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Gazzettino – Porto Marghera, gli occhi della mafia

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

7

mag

2013

Il business dei rifiuti che fa gola alla mafia

GRANDI OPERE «Ambiente sotto attacco»

NELLA NOSTRA REGIONE – Illegalità, un business da due miliardi

COSTOSO – Il Passante di Mestre

Tra il 2007 e il 2011 nei vari depositi e stabilimenti per il trattamento di rifiuti della zona si è registrato un solo incendio. Nel 2012 sono schizzati a 5 e, a inizio 2013, ce n’è già stato un altro. «Questo non vuol dire di per sè che sia opera della criminalità – spiega Gianni Belloni, coordinatore dell’Osservatorio -, ma è un segnale, come molti altri, da tenere sott’occhio».
Dei 2 miliardi di euro che costituiscono i ricavi delle attività illegali nel Veneto (tra droga, contraffazioni, sfruttamento sessuale) il traffico di rifiuti vale 149 milioni di euro e colloca il Veneto al primo posto in Italia. Ecco perché le antenne vanno tenute sempre sollevate. Anche nei confronti degli altri attacchi all’ambiente: quelli perfettamente legali che approfittano dell’assenza delle istituzioni, in questo caso della Regione Veneto che ha un Piano dei trasporti fermo al 1990 e il Ptrc ancora da rinnovare (Piano Territoriale Regionale di Coordinamento). In questo vuoto i project financing, affidati ai soliti gruppi imprenditoriali connessi alla politica, come Mantovani e altri, nascono come funghi anche per grandi opere che l’Osservatorio giudica inutili se non dannose e sicuramente più costose per la collettività (Mose, ma soprattutto autostrade e passanti vari, per non parlare di ospedali). E in queste opere «il rischio d’impresa è scaricato sull’utente» come i pendolari che sborsano il 10% dello stipendio mensile per pagare l’autostrada. (e.t.)

 

OSSERVATORIO   «La Regione ritiri quella delibera»

L’ALLARME «Alles, c’è il rischio salti il sistema dei controlli»

La criminalità non è imbattibile, anzi la ricerca del centro studi Transcrime (tra l’Università Cattolica di Milano e quella di Trento) boccia i mafiosi come imprenditori, dato che la profittabilità delle loro aziende è in linea con quella delle imprese legali se non addirittura peggiore, per colpa di una gestione inefficiente, e nonostante le intimidazioni verso il personale, i fornitori e i concorrenti. La crescita dell’azienda infiltrata (di solito in settori a bassa tecnologia, alta intensità di manodopera e alto coinvolgimento di risorse pubbliche) non è un obiettivo per il mafioso imprenditore, continua la ricerca riportata nel quaderno dell’Osservatorio ambiente legalità Venezia, al contrario egli mira a diversificare gli investimenti, anche per evitare confische e sequestri.
La criminalità, insomma, si può battere anche perché distrugge l’economia invece di svilupparla. Certo che è indispensabile non aprirle varchi. E l’assessore Gianfranco Bettin ieri ha ribadito che un varco pericolosissimo è costituito dal permesso che la Giunta Regionale, senza nemmeno passare per il Consiglio, ha aperto con l’autorizzazione al potenziamento dell’impianto Alles: la società partecipata da Mantovani potrà aumentare moltissimo la tipologia di rifiuti da trattare a Malcontenta ma soprattutto potrà importarli da fuori regione.

«La delibera rischia di far saltare il sistema collaudato di controlli pubblici sul ciclo dei rifiuti tossici, che ora è pressoché un ciclo locale – afferma Bettin -. Con una Variante urbanistica, imposta d’imperio al piano regolatore dell’area industriale, si consente l’arrivo di rifiuti tossici e pericolosi da ovunque, creando un precedente per altre imprese analoghe ad Alles. Il rischio di aprirsi ad avventurieri e a criminali viene così moltiplicato da questa che di fatto è una inquietante, pericolosa deregulation di tutta l’area».

Perciò ieri l’Osservatorio ha ribadito la richiesta alla Regione di annullare quella delibera, mentre il Comune ricorrerà al Tar per chiederne la sospensiva. E questa sera a Marghera, alle 20.30 in municipio, si terrà un’assemblea pubblica, organizzata dall’Assemblea permanente contro il rischio chimico per contrastare il progetto. (e.t.)

 

Il primo studio dell’”Osservatorio ambiente legalità” dedicato al traffico illegale di rifiuti

Il porto di Venezia è uno degli scali maggiormente utilizzati per l’esportazione di rifiuti: scaglie e cascami della fabbricazione di ghisa, ferro e acciaio, avanzi di materie plastiche, pneumatici, carta. È un traffico in costante aumento che non sente crisi, anche perché il Veneto è tra le regioni con il maggior numero di impianti di deposito e trattamento dei rifiuti.
Questo non significa che stiamo parlando i traffici illegali, anzi sicuramente la maggior parte degli operatori è onesta e preparata e porta ricchezza al territorio, «e allo stesso modo la nostra attenzione su Porto Marghera non significa che sia diventata terra di criminali ma è determinata dal fatto che qui una stagione diversa, di riqualificazione di industrie pulite, è già iniziata e non vogliamo che si torni indietro». Così Gianfranco Bettin ha spiegato il senso dell’Osservatorio Ambiente Legalità Venezia che ieri mattina in Municipio a Mestre ha presentato il primo quaderno prodotto, dedicato alle ecomafie e ai rifiuti, in senso ampio del termine, perché sporca il territorio non solo chi commercia illegalmente i veleni ma pure chi lo riempie di cemento e di asfalto.
L’Osservatorio, coordinato da Gianni Belloni (ha anche un comitato scientifico curato da Laura Fregolent) è promosso da Legambiente Veneto con il sostegno e la collaborazione dell’assessorato comunale all’Ambiente.
Nel rapporto Dia 2011 (la Direzione investigativa antimafia) si legge che la mafia si è infiltrata «oltre che nel Veneto Orientale e a Venezia, a Porto Marghera nel traffico di rifiuti». Anche se non parliamo solo di ecomafie (’ndrangheta, camorra e Cosa Nostra) che si prendono il 50% della torta, mentre il resto è in mano a criminali locali, a volte alleati con gruppi stranieri.
L’Osservatorio serve a raccogliere e mettere insieme i dati e le esperienze di diversi soggetti che si occupano di difesa dell’ambiente, comprese le forze dell’ordine e la magistratura, per creare un database immediatamente consultabile, perché la prevenzione è la migliore delle tattiche contro le attività illegali. «Vogliamo creare sentinelle ambientali» ha spiegato Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto.
E le prime sentinelle in servizio, tra le quali anche docenti universitari di Venezia e di Padova, hanno lavorato per un anno e mezzo per produrre questo primo rapporto. Che parla di nuovi traffici illegali di rifiuti: sono quasi scomparse le rotte verso Sud, fatte di illegalità conclamata, e sono state sostituite da sistemi camuffati alla perfezione da trasporti legali verso il Nord Italia (Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Trentino, Friuli) e, da lì, alla volta di Germania, Austria, Danimarca e naturalmente Cina che ha una grande fame di materiali per le proprie industrie. Anche in questo caso la legalità è la norma ma l’illegalità si diffonde. Lo dimostra l’incremento dei sequestri effettuati dall’Agenzia delle dogane nel corso di operazioni interforze, come l’Operazione Serenissima che ha sgominato un traffico di rifiuti tossici spediti con bolle false, che venivano utilizzati come fonti di energia o per produrre giocattoli e materiali informatici che poi venivano rivenduti, “puliti”, anche in Italia.

 

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