Segui @OpzioneZero Gli aggiornamenti principali anche su Facebook e Twitter. Clicca su "Mi piace" o "Segui".

Questo sito utilizza cookie di profilazione, propri o di terze parti per rendere migliore l'esperienza d'uso degli utenti. Continuando la navigazione acconsenti all'uso dei cookie. Per maggiori informazioni cliccare qui



Sostieni la battaglia contro l'inceneritore di Fusina, contribuisci alle spese legali per il ricorso al Consiglio di Stato. Versamento su cc intestato a Opzione Zero IBAN IT12C0501812101000017280280 causale "Sottoscrizione per ricorso Consiglio di Stato contro inceneritore Fusina" Per maggiori informazioni cliccare qui

L’intervento del rappresentante del governo al convegno: «Dobbiamo perpararci al peggio per i mutamenti di clima»

«Bisogna prepararsi al peggio: Venezia e le coste del nostro Paese subiranno eventi climatici più severi di quelli che abbiamo già conosciuto». Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini lo dice all’isola di San Servolo, intervenendo al convegno «Da Sandy a Doha, la sfida del cambiamento climatico». Il clima che cambia e il livello del mare che aumenta. Non è più una previsione di qualche scienziato, ma un’emergenza sempre più vicina. A cui non siamo preparati. «Bisogna finire il Mose e renderlo efficace», ha detto il ministro, «poi aggiornare le difese costiere delle aree del Nord Adriatico sotto il livello del mare, come Ravenna e Monfalcone ai nuovi scenari climatici. Ci vorranno 40 miliardi».

«Bene», commenta l’assessore all’Ambiente del Comune Gianfranco Bettin, «dopo che per vent’anni tutto l’establishment aveva negato l’esistenza dei cambiamenti climatici facendo finta di non vedere, adesso stanno prendendo paura. Se il mare aumenterà di livello bisognerà non soltanto completare il Mose, ma anche verificare che il Mose sia in grado di difendere lo stesso la città pur con le condizioni così radicalmente cambiate. Non basta che siano i progettisti ad assicurarlo». Il Consorzio Venezia Nuova infatti sostiene che le dighe mobili sono in grado di proteggere la città per maree superiori ai tre metri. Studi di scienziati indipendenti hanno dimostrato però che con lo scenario radicalmente modificato rispetto agli studi che avevano giustificato il Mose (60-80 centimetri di aumento del livello del mare a fine 2100, contro i 22 previsti all’inizio) le dighe dovrebbero essere chiuse 80-100 volte l’anno, in pratica una volta ogni tre giorni, molto di più nel periodo invernale. «A quel punto ci si dovrebbe porre il problema del ricambio e della tenuta di questo progetto nella laguna», dice Bettin. Ma i lavori del Mose vanno avanti. E anche il sindaco Giorgio Orsoni ha chiesto al governo di garantirne il completamento. Senza però dimenticare le tante emergenze della città, a cominciare dalla manutenzione, ormai ferma da anni per la mancanza di fondi. «Inutile difendere la città con le dighe se dietro le dighe non c’è più niente», dice Orsoni. Da domani il senato dovrebbe cominciare a discutere la nuova legge di Stabilità, che contiene un emendamento che dà 50 milioni destinati al Mose alla città per i restauri, 100 milioni al Porto. Dovrebbe essere la svolta che restituisce i finanziamenti di Legge Speciale destinati alla manutenzione della città storica, dopo il taglio deciso nel 2001, quando con la Legge Obiettivo di Lunardi-Berlusconi i fondi vennero dirottati esclusivamente al Mose tramite il Cipe.

Alberto Vitucci

link articolo

 

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Copyrights © 2012-2015 by Opzione Zero

Per leggere la Privacy policy cliccare qui