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Il dato della Coldiretti di Riviera e Miranese: aumentano i giovani e gli italiani

E i mercati del contadino con prodotti a chilometro zero sono cresciuti del 15%

DOLO. C’è un settore che va a gonfie vele nel comprensorio dei 17 Comuni della Riviera del Brenta e del Miranese ed è quello dell’agricoltura che segna di fatto un boom di occupati con quasi 500 posti di lavoro in più. Le cifre di questo fenomeno per il 2012 le danno i funzionari Coldiretti. Dati che sono confermati anche dai loro colleghi della Cia (Confederazione Italiana agricoltori) che segnala bei risultati per i “mercati del contadino”. «In Riviera del Brenta», spiegano Fabio Livieri, referente di Coldiretti nel Miranese, e Paolo Capuzzo, responsabile della stessa associazione di categoria per la Riviera, «le aziende agricole sono quasi 700, 500 nel Miranese, aziende perlopiù a dimensione familiare». Su circa 5.000 occupati nei 17 Comuni, quasi 3.200 sono lavoratori autonomi e cioè famigliari, altri 1.800 sono dipendenti. Ed è proprio fra questi che nel giro di un anno il livello degli occupati, che era di 1.400 nel 2011, è salito di oltre 400 unità. Insomma le aziende agricole vanno bene, e anche se non aumentano di numero sono in grado di creare nuovi posti di lavoro. Certo la maggioranza delle assunzioni non è a tempo indeterminato. Ma chi ci va a lavorare in agricoltura? Si penserà stranieri e pensionati per arrotondare con il campetto il reddito della pensione? Niente di tutto ciò. Ad andare a lavorare in agricoltura sono sempre più giovani e italiani. «Mentre fino al periodo pre-crisi», spiegano dalla Coldiretti, «il 90% degli occupati dipendenti in agricoltura erano braccianti provenienti dai paesi extracomunitari o dell’Est europeo, ora la percentuale degli stranieri è del 60% e gli italiani sono al 40%». «La maggioranza delle nuove assunzioni», continua Paolo Capuzzo, Coldiretti Riviera, «è nel settore del vivaismo e dell’orticultura. In questi casi servono persone che si formano negli anni e con forte conoscenza delle piante da trattare». Vanno bene anche gli agriturismi e i mercati del contadino. Nel settore degli agriturismi durante questo quadriennio di crisi l’occupazione non è scesa, anzi da un anno si assiste a un aumento del 5-10%. «I mercati del contadino di Dolo e Mira ad esempio», spiega Paolo Borile, della Cia della Riviera, «che permettono l’acquisto si prodotti a chilometro zero, hanno avuto un aumento di clienti del 15% da quando sono stati istituiti nel 2010, e questo nonostante la crisi».

Alessandro Abbadir

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Gazzettino – Siccita’, agricoltori in ginocchio

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18

lug

2012

ALLARME – A rischio circa 27mila ettari di colture estensive

I DANNI – Stimata una perdita fino al 60% dei raccolti

IRRIGAZIONI CONTINGENTATE – Salmonella individuata in alcuni canali. Non bastano i danni della siccità. A Mira come a Santa Maria di Sala i Comuni hanno emesso ordinanze contro l’uso dell’acqua di alcuni corsi.

È grave la situazione delle aziende agricole del veneziano. Il grido d’allarme della Coldiretti nasce dalla mancanza di piogge durante l’inverno e la siccità dell’ultimo mese che stanno mettendo in ginocchio molte coltivazioni. Il problema riguarda in particolare gli agricoltori che coltivano seminativo: mais, barbabietola da zucchero, soia.         Il presidente Jacopo Giraldo osserva: «La Coldiretti di Venezia, con le amministrazioni locali, si sta già attivando per aiutare i coltivatori disagiati richiedendo lo stato di calamità naturale per poi accedere al fondo di solidarietà nazionale. Prima di allora bisognerebbe che la Regione attualizzasse le tabelle delle produzioni ovvero i valori medi per singola coltura. Tabelle che vengono prese a riferimento per le varie stime in caso di calamità naturali; tali valori però si rifanno agli anni ’70 quando il rendimento delle produzioni per ettaro erano sicuramente più basse rispetto ad oggi quando tecniche agronomiche e la tecnologia consentono per fortuna, risultati migliori».         La situazione è grave. «Le piante sono in sofferenza idrica: anche se non si secca, la crescita è lentissima o quasi nulla – osserva il presidente della Cia Paolo Quaggio -. L’area colpita è molto vasta ed è il mais la coltura maggiormente in sofferenza». A lungo andare potrebbero risentirne anche le altre produzioni, quella della frutticoltura e quella viticoltura con evidenti ripercussioni anche sulla qualità, sulla quantità e di conseguenza sui prezzi».        Le aziende interessate sono soprattutto quelle che non hanno la possibilità di irrigare perché lontano da canali e scoli d’acqua. «In un momento di crisi generale questo evento naturale – prosegue Mario Quaresimin, direttore Cia Venezia – non fa che acquire problematiche molto serie per tutto il settore». Ci sono comunque anche notizie buone. Le aziende che possono attuare l’irrigazione di soccorso, ovviamente con notevoli costi dovuti agli impianti irrigui e al prezzo del gasolio agricolo, riescono a conservare una produzione soddisfacente. «Ma non sempre è possibile attuare tale irrigazione – osserva Quaggio -. Bisogna fare i conti anche con il problema del cuneo salino, in particolare nella zona del cavarzerano e nella zona del Tagliamento». A questi problemi se ne aggiungono altri perché i comuni di Mira e Santa Maria di Sala hanno emesso ordinanze con divieto di utilizzo dell’acqua in alcuni canali per la presenza di salmonella.

 

SITUAZIONE DRAMMATICA

Compromessi i raccolti di mais, soia e barbabietole

MESTRE – Circa 5700 aziende agricole per un totale di 27mila ettari coltivati a seminativo nella provincia. I territori maggiormente in difficoltà sono soprattutto localizzati nel cavarzerano, nella Riviera del Brenta , nel miranese, nel sandonatese e nel portogruarese. Aziende che stanno vedendo sfumare il raccolto di un anno di lavoro, con una perdita del 60% della produzione. È soprattutto il mais a subire il maggior disagio anche perché si tratta della coltura con la maggiore produzione. Problemi anche per barbabietola da zucchero e soia.

(l.per)

 

 

Chicchi grossi come noci hanno colpito le colture orticole

Raffiche di vento a 44 chilometri orari. Caduti 343 millimetri di pioggia in un’ora

MIRANO. Ancora grandine su Miranese e Riviera, dove a piegarsi è stata ancora una volta l’agricoltura, già in ginocchio a causa dei fenomeni intensi delle scorse settimane.         Ieri all’ora di pranzo un nuovo violento temporale si è abbattuto nell’entroterra veneziano, poco dopo l’una, interessando le zone già colpite dal fortunale di due settimane fa. Raffiche di vento fino a 44 chilometri orari, poi una vera e propria bomba d’acqua con chicchi di grandine grossi come noci, fino a 3 centimetri di diametro in alcune zone. La stazione Meteosantangelo, a Sant’Angelo di Sala, ha rilevato un’intensità di precipitazioni pari a 343 millimetri di pioggia in un’ora. Gli esperti del centro meteo spiegano il fenomeno come un’improvvisa discesa di aria fredda dalle Alpi, che in pianura si è incuneata sotto a quella più calda presente da giorni. Un contrasto che ha generato nubi imponenti che hanno scaricato la loro potenza soprattutto tra le province di Padova, Venezia e Treviso. Il Miranese si è in pratica trovato al centro del ciclone. Vento, acqua e grandine hanno sferzato soprattutto Mirano, Noale, S. Maria di Sala, Scorzè e Martellago, senza particolari danni ma colpendo ancora una volta le colture già devastate dalla tromba d’aria del 22 giugno, soprattutto quelle orticole. È ancora presto per fare la conta dei danni, l’ennesima in questa stagione, dove a parte i temporali violenti si soffre ancora di problemi di siccità. L’acquazzone di ieri, intenso, ma per fortuna breve, ha anche creato qualche disagio in alcuni quartieri residenziali, con strade, scantinati e sottopassi allagati, ma la situazione è tornata velocemente alla normalità.       In Riviera la forte grandinata ha colpito i comuni di Mira, Pianiga, Dolo e Fiesso. In particolare le colture di mais e i vigneti nella zona di Dolo e Camponogara. «L’area che è stata più colpita» spiega Fabio Livieri di Coldiretti, «è stata quella a cavallo con il Miranese. Stavolta è stato danneggiato il mais in fase di crescita avanzata a causa del gran caldo degli ultimi giorni e le produzioni di ortaggi». Non si sono registrati in Riviera danni ad abitazioni o cose. I pompieri della caserma di Mira non hanno registrato chiamate di soccorso. Il gran vento ha fatto volare qualche grosso ramo d’alberi sulla provinciale 14 tra Dolo e Piove di Sacco. A Pianiga sono volati cartelloni pubblicitari di metallo in mezzo alla strada.

Filippo De Gaspari – Alessando Abbadir

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Pregiudicato almeno metà del raccolto nel Miranese e in Riviera del Brenta a causa della siccità.

Un anno buttato. Gli agricoltori della Riviera del Brenta e del Miranese possono dire addio al loro guadagno per il 2012. Se tutto sommato la mietitura del grano era andata abbastanza bene, per quanti hanno coltivato mais, soia e barbabietole, la stagione in corso si sta rivelando un vero disastro.               Tutta colpa della siccità. Se qualche tempo fa ad arrecare ingenti danni in gran parte del territorio agricolo veneziano era stata la grandine, il colpo di grazia è arrivato ora dalla persistente penuria di precipitazioni.              Una situazione davvero allarmante che secondo il segretario della Coldiretti di Dolo, Paolo Capuzzo, “ha già portato danni dal 40 al 50 per cento alle coltivazioni di mais e dal 30 al 40 per cento a quelle di barbabietole da zucchero e soia. Danni che a quanto sembra non potranno più essere recuperati neanche in caso di precipitazioni a breve termine. In tal caso solo la soia potrebbe avere qualche possibilità di recupero. La stagione della raccolta della barbabietola è stata anticipata di una quindicina di giorni perché ormai il bulbo non ha più possibilità di crescita.              Si calcola che il danno per ettaro oscilli tra i 1.000 e i 1.500 euro. I conti sono presto fatti, ossia un danno complessivo che varia tra cinque e sette milioni e mezzo di euro.              Meno gravi i danni per quanti hanno potuto innaffiare le loro coltivazioni. Ma anche in questo caso le spese per il gasolio dei mezzi di irrigazione andranno a incidere molto sulle spese.             Col risultato che i prezzi delle granaglie sono improvvisamente saliti alle stelle, con un conseguente pericolo di speculazione. Negli ultimi 15 giorni il mais è schizzato da 18 euro a 24 euro al quintale, il frumento da 20 a 25 euro e la soia da 41 a 51 euro. Per la soia è un record assoluto dei prezzi.

(V.Com.)

 

DOLO – L’acqua di tutti i canali e canalette della Riviera e del Miranese non potrà più essere utilizzata per irrigare orti, campi e in particolare le verdure da consumarsi crude, men che meno potrà essere utilizzata per abbeverare gli animali nel settore dell’allevamento. A «suggerire» ai Comuni questa drastica decisione è stato il dipartimento prevenzione dell’Asl 13 diretto dal dottor Flavio Valentini. La colpa? Quasi sempre di centinaia di abitazioni (cioè dei loro proprietari) che scaricano abusivamente la fognatura in canali e canalette del comprensorio dei 17 Comuni . «Nelle scorse settimane», spiega Valentini, «sono arrivati i dati dell’Arpav relativi allo studio del fenomeno della salmonella nei canali negli ultimi 10 anni. Si è visto che il bacillo è diffuso in quasi tutti i corsi d’acqua che sono strettamente collegati fra loro. A questo punto vietare l’uso dell’acqua per un periodo e poi sospenderlo e poi riprenderlo un mese dopo perché il bacillo è presente a quattro chilometri di distanza è senza senso. Visto il livello di inquinamento a cui sono arrivati i canali abbiamo suggerito che i Comuni vietino per sempre l’uso dell’acqua per irrigare i campi e gli ortaggi» . Due Comuni, Santa Maria di Sala e Mira, si sono già adeguati. I sindaci hanno firmato ordinanze di divieto permanente dell’uso dell’acqua dai canali . «Questi divieti», dice Valentini, «resteranno in vigore anni. Per poter cambiare la situazione bisognerà individuare chi scarica abusivamente la propria fognatura nei canali. Si tratta nella maggioranza dei casi di vecchie abitazioni di 70-80 anni che non si sono ancora adeguate alle moderne normative. Siccome pregiudicano la salute di tutti i proprietari vanno puniti pesantemente ed invitati ad adeguare gli impianti. Saranno controllate anche le attività delle aziende agricole». Dopo la grandine e il gran vento ora la salmonella. Per l’agricoltura dell’area sembrano arrivate le sette piaghe d’Egitto. E proprio dai responsabili di categoria del settore arriva un allarme. «La situazione», spiegano Fabio Livieri e Paolo Capuzzo per Coldiretti di Riviera e Miranese, «è pesantissima. Per anni i nostri agricoltori non potranno fare uso di acqua a basso costo per irrigare le loro produzioni di ortaggi. Il divieto è permanente e per utilizzare l’acqua a costo zero ora gli agricoltori dovranno sperare solo che piova, senza però che ci sia grandine o forte vento come è accaduto recentemente». Preoccupazioni sono espresse anche dalla Cia (Confederazione Italiana agricoltori). Per Coldiretti questi provvedimenti di divieto sono forse «eccessivi e rischiano di penalizzare un’area della provincia rispetto alle altre».

Alessandro Abbadir

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Qualche tempo fa, quando si diceva che forse, una volta tanto, ci avrebbe salvato proprio il mercato, con la sua legge del più forte e del più competitivo, noi tutti piccoli imprenditori del commercio e del turismo e cittadini, non ci credevamo davvero sino in fondo: eppure oggi sembra essere proprio così. Gli imprenditori che hanno dato via al sogno – o all’incubo? – di Veneto City stanno nuovamente rivedendo progetti e piani finanziari, per concludere che, forse, si era pensato un po’ troppo in grande.  “Nessuna infrastruttura può essere troppo grande e troppo invasiva per un territorio così già debilitato ed indebolito come il suolo del Veneto” – commenta Massimo Zanon, nella duplice veste di Presidente di Confcommercio Unione Venezia e del Veneto – “ma qui si trattava di impegnare risorse, cementificare un’area enorme senza ancora sapere, precisamente, cosa ci sarebbe andato dentro, quali funzioni, quali imprese, quali acquirenti avrebbero avuto interesse ad utilizzarlo”. Così, nell’arco di pochi anni, Veneto City subisce un’ulteriore riduzione. “Adesso però bisogna capire cosa si vorrà comunque realizzare per far rendere quell’area – ammette preoccupato Ennio Gallo, Vice di Zanon e alla guida della Confcommercio del Miranese che, insieme alla Riviera del Brenta, è l’area maggiormente coinvolta dal progetto, – “sperando che non si scelgano interventi speculativi di piccolo cabotaggio. E quanto alle amministrazioni comunali che hanno alla fine accolto positivamente il progetto originario, come reagiranno di fronte alle diverse opere che erano state promesse e che adesso non si faranno più?”.   E’ indispensabile ragionare subito su cosa si farà in quell’area così vasta e comunque collocata in un punto strategico del Veneto.

“C’è ancora così tanto da investire per migliorare i nostri centri urbani – continua Ennio Gallo – e tra graticolato romano, ville venete e ultimi scampoli di aree agricole, con un dissesto idrogeologico che si aggrava ogni anno sempre di più, come dimostrano i disastri meteorologici di questi periodi, non c’è dubbio che le priorità di tutela, risanamento e valorizzazione del territorio di tutto il Veneto sono enormi” E conclude: -”C’è di che investire nel Veneto, a partire proprio dalle sue risorse: forse la crisi e il mercato, con le loro spietate leggi, ci stanno ammonendo, amministratori e investitori, anche e soprattutto su questa grande verità”.

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SANTA MARIA DI SALA – Quasi la totalità delle colture orticole distrutte e oltre due milioni di euro di danni all’agricoltura. È il bilancio, spietato eppure non ancor definitivo, del nubifragio che sabato pomeriggio ha colpito i Comuni di Santa Maria di Sala, Salzano e Martellago. Danni ancora difficili da quantificare, anche perché, con queste percentuali, la conta è ancora in corso, con centinaia di sopralluoghi effettuati dai tecnici delle associazioni di categoria. Già da un primo giro delle zone colpite, però, l’agricoltura di mezzo Miranese appare in ginocchio: completamente distrutte le colture orticole nei tre Comuni attraversati dalla tromba d’aria, ingenti danni anche alle altre produzioni. A fare la prima sommaria stima dei danni è la Cia, Confederazione italiana agricoltori di Venezia, che ha subito avviato i sopralluoghi tecnici nelle zone colpite sabato pomeriggio dal maltempo, con raffiche di vento fino a 90 chilometri orari e forti grandinate. Sarebbero almeno duemila gli ettari di colture danneggiati. A pagare le conseguenze peggiori sono state quelle orticole, distrutte quasi al 100%, ma anche il frumento tenero (80%), mais e soia (70%). Proprio la soia, le cui semine sono state concluse da poche settimane, dovrà in alcune aree essere totalmente riseminata. «Difficile stimare economicamente la portata delle distruzioni», affermano i tecnici Cia al lavoro, «anche se l’ordine di grandezza è di un paio di milioni di euro». Si tratta del secondo grave episodio di maltempo in pochi giorni, dopo il tornado che ha colpito la laguna qualche giorno fa. «Fenomeni di questa portata», aggiungono dalla Cia Venezia, «sono sempre più frequenti ed estremi, a causa dei cambiamenti climatici. E ogni volta a farne le spese per prima è l’agricoltura. Paradossalmente è proprio l’agricoltura, nelle politiche dell’Unione Europea, a essere chiamata in prima fila nella lotta ai cambiamenti climatici». Per questi motivi si muovono anche i sindaci. Quelli dei tre Comuni colpiti si apprestano a dichiarare lo stato di crisi e chiedere alla Regione quello di calamità. Per quanto potrà servire, visto che i precedenti non sono poi così incoraggianti. Santa Maria di Sala, per esempio, si trova alle prese con una nuova richiesta danni, la quarta negli ultimi tre anni. Le tre precedenti tra l’altro hanno riguardato tutte la frazione di Caltana, finita in pochi mesi sott’acqua due volte e devastata dalla tromba d’aria che nel 2010 ha scoperchiato il centro commerciale Tom e il Palagraticolato. Il Comune non ha però mai visto un solo euro, nonostante tre richieste di calamità. Intanto partono le operazioni di ripristino: a Sant’Angelo è iniziata la pulizia del piazzale e della palestra scoperchiata dal vento. Serviranno almeno 120 mila euro e una ventina di giorni di lavoro per posare un nuovo isolante e riparare i vetri, poi il palazzetto potrà riaprire.

(f.d.g.)

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Gazzettino – Miranese, Agricoltura in ginocchio.

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26

giu

2012

DOPO IL NUBIFRAGIO – Due milioni di danni secondo una stima della Cia

Il sindaco di Martellago chiede lo stato di calamità: «Aiutiamo le imprese»

Ammonta ad almeno due milioni di euro il bilancio dei danni provocati all’agricoltura dal nubifragio che sabato scorso ha investito il Miranese. Ad abbozzare una prima stima nelle zone colpite è la Cia di Venezia. «Sono stati danneggiati 2000 ettari di colture – si legge in una nota della Confederazione agricoltori della provincia di Venezia – A pagare le conseguenze peggiori sono state le colture orticole (100% distrutte), il frumento tenero (80%) e il mais e la soia (70%). La soia, le cui semine sono state concluse da poche settimane, dovrà in alcune aree essere riseminata. Difficile stimare economicamente la portata delle distruzioni, anche se l’ordine di grandezza è appunto di un paio di milioni di euro.        Il bilancio dei danni provocati dal maltempo si somma a quelli riscontrati appena dieci giorni prima, quando una tempesta aveva investito il Miranese e la Riviera del Brenta. «Fenomeni di questa portata – aggiungono dalla Cia Venezia – sono sempre più frequenti e più estremi, a causa dei cambiamenti climatici. Ed ogni volta a farne le spese per prima è l’agricoltura. Paradossalmente, è proprio l’agricoltura, nelle politiche dell’Unione Europea, a essere chiamata in prima fila nella lotta ai cambiamenti climatici».        Intanto, come annunciato dopo il fortunale che sabato ha colpito soprattutto Olmo e Maerne, ieri il sindaco Giovanni Brunello ha dato mandato agli uffici comunali di chiedere lo stato di calamità «per cercare – spiega – di ottenere qualche fondo per aiutare soprattutto le nostre imprese». Ieri in Comune sono giunte le prime telefonate di richiesta di risarcimento danni, ultra milionari.        Tanti cittadini hanno avuto gli scantinati allagati, con le solite arrabbiature specie nella zona a Sudest di Olmo che va sempre a mollo, i tetti danneggiati dalla furia del vento che ha staccato le tegole, o danni causati ad auto ma anche a edifici dagli alberi crollati, anche pubblici.       E soprattutto ci sono le attività. Alla Galvanica Ligi di Olmo scoperchiata e allagata – il caso più grave ma non l’unico, è stata danneggiata anche la copertura dell’ex Elettromec e sono andati a mollo altri capannoni – le dolenti stime stanno lievitando.        «Temo saranno anche più di centomila euro. Oltre a dover riparare il tetto avremo i costi di smaltimento delle lamiere cadute – spiega Paolo Ligi – dobbiamo ancora provare la funzionalità degli impianti e quella chimica nelle vasche e al momento siamo fermi con l’attività».

Nicola De Rossi

 

Gazzettino – Su Veneto City l’ombra della crisi

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24

giu

2012

GRANDI OPERE SOTTO ESAME

LO STUDIO Un documento del Collegio ingegneri ha analizzato costi e benefici dell’operazione

INGEGNERI – Un gruppo di lavoro ha analizzato il progetto dell’insediamento

I TRASPORTI   «C’è il rischio di un aumento considerevole del traffico»

L’ECONOMIA   «È probabile che gli investitori non siano più convinti»

CONTROLLI   «Le amministrazioni sono state troppo passive»

LE PROSPETTIVE – Rischio “spezzatino” per l’operazione immobiliare

La crisi rischia di “sgonfiare” Veneto City. E di compromettere la sfida imprenditoriale e progettuale che si dovrebbe sviluppare fra Venezia e Padova, dopo il varo da parte della Regione Veneto dell’Accordo di programma con gli investitori privati e gli enti locali coinvolti.

Il dubbio emerge da uno studio condotto dal gruppo di lavoro del Collegio degli ingegneri della provincia che, con un approccio tecnico e con la collaborazione del Centro provinciale di studi urbanistici della provincia, ha “smontato” pezzo per pezzo il progetto per valutarne costi e benefici.

Lo studio del Collegio, (libera associazione senza fini di lucro, apolitica e aconfessionale), che da anni mette a disposizione del territorio e delle amministrazioni locali competenze di alto spessore professionale dei propri iscritti in molti settori dell’ingegneria e in campo urbanistico al fine di fornire indicazioni e pareri a beneficio del progresso tecnologico e sociale, è appena stato consegnato ai Comuni di Dolo e Pianiga, sui cui territori sorgerà Veneto City. 

I collegamenti: Il punto di partenza dello studio riguarda la logistica e le infrastrutture: per i curatori l’insediamento «può essere considerato logisticamente interessante», trovandosi a metà dell’asse Venezia-Padova. Negativo invece il giudizio rispetto alla viabilità trasversale rispetto alla A4 e alla linea ferroviaria. Il rischio è «un aumento considerevole di traffico» sulle strade della Riviera e del Miranese. Per questo si chiede di potenziare il trasporto pubblico, anche se «risulta difficile pensare a linee frequenti di trasporto collettivo» da e per i Comuni minori.

L’economia: Dal punto di vista economico il timore del gruppo di lavoro che ha condotto lo studio è che «gli investitori non siamo più convinti che l’operazione sia remunerativa» a breve, a causa della crisi. «Ciò può portare a speculazioni di minore calibro, qualità, valore». Un elemento che per gli oppositori del progetto potrebbe essere positivo, ma che in realtà rischia di rivelarsi un danno. La conseguenza sarebbe una “parcellizzazione” del progetto che ridurrebbe l’effetto di volano economico e urbanistico del progetto, che da “intervento pilota” per la regione «si ridurrebbe a un intervento di provincia».

L’approccio: Per gli autori dello studio i Comuni direttamente coinvolti nel progetto, nello specifico Dolo e Pianiga, «hanno accolto la realizzazione di Veneto City con una certa passività», anche a causa di carenze nella pianificazione regionale e provinciale. Per i Comuni del resto Veneto City garantirà entrate cospicue a titolo di imposte e oneri di costruzione e urbanizzazione. Anche se un eventuale ridimensionamento del progetto ridurrebbe anche le entrate per le casse comunali.       Anche la scelta di operare per fasi successive può portare «più danni che vantaggi». Nello studio si sottolinea il rischio di «una ulteriore parcellizzazione» dell’intervento «in più ambiti architettonicamente e funzionalmente poco conformi». Gli ingegneri suggeriscono a questo proposito di vigilare sulla realizzazione degli stralci attraverso le norme dei piani urbanistici attuativi.       Dubbi anche sulla modifica delle altezze massime degli edifici (passate da 90 a 80 metri): «la realizzazione di edifici verticali – si legge nello studio – per uffici, residenze, terziario e quant’altro comporterebbe un minor consumo di suolo ed energia». E una progettazione unitaria garantirebbe una maggiore armonia architettonica e dei volumi previsti.

La questione ambientale: Veneto City, secondo il gruppo di lavoro che ha studiato il progetto, «potrebbe essere l’occasione per creare un vero e proprio parco agro-ambientale», in grado di riqualificare aree abbandonate, con un’apposita zona fra Veneto City, l’autostrada e la ferrovia, che potrebbe ospitare produzioni biologiche e tipiche. Così il progetto potrebbe definirsi “sostenibile”. Dal punto di vista della pianificazione però si chiede che il verde di uso pubblico sia definito in modo più preciso, con la definizione di aree destinate a orto, a passeggio, a parco per i bambini e a pic nic.       Nella materia ambientale rientrano anche le preoccupazioni per la mitigazione idraulica del progetto, minacciata da un’eventuale “spezzatino” del progetto paventato dal Collegio degli ingegneri. Lo stesso vale per il contenimento degli sprechi energetici e il ricorso a sistemi di riscaldamento tali da rendere innovativo e sostenibile il progetto complessivo.

Alberto Francesconi

 

L’IDENTIKIT DEL PROGETTO – Scommessa da due miliardi

Il progetto di Veneto City, un grande insediamento direzionale e commerciale a metà strada fra Venezia e Padova e a cavallo fra la Riviera del Brenta e il Miranese, è stato approvato lo scorso dicembre con la firma del governatore veneto Luca Zaia all’Accordo di programma fra la Regione, la Provincia di Venezia, i Comuni di Dolo e Pianiga e la società Venetocity. I proponenti (nomi noti dell’imprenditoria come Biasuzzi, Endrizzi, Mantovani e Stefanel) sono pronti a investire due miliardi di euro per un progetto da 50 ettari – circa 106 campi da calcio – un terzo dei quali da adibire a verde, da adibire a uffici, aree espositive, negozi, sedi universitarie, cinema e palestre.       Il progetto, la cui idea originaria risale al 2003, è osteggiato da associazioni ambientaliste, di categoria e da comitati civici che temono l’impatto sociale e ambientale del complesso. La versione più recente del progetto è stata affidata all’architetto Mario Cucinella, uno dei maestri della progettazione più sensibili al rapporto fra architettura e ambiente, che lo scorso autunno aveva illustrato in Riviera del Brenta la sua idea su Veneto City.       Nelle intenzioni dei privati l’avvio dei primi lavori potrebbe avvenire entro la fine dell’anno corrente. Ma su Veneto City gravano ancora i ricorsi presentati contro la realizzazione dell’opera. Ultimo quello del Gruppo Basso, proprietario di parte dei terreni sui quali dovrebbe sorgere il complesso, con la richiesta di annullare l’Accordo di programma dello scorso dicembre.

 

 

Cento le aziende coinvolte nel nubifragio di mercoledì tra Riviera e Miranese

La Coldiretti: «Impossibile chiedere lo stato di crisi, nessun rimborso previsto»

DOLO. Ora arrivano le cifre dei danni all’agricoltura in Riviera e Miranese a causa dei nubifragi e della grandine dello scorso mercoledì: tre milioni di euro che non saranno rimborsabili come calamità naturale. Le aziende coinvolte? Un centinaio. I numeri emergono dalle ispezioni fatte da Coldiretti nel comprensorio nei giorni scorsi. «Abbiamo verificato con i nostri tecnici, spiegano Paolo Capuzzo e Fabio Livieri referenti di area di Coldiretti, «che i danni nell’area dei 17 comuni sono nell’ordine dei tre milioni di euro solo per le colture. È stata colpita duramente la zona di Dolo , Mira , Fiesso D’Artico, Fossò e nel miranese ad esempio Cappella di Scorzè, l’area di Martellago e alcune frazioni di Mirano come Vetrego e Campocroce».        Le colture più colpite? Con mais e granoturco che hanno avuto danni per il 70 % dei raccolti , sono state quasi letteralmente cancellate le produzioni di tabacco che si concentrano a Fiesso D’Artico , Pianiga e Mirano. «Queste produzioni specifiche», spiega Livieri, «hanno avuto danni per l’85 % e andrà male anche per i vitigni che erano in fase di fioritura e sviluppo e che sono stati semidistrutti dalle grandinate. Malissimo le produzioni di alberi da frutto e bietole».        Questi danni però non potranno essere rimborsati. «Se le aziende non hanno stipulato specifiche assicurazioni, spiega Livieri, «dato che non ci sono stati danni alle strutture agricole, non sarà concesso lo stato di crisi e in questo modo non sarà possibile ricevere contrbuti per i danni subiti». Una speranza di ripresa per le colture c’è ed è paradossalmente , questo periodo di caldo che è seguito ai nubifragi. Dopo la tanta pioggia dei giorni scorsi», concludono Capuzzo e Livieri di Coldiretti, «questa ondata di caldo africano permetterà soprattutto alle viti di riprendersi e fare vino di buona qualità ma resta da sperare che i fenomeni negativi non si ripetano nel corso dell’estate».       E se i danni alle colture non potranno essere rimborsati , non lo saranno nemmeno quelli alle abitazioni che hanno subito numerosi allagamenti a Mira Taglio, Fiesso, Dolo e in alcune frazioni di Mirano. A Mira il comune ha già avvertito le 300 famiglie coinvolte dai nubifragi. Per loro nonostante i tanti danni non ci sarà un euro . Il comune di Dolo cerca di andare incontro alle esigenze dei suoi residenti invece annunciando di voler sforare il patto di stabilità. Quello che appare chiaro comunque è che i soldi stavolta non ci saranno per nessuno.

Alessandro Abbadir

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