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Pubblicato il decreto che autorizza il potenziamento degli impianti dell’azienda del gruppo Mantovani

Tratteranno rifiuti e fanghi pericolosi: la Municipalità e gli ambientalisti pronti alle barricate

MARGHERA – Lo scorso 10 aprile la Giunta regionale presieduta da Luca Zaia – su proposta dell’assessore all’Ambiente, Maurizio Conte – ha approvato il progetto di revamping che prevede il potenziamento dell’impianto di Alles spa (del gruppo Mantovani) di «ricondizionamento di rifiuti speciali anche pericolosi». Il sì della Giunta regionale tiene conto del parere favorevole dato dalla Commissione regionale per il Via (Valutazione impatto ambientale) al progetto di Alles, malgrado fosse stato bocciato per incompatibilità ambientale e urbanistica dal Consiglio comunale e dal Consiglio provinciale. Ma, dopo la pubblicazione sul Bollettino della Regione del via libera al progetto di Alles, il Comune di Venezia ha subito annunciato di essere pronto a far ricorso al Tar e ad ogni altro livello necessario.

«La delibera della Giunta regionale», spiega l’assessore comunale alle Politiche Ambientali, Gianfranco Bettin, «prevede la possibilità di trattare 180 mila tonnellate annue di rifiuti, il raddoppio della capacità di stoccaggio che passa da 6 mila a 12 mila tonnellate, l’aumento dei codici accettati, che passano dagli attuali 20 a 70, molti dei quali relativi a rifiuti pericolosi come fanghi, rifiuti fangosi, ceneri pesanti, scarti di mescole, terre e rocce contenenti sostanze pericolose, fanghi prodotti da trattamenti fisico-chimici con sostante pericolose e molti altri. Come se non bastasse, l’autorizzazione prevede la possibilità di conferire all’impianto di Alles rifiuti provenienti anche dall’esterno del bacino lagunare, con il rischio di fare, perciò, di Marghera la pattumiera d’Italia, in pieno disprezzo con quanto prevede il vigente Piano regolatore urbanistico».

Dura anche la presa di posizione del presidente della Municipalità di Marghera, Flavio Dal Corso:

«La decisione della Giunta regionale», dice, «è oltraggiosa e non rispetta questa città che con l’approvazione di questo progetto subirà un ulteriore attacco alle sue già precarie condizione di salute. L’Arpav ha stimato un aumento delle polveri sottili e rumori del 30% e gli stessi pediatri di Mestre e Marghera avevano chiesto al presidente Zaia di bloccare il progetto. Invece Zaia l’ha approvato, aprendo così la strada al business dei rifiuti a Marghera, con un precedente pericolosissimo che premia, oltre tutto, fa parte del gruppo Mantovani il cui presidente è sotto inchiesta. Noi, comunque, ci batteremo fino in fondo perché questo progetto non diventi mai operativo».

Il consigliere comunale, Beppe Caccia, rincara la dose e definisce l’autorizzazione al progetto di Alles

«un atto di inaudita arroganza da parte di Mantovani spa e della Regione. Sarebbero queste le politiche industriali e ambientali della Giunta di Zaia, Chisso e Conte, che dovrebbero riconvertire e riqualificare il polo di Porto Marghera?», si chiede Caccia. «Ma non s’illudano, la loro arroganza troverà tutte le possibili barricate, formali e materiali».

Pure l’associazione Vas (Verdi Ambiente Società) di Venezia definisce «grave» la decisione della Giunta regionale

«perché sia il Comune, sia la Provincia di Venezia avevano detto no a questo progetto che prevede la possibilità di conferire all’impianto rifiuti provenienti anche dall’esterno del bacino lagunare».

Sulla stessa lunghezza d’onda l’Assemblea permanente di Marghera contro il rischio chimico prende una netta posizione contro il via libera della Giunta regionale ad Alles e annuncia nuove mobilitazione e iniziative di protesta contro Alles e Zaia. Infine, il consigliere comunale dell’Udc, Simone Venturini, ha presentato un’interrogazione in cui chiede al sindaco

«quali azioni intenda intraprendere per ostacolare e impedire che Marghera si trasformi in pattumiera d’Italia».

Gianni Favarato

link articolo

 

Gazzettino – Marghera. Alles, via libera dalla Regione

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25

apr

2013

Sì al colosso dei rifiuti a Marghera. Comune al Tar contro la Regione

Arrivato l’ok all’amplimento dell’impianto di trattamento di rifiuti tossico nocivi

BETTIN: «PRONTI ALLE BARRICATE»

Bettin: subito ricorso al Tar

La rabbia dell’assessore: «Una scelta anti democratica, troveranno le barricate»

«Vogliamo che i rifiuti se ne vadano al più presto»

«La Regione vuole fare di Marghera la pattumiera d’Italia» afferma l’assessore comunale all’Ambiente Gianfranco Bettin, «ma troverà le barricate», sia legali con un immediato ricorso al Tar, sia fisiche con i cittadini che impediranno i lavori, annunciano il consigliere comunale di “In Comune” Beppe Caccia, e tanti altri ambientalisti, cittadini e rappresentanti delle istituzioni, compresi Flavio Dal Corso, presidente della Municipalità di Marghera e Simone Venturini, capogruppo dell’Udc in Comune. Si è saputo ieri, perché pubblicato il 23 aprile nel Bollettino ufficiale, che la Giunta regionale lo scorso 10 aprile ha approvato, su proposta dell’assessore leghista Maurizio Conte, il progetto di Alles, società controllata dal gruppo Mantovani, per l’ampliamento di un piccolo impianto per il trattamento di rifiuti che possiede a Malcontenta: con questa autorizzazione diventerà un mini-colosso e, soprattutto, potrà ricevere e trattare rifiuti anche pericolosi da fuori laguna, quindi da tutta Italia; potrà trattare 180 mila tonnellate annue di rifiuti, raddoppiare la capacità di stoccaggio (da 6 mila a 12 mila tonnellate), aumentare i codici accettati, che passano dagli attuali 20 a 70, molti dei quali relativi a rifiuti pericolosi (fanghi, rifiuti fangosi, ceneri pesanti, scarti di mescole, terre e rocce contenenti sostanze pericolose, fanghi prodotti da trattamenti fisico-chimici con sostante pericolose e molti altri). E altro fatto gravissimo, continua Bettin, è che «si tratta di una scelta lesiva della democrazia» perché il Piano regolatore comunale la vieta, ma la Regione, grazie all’approvazione della Commissione Via (i cui componenti sono quasi tutti di nomina regionale), impone dall’alto una Variante urbanistica.
Tutto ciò nonostante Comune e Provincia avessero nettamente bocciato il progetto:

«Arpav ha stimato un aumento delle polveri sottili e tumori del 30%, e gli stessi pediatri di Mestre-Marghera hanno chiesto al presidente Luca Zaia di bloccare il progetto

– commenta Roberto Trevisan dell’Assemblea permanente contro il rischio chimico di Marghera, appoggiato anche da Vas (Verdi Ambiente Società) -:

è un precedente pericolosissimo che può garantire ad altre ditte di lavorare con i rifiuti tossici a Marghera».

Caccia, infine, sottolinea che

«tutto ciò avviene nel momento in cui proprio Mantovani SpA è al centro delle inchieste giudiziarie che hanno, per la prima volta, messo sotto accusa il sistema di potere che ha gestito le scelte infrastrutturali e ambientali regionali. Sarebbe questo il “nuovo corso” inaugurato dal presidente Carmine Damiano, il poliziotto chiamato a ripulire la facciata dell’impresa di costruzioni e malaffare? Sarebbero queste le politiche industriali e ambientali della giunta di Zaia, Chisso e Conte, che dovrebbero riconvertire e riqualificare il polo di Porto Marghera?».

E.T.

 

Gazzettino – Mestrinaro, altra tegola dalla Provincia

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25

apr

2013

ZERO BRANCO Riscontrate alcune irregolarità nel conferimento degli scarti

LE CONSEGUENZE – Possibile sanzione

IL PRECEDENTE – Rifiuti tossici nel cantiere A4

Altra tegola sulla Mestrinaro spa. Dopo l’accusa della procura di Venezia di non aver ripulito i rifiuti contaminati finiti nel conglomerato cementizio sotto la terza corsia dell’A4 e sotto un parcheggio del Marco Polo, con tanto di sequestro preventivo di parte dei capannoni di via Bertoneria, adesso anche la Provincia ha rilevato alcune difformità nel conferimento degli scarti rispetto all’autorizzazione per inerti timbrata a suo tempo. Al centro delle verifiche del Sant’Artemio ci sarebbero alcuni rifiuti pericolosi che, in seguito all’annullamento del permesso regionale da parte del Consiglio di Stato, la Mestrinaro avrebbe dovuto rimuovere. Quanti? Ancora non si sa.

«Una ventina di giorni fa abbiamo effettuato dei controlli, rilevando alcune difformità nel conferimento dei rifiuti. E questo ha fatto scattare un iter di verifica più approfondito – ha spiegato l’assessore all’Ambiente, Alberto Villanova, intervenendo nella commissione provinciale convocata per ieri pomeriggio – il 2 maggio avremo un incontro con la ditta, dal quale scaturiranno le azioni da intraprendere».

Tutto dipenderà, a quanto pare, dalla condivisione di un piano di rimozione redatto dai tecnici del Sant’Artemio. Le sanzioni possibili vanno dal ritiro definitivo dell’autorizzazione rilasciata dalla Provincia sino ad una sanzione amministrativa. Tra una settimana esatta arriverà il momento della verità.

 

Gazzettino – Allarme a Meolo “Veleni nei nostri cantieri”

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16

apr

2013

MEOLO – C’è preoccupazione per i rifiuti tossici che sarebbero finiti nel fondo stradale della terza corsia. Per il segretario del Pd Giampiero Piovesan i veleni potrebbero essere stati utilizzati anche nei cantieri di Meolo, dove sono stati eseguiti imponenti lavori di collegamento al nuovo casello autostradale, compresa il nuovo cavalcavia, aperto qualche settimana fa. «Il nostro territorio è stato ampiamente coinvolto da tali lavori – sostiene -, quindi sarà necessario monitorare e controllare gli sviluppi delle indagini». Per questo, Piovesan sollecita l’amministrazione a contattare Autovie Venete. «Il sindaco Basso chieda subito un’analisi sui materiali utilizzati nei chilometri di A4 che riguardano Meolo». (E. Fur.)

 

Il consigliere Spolaore chiede l’apertura di un tavolo in Regione

ZERO BRANCO – (N.D.) Resta teso il clima tra gli abitanti di via Bertoneria a cinque giorni di distanza dal blitz dei carabinieri del Noe nella sede della Mestrinario Spa su ordine della Procura della Repubblica di Venezia. I materiali fortemente inquinanti scoperti all’interno dell’azienda (cromo, cobaldo, nichel e vanadio) hanno allarmato le circa 500 persone che vivono nei pressi dell’azienda di Sant’Alberto di Zero Branco.
«Abbiamo sempre detto di essere costretti a vivere a contatto di una bomba ecologica»: ora la gente chiede che l’indagine avviata dalla Procura faccia il suo corso in tempi brevi per capire se oltre alle centinaia di tonnellate di rifiuti inquinanti, non trattati e inertizzati e finiti nei sottofondi di grandi opere stradali, possa essere stato contaminato anche il suolo dov’erano stoccati i rifiuti contenenti metalli pesanti. Il consigliere comunale Gino Spolaore chiede l’apertura di un tavolo di confronto con i massimi responsabili della politica e della tutela della salute pubblica e dell’ambiente delle provincie di Treviso e Venezia.

«I nostri anziani della Bertoneria – ricorda Spolaore – andavano orgogliosi di vivere in un ambiente a vocazione agricola dove venivano coltivati i migliori prodotti orticoli specializzati, come il radicchio rosso tardivo e l’asparago bianco e dove di poteva bere un bicchiere di acqua di risorgiva senza problemi. Adesso queste certezze non ci sono più. Purtroppo l’attività della Mestrinaro, che non vuole limitarsi a trattare gli inerti, ha sovvertito questo habitat naturale. Ricordo che in tutto il territorio del Comune di Zero Branco non esiste un solo metro di acquedotto pubblico. Per cui è doveroso tutelare le falde acquifere che assicurano l’approvvigionamento idrico a quasi 11 mila abitanti. Mi auguro anche che le organizzazioni degli agricoltori prendano una posizione più decisa in difesa della terra».

 

L’eurodeputato Zanoni chiama in causa la Provincia

TREVISO – Sulla questione dei presunti rifiuti tossici utilizzati dalla Mestrinaro come sottofondi stradali, non si fa attendere una netta presa di posizione dell’eurodeputato trevigiano Andrea Zanoni che chiede un intervento del presidente della Provincia, Leonardo Muraro:

«Gli inquirenti mettano ai raggi X i movimenti di rifiuti degli ultimi dieci anni. Muraro sospenda in via cautelare l’autorizzazione del centro rifiuti. Il sindaco Feston – commenta Zanoni – fa bene a prospettare una richiesta danni alla Mestrinaro, la Regione e la Provincia facciano lo stesso, invito Zaia e Muraro a non lasciare solo il sindaco in questa iniziativa di tutela dei cittadini e dell’ambiente. Porterò anche questo caso di rifiuti smaltiti sotto le autostrade all’attenzione della Commissione Europea».

Il giudice per le indagini preliminari Antonio Liguori della Procura della Repubblica di Venezia, dopo due anni di indagi dei carabinieri del Noe di Venezia, nel provvedimento con il quale ha concesso ai pubblici ministeri veneziani di sequestrare 12.000 metri quadrati di cantiere e 4.000 metri cubi di rifiuti della Mestrinaro Spa di Zero Branco ha scritto:

«Il misto cementato stabilizzato prodotto e venduto da Mestrinaro Spa come “Rilcem” è un semilavorato pericoloso per la salute e per l’ambiente: un rifiuto smaltito secondo un preordinato e strutturato disegno fraudolento e venduto a caro prezzo a terzi di buona fede».

 

Affari d’oro col bitume tossico e a Musestre il record di veleni

GLI ACCERTAMENTI – Nel cantiere di via Musestre rame e nichel a livelli record

ZERO BRANCO Nel mirino 34mila tonnellate di materiale inquinato usate per la terza corsia della A4

La Procura di Venezia: «Il dolo c’è tutto». E fa i conti in tasca alla Mestrinaro

Inquinanti come rame e nichel che superano di sette volte i limiti dettati dalla legge. Ci sarebbero anche questi nella “zuppa chimica” di rifiuti tossici mischiati con calce e cemento finita a far da base alla terza corsia dell’A4 in costruzione nel cantiere gestito dalla società La Quado del gruppo Carron in via Musestre a Roncade. Colpa, secondo le accuse della Procura di Venezia, delle 34.157 tonnellate di misto cementato per sottofondi stradali consegnate tra il 2011 e il 2012 dall’azienda Mestrinaro di Zero Branco. Materiale che, stando al provvedimento di sequestro preventivo di parte degli impianti della ditta eseguito giovedì in via Bertoneria, sarebbe stato contaminato.

«I gestori della Mestrinaro – scrive il gip Antonio Liguori – omisero deliberatamente e volontariamente (cioè dolosamente) di eseguire le operazioni tecniche necessarie a trasformare i rifiuti, anche contaminati, in materie prime secondarie non inquinanti».

In altre parole in inerti legittimamente reimpiegabili in edilizia. A quanto pare, secondo l’accusa di «attività organizzate per traffico illecito di rifiuti», per soldi. Un calcolo, a titolo di esempio, lo fa direttamente il gip Liguori che indica come la società Adriatica Strade abbia conferito a Mestrinaro 10.718 tonnellate di rifiuti pagando 29 euro a tonnellata, mentre l’azienda di Zero Branco abbia venduto il misto a Save Engineering e a Engineering 2K rispettivamente a 10 euro a tonnellata e a 28 euro al metro cubo.

«È necessario stimare che in capo a Mestrinaro derivino introiti dell’ordine di 39 euro a tonnellata. Da tale ammontare devono essere detratti i costi per il trasporto, messa in opera e trattamento illecitamente eseguito presso l’impianto – si legge nel provvedimento cautelare – è evidente che ingenti profitti derivino in capo a Mestrinaro ove si consideri che lo smaltimento presso una discarica di rifiuti non pericolosi costa ordinariamente 45 euro a tonnellata».

Differenza che se applicata alle 34.157 tonnellate di conglomerato cementizio scaricate a Roncade darebbe come risultato una somma di oltre 2 milioni di euro. Cifra che si aggiungerebbe a quelle degli inquinanti che vede sotto quella fetta di terza corsia dell’A4 una presenza di rame pari a 0,340 mg/l a fronte del limite di legge di 0,05 mg/l. di nichel pari a 40 microgrammi per litro a fronte di un valore-soglia di 10 e di Cod pari a 102 mg/l a fronte di un limite di 30 mg/l. E adesso toccherà agli enti pubblici capire se è necessario far subito portare avanti alla Mestrinaro un intervento di bonifica.

 

Il Comitato: «Dicevamo la verità»

ZERO BRANCO – (nd)

«Per tanti anni siamo stati accusati di diffondere notizie allarmanti sull’attività della ditta Mestrinaro e di essere insensibili al problema occupazionale. I fatti di questi giorni confermano che avevamo ragione noi. Ecco perchè la nostra battaglia continuerà più convinta e decisa di prima».

Il Comitato di cittadini sorto in difesa della zona a vocazione agricola della località Bertoneria promette battaglia su tutti i fronti.

«Vogliamo proprio vedere -dice il consigliere comunale Gino Spolaore- se il presidente della Regione Luca Zaia si assume la responsabilità di firmare il decreto di apertura dell’impianto di trattamento e riciclaggio dei rifiuti speciali dopo il recente benestare dato dalla commissione Via».

 

Il sindaco: «Alla fine tutto verrà a galla»

ZERO BRANCO – (nd) Dopo il blitz dei carabinieri del Noe alla Mestrinaro, il sindaco di Zero Branco Mirco Feston si sta muovendo su tutti i fronti (magistratura, forze dell’ordine, autorità sanitarie) per capire la reale portata di quello che è successo giovedì scorso. Nella sua qualità di responsabile della salute pubblica, vuole capire la portata del sequestro dell’area di 12 mila metri quadrati, dove sono stoccate 5.900 tonnellate di rifiuti (già sequestrati in precedenza) provenienti da altre imprese che non erano in grado di bonificarli direttamente. «Ci vorrà un po’ di tempo – spiega il sindaco – ma sono certo che alla fine dell’inchiesta verrà tutto a galla, e allora si capiranno tante cose».

 

IL SINDACATO – La Stradiotto (Feneal Uil) dopo il blitz dei carabinieri del Noe

«Ma l’indagine non inciderà sul numero dei cassintegrati»

TREVISO – (mf) «L’indagine della Procura non va a intaccare l’attività della Mestrinaro e a incidere sul numero di lavoratori cassaintegrati che ad oggi rappresentano neppure il 10 per cento dei dipendenti. Il sequestro non compromette l’esecuzione delle commesse e della stabilità finanziaria. Ci auguriamo che non prenda il via un nuovo valzer di speculazioni». Sono queste le parole con le quali Alessandra Stradiotto (Feneal Uil) prova a rassicurare i circa 90 lavoratori dell’azienda di Zero Branco sorpresi giovedì dal blitz dei Carabinieri. «Inoltre, questa indagine, partita non si sa ancora da quali denunce, non ha nulla a che vedere con l’attivazione dell’impianto per il trattamento di rifiuti speciali autorizzato dalla Regione, che a breve vedrà l’avvio dei lavori -mette in chiaro la sindacalista- Confidiamo nella magistratura: che l’indagine prosegua senza intoppi e senza strumentalizzazioni e che si faccia chiarezza su quanto ipotizzato dagli inquirenti». «Alla luce dei fatti e per mettere definitivamente fine alle preoccupazioni emerse -conclude Stradiotto- abbiamo già chiesto alla proprietà un incontro che verrà formalizzato entro la prossima settimana». Nel frattempo, però, è direttamente il sindaco ad annunciare battaglia. «Se hanno la coscienza a posto, stiano tranquilli -chiosa- se invece è vero, è bene che attività del genere se ne vadano da Zero Branco, assieme ai loro sindacatini».

 

Per il tratto della terza corsia e parcheggio dello scalo di Venezia nessun sequestro perché manca un’analisi del rischio

VENEZIA – Strade (come la terza corsia dell’A4) e parcheggi (come il P5 dell’aeroporto Save di Venezia) lastricati di rifiuti pericolosi, inquinati di arsenico, nichel, cromo da 2 a 6 volte i valori limite:

«Il misto cementato stabilizzato prodotto e venduto da Mestrinaro Spa come “Rilcem” è un semilavorato pericoloso per la salute e per l’ambiente: un rifiuto illecitamente e serialmente smaltito secondo un preordinato e strutturato disegno fraudolento e illecitamente e serialmente venduto a caro prezzo a terzi di buona fede».

Così scrive il giudice per le indagini preliminari Antonio Liguori nel provvedimento con il quale concede ai pm veneziani Terzo e Gava – dopo due anni di indagine dei carabinieri del Noe – di sequestrare 12mila metri quadrati di cantiere e 4mila metri cubi di rifiuti della Mestrinaro Spa di Zero Branco, respingendo però la richiesta di sequestro di alcune aree sulle quali il prodotto è stato utilizzato. Indagati per traffico illecito di rifiuti Lino e Sandro Mario Mestrinaro e – in posizione più marginale – l’operaio Italo Bastianella e gli imprenditori Loris Guidolin e Maurizio Girolami, che conferivano gli scarti edili contaminati. Rifiuti da smaltire e che invece i Mestrinaro – secondo l’accusa – semplicemente mischiavano con calce e cemento, rivendendoli a 39 euro la tonnellata, risparmiandone così ben 45 di trattamento. Il tutto moltiplicato per decine di migliaia di tonnellate: un «profitto illecito» da centinaia di migliaia di euro. Sottofondi inquinati, che la Procura avrebbe voluto sequestrare preventivamente, come nel caso del parcheggio dell’aeroporto Marco Polo di Venezia. Richiesta, però, respinta dal gip, pur riconoscendo che il sito è inquinato, come pure non sia «possibile escludere qui e ora che ulteriori forniture di Rilcem contaminato siano state conferite ad altri acquirenti». Perché, dunque, nei lavori della terza corsia A4 del tratto Quarto d’Altino-San Donà sono state utilizzate ben 34.157 tonnellate di Rilcem contaminato e al parcheggio aeroportuale P5 di Tessera ne sono state usate 4.145, non sono scattati i sigilli anche qui? Non c’è pericolo per la salute, dal momento che le analisi hanno riscontrato arsenico, vanadio, cobalto, nichel, Cod, rame, ben oltre i limiti di legge? Il giudice Liguori lo spiega respingendo la domanda di sequestro avanzata dalla Procura per il parcheggio dell’aeroporto Marco Polo. Al cantiere di Save Engeneering – estranea all’indagine – le analisi rivelano

«un danno ambientale grave e complesso».

Ma, aggiunge, il Decreto legge 152/2006 chiarisce che oltre il superamento dei limiti inquinanti in tabella, serve una “analisi di rischio”. Un centro residenziale, una strada o un parcheggio non hanno lo stesso impatto. Nel caso specifico bisogna valutare, cioè, se in un parcheggio la bonifica sia o no necessaria:

«Non si può imporre in altri termini il sequestro preventivo del cantiere, accettando a cuor leggero il rischio che un intervento di bonifica non risulti necessario».

La Procura potrà reiterare la richiesta, ma dovrà motivarla con un’analisi del rischio concreto per la salute e l’ambiente. L’indagine, comunque, è conclusa, si tratta ora di tirarne le fila.

Roberta De Rossi

 

LE REAZIONI

Il sindaco di Zero Branco pronto a chiedere i danni

ZERO BRANCO «Sono pronto a chiedere i danni alla Mestrinaro». Mirco Feston, sindaco di Zero Branco, entra a gamba tesa sull’indagine che vede l’azienda accusata di avere organizzato un traffico illecito di rifiuti, finiti a fare da fondamenta alla terza corsia dell’A4 e al parcheggio dell’aeroporto Marco Polo.

«Se le indagini riveleranno che anche a Zero Branco non si sono rispettate le normative, causando un danno ambientale, non esiterò a far costituire il Comune parte civile»,

prosegue Feston. La sua d’altra parte è una battaglia che dura da 4 anni, e questa indagine, di cui certo non può essere contento, segna però un punto a suo favore. L’obiettivo del sindaco fino ad ora è stato quella di impedire la realizzazione di un impianto di trattamento dei i rifiuti pericolosi, attraverso ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato. Ma ora Feston alza il tiro,

«la Mestrinaro, se la Procura confermerà quanto emerso in questi giorni, deve abbandonare Zero Branco. Non mi interessa dei sindacati, la gente qui è preoccupata».

Feston potrebbe contare anche su un consiglio comunale compatto,

«credo che se il danno ambientale c’è stato, il sindaco fa bene a dichiarare l’intenzione di chiedere i danni»

ha detto Renato Toppan, consigliere di opposizione.

«C’è grande preoccupazione», conferma Alberto Andreatta consigliere della Lega Nord, «perché al momento non si capisce se anche i nostri cittadini abbiano subito qualche danno. Va chiarito che l’indagine non c’entra nulla con l’impianto di trattamento dei rifiuti pericolosi. Credo che l’amministrazione si debba tutelare, ma che non si può non tener conto dei posti di lavoro».

Ieri in piazza non si parlava d’altro. Un’azienda che già era percepita come una minaccia ora si trova davanti un fronte compatto.

«Siamo preoccupati, da anni diciamo che lì dentro qualcosa non funziona»

ha spiegato Nello Auretto del comitato di cittadini che da tempo lotta contro la Mestrinaro.

«Fortunatamente questo sindaco ci ascolta, e saremo al suo fianco nella battaglia per non far aprire quell’impianto. Ancora più ora che è stato scoperto questo scandalo».

Il timore per la vicinanza tra abitazioni e rifiuti è evidente,

«i materiali tossici devono trovare una diversa collocazione che non sia quella della lavorazione a ridosso delle case della Bertoneria»,

ha aggiunto Giuseppe Mesaccesi.

«Quello che interessa alle famiglie è vivere in un ambiente sano. Di rifiuti speciali e sostanze chimiche pericolose non ne vogliamo proprio sapere».

Ma chi in queste ore sta cercando di capire se c’è stato un grave inquinamento ambientale nel proprio Comune è anche il sindaco di Roncade Simonetta Rubinato. I lavori di allargamento della A4 hanno interessato direttamente il territorio comunale. Appena appreso dell’inchiesta della Procura, ha inviato una comunicazione ad Autovie Venete chiedendo di essere informata di tutti i dettagli della vicenda.

«Seguiremo con attenzione gli sviluppi dell’indagini»,

ha detto Rubinato, che ha chiesto anche analisi sui materiali utilizzati nei 9 chilometri di A4 che riguardano Roncade. Federico Cipolla

 

RUZZANTE E PIGOZZO (PD)

«Adesso Zaia e Chisso facciano chiarezza»

VENEZIA

«Lunedì, in consiglio regionale presenterò un’interrogazione, rivolta in particolare all’assessore Chisso, affinché venga al più presto a riferire in aula sui risvolti e i contorni di questa inchiesta».

A dirlo il consigliere regionale del Pd, Piero Ruzzante, sugli sviluppi emersi dall’operazione “appalto scontato”.

«Ci risiamo. Ancora una volta un’azienda a cui la Regione Veneto ha appaltato dei lavori pubblici è coinvolta in qualcosa di più grave del solito malaffare, visto che i danni al centro dell’inchiesta presuppongono anche implicazioni per l’ambiente e quindi per la salute dei cittadini».

 

ADRIATICA STRADE

«Siamo in assoluta buona fede ed emergerà dall’indagine»

CASTELFRANCO «Siamo in buona fede». Così Loris Guidolin, l’imprenditore di Castelfranco titolare della Adriatica Strade Costruzioni Generali Srl difende la posizione propria e dell’azienda in merito all’indagine sul traffico illecito di rifiuti. «Pur avendo un ruolo assolutamente marginale nell’indagine, abbiamo conferito i rifiuti di terre e rocce da scavo alla Mestrinaro Spa accompagnati da formulari di identificazione dei rifiuti e analisi che ne assicuravano la perfetta corrispondenza alle norme di legge», hanno fatto sapere dalla Adriatica Strade attraverso una nota. «Nel procedimento penale verrà provata la totale buona fede della società e del suo titolare Loris Guidolin». L’imprenditore è indagato, seppur in modo marginale rispetto ai fratelli Lino e Sandro Mario Mestrinaro, per aver conferito nell’impianto di via Bertoneria parte di quei rifiuti che poi sarebbero serviti per il “Rilcem”, il misto cementato prodotto dalla Mestrinaro e oggetto della inchiesta della Procura di Venezia. (f.c.)

 

La Mestrinaro acquistava il materiale contaminato e lo rivendeva senza trattarlo ai clienti. Sequestrati un deposito e un capannone

VENEZIA – Gli imprenditori Lino e Sandro Mario Mestrinaro non hanno inventato nulla, ma nella loro azienda di Zero Branco – secondo le accuse che gli muovono i pubblici ministeri veneziani Roberto Terzo e Giorgio Gava, sulla base di due anni di indagini dei carabinieri del Noe – hanno impiegato un vecchio, reiterato, lucrosissimo maneggio: invece di trattare (a caro prezzo, 45 euro a tonnellata) i rifiuti inquinati che le aziende edili gli conferivano per renderli inerti, li miscelavano tali e quali a calce e cemento, per poi venderli a 39 euro a tonnellata a questo o quel cantiere edile, dove finivano a far da base (inquinata) a questa o quell’opera. Il tutto moltiplicato per decine di migliaia di tonnellate e centinaia di migliaia di euro, così, illecitamente guadagnati. Grandi quantità di Rilcem – così l’impresa vendeva sul mercato il suo misto cementato per sottofondi stradali – per grandi cantieri: 4145 tonnellate di Rilcem contaminato sono state utilizzate per realizzare il parcheggio dell’aeroporto Marco Polo di Venezia; 34.157 tonnellate sono finite nel tratto della sofferta (per gli automobilisti) nuova terza corsia dell’A4 all’altezza del casello di Roncade di Treviso, nel cantiere gestito da “La Quado scarl”. Qui sono stati trovati quantitativi di arsenico, cobalto, nichel, cromo, Cod, rame fino a cento volte i limiti tollerati dalla legge. L’attività della “Mestrinaro Spa” è stata interrotta dal sequestro preventivo di 12 mila metri quadrati dell’impianto, con capanni e attrezzature e 4 mila metri cubi di rifiuti. Un provvedimento firmato dal giudice per le indagini preliminari Antonio Liguori, per il quale le prove raccolte da carabinieri e Procura nel corso dell’indagine – soprannominata “Appalto scontato” – dimostrano che «la Mestrinaro Spa non solo non ha recuperato e/o trasformato in inerti i rifiuti trattati, ma ha immesso nell’ambiente ingenti quantità di rifiuti, cagionando contaminazione degli ambiti di destinazione». «Tra il 2010 e il 2012», osserva il comandante dei Noe, Donato Manca, «la società ha ricevuto presso la propria impresa decine di migliaia di tonnellate di rifiuti, con distinte e reiterate operazione, con attività continuative organizzate, ha gestito questi rifiuti al fine di trarre un ingente e ingiusto profitto». Da qui l’accusa di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”, prevista dall’articolo 260 del decreto legge 152/2006. «Un’operazione molto importante su un’attività pericolosa di riciclaggio di rifiuti», ha chiosato il procuratore Luigi Delpino. «Rifiuti, il reato del futuro», ha sottolineato il procuratore aggiunto Carlo Mastelloni, «che cammina assieme alla criminalità organizzata: servirebbero più forze in campo per contrastarlo, invece il Noe può contare solo su 8 uomini per le province di Venezia, Padova e Rovigo». Al momento risultano indagati – anche se in posizioni più marginali – anche due imprenditori i cui rifiuti erano arrivati all’impianto Mestrinaro: il veneziano Maurizio Girolami dell’Intesa 3 (che aveva conferito all’impianto di recupero Superbeton Spa di Ponte della Priula, che però non poteva gestirli) e Loris Guidolin (di Castelfranco) dell’Adriatica Strade costruzioni generali, oltre a Italo Battistella, operaio specializzato della stessa Mestrinaro. Al centro delle indagini restano Lino e Sandro Mario Mestrinaro che – scrive il gip Liguori – «omisero deliberatamente e volontariamente (dolosamente) di eseguire le operazioni tecniche necessarie a trasformare i rifiuti, anche contaminati in materie secondarie», limitandosi «a realizzare illecitamente» «economicissime prassi di mescolatura caotica e arbitraria di rifiuti della più svariata provenienza, inidonee a trasformare rifiuti contaminati in inerti». «Confidiamo di dimostrare che l’attività è a norma», dice l’avvocato Fabio Pinelli. Valeria Caltana, amministratore delegato dell’impresa si dice «serena per la legittimità della nostra attività». L’indagine è nata nel 2010 da un controllo Arpav in un cantiere edile di Marghera. «I rifiuti provenienti da alcuni cantieri di Mestre e Marghera», prosegue il comandante Manca, «o tramite le ditte Superbeton e Adriatica Strade erano costituiti da terre, rocce da scavo, scorie derivanti da processi di combustione, contenenti contaminanti che venivano sottoposti ad una vagliatura sommaria, insufficiente a filtrare le impurità, ottenendo una grossolana mescola, talora additivi, ottenendo materiali che per le caratteristiche chimiche non avrebbero potuto essere avviati presso cantieri e insediamenti del territorio, come rampe autostradali e parcheggi. Inoltre, Mestrinaro ha spacciato e trasportato come “Rilcem” mescole che contenevano sostanze inquinanti come vanadio, cobalto, nichel, cromo, immettendo nell’ambienti rifiuti con attitudini inquinanti». Ascoltati dal gip nel corso d’indagine i fratelli Mestrinaro hanno chiarito, tramite i loro tecnici, che esistono due linee diverse di produzione del Rilcem: l’impianto Ime tratta materiali di rifiuto (in attesa di un’autorizzazione della Regione, che l’aveva concessa in parte, salvo poi il Tar annullarla per contrasti urbanistici, ndr) e una linea che tratta materie prime secondarie, dove finivano terre e rocce di scavo e scorie che all’atto della loro presa in carico fossero ritenuti dall’impresa compatibili con i valori-soglia di legge. Linea bocciata dal gip come «non giuridicamente compatibile».

Roberta De Rossi

Conferimento e bonifica. Dov’è l’affare

VENEZIA – Ma quanto vale questo «illecito esercizio»? Un calcolo esemplificativo lo fa lo stesso gip Liguori nel suo provvedimento cautelare: Adriatica Strade (una delle società che conferisce rifiuti a Mestrinaro) ha portato a Zero Branco 10.718 tonnellate di rifiuti, pagando 29 euro a tonnellata, per 310 mila euro. Mestrinaro ha venduto Rilcem a Save Engineering a 10 euro a tonnellata e a Engineering 2K a 28 al metro cubo, con messa in opera. Risultato: «Si stima che in capo a Mestrinaro derivino introiti dell’ordine di 39 euro a tonnellata (da dedurre costi di trasporto, messa in opera e trattamento illecitamente eseguito)», ma «è comunque evidente dalle pratiche descritte ingenti profitti derivino ove si consideri che lo smaltimento rifiuti presso una discarica di rifiuti non pericolosi costa 45 euro a tonnellata». (r.d.r.)

 

Autovie: analizzato ogni lotto Chisso: ora voglio spiegazioni

L’ampliamento dell’intera tratta di 95 chilometri costerà 2,3 miliardi di euro

L’eventuale bonifica dalle sostanze bloccherebbe la realizzazione dell’opera

MESTRE – Stupore. Questa la prima reazione ad Autovie Venete, alla notizia dell’indagine della Procura della Repubblica veneziana su alcune ditte accusate di aver lucrato su rifiuti tossici che, anzichè essere trattati, venivano trasformati in materiali inerti, utilizzati, secondo l’indagine, anche per realizzare i fondi stradali della terza corsia dell’autostrada A4 Venezia-Trieste. «Non ne so assolutamente nulla, voglio capire come stanno le cose. Certo che ci aspettiamo delle spiegazioni», è l’unico commento, al momento, dell’assessore regionale alle Infrastrutture, il veneziano Renato Chisso, che sui cantieri della terza corsia da Mestre verso Trieste ha puntato molto assieme alla Regione Friuli Venezia Giulia. Alla società autostradale che gestisce il tratto, lo stupore lascia il posto ad un comunicato di poche righe. La società, braccio operativo del commissario per l’emergenza in A4 e impegnata nella realizzazione della terza corsia, «relativamente al materiale utilizzato nei lavori del primo lotto Quarto d’Altino-San Donà di Piave, precisa che tutti quelli fatti entrare in cantiere, compresi quindi quelli forniti dalla ditta Mestrinaro, provengono da impianti autorizzati e periodicamente sottoposti a controlli e analisi». La nota di Autovie Venete prosegue: «I quantitativi di materiale, tecnicamente definiti “lotti” (un lotto corrisponde grosso modo a 3 mila metri cubi), nel momento in cui arrivano in cantiere, sono preceduti dai risultati delle analisi. Fino ad ora nessuna analisi ha rilevato anomalie». Alla società autostradale dei risultati dell’indagine della Procura veneziana e del Noe, il nucleo ambientale dei carabinieri, che ha evidenziato, leggendo le carte, si è detto nella conferenza stampa di ieri mattina, in particolare nel cantiere del casello, a Musestre di Roncade, in territorio trevigiano, la presenza di valori di sostanze inquinanti anche di cento volte sopra i limiti. Se si chiede lumi sulla necessità di bonifiche dei manti stradali, la risposta per ora resta sospesa. «Vedremo, bisogna capire anzitutto», ci viene risposto. Insomma, si attendono comunicazioni dalla magistratura. E il medesimo stupore e la necessità di capirci qualcosa lo si ritrova anche nel commento dell’assessore Chisso. Ma c’è chi da subito vuole vederci chiaro. Simonetta Rubinato, sindaco di Roncade, ha scritto ad Autovie Venete: «Dopo aver appreso dai media dell’indagine avviata dalla Procura della Repubblica di Venezia», spiega la Rubinato, «abbiamo contattato il responsabile di Autovie, l’ingegner Razzini, per chiedere che venga fatta chiarezza quanto prima in merito ai materiali utilizzati nel cantiere della terza corsia, che per 9 chilometri riguarda anche il nostro territorio comunale, e sull’adeguatezza delle procedure amministrative interne di controllo della qualità». I cantieri della terza corsia dell’A4 interessano attualmente il tratto Villesse-Gonars che sarà ultimato entro quest’anno e il tratto tra Quarto d’Altino e San Donà di Piave, i cui lavori termineranno entro il 2015. Qui la capofila dell’appalto è la Impregilo. Le ditte che forniscono i materiali per i due lotti sono diverse tra Veneto e Friuli Venezia Giulia. L’investimento complessivo è di 2 miliardi e 300 milioni di euro per 95 chilometri di autostrada. Una curiosità: l’impresa Mestrinaro è nota anche a Mestre: ha eseguito le demolizioni dell’ex ospedale di Mestre, l’Umberto I, oggi un cantiere fermo da anni, il “buco nero” cittadino.

Mitia Chiarin

Quattro imprenditori e un operaio
 
Ecco chi sono le cinque persone al centro delle indagini di Noe e Procura

ZERO BRANCO – A Zero Branco, i Mestrinaro sono una vera e propria istituzione. L’attività in zona Bertoneria, nella frazione di Sant’Alberto, è stata avviata nel 1915. Attiva prima in agricoltura, per poi passare negli anni all’edilizia, allo scavo e movimento terra, l’azienda si è specializzata tra l’altro nella stabilizzazione del terreno e nell’estrazione e la lavorazione di inerti. Per trattare alcune tipologie di rifiuti pericolosi è stato già realizzato un impianto per cui si attende il via libera della Regione e che è stato oggetto negli anni di ricorsi e battaglie legali con i residenti e il Comune. I fratelli Lino e Sandro Mario Mestrinaro, rispettivamente di 59 e 53 anni, indagati dalla Procura veneziana, rappresentano la terza generazione nell’attività imprenditoriale. Lino Mestrinaro era già stato coinvolto in procedimenti per reati in materia ambientale.

Nell’inchiesta della magistratura veneziana è coinvolto anche Italo Battistella, operaio specializzato della Mestrinaro che, secondo la magistratura, potrebbe aver avuto un ruolo, seppur non di primo piano, nella vicenda. Nell’elenco degli indagati figura l’imprenditore castellano Loris Guidolin, cinquantenne titolare della “Adriatica Strade Costruzioni Generali”, con sede in via Circonvallazione Est, a Castelfranco Veneto. L’azienda è stata fondata nel 1984 proprio da Guidolin, che oggi ne è al timone, ed è specializzata nelle costruzioni edili e nei cantieri stradali. L’azienda di Loris Guidolin lavora spesso in subappalto. È molto conosciuta nella Castellana, dove tra l’altro ha realizzato varie opere per la pubblica amministrazione, tra cui la rotonda di Villarazzo. Nel ciclone di “Appalto scontato” è finito anche l’imprenditore veneziano Maurizio Girolami, titolare della “Intesa 3”, azienda con sede a Marghera.

Rubina Bon

Materiale pericoloso sotto il parcheggio P5 dell’aeroporto
 
Save Engeneering si dichiara all’oscuro di tutto Ora l’area dovrà essere chiusa per procedere con la bonifica
 
MESTRE – Parcheggio “P5”, rotatoria piccola di uscita dell’aeroporto Marco Polo di Tessera, anche qui inerte contaminato. E anche in questo caso campioni prelevati dai carabinieri del Noe, che confermano l’utilizzo del “Rilcem” della Mestrinaro di Treviso. Inerte sporco, contaminato e avvelenato da metalli pesanti che non doveva essere impiegato lì sotto. Invece, stando al calcolo dei carabinieri e della Procura di Venezia, per realizzare quel parcheggio, uno degli ultimi costruiti nell’aerostazione, ne sono state buttate oltre quattromila tonnellate. E anche lì sotto l’arsenico, il vanadio, il cobalto, il nichel e il cromo sono in percentuali elevate. Valori ben al di sopra di quelli previsti e concessi dalla legge in questi casi. Veleni che inevitabilmente finiscono nella falda acquifera e come tutti sanno in una zona dove la stessa falda è molto alta. E di conseguenza facile da essere raggiunta dalle sostanze inquinanti. Le oltre quattromila tonnellate di inerte avvelenato è stato venduto dalla “Mestrinaro” alla “Save Engineering Spa” incolpevole di quanto stava acquistando. Prima vittima, secondo gli inquirenti, di un sistema messo in piedi dalla ditta di Treviso per ingannare gli aquirenti e le leggi. E guadagnare più del dovuto. Ieri “Save Engineering Spa” si è detta all’oscuro di tutto. Sia del fatto di aver acquistato, involontariamente, i veleni, sia di eventuali prelievi eseguiti dagli inquirenti nel parcheggio “P5”. Del resto nessuna anomalia era emersa durante la realizzazione, alcuni anni fa, della stessa area di sosta. Ma le analisi dei carabinieri del Noe non lascerebbero scampo. Ci sono valori della presenza dei veleni anche del cento per cento superiori al limite massimo concesso dalla legge. “Save Engineering Spa” ha annunciato che nelle prossime ore saranno effettuate delle verifiche per capire quanto successo. Anche perché ora si prospetta la possibilità che il parcheggio, costato centinaia e centinaia di migliaia di euro, debba essere chiuso per consentire i lavori di bonifica. In sostanza dovrà essere ricostruito. Inoltre da capire se la falda è stata inquinata. Una falda molto legata alla laguna che si trova a nemmeno un chilometro dal parcheggio in questione. È facile ipotizzare che i veleni indicati dalle analisi degli inquirenti siano già in parte finiti in laguna. Come per “Autovie Venete” che stanno realizzando la terza corsia lungo l’A4, l’indagine dei carabinieri del Noe e della Procura di Venezia anche nel quartiere generale di Save ha creato stupore per quanto emerso durante questa prima fase dall’inchiesta. Anche perché non è chiaro cosa ora bisogna fare con questa bomba ecologica a quattro passi dal terzo aeroporto italiano.

Carlo Mion

LA REPLICA DELLA DITTA
 
«Aspettiamo le indagini con fiducia, siamo sereni»

ZERO BRANCO – È un terremoto quello che dalla Procura della Repubblica di Venezia si è abbattuto sulla Mestrinaro spa di Zero Branco. Gli indagati sono i fratelli Lino e Sandro Mario Mestrinaro, 59 e 53 anni, eredi della famiglia di imprenditori zerotini, e Italo Battistella, dipendente dell’ufficio ambiente della stessa ditta. Dopo il blitz dei carabinieri del Noe, il Nucleo operativo ecologico, scattato alle cinque della mattina di giovedì, ieri è stato un altro giorno difficilissimo per la Mestrinaro. «Confidiamo di dimostrare che l’attività è a norma», chiarisce l’avvocato Fabio Pinelli di Padova, che difende sia i fratelli Mestrinaro che Battistella. Il legale ha ricevuto l’incarico nella giornata di ieri. «L’ordinanza di sequestro è impegnativa, va attentamente studiata», aggiunge. Dal quartier generale della Mestrinaro in via Bertoneria a parlare è l’amministratore delegato del gruppo, Valeria Caltana, moglie di Lino Mestrinaro. «Prendiamo atto delle indagini. La Mestrinaro spa è totalmente serena rispetto all’operato», fa sapere l’amministratore delegato della società, «aspettiamo fiduciosi gli sviluppi delle indagini. La produttività non è assolutamente in discussione». Un messaggio, quello dell’ad Valeria Caltana, che vorrebbe allontanare gli spettri che in queste ore si stanno addensando sull’azienda. Il blitz alle 5. Lino e Sandro Mario Mestrinaro sono stati svegliati all’improvviso. Poco dopo un elicottero aveva perlustrato dall’alto l’area della Mestrinaro, mentre i dipendenti e i camion erano stati trattenuti in azienda. L’operazione che aveva richiesto il dispiegamento di una cinquantina di carabinieri del Nucleo operativo ecologico che hanno posto sotto sequestro un’area di 12 mila metri quadrati. Circa 5.900 tonnellate di rifiuti stoccati all’interno dei capannoni della Mestrinaro erano già stati posti sotto sequestro. Si tratterebbe, secondo quanto appreso dalla Procura, di rifiuti inquinati che la ditta “Intesa 3” di Marghera aveva conferito alla “Superbeton” di Ponte della Priula, che a sua volta aveva portato il materiale alla Mestrinaro. «È una partita di materiale che avevamo inviato alla Mestrinaro a suo tempo perché venisse trattata negli impianti della ditta. Quei rifiuti peraltro erano già stati sequestrati», chiarisce Roberto Grigolin, presidente della Superbeton, «quindi non siamo assolutamente coinvolti in questa vicenda giudiziaria». Rubina Bon

Ha smaltito le macerie dell’ex Umberto I
 
L’impresa trevigiana ha raccolto tra le polemiche i detriti del vecchio ospedale di Mestre

MESTRE – A Mestre la “Mestrinaro” è una ditta ben conosciuta. Infatti si è occupata dello smaltimento delle macerie dell’Umberto I dopo il suo abbattimento. Ha iniziato a lavorare in via Circonvallazione nell’aprile del 2009. Si è trattato di un cantiere che si è messo in moto molto lentamente. Un intervento curato dalla ditta Mestrinaro, incaricata dai privati che hanno acquisito l’area dall’Asl 12 Veneziana, di tutti i lavori legati all’abbattimento degli immobili dell’area da 220 mila metri cubi in cui doveva nascere entro il 2013 un nuovo pezzo di centro, con tre grattacieli con altezze tra i 115 e i 92 metri. Il 3 aprile l’impresa Mestrinaro ha cominciato ad operare all’interno dell’ex ospedale. La prima fase è stata quella del recupero dell’immondizia e del vecchio mobilio abbandonato nell’ex struttura ospedaliera con il trasporto all’Angelo a Zelarino. Materiale caricato sui camion di Veritas e che successivamente venne conferito per l’eliminazione. Quindi per vedere i primi camion uscire dall’area del cantiere ci sono volute alcune settimane. Solo successivamente presero il via le operazioni di demolizione vera e propria. L’area venne presidiata ancora per settimane da una guardia giurata. Il termine previsto per ultimare la demolizione era previsto tra il 31 dicembre e il febbraio 2010. Il lavoro terminò appunto nel 2010. Il piano coordinato con il Comune per ridurre al minimo l’impatto dei camion della demolizione e poi del successivo cantiere sulla viabilità dei Quattro Cantoni e di via Circonvallazione prevedeva che i camion in ingresso percorressero il sottopasso del Terraglio, i Quattro Cantoni, via Einaudi per poi entrare in piazzale Candiani, dal retro dell’ospedale. Per le uscite, i Tir utilizzavano il vecchio ingresso principale su via Circonvallazione, con direzione obbligata il sottopasso del Terraglio. L’impresa Mestrinaro si impegnò ad installare la segnaletica, tenere pulite le strade e monitorare i passaggi, prima su carta e poi con spire di controllo del traffico, per fornire alla Mobilità il quadro esatto ogni mese. Ma nonostante tutti questi accorgimenti la polvere causata dall’abbattimento e dalla movimentazione dei detriti fu la causa di numerose proteste da parte dei cittadini. E più di una volta dovettero intervenire le forze dell’ordine.

Tonnellate di rifiuti tossici usate per strade e parcheggi sotto inchiesta i vertici dell’azienda di Zero Branco e il castellano Loris Guidolin dell’Adriatica costruzioni

l’appalto dei veleni – Un’altra tegola sul capo dei lavoratori già alle prese con la cassa integrazione

BOMBA ECOLOGICA – Miscelati con il cemento arsenico, cromo e cobalto

IL RETROSCENA – Coinvolte nel giro di scorie altre due imprese venete

CONTROLLI del Noe nel cantiere di via Musestre che è sorto lungo la A4

IL BLITZ dei carabinieri nella sede della Mestrinaro a Zero Branco culminato nel sequestro di documenti e materiale

SOTTO ACCUSA – In quel cantiere di via Musestre tonellate di inerti non bonificati

VENEZIA – (mf) Nel mirino dei carabinieri, per il momento, è finito in particolare il cantiere di via Musestre a Roncade, quello in cui la Mestrinaro ha operato direttamente per la costruzione della terza corsia dell’A4, nell’ambito del primo lotto dei lavori che comprende il tratto da Quarto d’Altino a San Donà. Sei i sondaggi eseguiti sul materiale utilizzato che hanno rivelato il superamento significativo dei “valori-soglia” fissati dalla normativa in relazione a nichel, cromo, vanadio e cobalto. Sotto accusa c’è un “misto-cemento stabilizzato”, detto Rilcem, che viene impiegato in attività di ripristino ambientale e nella realizzazione dei sottofondi stradali. Secondo gli investigatori, la Mestrinaro non avrebbe effettuato alcun trattamento di bonifica, conseguendo un notevole risparmio sui costi di corretto smaltimento e nel contempo riuscendo a immettere nel mercato il materiale a prezzi concorrenziali.

Una bomba ecologica sotto la terza corsia della A4. E la Mestrinaro SpA di Zero Branco c’è dentro fino al collo, almeno a giudicare dagli accertamenti del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri, al termine di una vasta operazione sul trattamento dei rifiuti. L’operazione infatti chiama in causa soprattutto l’azienda trevigiana dove è stato effettuato un consistente sequestro. Tutto era partito da una verifica, svolta con l’Arpav, su 5900 tonnellate di scarti dell’edilizia che dalla ditta Intesa 3 erano stati destinati agli impianti di recupero gestiti da Superbeton SpA di Ponte della Priula. In questi rifiuti, secondo quanto hanno accertato i pm Gava e Terzo, erano state trovate tracce di arsenico, piombo, rame, mercurio, floruri e altri minerali. Tutto materiale che non poteva essere gestito dalla ditta trevigiana in quanto le contaminazioni erano superiori ai limiti di legge. Una terza società, la Adriatica strade e costruzioni generali, avrebbe poi girato alla Mestrinaro 11.780 tonnellate di rifiuti provenienti da un cantiere di Mestre che anche in questo caso avevano un elevato livello di arsenico. A questo punto sono scattati i controlli e i carabinieri hanno scoperto che la Mestrinaro, tra il 2010 e il 2012, aveva ricevuto circa 40mila tonnellate di materiale inquinato. «Tutti questi rifiuti -hanno spiegato i carabinieri- in parte provenienti da alcuni cantieri di Mestre e Marghera oppure tramite Superbeton e Adriatica costruzioni, erano costituiti da terre, rocce da scavo e scorie derivanti da combustione contenenti sostanze contaminanti. Il materiale non veniva adeguatamente filtrato e veniva così creata una mescola non in grado di inertizzare i rifiuti».
Da questo processo di lavorazione si otteneva un composto che non poteva essere utilizzato, come invece è accaduto, per rampe, parcheggi o sottofondi stradali. «Come se non bastasse -ha aggiunto il capitano Donato Manca- la Mestrinaro ha spacciato e trasportato con la qualifica Rilcem (un misto cementato, ndr) mescole che contenevano altre sostanze inquinanti come vanadio, cobalto, nichel e cromo con valori che superavano la soglia. E ha poi commercializzato e immesso nell’ambiente inquinanti, limitandosi a mescolarli con calce, cemento e altri rifiuti». Da qui sono scattate le 5 denunce per traffico illecito di rifiuti contestata a Maurizio Girolami, veneziano della Intesa 3, a Loris Guidolin, di Castelfranco, responsabile della Adriatica, a Mario e Lino Mestrinaro, residenti a Zero Branco e a Italo Bastianella, responsabile ambiente della ditta.

Giampaolo Bonzio

IL COMUNE DI RONCADE«Autovie faccia subito chiarezza» anche la Rubinato vuole risposte

RONCADE – Anche l’amministrazione comunale di Roncade, facendosi portavoce delle preoccupazioni diffuse tra la popolazione in merito alla presenza di rifiuti tossici, si è mossa subito inviando nel pomeriggio di ieri una comunicazione ad Autovie Venete per avere al più presto delucidazioni sulla vicenda. «Dopo aver appreso dell’indagine su un bitume che potrebbe contenere rifiuti tossici –spiega il sindaco Simonetta Rubinato– abbiamo contattato il responsabile di Autovie per chiedere che venga fatta chiarezza sui materiali utilizzati nel cantiere della terza corsia, che per 9 km riguarda anche il nostro territorio. E seguiremo attentamente gli sviluppi».

L’EUROPARLAMENTARE – Da Zanoni l’appello al governatore «E adesso basta concessioni»

TREVISO – «È fondamentale che gli inquirenti stiano indagando sul traffico di rifiuti pericolosi che hanno portato al blitz di mercoledì alla Mestrinaro di Zero Branco. Mi auguro che, parallelamente, l’Arpav intervenga per scongiurare qualsiasi inquinamento ambientale, a tutela dei cittadini». È il commento dell’eurodeputato Andrea Zanoni, membro della commissione Ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare al Parlamento europeo, dopo il blitz del Noe. «Invito invece il governatore Zaia -ha poi chiuso Zanoni- a prendere una decisione sensata non concedendo per la terza volta il via libera al centro per il trattamento di rifiuti speciali sempre della Mestrinaro».

RESIDENTE – Luisa Marchioro lancia nuove accuse all’azienda

AMBIENTALISTA – Gino Spolaore si batte da anni contro gli effetti dell’ inquinamento

MEMORIA – Giuseppe Massaccesi chiede di trasferire le lavorazioni pericolose

I RESIDENTI DELLA BERTONERIA – Zero Branco schiuma rabbia «Ci è venuta la pelle d’oca»

Gli scioccanti risultati del blitz alimentano la tensione tra la gente «Intollerabile stoccare sostanze del genere a pochi passi dalle case»

«Dopo il blitz dell’altra mattina speriamo che le autorità si rendano conto che viviamo a pochi metri da una vera e propria bomba ecologica». Monta la rabbia tra gli abitanti della località Bertoneria a Sant’Alberto di Zero Branco che si battono contro l’attività della Mestrinaro Spa che tratta terre inquinate da bonificare per poi riutilizzarle come sottofondi stradali o in opere pubbliche. «I materiali tossici -dice Giuseppe Massaccesi, 77 anni, residente in via Sant’Antonio- devono trovare una diversa collocazione che non sia quella della lavorazione a ridosso delle abitazioni della Bertoneria. Abbiamo sempre detto che non abbiamo niente contro la famiglia Mestrinaro. Quello che interessa alle famiglie è vivere in un ambiente sano. Per anni abbiamo sopportato rumori notturni e polveri della lavorazione degli inerti. Di rifiuti speciali contenenti pericolose sostanze chimiche non ne vogliamo proprio sapere». In zona Bertoneria si parla anche di una forte incidenza di malattie tumorali. Niente di accertato ancora su base clinica e scientifica, ma ne fa cenno Luisa Marchioro, 55 anni, tre figli, che abita a pochi metri dalla Mestrinaro. «Mi sto curando da anni ormai. L’oncologa che mi segue non è certa che ci possa essere un collegamento diretto tra la mia malattia e la vicinanza con i rifiuti pericolosi. Mi ha però detto che sarebbe opportuno venisse fatta una ricerca scientifica. Dispiace quando si parla di posti di lavoro a rischio per gli operai della Mestrinaro, però la salute della gente deve venire prima di tutto». Di bomba ecologica parla anche Gino Spolaore ambientalista della Bertoneria: «Fa venire la pelle d’oca leggere quello che i carabinieri del Noe hanno trovato nella perquisizione fatta alla Mestrinaro. Un mix di sostanze chimiche ad alto contenuto tossico stoccate a pochi metri da dove si coltivano il radicchio rosso e gli asparagi e dove ci sono le falde acquifere». Intanto le organizzazioni sindacali cui aderiscono il centinaio di lavoratori della Mestrinaro sono mobilitate per cercare di contenere il pericolo di un ulteriore ricorso alla cassa integrazione fatta dall’azienda negli ultimi mesi.
I VICINI DELL’AZIENDA – Esplode la rabbia: «Viviamo accanto a una bomba ecologica»

«Viviamo a pochi metri da una vera e propria bomba ecologica». Sono furenti gli abitanti di Zero Branco che da anni convivono con l’attività della Mestrinaro Spa. «I materiali tossici – dice Giuseppe Massaccesi, 77 anni – devono trovare una diversa collocazione che non sia quella della lavorazione a ridosso delle abitazioni della zona. Quello che interessa alle famiglie è vivere in un ambiente sano. Per anni abbiamo sopportato rumori notturni e polveri della lavorazione degli inerti. Di rifiuti speciali contenenti pericolose sostanze chimiche non ne vogliamo proprio sapere». Di bomba ecologica parla anche Gino Spolaore: «Fa venire la pelle d’oca leggere quello che i carabinieri del Noe hanno trovato. Un mix di sostanze chimiche ad alto contenuto tossico stoccate a pochi metri da dove si coltivano il radicchio rosso e gli asparagi e dove ci sono le falde acquifere».

I rifiuti tossici? Nel bitume della A4

Dopo i sequestri, denunciati i fratelli Lino e Mario Mestrinaro e altri 3 dirigenti

«Siamo sereni, l’attività non si ferma» poi il cda si affida a un avvocato di Padova

Giornata agitatissima quella di ieri alla Mestrinaro e non poteva essere altrimenti. Già al mattino si è riunito d’urgenza il consiglio di amministrazione per esaminare a fondo la faccenda. L’unica dichiarazione ufficiale da parte dei vertici l’ha rilasciata nel tardo pomeriggio l’amministratore delegato Valeria Caltana: «Prendiamo atto delle indagini in corso della Procura della Repubblica di Venezia -ha detto in una nota diffusa alla stampa- ma la Mestrinaro SpA è assolutamente serena rispetto al proprio operato. L’attività dell’azienda resta immutata nella fiduciosa attesa che le indagini portino maggiore chiarezza nei prossimi giorni». Nel frattempo la Mestrinaro ha affidato la propria difesa all’avvocato padovano Fabio Pinelli. «Domani inizierò a studiare le carte nel dettaglio -ha puntualizzato il legale- Da quanto ho potuto apprendere ritengo che la Mestrinaro abbia sempre agito nella piena regolarità». Non aggiunge altro Pinelli che nelle prossime ore dovrebbe partecipare a un vertice con i manager e i titolari dell’azienda di Zero Branco per studiare le contromosse all’azione della Procura distrettuale antimafia. Da quanto filtra l’avvocato dovrebbe avvalersi della consulenza di un esperto in materia di rifiuti pericolosi e di “veleni”. «Per il momento le contestazioni non ci permettono di capire molto», ha aggiunto il legale padovano.

 

Sostanze tossiche sotto la terza corsia – Mestrinaro indagata

I carabinieri hanno scoperto il materiale sotto la A4 e in un park del Marco Polo. Nel mirino la ditta Mestrinaro di Zero Branco

OPERAZIONE “APPALTO SCONTATO” – Tutto è partito da un controllo sugli scarti edilizi di una ditta di Marghera

LE ANALISI – Nelle scorie scoperti piombo, rame, mercurio, floruri e altre sostanze

L’OPERAZIONE – I mezzi della ditta Mestrinaro di Zero Branco

Rifiuti pericolosi sotto terza corsia e aeroporto

VENEZIA – Sostanze pericolose sui lavori della terza corsia dell’autostrada A4 e su un parcheggio dell’aeroporto Marco Polo. È quanto hanno accertato i carabinieri del Noe, il Nucleo operativo ecologico al termine di una vasta operazione sui trattamenti dei rifiuti. L’operazione, illustrata dal Procuratore Luigi Delpino e dell’aggiunto Carlo Mastelloni, ha comportato anche alcune perquisizioni domiciliari.
Nel mirino dell’operazione “Appalto scontato” è così finita soprattutto la ditta Mestrinaro di Zero Branco dove i carabinieri hanno effettuato un sequestro di oltre 12mila metri quadrati.
Tutto era partito da una verifica, svolta con l’Arpav, su 5900 tonnellate di scarti dell’edilizia che dalla ditta Intesa 3 di Marghera erano stati destinati agli impianti di recupero gestiti da Superbeton spa di Susegana Ponte della Priula. In questi rifiuti, secondo quanto è stato accertato dai pm Gava e Terzo, erano state trovate tracce di arsenico, piombo, rame, mercurio, floruri ed altri minerali. Tutto materiale che non poteva essere gestito dalla ditta trevigiana in quanto le contaminazioni erano superiori ai limiti di legge. Una terza società, la Adriatica strade e costruzioni generali, avrebbe poi girato alla Mestrinaro spa di Zero Branco 11.780 tonnellate di rifiuti provenienti da un cantiere di Mestre che anche in questo caso avevano un elevato livello di arsenico. A questo punto sono scattati i controlli e i carabinieri hanno scoperto che la Mestrinaro spa, tra il 2010 e il 2012 aveva ricevuto circa 40mila tonnellate di questo materiale inquinato. «Tutti questi rifiuti – hanno spiegato i carabinieri del Noe – in parte provenienti da alcuni cantieri di Mestre e Marghera oppure tramite Superbeton e Adriatica costruzioni, erano costituiti da terre, rocce da scavo, scorie derivanti da combustione contenenti sostanze contaminanti. Il materiale non veniva adeguatamente filtrato e veniva così creata un mescola non in grado di inertizzare i rifiuti». Da questo processo di lavorazione si otteneva un composto che non poteva essere utilizzato, come invece è accaduto, per rampe autostradali, parcheggi o altro ancora.
L’indagine ha permesso di accertare che la Mestrinaro avrebbe acquistato materiale a 29 euro a tonnellata e invece di bonificarlo, ad un costo di 45 euro a tonnellata, lo trattava e lo rimetteva in circolazione a 39 euro a tonnellata.
«Come se non bastasse – ha aggiunto il capitano Donato Manca – la Mestrinaro ha spacciato e trasportato con la qualifica Rilcem (un misto cementato per sottofondi stradali) mescole che contenevano sostanze inquinanti come vanadio, cobalto, nichel e cromo con valori che superavano la soglia. Ed ha poi commercializzato e immesso nell’ambiente rifiuti inquinanti, limitandosi a mescolarli con calce, cemento ed altri rifiuti».
Da qui sono scattate le cinque denunce per traffico illecito di rifiuti. La violazione delle legge 260 è contestata a Maurizio Girolami, veneziano della Intesa 3, Loris Guidolin, di Castelfranco responsabile della Adriatica, Mario e Lino Mestrinaro, residenti a Zero Branco e a Italo Bastianella, responsabile ambiente della ditta.

Gianpaolo Bonzio

 

Scarti tossici nel cemento in A4 e in un park del “Marco Polo”

CINQUE INDAGATI – Maxisequestro alla ditta Mestrinaro di Zero Branco.  «Ha mescolato scarti tossici al cemento per i cantieri»

L’INCHIESTA – Sigilli a un’area di 12 metri quadri. Stoccati rifiuti per 4mila metri cubi

Il sequestro preventivo disposto dal gip Liguori, come hanno spiegato ieri il Procuratore Luigi Delpino e l’aggiunto Carlo Mastelloni, nei confronti della ditta Mestrinaro ha interessato un’area di stoccaggio, sia coperta che scoperta, di circa 12mila metri quadrati. In questa zona erano stati depositati rifiuti per circa 4mila metri cubi. Per quanto riguarda l’inquinamento sulle opere pubbliche (dall’aeroporto alla terza corsia dell’autostrada) va detto che questo potrebbe dar vita, in futuro, ad eventuali carotaggi per verificare che, in base alla legge sui rifiuti, ci siano problemi concreti per quel tipo di progetto.

IL PRECEDENTE – Autostrada sotto controllo anche per infiltrazioni mafiose

Sorvegliati speciali. Sono i cantieri lungo l’A4 attivi nelle costruzione della Terza Corsia. Come tutte le grandi opere pubbliche in cui il rischio delle infiltrazioni mafiose attraverso il sistema degli appalti e dei subappalti è sempre in agguato e che una specifica normativa statale, recepita anche dalla Prefettura lagunare, impone dei monitoraggi continui a scopo preventivo. L’ultimo blitz, coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia, risale allo scorso febbraio quando gli appositi gruppi interforze, composti da carabinieri, guardia di finanza e polizia, hanno passato al setaccio il cantiere di Meolo, con accesso da via Castelletto, dove si stava realizzando il nuovo cavalcavia sulla Treviso-Mare. Censite tutte le ditte impegnate, identificati tutti gli operai presenti, controllate tutte le macchine operatrici e gli apparecchi utilizzati. Lo scorso anno analoghi ispezioni nelle attività in essere nei comuni di Noventa di Piave e di Fossalta di Piave, le quali non hanno rilevato alcuna operazione dubbia o riconducibile a qualche attività illecita. Sopralluoghi di routine allo scopo di rllevare eventuali irregolarità o anamalie.

LA SCHEDA – Nell’ottobre 2011 il via ai lavori tra Quarto e San Donà

I lavori di realizzazione del primo lotto Quarto d’Altino-San Donà di Piave della terza corsia della A4 sono iniziati nell’ottobre 2011, dopo le operazioni preliminari di disboscamento, bonifica bellica e spostamento delle interferenze, sotto la direzione dell’impresa Impregilo, che aveva ottenuto l’appalto per l’ampliamento dell’autostrada. Fin dall’avvio dei lavori è stata decisa l’apertura contemporanea dei cantieri vicini, anziché uno dopo l’altro, com’era stato inizialmente previsto. Una serie di interventi collegati alla terza corsia ha impegnato finora le imprese che operano nella A4, per la costruzione dei nuovi cavalcavia, più lunghi dei precedenti sovrappassi, e per la sistemazione della viabilità locale di collegamento.
Sono stati infatti rifatti i cavalcavia di Noventa di Piave, Roncade, Monastier e l’ultimo, a Meolo, aperto qualche settimana fa, con poderosi interventi che hanno richiesto la ripetuta chiusura notturna dell’autostrada. Complessivamente le opere collegate alla terza corsia sono cinque nuovi ponti, otto cavalcavia e quattro sottopassi. L’intervento qualificante del tratto autostradale è stato comunque la realizzazione del nuovo casello autostradale Meolo-Roncade, concluso a tempo di record ed inaugurato il 16 ottobre dello scorso anno, anche se è ancora aperto solo parzialmente. Il casello è stato direttamente collegato ad una nuova rotatoria sulla Treviso-mare, la strada verso Jesolo. Il completamento del tratto Quarto d’Altino-San Donà della terza corsia è previsto per il 2015. (E. Fur.)

L’APPALTO – Una cordata di imprese con Impregilo e Mantovani

A4, veleni sotto la terza corsia

Arsenico, mercurio e altre sostanze usate anche per il fondo di un parcheggio dell’aeroporto

Sostanze pericolose sui lavori della terza corsia dell’autostrada A4 e su un parcheggio dell’aeroporto Marco Polo. È quanto hanno accertato i carabinieri del Noe, il Nucleo operativo ecologico al termine di una vasta operazione sui trattamenti dei rifiuti. Nel mirino dell’operazione “Appalto scontato” è così finita la ditta Mestrinaro di Zero Branco dove i carabinieri hanno effettuato un consistente sequestro. Tutto era partito da una verifica, svolta con l’Arpav su 5900 tonnellate di scarti dell’edilizia che dalla ditta Intesa 3 erano stati destinati agli impianti di recupero gestiti da Superbeton spa di Susegana Ponte della Priula. In questi rifiuti, secondo quanto è stato accertato dai pm Gava e Terzo, erano state trovate tracce di arsenico, piombo, rame, mercurio, floruri ed altri minerali. Tutto materiale che non poteva essere gestito dalla ditta trevigiana in quanto le contaminazioni erano superiori ai limiti di legge. Una terza società, la Adriatica strade e costruzioni generali, avrebbe poi girato alla Mestrinaro spa di Zero Branco 11.780 tonnellate di rifiuti provenienti da un cantiere di Mestre che anche in questo caso avevano un elevato livello di arsenico. A questo punto sono scattati i controlli e i carabinieri hanno scoperto che la Mestrinaro spa, tra il 2010 e il 2012 aveva ricevuto circa 40mila tonnellate di questo materiale inquinato. «Tutti questi rifiuti – hanno spiegato i carabinieri del Noe – in parte provenienti da alcuni cantieri di Mestre e Marghera oppure tramite Superbeton e Adriatica costruzioni, erano costituiti da terre, rocce da scavo, scorie derivanti da combustione contenenti sostanze contaminanti. Il materiale non veniva adeguatamente filtrato e veniva così creata un mescola non in grado di inertizzare i rifiuti».
Da questo processo di lavorazione si otteneva un composto che non poteva essere utilizzato, come invece è accaduto, per rampe, parcheggi o altro ancora. «Come se non bastasse – ha aggiunto il capitano Donato Manca – la Mestrinaro ha spacciato e trasportato con la qualifica Rilcem (un misto cementato per sottofondi stradali) mescole che contenevano sostanze inquinanti come vanadio, cobalto, nichel e cromo con valori che superavano la soglia. Ed ha poi commercializzato e immesso nell’ambiente rifiuti inquinanti, limitandosi a mescolarli con calce, cemento ed altri rifiuti».
Da qui sono scattate le cinque denunce per traffico illecito di rifiuti. La violazione delle legge 260 è contestata a Maurizio Girolami, veneziano della Intesa 3, Loris Guidolin, di Castelfranco responsabile della Adriatica, Mario e Lino Mestrinaro, residenti a Zero Branco e a Italo Bastianella, responsabile ambiente della ditta.

L’APPALTO – Una cordata di imprese con Impregilo e Mantovani

I DETTAGLI – Nel mirino è finito in particolare il cantiere di via Musestre a Roncade

Rilcem, quel materiale comprato e rivenduto senza alcuna bonifica

Sotto la lente d’ingrandimento dei carabinieri del Noe, per il momento, è finito in particolare il cantiere di via Musestre a Roncade, quello in cui la Mestrinaro ha operato direttamente per la costruzione della Terza corsia dell’A4, nell’ambito del primo lotto dei lavori, che comprende il tratto da Quarto d’Altino a San Donà di Piave. Sei i sondaggi eseguiti sul materiale utilizzato che hanno rivelato il superamento in maniera significativa dei “valori-soglia” fissati dalla normativa in relazione a nichel, cromo, vanadio, cobalto. Sotto accusa il cosiddetto Rilcem, vale a dire un “misto-cemento stabilizzato” che viene impiegato in attività di recupero e di ripristino ambientale e nella realizzazione dei sottofondi stradali, che secondo gli investigatori, al Mestrinaro ha ricavato senza alcun trattamento di bonifica, conseguendo un notevole risparmio sui costi di corretto smaltimento e nel contempo riuscendo a immettere nel mercato il materiale in oggetto a prezzi oltremodo concorrenziali: comperato a 29 euro a tonnellata e rimesso in circolazione a 39 euro, quando il trattamento di bonifica ne costerebbe 49 a tonnellata. Tra il 2011 e il 2012 è stato calcolato che sono state oltre 34mila le tonnellate di Rilcem contaminato scaricate lungo la Venezia-Trieste, causando anche la conseguente contaminazione dell’ambito di destinazione.
E fra gli aspetti più gravi sui cui puntano il dito gli inquirenti, c’è anche il fatto che in base al regime di tracciabilità adottato dalla Mestrinaro spa non è possibile stabilire né quali trattamenti abbiano subito le singole forniture di Rilcem né se le forniture di Rilcem contaminato siano state vendute ad altri acquirenti magari del tutto ignari.
Autovie Venete, interpellate in merito all’inchiesta, ha ribadito che non ha ricevuto alcuna comunicazione ufficiale e in una nota diffusa precisa che «tutti i materiali fatti entrare in cantiere, compresi quindi quelli forniti dalla ditta Mestrinaro, provengono da impianti autorizzati e periodicamente sottoposti a controlli e analisi. Fino ad ora nessuna analisi ha rilevato anomalie». La società inoltre spiega che non ha alcun rapporto diretto con la Mestrinaro spa, bensì con l’Ati “La Quado”, vincitrice della gara da 427 milioni, composta Impregilo spa (capofila), Mantovani spa, (finita nell’occhio del ciclone dopo l’arresto per maxi frode fiscale del presidente Piergiorgio Baita, successivamente dimessosi dalla carica, e che è ancora in carcere) Coveco, Socostramo srl e Carron Angelo spa. Allo stato non è ancora chiaro se questa vicenda possa avere riflessi o meno anche su tutto il sistema degli appalti e dei subappalti.

LA DIFESA – L’azienda riunisce il cda

Il legale: «Siamo sereni sul nostro operato»

Giornata agitatissima quella di ieri alla Mestrinaro e non poteva essere altrimenti. Già al mattino si è riunito d’urgenza il consiglio di amministrazione per esaminare a fondo la faccenda. L’unica dichiarazione ufficiale da parte dei vertici l’ha rilasciata nel tardo pomeriggio l’amministratore delegato Valeria Caltana: «Prendiamo atto delle indagini in corso della Procura della Repubblica di Venezia – ha detto in una nota diffusa alla stampa – ma la Mestrinaro SpA è assolutamente serena rispetto al proprio operato. L’attività dell’azienda resta immutata nella fiduciosa attesa che le indagini portino maggiore chiarezza nei prossimi giorni». Nel frattempo la Mestrinaro ha affidato la propria difesa all’avvocato padovano Fabio Pinelli. «Domani inizierò a studiare le carte nel dettaglio – ha puntualizzato il legale – Da quanto ho potuto apprendere ritengo che la Mestrinaro abbia sempre agito nella piena regolarità». Non aggiunge altro Pinelli che nelle prossime ore dovrebbe partecipare a un vertice con i manager e i titolari dell’azienda di Zero Branco per studiare le contromosse all’azione della Procura distrettuale antimafia. Da quanto filtra l’avvocato dovrebbe avvalersi della consulenza di un esperto in materia di rifiuti pericolosi e di “veleni”. «Per il momento le contestazioni non ci permettono di capire molto», ha aggiunto il legale padovano.

 

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