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Gazzettino – Bufera sulla Mantovani

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8

mar

2013

Tante aziende ma un unico indirizzo: via Fratelli Bandiera

I “GESTORI” – L’imprenditore bellunese, il ragioniere padovano e l’ex esponente dc

Secondo gli inquirenti a Venezia c’era un polo per la produzione di fatture false legato alla Mantovani. A gestirlo un terzetto, in cui spicca l’ex segretario di Carlo Bernini

Dal Borgo e i legami con il consulente di Baita con manager e politici

IL PM – Stefano Ancilotto è titolare dell’inchiesta che sta facendo tremare il Nord Est degli appalti e degli affari

Le “cartiere” di Marghera e il ritorno di Franco Ferlin

L’INCHIESTA – Le società perquisite ufficialmente si occupano di consulenze ambientali

Marghera, via Fratelli Bandiera 45/a. Qui, secondo gli inquirenti, avrebbero sede alcune “cartiere” che opererebbero da tempo a stretto contatto con il Gruppo Mantovani. Sulla carta si tratterebbe di società di consulenze tecnico ambientali. In realtà la loro specializzazione sarebbe un’altra: la produzione di fatture false. A guidare questo presunto polo del “nero” su scala industriale sarebbero tre personaggi. Al primo posto, nella lista degli investigatori, c’è il ragioniere Mirco Voltazza, padovano, ex impiegato di banca e promotore finanziario, con precedenti per ricettazione, peculato e calunnia, fuggito all’estero da più di un mese. Voltazza che gli investigatori sospettano essere il coordinatore delle “cartiere”, ha un contratto con il Gruppo Mantovani per la costruzione e la successiva demolizione della piattaforma su cui sorgerà l’Expo 2015. Voltazza ha un ufficio in via Fratelli Bandiera 45/a. Accanto al suo c’è quello di un altro dei presunto protagonisti di questa vicenda: Luigi Dal Borgo, imprenditore bellunese e, secondo gli inquirenti, socio dello stesso Voltazza. Dal Borgo anzi è sospettato di “nascondere” il ragioniere padovano quando dall’estero rientra furtivamente nel Veneto. Ma a completare il terzetto c’è un personaggio il cui nome finora non era mai emerso. Ed è un nome noto, non solo agli inquirenti ma anche alle cronache politiche della Prima Repubblica: si tratta di Franco Ferlin, padovano, personaggio della Tangentopoli veneta 1992, all’epoca segretario del potente senatore democristiano e ministro dei Trasporti, Carlo Bernini. Anche Ferlin ha uffici in via Fratelli Bandiera 45/A a Marghera ed è socio di Dal Borgo.
I tre sarebbero a capo di una rete di società, tutte con sede nel Veneziano, sospettate appunto di fungere da “cartiere” di fatture false. Franco Ferlin è amministratore unico della Ipros – Agri Bio Energy srl, con sede legale in via Einaudi 74 a Mestre e sede operativa in via Fratelli Bandiera 45/a a Marghera. La società ha per oggetto l’esercizio in via diretta o attraverso società e enti di partecipazione di attività nel campo della ricerca.
La maggior parte delle quote della Ipros appartiene alla Finard srl, che ha pure sede in via Einaudi 74 a Mestre. L’oggetto di questa società è l’attività amministrativa, societaria, logistica, di consulenza e di direzione strategica e finanziaria nei confronti delle società partecipate. Soci della Finard srl sono Franco Ferlin e Luigi Dal Borgo. Ma la maggior parte delle quote appartengono alla Pannorica srl, che ha sede a Venezia, San Marco 2065. La Pannorica srl ha come oggetto l’amministrazione di beni per conto di terzi.
Tutte queste presunte “cartiere” veneziane sono state perquisite nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza che sta indagando sulle società che fanno capo al terzetto Dal Borgo-Ferlin-Voltazza e sui loro soci.

Lino Lava

 

L’INVITO – Manager pubblici «Intorno alle ossa del maiale»

IL CASO – IL 2 febbraio il ragioniere doveva essere al Riva de Milan a Valdobbiadene. Ma all’ultimo cambiò programma.

E Voltazza sfuggì alla Gdf che filmava il pranzo

A tavola anche Pieralessandro Mazzoni, Mariano Carraro e Bond

PADOVA – L’appuntamento era invitante: “Intorno alle ossa del maiale”. No, non si trattava di un convegno gastronomico. Ma di un pranzo tutto dedicato al suino: sabato 02 febbraio 2013, ore 13.00, all’agriturismo “Riva de Milan” di Valdobbiadene, provincia di Treviso. Presenti intorno al desco alcune decine di persone tra cui alcuni manager pubblici come Mariano Carraro, Fabrio Fior, Roberto Morandi o l’ammnistratore delegato di Veneto Acque Pieralessandro Mazzoni. Ma anche politici come il capogruppo Pdl in regione Veneto Dario Bond. Tutti invitati dal bellunese Luigi Dal Borgo, imprenditore ambientalista con attività a Marghera, coinvolto nell’inchiesta Mantovani e su cui si appuntano sospetti per la fabbricazione di fatture false. Con lui avrebbero dovuto esserci anche due altri personaggi noti alle cronache giudiziarie e molto legati a Dal Borgo: il suo socio ed ex segretario di Bernini, Franco Ferlin,(il recapito telefonico sull’invito per il pranzo era quello della sua società di Marghera, la Ipros-Agro Bio Energy, recentemente perquisita dalla Gdf) e l’amico Mirco Voltazza, il pluripregiudicato consulente di Baita, scomparso all’estero e anch’egli coinvolto nell’inchiesta sul gruppo Mantovani. Ma l’uno e l’altro quel 2 febbraio non si sono presentati ai tavoli del Riva de Milan a gustare prelibatezze suine. Entrambi hanno preferito girare alla larga. Voltazza in realtà all’agriturismo di Valdobbiadene ci sarebbe pure arrivato, ma poi all’ultimo momento avrebbe fatto retromarcia: sarebbe risalito rapidamente sul suo potente Suv e se ne sarebbe andato. Pare in direzione della Croazia, raggiunta dopo una sosta in provincia di Udine. Come si spiega questo improvviso cambio di programma del ragioniere padovano chiamato da Baita ad occuparsi dell’Expo 2015? Voltazza potrebbe essere stato avvertito o quantomeno sicuramente aver intuito che all’agriturismo quel giorno c’era qualcosa di anomalo. E in effetti c’era. Il pranzo prevedeva infatti una presenza, assai discreta e ovviamente ignota ai più, quantomeno inconsueta: quella delle telecamere degli uomini delle Fiamme Gialle che infatti hanno lungamente filmato quel pranzo invernale a base di maiale sui colli di Valdobbiadene. E gli uomini delle Fiamme Gialle erano lì anche in attesa del ragioniere Voltazza, il quale, secondo gli investigatori, avrebbe molto da raccontare sull’inchiesta che coinvolge il gruppo Mantovani.

L.L.

 

IL PERSONAGGIO – L’ “ombra” del senatore e i guai con Tangentopoli

Franco Ferlin era il segretario di Carlo Bernini, all’epoca ministro democristiano, poi precipitato nelle inchieste di Tangentopoli. Ferlin era l’ombra del potente doroteo trevigiano scomparso due anni fa. Il portaborse finì in carcere, fu condannato e la condanna alla pena detentiva finì in giudicato. Il 26 aprile 2000 si presentò al carcere Due Palazzi di Padova dicendo: «Mi chiamo Franco Ferlin. Devo scontare un residuo di pena. Ci deve essere un ordine di carcerazione a mio carico. Mi sto costituendo». E ha scontato fino in fondo il suo conto con la giustizia. Una volta uscito passò un periodo in affido ai servizi sociali.
I guai per lui erano venuti dall’inchiesta veneziana avviata dei pubblici ministeri Ivano Nelson Salvarani e Carlo Nordio (per corruzione, concussione e finanziamento illecito dei partiti) riguardanti la spartizione di appalti da parte delle aziende che pagavano la Dc di Carlo Bernini e il Psi di Gianni De Michelis. Ferlin venne condannato a quattro anni e mezzo dal Tribunale di Venezia, in appello aveva patteggiato una pena di un anno, quattro mesi e venti giorni di reclusione con la sospensione condizionale.

 

VENEZIA – La denuncia dell’ing. Mammino

«Il Mose? Con gli olandesi sarebbe costato un terzo»

Il consulente (poi rimosso) del Magistrato alle Acque: «Come in altre opere pubbliche, tutti calcavano la mano»

In tre se ne sono andati dal Comitato tecnico del Magistrato alle Acque di Venezia per colpa del Mose. O sono stati costretti a farlo. La prima a mettere frequentemente i bastoni tra le ruote in alcuni progetti era stato il Magistrato alle Acque di Venezia Maria Giovanna Piva, “rimossa” in anticipo rispetto alla scadenza del suo contratto. Aveva chiesto approfondimenti sulle cerniere delle paratoie mobili che dovevano essere montate: il progetto prevedeva fossero realizzate con la tecnica della fusione, mentre si optò per la tecnica della saldatura dei componenti, realizzata da Fip Mantovani, come più avanzata tecnologicamente, nonostante una perizia contraria. Piva fu trasferita a Bologna, facendole intendere che se non se ne fosse andata avrebbe rischiato una destinazione molto più lontana. «Se nella fusione il rapporto percentuale era 80 di costi e 20 di utili, la proporzione nel caso della saldatura era l’opposto, con 80 di utili a fronte di 20 di spesa». Parola dell’ingegner Armando Mammino, dal 2002 al 2009 consulente del Magistrato alle Acque incaricato di controllare e migliorare i progetti presentati al Comitato tecnico di Magistratura.
«Controllavo quelli della Mantovani con lo stesso zelo che impiegavo negli altri, ma mi consideravano un rompiscatole – prosegue Mammino – Anche perchè era prassi consolidata, nel Mose come nelle altre opere pubbliche, calcare la mano alla grande nelle fatture sui quantitativi dei materiali e sulle altre spese. Non ho scrupoli a dire che se il Mose fosse stato subappaltato agli olandesi si sarebbe concluso in un terzo del tempo e sarebbe costato un terzo dei soldi».
Mammino si mise di traverso ai progetti del Consorzio Venezia Nuova. In proposito, spiega ancora l’ex consulente: «Spesso capitava di chiedere dei correttivi. Nel 2009 c’erano in discussione alcuni progetti del Consorzio. Avevo chiesto di parlare con i tecnici per rivedere alcune cose, avevo dato ben quattro date per incontrarci senza risposta. Furono presentati per l’approvazione in Comitato tecnico di Magistratura quegli stessi progetti che avevo contestato senza alcuna modifica. Mi opposi, suscitando una pittoresca reazione dell’ingegner Patrizio Cuccioletta, il Magistrato alle Acque che aveva sostituito Piva. Mi fu comunicato per lettera che il mio ruolo di consulente era concluso».
Mammino, esperienza quarantennale nel campo delle costruzioni, fu sostituito con il prof. Renato Vitaliani dell’Università di Padova, che ha fornito la propria esperienza anche alla ditta Cignoni, incaricata della progettazione esecutiva del ponte di Calatrava a Venezia. Qualche mese più tardi un altro professore prese le distanze dal Comitato tecnico di Magistratura delle Acque: Lorenzo Fellin, già ordinario di sistemi elettrici e direttore del dipartimento di ingegneria elettrica dell’Università di Padova si dimise per non avvallare scelte che non condivideva: «Anche se la normativa dava ragione al Consorzio Venezia Nuova – dichiara – ragioni di opportunità suggerivano un bando di gara internazionale sulla tecnica da utilizzare per le cerniere del Mose».
Nel frattempo Mantovani afferma in un comunicato di essere “estranea agli illeciti contestati ai propri esponenti” e la propria intenzione a portare a termine regolarmente i lavori anche senza l’apporto delle persone indagate.

 

L’IMPRESA   «Siamo estranei ad ogni contestazione e porteremo a termine tutti i lavori»

L’impresa Mantovani proseguirà l’attività anche senza l’apporto delle persone attualmente indagate nell’indagine della Procura veneziana. Lo ribadisce la società, tranquillizzando i lavoratori diretti e dell’indotto che da giorni vivono in ambasce nel timore che si blocchino tutti i cantieri in cui la Mantovani è impegnata.
«La società – si legge in una nota aziendale – desidera assicurare che sono in corso di adozione i provvedimenti più opportuni per assicurare alla società una governance autorevole, estranea ai fatti sui quali la magistratura sta indagando, ma anche in grado di garantire continuità nell’operatività e negli indirizzi tecnici e gestionali».
Dopo aver ribadito che gli interessati dai provvedimenti cautelari hanno rassegnato le dimissioni dalle cariche ricoperte, la Mantovani Spa “desidera in ogni caso ribadire l’estraneità della società rispetto ad ogni illecito contestato a propri esponenti, riservandosi ogni valutazione a tutela degli interessi della società”.
Infine, un ringraziamento alle proprie maestranze, che mai come in questi giorni sono state preoccupate per il futuro.
«La società è fortemente impegnata, in ciò sostenuta dai propri azionisti – conclude il comunicato aziendale – a portare avanti gli importanti progetti e lavori ad essa affidati e desidera ringraziare le proprie maestranze per l’unitarietà e la dedizione dell’azienda in più occasioni manifestate in questi giorni».

 

BUFERA SULLA MANTOVANI

INCHIESTA MANTOVANI – L’ex consulente: «Mose, tutte le aziende gonfiavano le spese»

LA CONSULENZA  «Il Consorzio trascurò le mie osservazioni. E fui allontanato»

L’ATTO DI ACCUSA – Armando Mammino, ex tecnico del Magistrato alle acque  «Se l’avessero fatto in Olanda sarebbe costato un terzo»

«Mose, tutti gonfiavano le spese»

«In tutte le opere pubbliche le aziende fornitrici calcano la mano sui materiali e sulle fatture»

INGEGNERE – Armando Mammino, l’ingegnere che per sette anni fu consulente del Magistrato alle acque sui lavori per il Mose

«Se il Mose l’avessero fatto in Olanda ci avrebbero messo un terzo del tempo e sarebbe costato un terzo di quello che verrà a costare. Del resto quando si ha a che fare con le opere pubbliche tutti hanno il vizio di calcare la mano sulle fatture, come è avvenuto con il Mose, aumentando i volumi dei materiali impiegati e non solo quelli». Non ha peli sulla lingua Armando Mammino, l’ingegnere che dal 2002 al 2009 fu consulente del Magistrato alle Acque con l’incarico di controllare e proporre miglioramenti sulle componenti strutturali di tutti i progetti relativi alle opere interne ed esterne della laguna in costante connessione operativa con il concessionario per l’esecuzione “Consorzio Venezia Nuova”.
Un’attività di consulenza che riguardò notevoli e numerosi lavori di costruzioni marittime, che ha avuto il suo peso nella taratura della sicurezza, della qualità, dell’ottimizzazione di tutti i grandi manufatti ora in fase di ultimazione.
«La Mantovani aveva degli standard di progettazione non malvagi – racconta Mammino – e i rapporti erano apparentemente buoni. Sapevo però che alle spalle mi detestavano perchè nel Comitato tecnico di magistratura facevo la parte del rompiscatole, chiedevo spesso aggiustamenti sui loro progetti, come pure facevo con qualsiasi altra ditta, come mi suggerisce la mia esperienza quarantennale nel campo delle costruzioni».
Alla fine del 2009 arriva la lettera in cui il Magistrato alle Acque solleva Mammino dall’incarico, sostituendolo con un altro esperto, l’ing. Renato Vitaliani dell’Università di Padova, che ha messo le proprie conoscenze anche al servizio anche della ditta Cignoni, incaricata della progettazione esecutiva del ponte della Costituzione.
«Sapevo di essere diventato antipatico anche al Magistrato alle Acque, l’ing. Patrizio Cuccioletta, che aveva preso il posto di Maria Giovanna Piva. Con lei avevo lavorato con ottima sintonia professionale, ma era stata trasferita a Bologna per la vicenda delle cerniere delle paratoie, prodotte mediante saldatura e non per fusione come previsto dal progetto definitivo. Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu la mia obiezione ad alcuni progetti del Consorzio Venezia Nuova sui quali avevo richiesto dei correttivi. Avevo dato quattro date disponibili per parlare con i progettisti ma non fui interpellato. Alla successiva riunione del Comitato tecnico di Magistratura i progetti furono presentati tali e quali, senza alcuna modifica e io mi opposi. Cuccioletta si arrabbiò molto in quella riunione e poco tempo dopo arrivò la lettera in cui mi si rimuoveva dall’incarico».
Dopo alcuni mesi anche Lorenzo Fellin, professore ordinario di Sistemi elettrici e direttore del direttore del Dipartimento di ingegneria elettrica dell’Università di Padova ed esperto del Comitato tecnico di Magistratura se ne andò sbattendo la porta perchè non se la sentiva di avvallare le scelte del Magistrato alle Acque, che “pretendeva l’unanimità”.

Raffaella Vittadello

 

LE REPLICHE – L’ex Magistrato e il Consorzio: «Noi non c’entriamo»

«Non voglio fare alcuno sgarbo istituzionale all’attuale Magistrato alle acque, io sono in pensione da un anno e mezzo ormai, non ho più alcun ruolo istituzionale. Non ho motivo di commentare l’arresto del presidente della Mantovani Piergiorgio Baita. Bisogna chiedere all’attuale Magistrato».
Così risponde Patrizio Cuccioletta, romano, Magistrato alle Acque di Venezia per alcuni anni in sostituzione di Maria Giovanna Piva, che aveva chiesto ulteriori approfondimenti sulle cerniere del Mose realizzate con la tecnica della saldatura anzichè della fusione dalla Fip Mantovani, contrariamente a quanto previsto dal progetto definitivo.
Ciriaco D’Alessio, magistrato alle acque attuale, ha detto nei giorni scorsi di non aver mai avuto rapporti diretti con la Mantovani, ma solo con il Consorzio Venezia Nuova di cui l’azienda di Baita fa parte. «Il Magistrato alle Acque – ha spiegato D’Alessio – paga le fatture al Consorzio, che a sua volta si avvale anche di ditte in subaffidamento».
E sulla vicenda dell’ing. Armando Mammino, il consulente del Comitato tecnico di Magistratura liquidato “per essersi messo di traverso ad alcuni progetti del Consorzio Venezia Nuova”, il Consorzio fa sapere di non essere l’interlocutore giusto. «Al di là del fatto che sono passati diversi anni e bisognerebbe essere più precisi sul tipo di progetti di cui stiamo parlando, il rapporto dell’ingegnere non era direttamente con noi ma con il Magistrato, dunque se c’erano delle contestazioni da fare era a Palazzo X Savi che andavano fatte».

R.V.

 

No Mose – Nuova memoria a Bruxelles

L’Assemblea permanente No Mose chiede alla Commissione per le petizioni del Parlamento europeo di non archiviare due denunce presentate tra il 2005 e il 2005 e corredate da oltre 12mila firme. I promotori, Luciano Mazzolin e Tiziana Turatello, lo scorso febbraio avevano presentato opposizione all’archiviazione e chiesto un termine di 30 giorni per la presentazione di ulteriori memorie.
«Riteniamo – si legge nel dossier inviato a Bruxelles – che non si siano esaminate in maniera approfondita le memorie supplementari presentate durante l’audizione del 2007. Nel documento sono citate pagine e pagine di atti pubblici tra i quali spiccano valutazioni della Corte dei conti e del Ministero dell’Ambiente. Del 2008 è una perizia di danni ambientali che la bocca di porto di Malamocco avrebbe patito e che il Comune avrebbe allora quantificato in circa 120 milioni.

 

MARGHERA – L’imprenditore perquisito opera tra via Fratelli Bandiera e Quarto d’Altino

Dal Borgo, il fedelissimo del presidente Baita

L’ingegner Luigi Dal Borgo è considerato un grande esperto di infrastrutture, persona seria e molto preparata. Ed è anche stato, almeno fino ad un paio di anni fa, amico e collaboratore di Piergiorgio Baita, il loro legame risale ai tempi dell’Università. Poi i rapporti professionali si sono un po’ raffreddati ma solo perché la Mantovani Costruzioni era diventata un’impresa troppo grossa e difficile da seguire per un singolo imprenditore.
Il suo nome è venuto alla ribalta dopo le perquisizioni che la Guardia di Finanza ha effettuate venerdì scorso a Quarto D’Altino dove c’è la Crea Technology srl, di cui l’ingegnere è presidente, e a Marghera nello stabile di via Fratelli Bandiera 45/A a poca distanza dal centro sociale Rivolta. È la palazzina dell’impero dei Furlanis e oggi, oltre alla sede della società francese Citelium che gestisce l’illuminazione pubblica del Comune, ospita varie ditte riconducibili a Dal Borgo, in primis la Nsa Srl, Non Solo Ambiente, nonché le attività di Mirco Voltazza, il consulente tecnico ambientale per l’Expo 2015 scomparso all’estero da più di un mese, pregiudicato per ricettazione, peculato e calunnia che, secondo gli inquirenti, sarebbe amico di Dal Borgo e anche socio.
Nella palazzina di Marghera Luigi Dal Borgo occupa tutto il terzo piano e la parte sinistra del piano terra con varie società dato che, operativamente, ogni volta che apre un settore di intervento, crea una ditta apposita.
Residente a Pieve d’Alpago, Dal Borgo dopo la laurea ha fatto la sua gavetta in grandi cantieri per dighe, autostrade e quant’altro, dopodiché si è messo in proprio.
I rapporti con Baita sono cominciati abbastanza presto ed evidentemente suscitava in lui grande fiducia visto che nei primi anni Novanta, quando Piergiorgio Baita finì inquisito e in carcere, e non poteva sedere nei vari consigli di amministrazione in cui era stato nominato, era proprio Luigi Dal Borgo che lo sostituiva. Fino a qualche anno fa appariva anche nel cda della stessa Mantovani.
Dal Borgo si recò pure in Russia per acquistare le navi utilizzate per portare in laguna i masegni utilizzati per costruire le dighe del Mose. E anche con il Consorzio Venezia Nuova ha rapporti di lavoro, essendo il fornitore dei geotessuti utilizzati per rifare le rive dei canali e consolidare le barene.
Tra le ultime intraprese di Dal Borgo, assieme a Baita, c’è l’”autostrada” che Veneto Acque sta realizzando tra l’alto Portogruarese e Rovigo: la società della Regione, cui partecipa anche Mantovani, sta costruendo un enorme collettore che raccoglie l’acqua alla base delle risorgive e la porta appunto fino nel Rodigino. Quando la grande opera sarà finita tutti gli acquedotti del nostro territorio saranno riforniti da questa conduttura. (e.t.)

 

L’INCHIESTA – Colombelli e le fatture false. Nel mirino da oltre 2 anni

La Procura seguiva da tempo l’attività del broker.

VENEZIA – Da due anni Procura e Finanza tenevano Colombelli sotto tiro

Da almeno due anni la Procura stava seguendo da molto vicino l’attività di William Colombelli (in particolare le fatture) ma la svolta dell’inchiesta è arrivata solo la settimana scorsa. Stesso discorso per quanto riguarda le intercettazioni telefoniche nei confronti degli altri arrestati. Contatti costanti, ma a quanto pare incentrati sempre sugli stessi argomenti, dove emerge un Piergiorgio Baita molto preparato sulle problematiche tecniche. E poi altri riscontri sui progetti.
Gli investigatori stanno analizzando la documentazione di circa ottanta faldoni, carte molto delicate che potrebbero dar vita a nuovi scenari per quando concerne la maxi inchiesta sulla società Mantovani. La mole di lavoro è così consistente che in queste ore sono diversi gli investigatori che stanno vagliando i documenti recentemente sequestrati, in particolare le false fatturazioni che sono la base portante del lavoro della Procura. Anche la verifica sulle nuove “cartiere” deve essere realizzata comparando il materiale di alcuni progetti con le documentazioni sequestrate. E spesso emergono singolari analogie.

 

L’avvocato Fogliata: «Non sapevo nulla dei filmini “a luci rosse” che gli hanno sequestrato»

Anche il pubblico ministero Stefano Ancilotto, titolare dell’inchiesta, sta valutando con il collega Stefano Buccini come proseguire la verifica incrociata dei progetti finiti nel mirino della Guardia di finanza. Al momento pare certo, salvo sorprese, che la svolta dovrebbe arrivare solamente nel corso dell’udienza del Tribunale del riesame fissata per il 15 marzo, ma il fatto che le difese abbiano già annunciato che punteranno parecchio sull’incompetenza territoriale fa ritenere alla Procura di Venezia che su alcuni aspetti dell’inchiesta non si voglia più di tanto entrare nel merito.
Tra i legali degli arrestati va segnalata la presa di posizione di Renzo Fogliata, difensore di William Colombelli, il presidente della Bmc Broker di San Marino al quale sono stati recentemente sequestrati diversi filmini “a luci rosse”. In alcuni di questi filmati Colombelli sarebbe anche il protagonista. «Ignoravo del tutto questo materiale e ho scoperto della sua esistenza solo leggendo il giornale – ha precisato ieri mattina l’avvocato Fogliata – in ogni caso penso che queste cose rappresentino vicende del tutto personali che non hanno nulla a che vedere con l’inchiesta. A tal proposito siamo invece in attesa della discussione davanti al Tribunale del riesame».

 

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