minuti prima della scadenza dei termini un’offerta per il secondo stralcio, scatenando le ire del “capo supremo” ovvero Mazzacurati. Quasi a giustificarsi Morbiolo spiega a Marchese che “queste gare in media andavano via con il 50% di ribasso e partecipavano tutti”, mentre stavolta “Mazzacurati ha fatto fare un’unica cordata formata da tutti i piccoli imprenditori per accontentarli e non rompersi i coglioni e ha tenuto fuori gli altri compreso Baita”. E continua sottolineando “che ha ritenuto la cosa pericolosa e ha partecipato a una delle tre gare, considerando che a lui mai nessuno ha detto di non partecipare e che quelli del Cvn hanno parlato solo con Pio (ndr Savioli) che non rappresenta il Coveco”. Marchese ascolta. E concorda sul fatto che “Mazzacurati pensa di essere onnipotente e pensa di fare tutto”.

Monica Andolfatto

 

L’INCHIESTA – Un faro della Finanza anche sui lavori effettuati all’Arsenale.

In un’intercettazione Nicola Falconi, della Sitmar Sub, dice a Savioli  «Ci siamo umiliati…Sono uscito pulito come un pollo spennato»

Anche i lavori effettuati all’Arsenale di Venezia sono finiti sotto inchiesta, oggetto degli accertamenti della Guardia di Finanza. Nella relazione conclusiva relativa alle indagini sul presunto appalto “pilotato” al Porto, le Fiamme Gialle dedicano un capitolo ai prezzi eccessivamente onerosi che sarebbero stati praticati dalle imprese che effettuano lavori per conto del Consorzio Venezia Nuova per «importo decisamente superiore a quello ritenuto congruo dal Magistrato alle acque di Venezia».
A portare gli investigatori su questa pista è stato un colloquio intercettato tra il titolare della Sitmar Sub, Nicola Falconi (attuale presidente dell’Ente gondola) e il consigliere del Venezia Nuova, Pio Savioli, avvenuto nel dicembre del 2010, prima dell’apertura delle buste per una gara poi vinta dalla Sitmar. «Ci siamo.. giustamente fatto volentieri umiliati come se fossimo una ditta calabrese che veniva a cercare lavoro… – spiega Falconi – Sono dovuto andare lì me li sono dovuti subire e chiedere e questo.. voglio questo… voglio quell’altro cioè nel senso sono uscito pulito come sai un pollo spennato…»
A cosa fa riferimento l’imprenditore? L’intercettazione (così come l’intero capitolo) è piena di omissis, in quanto evidentemente le Fiamme Gialle hanno preferito “nascondere” gli elementi da approfondire. Più chiaro il riferimento ai prezzi: «Io lavoro a 0,31 (euro a metro quadro)…. sai a quanto lavorano loro?… le imprese extra Consorzio eh? A un euro e cinquanta il metro quadro!»
Savioli non pare sorpreso: «Capito, ma che novità. Lo so io… sennò non sarebbero scheletri, Nicola… Nelle pieghe del Consorzio si imparano sempre cose nuove… Tu hai fatto il liceo classico o sbaglio? ecco allora dovresti ricordarti la fine dell’impero Romano… le solite robe tutte le pieghe la gente di infila…»
La Guardia di Finanza conclude: «qualora i fatti fossero effettivamente accertati ne conseguirebbero responsabilità penalmente rilevanti attesa la natura “pubblica” dei fondi utilizzati per effettuare tali lavori». E le perquisizioni effettuate contestualmente agli arresti, due settimane fa, sono finalizzate a raccogliere materiale utile alle indagini.

 
MOVIMENTO CINQUE STELLE

«Non bastano le risposte del sindaco, il Comune diventi una casa di vetro»

(m.f.) Ca’ Farsetti sia una casa di vetro. A chiederlo è il Movimento Cinquestelle, i cui attivisti vedono la trasparenza come l’unico mezzo in grado di fugare i dubbi sorti leggendo in questi giorni le cronache dell’inchiesta sui presunti appalti truccati.
«Pur non essendo prevista da alcuna disposizione legislativa – dicono i “Grillini” – si chiede al sindaco e alla sua maggioranza di pubblicare, come buona prassi anche per il futuro, l’elenco di tutti i finanziatori privati della passata campagna elettorale. Ciò al fine di dissipare qualsivoglia dubbio circa la correttezza dell’operato dell’amministrazione».
La nota del sindaco in cui smentisce ogni illazione non è considerata sufficiente.
«Non può certo ritenersi sufficiente – proseguono – la semplice dichiarazione del sindaco di essersi “posto spesso in maniera conflittuale” con lo stesso concessionario unico del Mose visto che in Giunta fino a qualche mese fa vi era pure Antonio Paruzzolo, assessore tecnico alle Partecipate in quota Orsoni, già amministratore delegato di Thetis Spa nella cui compagine societaria spiccano: il Consorzio medesimo (51,1%), la Ing. Mazzacurati (5%), la Mantovani Spa (8,3%), la Coveco (5%), la Adria Infrastrutture Spa (6%). Potrebbe sorgere così il dubbio che la sua nomina rispondesse anche a criteri di conservazione e difesa del sistema di potere messo a nudo ora dalle indagini della magistratura».
In definitiva, la richiesta è di lasciar decidere ai cittadini se i finanziamenti a sostegno dell’attuale amministrazione, in campagna elettorale, sono da ritenersi o meno opportuni.
«Non va dimenticato – puntualizzano dal M5S – tra le altre cose, che una parte dell’attuale coalizione di centrosinistra (la lista In Comune, ndr) si è spesa in più occasioni, contro il Mose e il concessionario unico. Occorre infine ricordare per quanto riguarda le società private, i contributi devono essere deliberati dall’organo sociale competente ed iscritti regolarmente a bilancio. Attendiamo di conoscere anche questi dati».

 

MOGNATO  «I finanziamenti dei privati sono previsti dalla normativa»

Parola d’ordine: fiducia a Orsoni

ZACCARIOTTO   «È necessario attendere la fine dell’inchiesta»

LE REAZIONI – Cautela dalle segreterie

Danesin (Pdl): «Non mi piacciono le dietrologie»

Scibelli (Udc): «Prudenza»

Sono improntati alla massima prudenza i commenti di buona parte dei segretari politici della maggioranza e dell’opposizione in Consiglio comunale. Nei verbali della Guardia di finanza, gli scarni riferimenti ai finanziamenti elettorali da parte di alcune aziende partecipanti al Consorzio Venezia Nuova alla campagna elettorale del sindaco Giorgio Orsoni non offrono l’occasione di una discussione a largo spettro. C’è però quella frase che per tutti va verificata quanto prima dalla magistratura per evitare di fare processi prima del tempo: “promotore (riferito a Giovanni Mazzacurati, ndr) dell’illecito finanziamento al politico Giorgio Orsoni, a lui legato da amicizia di vecchia data”. Che significa illecito? Il sindaco ha detto che è tutto alla luce del sole e i segretari politici ritengono sia giusto attendere.
«Per me conta solo una cosa – commenta il coordinatore del Pdl, Alessandro Danesin – se i contributi sono stati tutti regolari e registrati con pagamenti tracciabili non c’è problema. Al contrario, se si sono fatte cose non regolari è male ed è giusto che la giustizia agisca. Il resto è opinabile e le dietrologie non mi piacciono. Però, mettiamoci in testa una cosa: o c’è il finanziamento pubblico ai partiti o c’è il finanziamento privato. Di qui non si scappa».
Incredulo e nello stesso tempo fiducioso sul lieto fine della vicenda è il segretario provinciale del Pd, Michele Mognato. «Mi auguro – commenta da Roma – che si arrivi al più presto alla chiarezza sull’intera vicenda. I finanziamenti elettorali da privati sono previsti dalla legge e sono registrati. Avviene dappertutto e non c’è nulla di male se questi sono alla luce del sole, come nel caso del sindaco».
Michele Scibelli, segretario dell’Udc, invita alla prudenza. «La Guardia di Finanza – spiega per metafore – fa una fotografia, quello che vede lo riferisce alle autorità, ma non è che quello che vede sia automaticamente un atto d’accusa. Assoluta prudenza, quindi, nel trattare un argomento del genere. Se fossi a conoscenza di irregolarità sarei il primo a denunciare. Piena fiducia nel sindaco – conclude – e anche nelle istituzioni affinché proseguano i controlli e un invito a non strumentalizzare questa vicenda».
Luigi Giordani, segretario provinciale del Psi, è solidale col sindaco: «Sono certo che non ha ricevuto nessun contributo fuori norma. Non ritengo tuttavia che sia in atto una campagna denigratoria nei suoi confronti. Tutto questo fa parte di un accertamento generale da parte della finanza».
Per concludere, non è diverso dagli altri il punto di vista della presidente della Provincia Francesca Zaccariotto.
«È presto per fare qualsiasi commento su questa indagine – dice Zaccariotto, che è un esponente di spicco della Lega sul territorio veneziano – Preferisco attendere che la magistratura finisca il suo lavoro».

 

GOTTARDELLO «Quanto regole complicate favoriscono un sistema simile?»

REAZIONI CONTRASTANTI DAL MONDO DEL LAVORO

«Tritacarne mediatico»   «No, il sistema è marcio»

Bortolussi (Cgia): «C’erano imprese invitate a rinunciare all’appalto e poi sotto elezioni solo alcuni ricevevano i soldi per fare la campagna»

Pochi si sbilanciano nelle reazioni ai nuovi sviluppi dell’inchiesta della Guardia di Finanza sul Consorzio Venezia Nuova. Qualcuno, però, va oltre e arriva a dire che «era ora, ben venga un po’ di pulizia» come sostiene lo storico segretario degli artigiani di Mestre, Cgia, Giuseppe Bortolussi: «Dire abbiamo dato soldi ai politici vuol dire e non vuol dire, anche a me come cittadino piacerebbe sapere chi sono, altrimenti si rischia di fare di tutta l’erba un fascio. Detto questo, però, se invece c’è chi li ha presi questi soldi allora è giusto che paghi il conto, e se è ancora in politica che paghi pure quello politico. C’è qualcuno che ha mandato giù bocconi amari in questi anni perché in campagna elettorale vedeva che altri avevano i soldi per i manifesti e lui no, o penso anche a quelle ditte che speravano in un appalto e alle quali dicevano è meglio che rinunci. E non è solo una questione di invidia ma di civiltà, anche perché alla fine è la collettività che ci rimette dato che i lavori invece di costar 100 costavano 300».
C’è chi cade sarcasticamente dalle nuvole, come il presidente di Ascom-Confcommercio di Mestre, Vittorio “Doriano” Calzavara: «Io sarò stato più ingenuo di tutti ma mi pare impossibile. Ho sempre considerato Mazzacurati una gran brava persona. Non avevo la più pallida idea che potesse funzionare un sistema come quello descritto sui giornali. Devo dire, alla veneziana, che mi sento un po’ mona».
Decisamente più istituzionale il nuovo presidente di Confindustria Venezia, Matteo Zoppas, che parla a nome dell’Associazione: «Abbiamo letto sui giornali della vicenda riguardante l’indagine condotta dalla Guardia di Finanza, ma non ritengo opportuno entrare nel merito per rispetto del lavoro degli inquirenti e certi che la Magistratura farà chiarezza sulla questione».
Sulla stessa linea, anche se un po’ più loquace, il commento del presidente della Camera di Commercio di Venezia, Giuseppe Fedalto: «In merito al presunto “Sistema Venezia” e al fatto che tutti avrebbero ricevuto soldi dal Consorzio Venezia Nuova non ho nessun commento da rilasciare, la questione è di competenza della Magistratura. Una cosa è certa: la Camera di Commercio di Venezia non ha ricevuto nulla da nessuno».
Altri, invece, si spingono in teorie sulle cause del cosiddetto sistema Venezia: «È una riflessione delicata perché non vorrei che sembrasse una giustificazione, ma mi chiedo quanto un sistema di regole molto complicato, che rende la vita impossibile per ogni autorizzazione e che può paralizzare qualsiasi onesta iniziativa, possa favorire fenomeni come quelli sui quali stanno indagando – commenta Lino Gottardello, segretario della Cisl veneziana -. Detto questo mi pare che siamo ancora sull’onda delle interpretazioni: i candidati quando si presentano alle elezioni chiedono soldi, e nel limite del fatto che siano trasparenti e dichiarati, siamo nella normalità. Prima di esprimere giudizi, quindi, vorrei attendere nuovi elementi».
Il più garantista è Ernesto Pancin, segretario e direttore dell’Aepe, l’Associazione esercenti pubblici esercizi: «È difficile commentare notizie di questo genere, anche perché a volte parliamo di voci e fino a prova vera del contrario io credo nell’onestà delle persone. E quindi per me il sindaco Orsoni è e rimane una bava persona. Io penso che indagini di questo genere possano favorire un tritacarne mediatico dal quale tutti dovremmo sottrarci e lasciare che chi deve indagare lo faccia con la massima discrezione e determinazione, e senza buttare il mostro in prima pagina. Per ciò mi astengo da qualsiasi commento personale su chicchessia: già troppe volte sono state sbattute in prima pagina delle persone che erano innocenti, e la smentita è stata di due righe in una delle ultime pagine».
Chi, invece, si dice profondamente colpito dalle notizie uscite sui giornali è Maurizio Franceschi, direttore di Confesercenti: «Premetto che chiunque è innocente finché non viene provato senza dubbio che è colpevole, quindi anche riguardo al sindaco Orsoni bisogna attendere le verifiche prima di dire qualsiasi cosa. Detto questo, ho letto di queste vicende con molta preoccupazione, e con molta tristezza e rammarico perché se risulta vera anche solo una parte di quel che è scritto, significa che pure in questa città c’è un sistema corrotto, ed è molto più grave oggi quando ci sarebbe invece molto bisogno di comportamenti positivi ed etici. Da quanto si legge sembra ci sia un sistema molto radicato da molti anni che gestiva una parte cospicua della città, e credo che difficilmente una cosa del genere possa avvenire senza che la classe politica ne fosse a conoscenza».

Elisio Trevisan

 

RENATO BRUNETTA  «Tutti registrati i miei contributi. Ne ho ricevuti da decine di aziende»

Anche Renato Brunetta, attuale portavoce del Pdl alla Camera ha ricevuto finanziamenti privati nel corso della sua campagna elettorale per diventare sindaco di Venezia. In particolare anche da alcune aziende facenti parte del Consorzio come per il suo avversario, poi diventato primo cittadino, Giorgio Orsoni. Lui non ne fa mistero.
«Ho ricevuto contributi da decine di aziende – ha commentato ieri il parlamentare – per la campagna elettorale. Non mi ricordo esattamente da quali aziende, ma sicuramente erano contributi regolarmente iscritti, dichiarati dal mio comitato elettorale e deliberati dagli organi direttivi delle società».
Quanto al fatto che il suo nome non compaia nel dossier delle Fiamme Gialle mentre quello di Orsoni sì, Brunetta non si interroga più di tanto.
«Non ho letto nulla di questa vicenda – ha aggiunto – non ho visto gli atti, ma non sono sindaco e devo dire che la cosa non mi eccita».
Infine, un monito a chi pensa che le aziende non abbiano mai finanziato le campagne elettorali.
«Diffidare – conclude – di quelli che dicono che hanno fatto campagna senza soldi. Mentono sapendo di mentire».

 

Consorzio Venezia Nuova: stanziati 58 mila euro di contributi elettorali in 13 anni

Destinatari dei fondi Ds, Forza Italia, comitati di Matteoli e Minnici (An), radicali

VENEZIA – Domani, giovedì 25 luglio, il pubblico ministero Paola Tonini interrogherà Giovanni Mazzacurati. È stato l’anziano ingegnere ex presidente del Consorzio Venezia Nuova a chiedere di essere sentito e sembra evidente che i suoi difensori, gli esperti avvocati Giovanni Battista Muscari Tomaioli e Alfredo Biagini, non lo vogliano far presentare perché si limiti a dire che è innocente. Dunque, Mazzacurati ammetterà e, forse, aggiungerà particolari inediti, soltanto così potrà contare sul fatto che la rappresentante dell’accusa non si opponga alla sua liberazione. La prossima settimana toccherà, invece, al trevigiano Pio Savioli (difeso dall’avvocato Paolo De Girolami), un’altra pedina importante non solo per l’appalto «truccato» dell’Autorità portuale di Venezia a causa del quale sono scattate le manette, ma anche perché sarebbe proprio lui uno di quelli incaricati di raccogliere presso le varie imprese quello 0,5 per cento dei lavori da distribuire poi a politici e pubblici funzionari (almeno stando al maxi rapporto della Guardia di finanza che ipotizza anche i reati di associazione a delinquere e corruzione). Anche Savioli vuole parlare con il pm, come del resto i titolari della Cooperativa San Martino di Chioggia, Mario e Stefano Boscolo Bacheto (difesi dagli avvocati Antonio Franchini e Loris Tosi). Mazzacurati, Savioli e i Bacheto hanno presentato ricorso al Tribunale del riesame e, a differenza dei primi per i quali è stata fissata l’udienza per venerdì 26 luglio, dovranno comparire davanti ai giudici giovedì 1 agosto. Saranno sentiti prima dell’udienza davanti al Tribunale e questo permetterà ai loro difensori di sostenere davanti ai giudici del riesame che la loro collaborazione rende inutile la misura degli arresti domiciliari. I vertici del Consorzio, presieduto ora da Mauro Fabris, intanto hanno accolto l’invito del presidente della Regione Luca Zaia, il quale aveva chiesto loro di rendere pubblici i nomi dei politici che hanno ricevuto contributi economici per le loro campagne elettorali. Stando al comunicato, prima del 2000, non avrebbero sborsato una lira e così dal 2008 in poi. La cifra totale sarebbe di 58 mila e 98 euro così suddivisa: tremila 98 euro il 14 novembre 2000 al Comitato elettorale Democratici di sinistra; 10 mila il 10 dicembre 2004 al Comitato elettorale Forza Italia; il 16 marzo 2006 20 mila euro al Comitato elettorale Altero Matteoli, allora esponente di Alleanza nazionale e poi diventato un ministro importante per il Mose, quello dei Lavori pubblici; altri 20 mila euro tredici giorni dopo per un altro esponente toscano di An, Vincenzo Minici; infine cinquemila euro l’8 febbraio 2008 al Comitato elettorale Radicali Italiani. I soldi per il sindaco di Venezia e per il consigliere regionale del Pd Giampietro Marchese non sono citati, ma una spiegazione può esserci: quel denaro proveniva dalle casse delle imprese del Consorzio e non direttamente da quest’ultimo. Intanto il sindaco Giorgio Orsoni ha voluto precisare ulteriormente la sua posizione per quanto riguarda i fondi: «Si parla di “illeciti finanziamenti”. E’ evidente che io non posso essere ritenuto responsabile della eventuale illecita provenienza delle somme a sostegno della campagna elettorale. La campagna è costata 287 mila euro, come è stato reso pubblico e già ho avuto modo di dichiarare. Tale somma è stata regolarmente contabilizzata dal mio mandatario. Egli ha rendicontato quanto donato attraverso un conto corrente appositamente acceso sul quale sono transitate tutte le donazioni ed i pagamenti fatti a sostegno della campagna elettorale per dar prova della trasparenza delle operazioni. Non ho ricevuto altre somme diverse da quelle transitate in conto». Dalle imprese legate al Consorzio avrebbe ricevuto poco meno di 30 mila euro. Il lavoro degli inquirenti prosegue, anche per stabilire il ruolo e le responsabilità di chi doveva controllare lavori e costi del Mose, i funzionari del Magistrato alle acque, «succube» del Consorzio secondo le fiamme gialle.

Giorgio Cecchetti

 

Orsoni: «Campagna denigratoria contro di me»

VENEZIA. «Se c’è qualcuno che si deve preoccupare dell’inchiesta sono gli altri e quelli che vogliono montare delle cose che non esistono». Ha risposto con queste parole il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, sul caso Consorzio Venezia Nuova. «Evidentemente c’è qualcuno che vuole fare un po’ di fumo tirando in ballo cose che non c’entrano con il Consorzio». Il sindaco ha inoltre dichiarato che non crede di aver ricevuto direttamente finanziamenti dal Consorzio «anche se di queste cose si è occupato il mio mandatario elettorale». Nel pomeriggio è giunto un comunicato dove Orsoni ribadisce che le notizie diffuse dalla stampa sono «prive di qualunque supporto» aggiungendo che «esiste una campagna denigratoria casualmente concomitante con la mia esposizione su questioni di rilievo per la città». (v.m.)

 

Zaia: chiedo trasparenza sui soldi versati ai politici

«Per la mia campagna elettorale non ho ricevuto neppure un euro dalle imprese

Ora non lancio accuse né sospetti ma i veneti hanno diritto di conoscere la verità»

VENEZIA – A mezzogiorno, parlando in piazza San Marco, Luca Zaia ha sollecitato un gesto di trasparenza al neo presidente di Venezia Nuova, Mauro Fabris: «Credo che i cittadini veneti abbiano il diritto di sapere se i loro amministratori sono puliti oppure no, io voglio continuare a camminare a testa alta, perciò chiedo al Consorzio una lista completa degli esponenti politici ai quali è stato versato denaro per le campagne elettorali e anche di quelli che non hanno ricevuto nulla, a cominciare da me». Poche ore dopo, nel tardo pomeriggio, è stato accontentato (almeno formalmente) attraverso la divulgazione dei beneficiari “trasversali” di complessivi 58 mila euro nell’arco di tredici anni: «Prendo atto della comunicazione del dottor Fabris, non ho motivo di dubitare della sua attendibilità né intendo lanciare accuse a vanvera», dichiara il governatore del Veneto «presumo che, trattandosi di stanziamenti decisi dal consiglio d’amministrazione, tutti coloro che hanno avuto soldi da Venezia Nuova lo abbiano fatto legalmente. Ho reagito allo stillicidio di indiscrezioni e verità parziali perché non accetto di amministrare la Regione in un clima generalizzato di sospetto. Io non ho mai percepito un euro dalle imprese, la mia campagna elettorale alle regionali è stato pagata per metà dalla Lega e per il resto autofinanziata dal sottoscritto». Oltre ai comitati elettorali delle forze politiche, hanno ammesso di aver ricevuto contributi dalle imprese, peraltro regolarmente dichiarati, il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, il capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta, il consigliere regionale del Pd Giampietro Marchese. Ma perché un cartello di costruttori ha avvertito l’opportunità di finanziare politici e amministratori? «Non conosco a fondo la questione e quindi non posso commentarla, sui fatti di rilevanza penale è in corso l’indagine della magistratura, per il resto anch’io leggo i giornali e ho pensato che piuttosto di far filtrare un nome al giorno sia meglio garantire la chiarezza completa su quanto è accaduto, soprattutto per rispetto ai cittadini che pagano le tasse». Resta il nodo irrisolto dei costi della politica e dei quattrini necessari a finanziarla. Dopo decenni di sprechi, ruberie e privilegi, l’ulteriore stanziamento di risorse pubbliche è considerato inaccettabile dall’opinione pubblica. Tuttavia, il ricorso al sostegno dei privati espone i partiti al rischio di pressioni e ricatti: «I fondi pubblici vanno tagliati, punto e basta, il finanziamento statale deve sparire, non deve più esistere», taglia corto Luca Zaia, «i partiti devono contare esclusivamente sul contributo di iscritti e simpatizzanti, però serve una nuova legge sui finanziamenti privati, chiara e trasparente, che entri in vigore il più presto possibile».

Filippo Tosatto

 

IL CASO – Così l’ingegnere finanziò il film diretto dal figlio Carlo

Presentato nel 2010 alla Mostra del cinema di Venezia e poi regalato dal Consorzio come strenna natalizia

VENEZIA – Tra i centomila conflitti d’interesse del Belpaese quello dell’ingegner Giovanni Mazzacurati che con i soldi del Consorzio Venezia Nuova (denaro pubblico) sponsorizza un documentario del figlio Carlo, peraltro affermato regista, è una goccia nel mare. Non si può neanche dire che urti troppo la sensibilità dei contribuenti, anche perché non se ne conosce l’entità, persa com’è nella mole delle pubblicazioni finanziate dal Consorzio in questi anni. Di sicuro sarà un’inezia se confrontata con i miliardi versati finora dai contribuenti per la grande opera. Forse è per questo che l’ufficio stampa, benché richiesto, non riesce a rintracciare la documentazione. Eppure era solo il 2010 quando il documentario di Carlo Mazzacurati veniva presentato fuori concorso alla 67° mostra del cinema, in attesa di essere regalato dal Consorzio come strenna di Natale. La ventiduesima della serie, per la precisione. L’unica in dvd, tutti gli altri sono libri. Il regista raccontava sei storie di ordinaria quotidianità – la cameriera di un albergo di lusso, un archeologo, un pensionato, un pittore dilettante, un ladro d’appartamenti e un ragazzino che vuol diventare gondoliere – rese particolari dall’atmosfera di Venezia. Magari l’insistenza sui turisti che da un episodio all’altro continuano a camminare per Venezia con i piedi in ammollo poteva sembrare un po’ sospetta: in tutto il 2010 l’acqua alta a Venezia si è vista 21 volte su 365 giorni. Ma un po’ di pubblicità subliminale per il Mose non guastava. Chi invece si è infastidito e non poco è un altro regista padovano, Michele Francesco Schiavon, il quale chiede pubblicamente «se sia lecito produrre un film con i soldi di un consorzio pubblico e distribuirlo attraverso una società che ha lo stesso numero civico dello studio del presidente del consorzio, finanziatore del progetto con denari pubblici». In effetti gli indirizzi coincidono, anche se i due Mazzacurati fanno mestieri diversi. La storia di Schiavon dimostra che a muoverlo non è la gelosia professionale ma l’esasperazione. Il suo è un caso uguale e contrario a quello di Mazzacurati junior. Da regista Schiavon ha prodotto nel 1995 un documentario sull’Orto Botanico di Padova, nel 450° anniversario della fondazione. Alla co-produzione si era detta interessata la Regione Veneto, salvo poi smentire per bocca del dirigente il funzionario che s’era sbilanciato. Niente paura, Schiavon porta a termine da solo l’operazione: ci lavora un anno, il documentario riceve apprezzamenti lusinghieri, segnalazioni, premi. Per la cronaca si intitola Hortus Botanicus Patavinus. I tentativi successivi per rientrare nell’accordo con la Regione non hanno esito. Ognuno va per la sua strada. Nel 2003 Schiavon si riaffaccia in Regione con un’altra proposta. Mentre tratta con i funzionari del dipartimento scopre che il suo Hortus Botanicus è inserito nel catalogo della mediateca regionale. Pretende i diritti, quelli non vogliono saperne. Propone alla Regione l’acquisto di un sub-master da diffondere nelle biblioteche e scuole, per 30.000 euro. Il dipartimento cultura dice 15.000, poi 10.000, poi non sa quando pagherà.La lite va a finire in tribunale, il contenzioso tra sentenze e ricorsi non è ancora finito. Ma non è finito nemmeno l’interesse del pubblico verso l’Hortus Botanicus, a dispetto di quello che pensava Angelo Tabaro, il dirigente regionale che ne ha decretato l’ostracismo. Qualche settimana fa dall’Australia hanno scritto a Schiavon chiedendogli l’invio di una copia del documentario. È l’ennesima richiesta che gli arriva, per un prodotto che ha sicuramente valore scientifico e pubblico. Morale: il regista padovano si trova a svolgere un lavoro di supplenza dell’assessorato regionale alla cultura. Gratis. Facciamo una proposta: perché quest’anno il Consorzio Venezia Nuova non regala a Natale l’Hortus Botanicus Patavinus, visto che sarà un’annata di vacche magre?

Renzo Mazzaro

 

Gazzettino – “Mose, prove di tangenti ai politici”

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23

lug

2013

TERREMOTO SUL MOSE – La Gdf: «Tangenti all’ex presidente». Ieri sentito Costa in qualità di persona informata dei fatti

«Finanziamenti illeciti a Orsoni»

Clamorosi sviluppi: secondo la Finanza Mazzacurati avrebbe versato fondi in modo illegale all’attuale sindaco

L’INCHIESTA – La relazione della Gdf: 400 su 740 le pagine coperte da omissis. Fra i reati anche concussione e riciclaggio

Per la Finanza nel Cvn operava una associazione a delinquere

«L’ex presidente percettore di tangenti attraverso la Mazzacurati sas»

L’INCHIESTA – Mose, la relazione della Gdf sul Cvn: 740 pagine di cui 400 coperte da omissis. Ieri ascoltato Costa

LE INTERCETTAZIONI – E Savioli disse: «Noi siamo dei benefattori perché abbiamo pagato tutti e tutte le amministrazioni»

La Finanza: nel Consorzio un’ associazione per delinquere. «Finanziamenti illeciti per il sindaco Orsoni»

«Noi siamo benefattori dello Stato perché abbiamo fatto le opere gratis, perché abbiamo pagato tutti i politici italiani, tutte le amministrazioni pubbliche italiane, l’Univ… l’M.I.T. che ha un bilancio come lo Stato italiano, tutti gli ingegneri delle università italiane…».
È il consigliere del Consorzio Venezia Nuova Pio Savioli (ora ai domiciliari), intercettato dalla Finanza nel gennaio del 2011, a pronunciare queste parole discutendo con un altro amministratore del CVN, il manager romano Stefano Tomarelli che, secondo le Fiamme Gialle, risulterebbe a sua volta «beneficiario di ingenti somme corrisposte a titolo di “tangenti” a partire dall’anno 2005».
A Savioli la relazione della Guardia di Finanza riserva molte pagine, in particolare nel capitolo relativo alle presunte somme di denaro che avrebbe ricevuto da varie aziende agevolate nell’assegnazione dei lavori. Tra queste la cooperativa San Martino, dalla quale secondo i finanzieri, avrebbe avuto ben 600mila euro.

 

«Consorzio, tangenti ai politici»

La Gdf parla esplicitamente di mazzette a pubblici ufficiali e uomini di partito

E accusa: «Mazzacurati promotore di illeciti finanziamenti all’amico Orsoni»

SOLDI – Secondo la Finanza Mazzacurati ha aiutato Orsoni con contributi elettorali del Consorzio

La Guardia di Finanza di Venezia ha pochi dubbi: in laguna era attiva una vera e propria associazione per delinquere, di cui avrebbero fatto parte l’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, numerosi membri del Consiglio direttivo e dirigenti apicali, nonché amministratori di società consorziate e altri soggetti collegati: un’organizzazione dedita all’emissione e all’utilizzo di false fatture attraverso le quali realizzare “provviste” da utilizzare per «corrispondere tangenti ai pubblici ufficiali referenti del Consorzio Venezia Nuova, nonché per elargire finanziamenti illeciti ad esponenti politici locali». E ancora. «L’attività di indagine in corso ha permesso di accertare come dirigenti apicali e dipendenti del Consorzio Venezia Nuova, abusando della propria posizione, abbiano costretto o indotto diversi referenti delle società ad esso consorziate a corrispondere o promettere indebitamente denaro o altre utilità. In diversi casi è stato accertato come la promessa o corresponsione fosse direttamente correlata all’assegnazione di lavori relativi alla realizzazione dell’opera Mose e, in generale, alle opere di salvaguardia di Venezia e della Laguna veneta».
Le Fiamme Gialle lo mettono nero su bianco nella relazione conclusiva alle indagini che, undici giorni fa, hanno portato all’arresto di Mazzacurati e di altre persone, accusate a vario titolo di turbativa d’asta (per aver “pilotato” l’assegnazione di un appalto per lavori portuali) e false fatturazioni che la cooperativa San Martino di Chioggia avrebbe realizzato nelle forniture di pietre da affondamento per lavori in mare.
Si tratta di 740 pagine dal contenuto davvero “esplosivo”, di cui oltre 400 coperte da omissis in quanto, evidentemente, riportano elementi sui quali si sta ancora indagando e che potrebbero portare a nuovi clamorosi esiti, di fronte ai quali l’appalto pilotato per i lavori portuali sarebbe ben poca cosa. Le pagine non secretate sono sufficienti per capire che l’impero del Consorzio Venezia Nuova, da anni monopolista dei lavori in laguna, sta scricchiolando. E con esso tutto un sottobosco di collaboratori e consulenti, ma anche di pubblici ufficiali che avrebbero dovuto controllare e spesso hanno chiuso un occhio, e forse anche tutti e due. La Finanza scrive che dalle indagini sono emersi «gravi indizi di colpevolezza» in relazione a diverse ipotesi: associazione per delinquere, concussione, riciclaggio, abuso d’ufficio, illecito finanziamento a partiti e movimenti politici, emissione e utilizzo di false fatture e creazione di fondi neri.
Il filone dei politici è quasi integralmente coperto da omissis. Ma, a pagina 402, è rimasto un passaggio riferito a Mazzacurati, definito «promotore dell’illecito finanziamento al politico Giorgio Orsoni, a lui legato da amicizia di vecchia data». L’attuale sindaco di Venezia ha già replicato sostenendo la correttezza dei contributi elettorali. Anche Pio Savioli, consigliere del Venezia Nuova, avrebbe un ruolo di primo piano in questo filone: le Fiamme Gialle lo descrivono come «promotore ed esecutore dell’illecito finanziamento ad esponenti politici effettuato dal CVN mediante un “giro” di fatture per operazioni inesistenti…».
Il capitolo relativo alle presunte tangenti vede ancora come protagonista Savioli che, secondo la Finanza, avrebbe chiesto (e incassato) in più occasioni denaro da aziende da lui aiutate a partecipare ai lavori del Consorzio. Ma anche di Mazzacurati le Fiamme Gialle scrivono che sarebbe stato «percettore, anche per il tramite della Ing. Mazzacurati sas, di tangenti corrisposte dalle consorziate al CVN».
Un quadro davvero a tinte fosche, oltre l’immaginazione del peggior critico del Consorzio Venezia Nuova. Ora spetterà alla Procura effettuare tutti i necessari approfondimenti e verifiche, per poi valutare se e come procedere.
Nel frattempo il sostituto procuratore Paola Tonini ieri ha iniziato gli interrogatori. In mattinata ha ascoltato in qualità di persona informata sui fatti il presidente dell’Autorità portuale di Venezia, Paolo Costa, che potrebbe essere parte lesa nel presunto appalto “pilotato” finito sotto inchiesta. Tra oggi e domani sfileranno alcuni degli indagati e venerdì, davanti al Tribunale del riesame, saranno discussi i ricorsi dei primi indagati: anche Mazzacurati ha chiesto la revoca degli arresti domiciliari.

 

Gli investigatori: Mazzacurati a capo di un gruppo finalizzato a compiere vari reati fra cui anche corruzione e concussione

INTERROGATORI – Sentiti ieri Valentina Boscolo Zemelo e il presidente del Porto Costa come parte offesa Ricorso al riesame dell’ex presidente del Consorzio

VENEZIA – Per gli investigatori del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati era a capo di un’associazione a delinquere finalizzata a commettere vari reati, in particolare quelli di corruzione, concussione e turbativa d’asta. Questo scrivono i finanzieri nel loro lungo rapporto, ma per ora a nessuno degli indagati è stato contestato questo gravissimo reato, anche se tutti i loro difensori sono ormai a conoscenza della circostanza perché sono in possesso del rapporto in cui questa ipotesi viene avanzata. Non è l’unica: le «fiamme gialle», infatti, prospettano anche l’ipotesi di contestare i reati di corruzione e concussione a partire da quei 600 mila euro che il rappresentante delle coop nel Consiglio direttivo del Consorzio Pio Savioli avrebbe ricevuto da Mario e Stefano Boscolo Bacheto, i titolari della Cooperativa San Martino di Chioggia, denaro che i due imprenditori avrebbero prelevato dai fondi neri creati con le fatture fasulle.

Secondo i finanzieri, ogni impresa o cooperativa che faceva parte del Consorzio versava lo 0,5 per cento degli importi dei lavori a loro affidati. E con quel fondo sarebbero state pagate tangenti in Veneto e a Roma.

Ieri, intanto il giudice veneziano Alberto Scaramuzza, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, ha interrogato l’ultimo degli indagati, Valentina Boscolo Zemelo, cui, dopo essere rientrata dal viaggio di nozze pochi giorni fa, è stata notificata l’ordinanza con l’obbligo di dimora nel suo paese, Rosolina. Parente degli imprenditori finiti in manette dieci anni fa per gli scavi della sabbia nei fiumi veneti e difesa dagli avvocati Mazzacuva e Zago, ha consegnato al magistrato una memoria difensiva scritta e si è avvalsa della facoltà di non rispondere.

Il pubblico ministero Paola Tonini, invece, ieri, ha interrogato a lungo il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa in qualità di testimone. O, meglio, di parte offesa, visto che secondo i conteggi della Guardia di finanza, il Porto lagunare avrebbe subito un danno notevole dalla turbativa d’asta organizzata da Mazzacurati.L’Associazione temporanea d’impresa guidata dalla «Lavori Marittimi e Dragaggi», infatti, aveva vinto l’appalto per lo scavo dei canali navigabili presentando un ribasso del 12 per cento, mentre normalmente i ribassi raggiungevano anche il 46 per cento. È probabile che la rappresentante della Procura abbia chiesto a Costa delucidazioni su quell’appalto ma anche su altri. «Di quel lavoro mi ricordo poco anche perché tutta la documentazione l’hanno sequestrata i finanzieri» ha dichiarato il presidente del Porto in attesa di entrare per l’interrogatorio. Ieri, infine, anche l’avvocato Giovanni Battista Muscari Tomaioli ha presentato il ricorso per Mazzacurati al Tribunale del riesame, che già aveva fissato l’udienza per venerdì 26 luglio. Quel giorno i giudici veneziani dovranno occuparsi delle posizione dei 14 indagati raggiunti dall’ordinanza con gli arresti domiciliari e l’obbligo di dimora, visto che tutti hanno presentato il ricorso.

Giorgio Cecchetti

 

L’ex ministro: «È tutto in regola e il Consorzio non c’entra. Conosco Mazzacurati ma con Baita mai avuto a che fare»

VENEZIA – Soldi dalle imprese del Mose per la campagna elettorale di Renato Brunetta. Il nome dell’ex ministro del Pdl, oggi capogruppo del partito di Berlusconi alla Camera, compare nell’inchiesta della Finanza sul Consorzio Venezia Nuova. Avrebbe ricevuto somme di denaro per la campagna elettorale a sindaco di tre anni fa. Una campagna piuttosto ruvida, quando Brunetta ricopriva l’incarico di ministro del governo Berlusconi. E nelle ultime settimane aveva avviato un’offensiva mediatica intensa. Venendo a Venezia e portandosi dietro i ministri del suo governo, promettendo grandi opere e finanziamenti miliardari. Qualche giorno prima del voto Brunetta era sbarcato in città con il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli. Incontri con Save e Porto, con i vertici del Consorzio.

Campagna elettorale all’insegna delle grandi opere. Adesso spuntano i finanziamenti. Versati in parte anche all’avversario di Brunetta, l’avvocato poi diventato nel 2010 sindaco della città, Giorgio Orsoni. Anche in passato il Consorzio, la più grande realtà economica veneziana, aveva garantito finanziamenti a candidati. Nella lista delle attuali sponsorizzazioni ci sono anche enti culturali come la Fenice, Fondazioni religiose come il Marcianum fondato dal cardinale Scola, la fondazione VeDrò, di Enrico Letta, di cui fanno parte anche ministri dell’attuale governo che si occupano di Salvaguardia. Come il titolare delle Infrastrutture Maurizio Lupi e quello dell’Ambiente Andrea Orlando.

«Contributi elettorali? È tutto certificato regolarmente», risponde Brunetta. Dunque lei ha ricevuto finanziamenti dal Consorzio? «Non mi sono mai occupato direttamente di conti, c’era un comitato elettorale che faceva tutto e teneva la lista di quelli che davano i contributi. In ogni caso non dal Consorzio, da qualche impresa sicuramente». Anche da imprese che lavorano per il Consorzio. «Non lo so. È probabile. Quando ho lanciato il mio progetto a Venezia molte imprese hanno aderito e hanno dato il loro contributo. Erano tante, e non mi ricordo quali lavorassero per il Mose. Non ci ho mai avuto a che fare». Qualcuna è anche abbastanza famosa. «I nomi davvero non li so. Posso dire che il mio comitato elettorale ha certificato i versamenti, che è tutto in regola. Credo del resto che anche le società che hanno versato avranno avuto una delibera approvata dai loro Consigli di amministrazione». Con Mazzacurati non ha mai avuto rapporti? «Certo, da vent’anni parliamo di come realizzare il Mose. Non è un segreto». Con Baita, l’ex presidente della Mantovani? «No, con lui no, non mi sono mai interessato delle imprese dei lavori. Non mi occupo di imprese». La preoccupa questa situazione, le inchieste, l’incertezza sui lavori del Mose per cui si è tanto battuto? «Spero che il progetto vada avanti, l’ho sempre sostenuto. Quanto alle vicende giudiziarie, male non fare paura non avere. Ripeto, le spese della mia campagna elettorale sono assolutamente trasparenti e certificate».

Alberto Vitucci

 

Intercettato anche l’ex assessore leghista di Chioggia 

«Io soldi dal Consorzio? Ma siamo matti? Io li ho sempre attaccati, per questo poi mi hanno fatto fuori». Massimo Malaspina (nella foto), ex assessore leghista di Chioggia, da due anni non fa più politica. È stato cacciato dalla Lega e ha abbandonato la politica. Era stato tra gli accusatori nella vicenda della morìa di vongole in laguna, che era stata attribuita agli scavi del Mose. Adesso il suo nome compare nelle intercettazioni dell’inchiesta sulla Finanza. «Certo che posso aver parlato con le imprese chioggiotte, era il mio dovere di assessore», racconta, «mi telefonavano e mi dicevano che lavoravano sempre gli stessi e loro non cela facevano più. Era un problema sociale. Per la mia campagna elettorale ho speso in tutto 30 mila euro. Mi hanno aiutato alla luce del sole alcune imprese chioggiotte. Ma non il Consorzio».(a.v.)

 

Fellin dovette lasciare il Comitato tecnico: «Consulenti pagati dai progettisti, tutto molto strano»

VENEZIA – Esperti licenziati perché «poco obbedienti». Lorenzo Fellin, ingegnere padovano docente di impiantistica e Armando Memmio, suo collega trevigiano strutturista, erano stati nominati come consulenti nel Comitato tecnico di Magistratura qualche anno fa dall’allora presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva. Per le critiche al Mose e ai progetti del Consorzio Venezia Nuova ci hanno rimesso il posto. E ce l’ha rimesso anche l’ingegner Piva, trasferita a Bologna dal ministro Matteoli. Una storia che riemerge nei giorni in cui la magistratura indaga sulla salvaguardia. Cos’era successo? Nel consesso di esperti del Ctm (Comitato tecnico di magistratura) si approvano tutti i progetti del concessionario unico per la Salvaguardia. I dubbi dei due ingegneri sulla modalità di costruzione delle cerniere del Mose non erano stati graditi. «Io mi sono dimesso dopo aver verificato che in quell’organismo la critica non era ammessa», racconta Fellin, «e per avere espresso le mie posizioni mi sono preso anche degli insulti». Di cosa si parlava? «In quel caso delle cerniere del Mose, il cuore delicato del sistema di dighe mobili. Io ero l’unico esperto di impianti, chiamato a far parte del Comitato dalla presidente Piva. Dopo lunghi studi ero arrivato alla conclusione che non fosse opportuno costruire le cerniere saldando i due pezzi. La letteratura scientifica internazionale lo dice». Invece? «Avevano già scelto di farle saldate, affidandole alla Fip di Padova, azienda acquistata dalla Mantovani specializzata in quel tipo di lavorazione. Mentre il progetto originario prevedeva di costruirle fuse, con una tecnologia consolidata e più sicura, usata anche per le turbine che sono molto più grandi». Nessuno del Comitato le aveva dato man forte? «Lo chiamavamo anche il circolo della Terza Età, vista la presenza di molti pensionati. In tutte le riunioni a cui ho partecipato non ci sono mai stati interventi critici, qualcuno che alzasse la mano per dire no così non va. In fondo era quello il nostro compito, controllare. Molti avevano anche progetti che andavano in discussione. O erano consulenti delle imprese del Mose o di imprese ad esse collegate». Come finì? «La presidente Piva decise di chiamare un esperto da Londra, il profesor Paolucci. La accusarono di aver ritardato i lavori e venne trasferita a Bologna, in laguna tornò Patrizio Cuccioletta. La relazione iniziale di Paolucci venne modificata, Cuccioletta telefonava a noi due dicendo che quella relazione così non andava. E lei si è dimesso «Uscii sbattendo la porta dopo una tesissima riunione del Precomitato. Anche questa una stranezza. Perché in quella sede il dibattito non viene registrato, a differenza del Comitato. E le eventuali differenze si possono appianare. Così mi sono dimesso. Prima di me avevano cacciato l’ingegner Mammino, esperto strutturista che si prendeva la briga di fare i conti e di criticare le proposte presentate. Venne sostituito dall’ingegner Vitaliani, quello delle fondazioni del Ponte di Calatrava. Nessuno aveva raccolto il suo allarme. «No. Ma tutto il sistema era abbastanza strano. Pensi che a pagare i consulenti che dovevano giudicare sui progetti erano i progettisti stessi, il Consorzio. Una situazione che mi creava un po’ di disagio. E poteva in qualche modo mettere qualcuno in soggezione psicologica». Resta una curiosità: le cerniere saldate funzioneranno bene come le fuse? «Non credo. Devono vivere sott’acqua. Il rischio di rottura aumenta. E comunque occorre una manutenzione maggiore»

Alberto Vitucci

 

Sotto inchiesta ma in lizza per un’altra grande opera

Mantovani e Consorzio anche per il porto off shore

VENEZIA – Mantovani e Consorzio Venezia Nuova sotto inchiesta. Ma intanto si progetta di affidare a loro anche un’altra grande opera, la piattaforma off shore da tre miliardi di euro al largo dell’Adriatico voluta dal Porto per le petroliere e le grandi navi portacontainer. «Sarebbe meglio bloccare nuove spese affidate a questi soggetti finché tutto non sarà chiarito», attacca Giovanni Anci, leghista e rappresentante della Provincia di Venezia in Comitato portuale. Il progetto di off shore proposto dal Porto e sostenuto da regione e Magistrato alle Acque andrà il 30 luglio all’esame della commissione Via regionale. «La progettazione è di Tethis, società della Mantovani», scrive Anci, «la progettazione infrastrutturale della Mantovani, il coordinamento del Consorzio Venezia Nuova. È un’opera rischiosa, come dimostrano gli studi, perché in caso di incidente il petrolio entrerebbe in laguna. Adesso sono curioso di vedere chi voterà a favore di quel progetto. È inutile piangere sempre dopo sul latte versato»(a.v.)

 

La Finanza: Consorzio sponsor di Orsoni alle ultime elezioni

Da un rapporto spuntano contributi anche a Marchese (Pd)

Il sindaco: tutto regolare, ho registrato quei finanziamenti

VENEZIA – I 600 mila euro che la Cooperativa San Martino di Chioggia ha prelevato dai suoi fondi neri (costituiti con la frode fiscale) e consegnato a Pio Savioli, rappresentante delle coop nel Consiglio direttivo del Consorzio Venezia Nuova, non sono che una piccola parte dell’enorme flusso di denaro che veniva versato dalle imprese consorziate nelle casse del Consorzio. Gli investigatori della Guardia di finanza, in un lungo rapporto ora finito negli atti che tutti gli avvocati difensori degli indagati hanno acquisito, spiegano che tutte le imprese dovevano versare lo 0,5 per cento dell’importo dei lavorii ottenuti per il Mose. Sono un sacco di soldi che poi venivano utilizzati sulla base delle direttive di quello che gli associati nelle intercettazioni chiamano il «Re», l’«Imperatore» o il «Doge», cioè Giovanni Mazzacurati. E in quel lungo rapporto, consegnato agli avvocati con numerose pagine coperte dagli omissis, probabilmente con le identità dei politici e dei funzionari pubblici corrotti, sono rimasti in chiaro i nomi di tre politici. Le «fiamme gialle» scrivono che le imprese del Consorzio Venezia Nuova avrebbero contribuito economicamente alle campagne elettorali del sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e del consigliere regionale del Pd Giampietro Marchese, storico esponente del partito di Epifani e ora anche amministratore delegato di Ames (società comunale che gestisce in laguna farmacie e mense). Raggiunto telefonicamente il primo cittadino lagunare sembra quasi che si aspettasse questa notizia: «Non mi sono occupato dell’aspetto economico della mia unica campagna elettorale», spiega, «avevo un mandatario, il quale naturalmente alla fine mi ha fornito l’elenco dei sostenitori e tra questi c’erano anche alcune imprese del Consorzio Venezia Nuova». Fondi registrati e denunciati quindi, riferisce Orsoni. Il terzo nome spunta da alcune intercettazioni telefoniche, è quello dell’ex segretario della Lega Nord di Chioggia, poi assessore comunale e anche provinciale, Massimiliano Malaspina. L’allora assessore telefona ai vertici del Consorzio Venezia Nuova per perorare la causa di un’impresa di un chioggiotto, quella di Salvatore Tiozzo Brasiola. Chiede che lo facciano lavorare negli interventi alle bocche di porto per il Mose. Nessuno dei tre politici risulta indagato. Indagati, invece, anche per corruzione lo sono Giovanni Mazzacurati, Pio Savioli e altri dirigenti del Consorzio, che per ora sono stati arrestati «solo» per turbativa d’asta. Secondo i finanzieri, l’anziano ingegnere grazie alla sua posizione di potere nel Consorzio, avrebbe convogliato benefici attraverso una sua società, la «Ingegner Mazzacurati Giovanni sas» a favore delle tre figlie femmine. Gli investigatori non si sono dimenticati del Magistrato alle acque, l’organo locale del ministero delle Infrastrutture, che avrebbe dovuto controllare passo a passo il procedere dei lavori del Mose e anche i costi dell’opera. Nel loro rapporto scrivono che il rapporto tra Consorzio Venezia Nuova e Magistrato alle acque è opaco e che quest’ultimo è succube del primo. Osservazione che probabilmente, nelle pagine coperte da omissis, hanno un seguito e che con i prossimi accertamenti porteranno a nuove incriminazioni. I finanzieri, ad esempio, hanno scoperto che la Cooperativa San Martino, per quanto riguarda i sassi acquistati in Croazia, si sarebbe fatta pagare più del doppio del loro costo reale ed è così che ha costituito i fondi neri in Austria coperti con le fatture per operazioni inesistenti. Chi doveva controllare non si è accorto di nulla. Il Tribunale del riesame di Venezia, nel frattempo, ha fissato per venerdì 26 l’udienza in cui discuterà dei ricorsi, che probabilmente quasi tutti gli indagati presenteranno.

Giorgio Cecchetti

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