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Nuova Venezia – Soldi ai partiti per tre elezioni

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7

giu

2013

 

Le ammissioni di BAITA non convincono i PM

MESTRE – Sui due conti correnti svizzeri, rintracciati dalla Guardia di Finanza e dal pm Stefano Ancillotto e attribuiti a Piergiorgio Baita, sono transitati, negli ultimi anni, diversi milioni di euro. Non è chiaro se questi soldi siano serviti per questioni personali all’ex presidente e ad della Mantovani, oppure se fossero a disposizione della società padovana. Gli inquirenti però hanno il forte sospetto che in quei conti siano transitati fondi neri ad uso e consumo del sistema-Baita. Fondi creati grazie alla “società cartiera” di San Marino del faccendiere Wiliam Colombelli. Fondi neri già ampiamente dimostrati dalle indagini e dalle confessioni del ragioniere Nicolò Buson, dell’ex segretaria di Giancarlo Galan Claudia Minutillo e dallo stesso Colombelli. Per il momento gli investigatori delle fiamme gialle hanno visionato i transiti svizzeri ma non hanno ancora individuato esattamente dove siano finiti i quattrini. E soprattutto stanno verificando se a quei conti aveva accesso solo Piergiorgio Baita o anche altre persone. Non viene nemmeno escluso a priori che Baita abbia aperto quei conti a titolo personale e che poi siano stati utilizzati anche per altri scopi. Naturalmente dovrà essere Baita a spiegare agli investigatori quei transiti: a chi sono finiti i soldi visti passare e poi sparire nel nulla. Da quando Baita ha deciso di cambiare strategia difensiva, sostituendo i legali dello studio Longo e Ghedini con l’avvocato mestrino Alessandro Rampinelli e con il vicentino Enrico Ambrosetti, gli investigatori si aspettano la collaborazione del manager. Nel primo interrogatorio in carcere a Belluno, durato quattro ore, Baita ha ammesso le responsabilità sui fatti che gli vengono contestati, confermato una parte delle confessioni rese da Minutillo, Buson e Colombelli e raccontato di aver pagato dei partiti, di destra e di sinistra, in occasione di almeno tre campagne elettorali. Ha spiegato di aver versato alla fin fine alcune centinaia di migliaia di euro. Poca cosa secondo gli inquirenti considerato l’ammontare dei fondi neri fin qui accertato. Un racconto che sarebbe stato percepito, da parte degli inquirenti, come un tentativo di Baita di sminuire la sua posizione. La strategia del manager è quella di un indagato che cerca di capire quanto l’accusa sia disposta a cedere sulle misure restrittive in cambio di collaborazione. Per il momento l’ammissione del finanziamento illecito dei partiti non consentirà a Baita di ottenere grandi benefici. Anche perché la vicenda è già emersa dagli elementi fin qui raccolti dagli inquirenti. Insomma, se Baita vuole uscire dalla cella dov’è rinchiuso da fine febbraio, dovrà raccontare ben altro. Dovrà spiegare come la Mantovani, da lui diretta, sia diventata l’assoluta regina delle opere pubbliche realizzate in Veneto negli ultimi vent’anni e dove siano finiti i quasi trenta milioni di euro di fondi neri messi da parte grazie alle fatture false provenienti dalla cartiera sanmarinese intestata a Colombelli. Gli inquirenti guidati dal pm Ancillotto, affiancato ora dal collega Stefano Buccini, non hanno mai fatto mistero che quei soldi sarebbero serviti per pagare tangenti. A chi? La speranza è che a rivelarlo, prima o poi, sia Baita.

Carlo Mion

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Bottacin: mazzette figlie del sistema consociativo veneto

Il consigliere di Verso Nord: da troppo tempo maggioranza e opposizione fingono di darsi battaglia ma votano insieme

VENEZIA «Fondi illeciti bipartisan alle forze politiche? Non mi stupisce, è la naturale conseguenza di un sistema distorto che garantisce rendite di posizione e monopoli a scapito del mercato. La mia impressione è che i soldi distribuiti da Piergiorgio Baita più che alle strutture-partito siano stati erogati a persone, a soggetti politici in rappresentanza di cordate. A differenza della prima Tangentopoli, dove i partiti disponevano di aziende di riferimento che distribuivano mazzette, in Veneto si assiste a una spartizione preliminare di quote nelle grandi opere, dalle quali, a cascata, discendono le provvigioni destinate alla politica». Diego Bottacin, consigliere regionale di Verso Nord in forte sintonia con Montezemolo, commenta così gli sviluppi dell’inchiesta Mantovani. La domanda: su quali pilastri fonda il sistema spartitorio? «Il punto di partenza è la negazione del libero mercato. Dal Mose, madre di tutte le anomalie, dove la più grande opera pubblica d’Italia è affidata ad un consorzio d’imprese senza gara né concorrenza; alle strade, affidate in project financing dove chi presenta il progetto sa che al 90% riceverà l’appalto; gli ospedali, gravati da oneri micidiali per la sanità pubblica; il trasporto locale e i rifiuti con le aziende che dettano tempi e modi in barba a Regione ed enti locali. Un esempio di questi giorni? Per un km di strada su gomma il costo medio europeo varia da 1,8 a 2,2 euro, quello dell’azienda pubblica di trasporto di Venezia, l’Actv, è 3,5. Perché nessuno a destra, a sinistra e al centro, mette in discussione questo stato di cose?». Lei che risposta si dà? «Io dico che, al di là delle responsabilità penali oggetto dell’inchiesta, a questo sistema consociativo hanno attinto un po’ tutti, non solo i partiti ma anche le cooperative, le imprese, i gruppi d’affari. Dietro la capofila Mantovani ci sono sempre partner e subappalti. Ricordate quando Berlusconi decise di cedere a Zaia la presidenza del Veneto? Fu accolto all’aeroporto da una pattuglia di imprenditori illuminati che reclamavano il quarto mandato per Galan. Emblematico». Punta l’indice su Galan? «Galan è stato il direttore del traffico e il garante di un equilibrio che includeva l’opposizione, al punto che il vecchio regolamento del consiglio regionale impediva di fatto l’approvazione di leggi e bilanci senza il consenso della minoranza. Quando ho sollevato la questione della trasparenza nel Pd, denunciando una dinamica consociativa nelle nomine, mi sono ritrovato solo e alla fine ho dovuto andarmene. Non è un caso che l’affaire Mantovani prenda origine dal filone Brentan ed è paradossale che in una Regione a lungo diretta da una forza che si proclama liberale, il libero mercato resti un miraggio». Luca Zaia sostiene che nella sua giunta non si discute di appalti. È cambiato qualcosa con la presidenza leghista? «Direi di no, la correttezza dei gesti individuali non è sufficiente, occorre cambiare il sistema e introdurre regole che garantiscano la concorrenza. Finora non è stato fatto». L’assemblea regionale ha istituito una commissione d’inchiesta. Contribuirà a far luce sugli intrecci affari-politica? «Ci credo poco perché la volontà prevalente in Consiglio è quella di verificare la legittimità formale degli atti senza aggredire il cuore del problema».

Filippo Tosatto

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Galan: mai chiesti né presi soldi sottobanco, sono tranquillissimo

Il presidente della commissione Cultura della Camera Giancarlo Galan è in tutt’altre faccende affaccendato (la settimana prossima presenterà il progetto di legge Pdl sulle unioni omosessuali) ma non si sottrae a una battuta sugli sviluppi dell’inchiesta Mantovani: «Leggo che Baita avrebbe dispensato soldi a destra e a sinistra, cosa posso aggiungere? Non ne so nulla o meglio, so quello che ho fatto io: le mie campagne elettorali, che peraltro costavano poco, si sono valse del contributo di imprenditori e professionisti amici oltre che del partito. Non ho mai chiesto né ricevuto soldi sottobanco da chicchessia, perciò sono tranquillissimo». All’indomani degli arresti, lei affermò che, in quanto presidente della Regione Veneto per tre lustri, si attendeva di essere convocato e ascoltato dalla magistratura… «Sì, io sarei stato curioso di sentire Galan, invece nessuno mi contattato né chiesto nulla». Nel frattempo Baita ha rotto il silenzio… «Può darsi, lo leggo sui giornali come tutti, il Baita che ho conosciuto era un ottimo professionista dotato di capacità tecniche non comune e di fantasia imprenditoriale, di più non saprei cosa dire». L’ha stupita il suo cambio di difesa e la rinuncia al patrocinio dell’avvocato-deputato Piero Longo? «Un po’ sì, Longo è bravo, io se fossi nei guai me lo terrei ben stretto».

 

Salta un treno regionale. Pendolari rimasti a piedi.

Continuano i disagi per i pendolari noalesi vittime dei disservizi sulla linea ferroviaria Bassano-Venezia. La giornata di ieri non ha fatto eccezione, quando alla stazione della città dei Tempesta verso le 9.30 è stata annunciata la soppressione del treno regionale 5709 che sarebbe dovuto partire alle 9.41, ma invece non è nemmeno arrivato. Ha rischiato di farne le spese una studentessa universitaria che in mattinata a Venezia doveva sostenere un esame: «Per fortuna che anche il professore era in ritardo – racconta – altrimenti non so proprio come avrei potuto arrivare in tempo». Certo, la prudenza non è mai troppa e magari sarebbe stato meglio arrivare in stazione in tempo per il convoglio precedente, ma tant’è. Se la tabella di marcia fosse stata rispettata non ci sarebbero comunque stati problemi. «Non è la prima volta che sopprimono corse su questa linea – spiega la ragazza, 24 anni, iscritta a Cà Foscari al corso di laurea specialistica di “Lavoro, cittadinanza sociale e interculturalità” – almeno una corsa al mese viene cancellata. Oggi (ieri, ndr) ho dovuto aspettare il treno delle 10.02. Per fortuna quello era in orario». Identico problema lunedì scorso, quando a causa del furto di più di un centinaio di metri di cavi di rame alla stazione di Castelfranco Veneto, il regionale delle 12.57 verso Venezia non è arrivato. O come il treno delle 17.27 da Venezia Santa Lucia di martedì 21 aprile. «In quel caso l’hanno fatto partire da Mestre», sottolinea la malcapitata.

 

QUARTO D’ALTINO. «Il trasporto ferroviario locale cadenzato è una sfida imprescindibile per tutti coloro che vogliono davvero migliorare il servizio e la mobilità dei nostri concittadini. Lo caleremo nel territorio progressivamente e ascoltando i territori, in modo che possa rispondere al massimo delle esigenze possibili in un contesto di compatibilità economica con le risorse disponibili». Lo ha ribadito l’assessore alle politiche della mobilità del Veneto Renato Chisso, in relazione alle richieste e alle aspettative formulate da alcuni sindaci della Regione anche attraverso i mezzi di informazione. Mercoledì, infatti, i sindaci rispettivamente di Quarto, Silvia Conte, di Roncade, Simonetta Rubinato e di Marcon, Andrea Follini, hanno inviato una lettera formale all’assessore regionale, nella quale chiedono di essere ascoltati proprio in merito ai nuovi orari che, secondo i primi cittadini, penalizzano i pendolari. «Avremo un confronto a tutto campo», ha spiegato, «che avrà come base l’ipotesi tecnica messa a punto nel corso degli ultimi 12 mesi e esaminata anche con i consumatori. Per la Regione era ed è un impegno politico e di servizio, rispetto al quale le proposte che emergeranno dovranno essere confrontate anche con gli eventuali costi aggiuntivi che comporterà un servizio del genere, il primo in Italia, e con la loro effettiva sostenibilità, al cui interno si colloca anche la capacità di accrescere la fruizione del trasporto locale su ferro e il suo gradimento». Chiosa: «Si tratterà, ad esempio, non solo di verificare il cadenzamento ferroviario in quanto tale, ma anche di servirlo nel migliore dei modi in rapporto alle altre modalità di trasporto, e così via».

Marta Artico

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Gazzettino – Treni, sindaci alleati per l’orario cadenzato

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30

mag

2013

Un progetto pilota per sperimentare l’orario cadenzato sui treni della linea Venezia-Trieste. La proposta è di tre sindaci, Andrea Follini di Marcon, Silvia Conte di Quarto d’Altino e Simonetta Rubinato di Roncade che ieri hanno mandato una lettera al governatore del Veneto Luca Zaia e all’assessore alla mobilità Renato Chisso con la proposta di avviare una fase di sperimentazione e poi una serie di incontri che permetta a pendolari e comitati di cittadini di esprimere le loro opinioni sull’atteso orario cadenzato.
Il 20 maggio un gruppo di pendolari di Quarto, San Donà e dintorni ha organizzato a Mestre una manifestazione per protestare contro i continui disagi, le soppressioni delle corse e disservizi e in particolare contro la cancellazione di nove corse giornaliere sulla tratta Trieste-Venezia con l’entrata in funzione della metropolitana di superficie.
«Chiediamo che la Regione Veneto avvii al più presto un confronto con amministratori dei Comuni interessati e comitati dei cittadini sulla proposta di orario cadenzato – spiegano i tre sindaci – Apprezziamo lo sforzo fatto per aumentare il numero delle corse ma c’è ancora il rischio che siano penalizzate le fasce della prima mattina e della sera, particolarmente importanti per i turnisti dell’area metropolitana ma anche per i turisti, andando in alcuni casi ad eliminare, attualmente senza modalità sostitutive, treni ora molto apprezzati dall’utenza». L’orario cadenzato dovrebbe partire a fine 2013 e c’è quindi il tempo per ottimizzarlo. «Si tratta di un progetto di forte impatto che meriterebbe una sperimentazione su alcune linee, come hanno fatto altre Regioni virtuose, per poi valutarne la sua efficacia in accordo con le amministrazioni comunali e i comitati dei pendolari – concludono i sindaci -. La linea Mestre-Trieste, essendo libera da vincoli di interferenza con altre linee, ben si presterebbe come base per un progetto pilota». Follini, Conte e Rubinato chiedono inoltre che la Regione, nell’ottica di una riforma del servizio di trasporto pubblico, prenda in esame anche altre proposte, come quella redatta dall’Associazione Ferrovie a NordEst, in grado di rispondere meglio alle mutate esigenze della collettività, a parità di costo.

 

Gazzettino – La Regione striglia Sistemi territoriali

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29

mag

2013

Così non va. Sistemi Territoriali deve cominciare a rispettare le direttive del suo “padrone”, cioè la Regione Veneto. Ossia: spendere meno in convegni, mostre, pubblicità. Chiedere l’autorizzazione e fornire adeguate motivazioni prima di assumere nuovo personale. Abbassare gli emolumenti ai revisori dei conti. Quanto al rinnovo del consiglio di amministrazione e ai relativi compensi (che, diminuiti del 10% l’anno scorso, pare dovessero essere aumentati), per il momento è tutto sospeso in attesa dell’interpretazione di una normativa nazionale.
La sonora strigliata alla società presieduta da Gian Michele Gambato è arrivata dalla giunta regionale attraverso una delibera dell’assessore alle Partecipazioni societarie Roberto Ciambetti e del collega ai Trasporti Renato Chisso, pubblicata ieri sul Bur. In vista dell’assemblea per l’approvazione del bilancio 2012 e del budget 2013, Palazzo Balbi ha messo un po’ di paletti.
Premessa. Sistemi Territoriali è la società che, principalmente, gestisce alcune reti ferroviarie regionali (ad esempio la Mestre-Adria, un tempo nota come “vaca mora”). Di fatto, è una società di palazzo Balbi: il 99,83% dell’azionariato è della Regione per il tramite della finanziaria Veneto Sviluppo e il rimanente 0,17% è di Ferrovie Venete, che è una srl posseduta al 100% dalla Regione. Sistemi Territoriali ha un consiglio di amministrazione così composto: presidente Gian Michele Gambato, consiglieri Maria Luisa Bano, Giorgio Carraro, Ugo Battistelli, Tiziano Bembo. Gambato da qualche anno è anche direttore generale; un doppio incarico che ha fatto storcere il naso a più di qualcuno sulle rive del Canal Grande, anche per la somma di emolumenti. Questi sono gli incarichi “regionali” di Gambato, come risulta dalla risposta fornita da Ciambetti a una interrogazione del consigliere della Sinistra, Pietrangelo Pettenò: Gambato è presidente del cda (90.000 euro) e direttore generale (144.285,79 euro) di Sistemi Territoriali spa; è presidente del cda di Attiva spa (21.600 euro, società partecipata da Veneto Sviluppo) e consigliere di Interporto di Venezia (3.100 euro e inoltre 520 euro come gettone di presenza, partecipata da Sistemi Territoriali). Senza contare i gettoni di presenza, sono quasi 260mila euro all’anno solo nelle società regionali. Ovviamente, la presidenza di Unindustria Rovigo non c’entra trattandosi di una associazione privata.
Ma veniamo al bilancio 2012 di Sistemi Territoriali (chiuso con un utile di 233.674,50 euro, decremento del 22,46%) e alle direttive della Regione. Nella delibera Ciambetti-Chisso ci sono sostanzialmente due “rimproveri”. 1) “I costi per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza sono stati 9.584.000 euro nel 2012 ed erano stati 8.474.000 nel 2009″. Non ci sono state sponsorizzazioni, ma, rileva la delibera numero 636, la direttiva di Palazzo Balbi sul contenimento delle spese per convegni e affini non è stata rispettata, dal momento che la spesa annua non doveva essere superiore al 50% di quanto speso nel 2009. Altro che metà, la spa ha speso addirittura di più. 2) Gli emolumenti al collegio sindacale vanno ridotti. Non mancano puntualizzazioni sul personale: Sistemi Territoriali ha spiegato che le spese per incarichi di consulenza (310.037 euro nel 2012, erano 318.468 nel 2009) non sono modificabili dal momento che la società non ha personale aziendale in grado di svolgere determinate attività professionali. Di qui le deroghe ottenute l’anno scorso sia per le consulenze che per il personale a tempo determinato (per quest’ultimo si è speso 612.318 euro). Per il 2013 – ha puntualizzato la Regione – altre deroghe per assunzioni dovranno essere autorizzate a fronte di “apposita comunicazione motivata”.
Resta sospesa la nomina del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, oltre alla determinazione degli emolumenti. Se Gambato come presidente ha un’indennità di 90mila euro annui lordi, gli altri quattro consiglieri hanno ciascuno 10.800 euro.

Alda Vanzan

 

Nuova Venezia – Metro’ veneto, intesa Regione-Ferrovie

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28

mag

2013

Modificato il contratto di servizio per l’avvio dei treni cadenzati: allo studio società miste per gestire merci e passeggeri

VENEZIA – I primi treni elettrici, dei 20 già acquistati dalla Regione, in esercizio da giugno. A settembre, poi, l’avvio del progetto orario cadenzato, che prevede partenze a minuti fissi di ogni ora. Infine, a dicembre, con il cambio di orario, l’entrata a regime del “cadenzamento” con tutti i convogli della Regione in esercizio. Il metrò regionale di superficie (Sfmr) ha fatto, ieri, un ulteriore passo verso la partenza. L’attesa dura da circa 23 anni, meglio essere prudenti. Ma la firma a Roma del protocollo tra Regione e Ferrovie e la successiva integrazione del contratto di servizio Veneto-Trenitalia apre la porta all’effettiva operatività. Il governatore Luca Zaia e l’a.d. Fs Mauro Moretti hanno messo nero su bianco i prossimi passi e definito la parte contrattuale. L’integrazione del contratto di servizio (che scadrà il 31 dicembre 2014) prevede la modifica del piano investimenti. Trenitalia si è impegnata a mettere in esercizio nuovi convogli «di cui, a partire dal 2014, nove complessi del tipo Vivalto» mentre la Regione contribuirà a migliorare il servizio mettendo progressivamente sui binari 20 nuovi treni elettrici entro il 2013. Per assicurare il servizio cadenzato ai pendolari veneti, la Regione dovrà versare circa 10 milioni in più a Trenitalia rispetto all’attuale assegno da 140 milioni (Iva compresa) che palazzo Balbi garantisce al gestore del servizio regionale. «Prima dell’attivazione dell’orario» ha sottolineato l’assessore alle Politiche della mobilità del Veneto, Renato Chisso «intendo confrontare la proposta tecnica elaborata assieme al territorio e alle associazioni del consumatori, per verificare la necessità di eventuali ulteriori perfezionamenti. Ricordo anche che il previsto servizio cadenzato ha un costo, ma che Trenitalia, interessata anch’essa a migliorare la situazione, ha concordato un prezzo inferiore di una decina di milioni a quello teorico di catalogo. In sostanza, il Veneto ha concordato un importo annuo di 140 milioni (senza Iva). Per noi è una scommessa, ma sono convinto che la vinceremo». Tre, sostanzialmente, le strade che la Regione ha per trovare i 10 milioni che servono per il metrò regionale: la costituzione di una società di gestione mista con Trenitalia (questo eviterebbe il pagamento dell’Iva); maggiori trasferimenti nazionali alla luce dell’introduzione (difficile) di criteri di virtuosità nella ripartizione dei fondi; l’aumento delle tariffe, magari non per gli abbonamenti ma per i biglietti singoli. La partita, in ogni caso, si giocherà sul bilancio 2014.

«Una notizia positiva, finalmente» commenta Ilario Simonaggio della Filt-Cgil «ora vediamo come si passerà all’operatività».

Per quanto riguarda la costituzione di possibili società miste, Zaia e Moretti hanno ribadito l’interesse a individuare forme collaborative per la gestione del trasporto merci e passeggeri, anche mediante la costituzione di società miste dedicate. Da registrare anche l’impegno a considerare prioritario il completamento dell’asse ferroviario interessato dal Corridoio 5, ovvero dell’alta capacità Brescia–Verona, Verona-Padova e Venezia-Trieste.

Matteo Marian

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QUARTO D’ALTINO – Treni stracolmi, passeggeri schiacciati. Anche se il caldo non è ancora arrivato, il periodo delle ferie è alle porte e i turisti aumentano, specialmente lungo la linea Venezia-Trieste.

«Questa mattina (ieri ndr)», spiega Luciano Ferro, portavoce del comitato pendolari e consigliere del Codacons, «il treno delle 10.58 era talmente pieno che non si riusciva a respirare. E dopo dicono che i pendolari non portano soldi nelle casse di Trenitalia. Tutti sanno che in questo periodo dell’anno è sempre così, che le carrozze si affollano, perché in tanti vengono da Trieste in gita, parlo di turisti, tutti diretti a Venezia ovviamente e noi che paghiamo l’abbonamento siamo sempre nelle stesse condizioni. Senza contare che i disservizi continuano».

Solo pochi giorni fa i comitati si erano ritrovati in stazione a Mestre e avevano marciato insieme verso la sede di Trenitalia, proprio per manifestare contro ritardi, disservizi e contro i nuovi orari previsti con l’entrata in vigore del sistema cadenzato, che penalizzerebbe alcune fasce orarie come quella della sera e quella del mattino presto.

(m.a.)

 

Disservizi e soppressioni, protestano in cinquanta con i sindaci di Quarto e Marcon «Trenitalia ha promesso di ascoltarci prima di firmare il Piano con la Regione» 

Infuria la protesta dei pendolari dei treni: ieri una cinquantina di loro, ha manifestato tutto lo scontento verso ritardi, soppressioni, disservizi. Contestati soprattutto i nuovo orari dei treni cadenzati che entreranno in vigore con il sistema ferroviario metropolitano regionale, che lascia ancora buchi scoperti. I manifestanti si sono dati appuntamento sotto l’orologio della stazione alle 13.30: avevano trombe, megafoni, lattina usate a mo’ di bonghi, fischietti, cartelloni, creati per la maggior pare da Luciano Ferro, che con un cappellino verde sgargiante in testa, non ha smesso un attimo di attirare l’attenzione dei passanti. Al corteo, guidato anche da Gianni Foffano, del comitato pendolari e consigliere altinate, hanno partecipato i sindaci di Marcon, Andrea Follini, e Quarto, Silvia Conte, l’assessore ai Trasporti altinate, Radames Favaro, il consigliere di opposizione Gigi Varin e un rappresentante del Comune di Musile. “I treni sono come le pensioni, non arrivano mai” si legge in uno dei tanti cartelli. «Tutti i giorni è una via crucis», sbotta Roberto Vianello, «i disservizi sono troppi, si paga sempre di più e si ottiene sempre meno. Sarà un fatto dovuto all’alta tecnologia, ma i treni non li vedremo neanche col binocolo da quanto saranno veloci. Forse se Trenitalia ci fornisse di una sella e un cavallo, faremo prima ad arrivare a Venezia». «Sono qui per rappresentare mia figlia e mia moglie», rincara Giovanni Vianello di Quarto, «che lavorano all’ospedale civile, come ho fatto io fino alla pensione: ho passato una vita sul treno, per arrivare in orario bisogna prenderlo due prima. Se ci fossero stati pullman sarebbe diverso, ma non ci sono più neanche quelli e il bus fa il giro per Marcon. In più se si arriva tardi saltano i turni e si devono recuperare i minuti di lavoro».. «Lavoro come operaio per una ditta di caffè e mi sposto per Mestre», precisa Davide B., «siamo allo sfacelo: da sei anni è sempre la stessa storia di ritardi». Ramin B. invece lavora in un albergo a Venezia: «Dovrei cominciare alle 13 ma devo partire alle 11 perché c’è un buco di due ore; la sera finisco alle 23 e ho il treno da Venezia alle 24.20, insomma arrivo all’una di notte a casa e perdo 5 ore per niente». Mario Florian lavora a Ca’ Foscari: «Devo aprire e chiudere una sede e per arrivare e tornare in orario, spreco ore di vita». Martina Moro studia a Ca’ Foscari e lavora in un hotel a Mestre: «Quello che vogliono farci mandare giù è un cadenzato che cadenzato non è, senza contare che mettere l’ultimo treno attorno alle 21-22 è un’assurdità». Michele Argentino è sandonatese, anche lui lavora in ospedale: «Quando ritardano i treni non ritardo solo io che sono turnista al Suem, anche il mio collega che deve attaccare dopo di me o deve staccare e magari si è fatto tutta la notte in piedi. Se toglieranno i treni del ritorno da Venezia dopo un certa ora che farò? Rimarrò a dormire in reparto su una barella o in stazione? ». Giunto il corteo davanti alla sede di Trenitalia, una delegazione composta dai sindaci Conte e Follini e dai portavoce dei comitati sono stati ricevuti da alcuni dirigenti. «Ci hanno spiegato che comprendono i disagi», precisa Ferro «e che prima di firmare con la Regione il Piano dei treni cadenzati cercheranno di ascoltarci e confrontarsi sia con i sindaci che noi del comitato, per vedere se c’è qualche miglioria da fare. Uno spiraglio insomma, si è aperto». Prossima protesta dei pendolari in Regione. Il sindaco di Quarto, Silvia Conte: «Promuoverò una richiesta dei sindaci alla Regione di cambio di metodo: confronto su orario cadenzato per passare dalla protesta alla proposta per risolvere i punti critici. Chiederò anche un’audizione alla commissione regionale trasporti, assieme ai comitati dei pendolari».

Marta Artico

 

CORTEO – La protesta dei pendolari ieri davanti alla stazione di Mestre

L’INCONTRO  «Trenitalia ci ha garantito che ritocchi sono possibili»

IL PROBLEMA – Previsti tagli alle corse del mattino e della sera

QUARTO/MARCON Follini e la Conte alla manifestazione a Mestre contro il nuovo orario cadenzato

SINDACI – Anche i sindaci di Marcon, Andrea Follini, e di Quarto d’Altino, Silvia Conte, hanno partecipato alla protesta dei pendolari

Ritardi, treni soppressi e viaggi della speranza per raggiungere Venezia prima delle 6 del mattino o per tornare a casa la sera. Per questo una cinquantina di pendolari ieri mattina si è data appuntamento alla stazione di Mestre e, con striscioni, fischietti, megafoni e trombette ha sfilato, scortata dalla Polizia, fino al palazzo dove ha sede la direzione di Trenitalia, in via Decorati al valor civile.
Una protesta, organizzata dal Comitato pendolari di Quarto d’Altino, che nasce proprio dall’esasperazione di chi ogni mattina non sa se riuscirà a raggiungere il luogo di lavoro in tempo, se il treno arriverà o se dovrà prendere un autobus o la propria auto. Il nuovo orario cadenzato da dicembre aumenterà il numero dei treni ma sopprimerà ufficialmente le corse delle prime ore del mattino e della sera, situazione inaccettabile per i numerosi turnisti che viaggiano sulla tratta Venezia-Portogruaro.
A sfilare con i pendolari, guidati dai loro portavoce Luciano Ferro e Gianni Foffano, anche il sindaco di Marcon Andrea Follini, la sindaca di Quarto Silvia Conte, l’assessore Radames Favaro, il consigliere di Per Quarto Luigino Varin e il consigliere di minoranza di Musile di Piave Giuseppe Cassarà. Una volta raggiunta le sede di Trenitalia, i referenti del Comitato e gli amministratori sono stati ricevuti in direzione da Francesco De Benedetto, Roberto Pagotto, Sergio Calzavara e Giuseppe Borziello per un confronto.

«Non siamo contenti, però forse si è aperto un piccolo spiraglio – commenta Luciano Ferro – Ci hanno assicurato che prima di firmare l’accordo definitivo tra Trenitalia e Regione Veneto sul nuovo orario, chiameranno noi del Comitato e i nostri sindaci per capire se è possibile fare delle correzioni. Hanno capito che siamo esasperati, hanno ribadito che purtroppo l’orario è impostato in questa maniera, ma che forse qualche ritocco si potrà fare. Il problema è che non si sono soffermati sul problema dell’ultimo treno alle 22,06 e non ci saranno garantito che aggiungeranno qualche altro convoglio».

Ora il Comitato e gli amministratori comunali chiederanno di essere ricevuti dalla commissione trasporti della Regione del Veneto.

«È stato un momento di confronto utile per chiarire quali siano in realtà i vincoli tecnici, come ad esempio quello che impedisce a tutti i treni di arrivare fino a Venezia e costringe un convoglio su tre a fermarsi a Mestre – aggiunge la sindaca Silvia Conte – Però è possibile il potenziamento delle fasce del mattino e della sera. Aspettiamo questo orario cadenzato da 15 anni, avrà senso solo se risponderà alle esigenze di tutti».

LE TESTIMONIANZE  «Ritardi e cancellazioni: rischiamo di perdere il lavoro»

MESTRE –

«Io dovrei prendere il treno delle 4,53 ma non c’è mai. Così torno al parcheggio della stazione e raggiungo Mestre con la mia auto».

Andrea Pagan di Casale sul Sile, che lavora in stazione a Venezia e prende il treno a Quarto d’Altino, è uno dei tanti pendolari in lotta contro i ritardi e le soppressioni dei treni. Molti di loro segnano nei cellulari tutti i ritardi, le cancellazioni e le condizioni di pulizie dei convogli, in vista di un confronto con Trenitalia.

«Io lavoro in hotel e torno tardi la sera – spiega Martina Moro di Quarto d’Altino – E mentre l’abbonamento aumenta il servizio continua a peggiorare». Mario Florian finisce il turno di lavoro a Cà Foscari alle 20,10 ma prima di arrivare a casa, a Quarto, passano quasi due ore: «A casa ho una persona disabile con una badante e avrei urgenza di rientrare ma certe fasce orarie sono veramente critiche. Se toglieranno altri treni sarà una situazione impossibile per noi pendolari non automuniti».

Anche a San Donà di Piave l’arrivo del treno è sempre un punto di domanda. I pendolari spesso arrivano in stazione, parcheggiano, verificano la situazione e poi ripartono, magari a gruppi, con le loro auto:

«Io lavoro in ospedale e ho bisogno di prendere il treno delle 4,37. Dal 12 maggio è stato ripristinato il servizio ma da quel giorno è già stato cancellato 5 volte. L’autobus sostitutivo è un disastro, l’autista sbaglia strada, salta fermate e ci fa sempre arrivare in ritardo – racconta Marco Natella – In questo modo rischiamo di perdere il nostro lavoro. Molti autisti dell’Actv hanno smesso di usare il treno perché erano costantemente costretti a perdere ore di lavoro o a cambiare turno».

(m.fus.)

 

Proteste contro Trenitalia, pendolari oggi in marcia alla stazione di Mestre

Il comitato di Quarto d’Altino ha portato i lavoratori armati di megafoni e striscioni davanti agli uffici della società di trasporti per protestare

Proteste contro Trenitalia, pendolari oggi in marcia alla stazione di Mestre

Sono arrivati davanti alla stazione ferroviaria di Mestre alle 13.30, armati di striscioni, cartelli e megafoni per protestare contro ritardi, soppressioni e tagli dei treni. Sono i pendolari del Veneziano, organizzati dal comitato di Quarto d’Altino, che lunedì nel primo pomeriggio hanno fatto sentire la loro voce alla dirigenza di Trenitalia.

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IN MARCIA – Dopo essersi trovati davanti alla stazione di Mestre e aver appeso i loro cartelli all’ingresso, le decine di pendolari “arrabbiati” si sono messi in marcia in direzione degli uffici della società di trasporti. Per quasi mezz’ora via Trento, in direzione della tangenziale di via Miranese, è stata bloccata: camion e auto di polizia e municipale deviavano i veicoli verso le strade laterali per lasciare spazio ai manifestanti che procedevano a passo spedito dietro gli slogan scritti sugli striscioni. “TrenitaGlia Venezia-Portogruaro”, “Corrispettivo tra Regione e Trenitalia?” “No a multe, sì a nuovi treni”.

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Proteste contro Trenitalia, pendolari oggi in marcia alla stazione di Mestre

RITARDI E TAGLI – Supportati dal sindaco di Quarto d’Altino Silvia Conte e dai due coordinatori del comitato Luciano Ferro e Gianni Foffano, i manifestanti sono arrivati infine davanti agli uffici passando per via Podgora. A parlare con i rappresentanti della società di trasporti sono andati proprio i leader della protesta, mentre fuori è rimasto il picchetto dei pendolari. I manifestanti si lamentano dei tagli alle corse mattutine e serali, che impediscono a chi lavora la mattina presto di poter arrivare in orario, ma anche dei continui ritardi, di autobus sostitutivi che spesso, secondo loro, “non conoscono neppure la strada”. Dito puntato contro la sporcizia e il degrado sia nei vagoni che nelle stazioni. Nel mirino finisce la proposta degli orari cadenzati, che toglierebbero corse nelle ore più critiche. Non piace neppure il progetto del tram, che induce ad acquistare diversi biglietti, autobus e mezzi sostitutivi per arrivare in luoghi relativamente vicini. Il coro è unanime: “Se continuiamo ad arrivare in ritardo perché mancano i treni – dicono i pendolari – saremo presto licenziati. Come possiamo fare se nessuno ci viene incontro?”.

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