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Un gigante di acciaio di 30 per metri per 20. Alla fine saranno 79 distribuite nelle tre bocche di porto Dopo trent’anni di studi e polemiche la prossima settimana cominciano le “prove in bianco”

Ecco la prima paratoia del Mose. Con le cerniere montate, pronta ad essere installata sul fondale della bocca di porto di Lido, lato Treporti. Lo scatolone di metallo, 30 metri per 20, spesso cinque metri, è arrivato ieri a Punta Sabbioni trainato da un rimorchiatore che l’aveva prelevato in area Pagnan, a Marghera. Qui le prime quattro paratoie costruite nei cantieri di Monfalcone sono state preparate per il varo con il montaggio della cerniera. La settimana prossima, dopo 30 anni di studi, a 25 anni dalla presentazione del progetto e a dieci dall’avvio dei lavori, il progetto Mose entrerà nella fase più delicata. La paratoia, una delle 79 che dovranno chiudere i tre varchi delle bocche di porto entro il 2016, sarà calata sul fondo e agganciata ai cassoni in calcestruzzo, già posizionati a una profondità di 13 metri. Poi cominceranno le «prove in bianco», come le chiamano gli ingegneri, per vedere in loco se il meccanismo sott’acqua funziona o ha bisogno di correttivi. Entro l’estate seguiranno le altre paratoie. Così per la primavera prossima il primo varco, quello da Punta Sabbioni all’isola artificiale del bacàn di Sant’Erasmo (21 paratoie) dovrebbe essere chiuso. Si lavora anche all’altro varco, lato San Nicolò, e a Malamocco, dove la conca di navigazione è quasi ultimata. Ma a meno di dieci anni dalla sua progettazione risulta già «vecchia», e inadatta a ricevere durante il maltempo e le fasi di chiusura del Mose, navi sopra un certo tonnellaggio. Per questo si pensa a un nuovo porto off shore (costo quasi tre miliardi di euro).

Il Mose ha i soldi garantiti, perché il governo lo ha definito grande opera di priorità nazionale. Fino ad oggi sono stati stanziati circa 4 miliardi di euro dei 5 e mezzo necessari per la sua ultimazione. I lavori sono arrivati a oltre due terzi. Sono state realizzate le dighe foranee e la conca di navigazione a Malamocco, i porti rifugio a Treporti e Ca’ Roman, le dighe esterne a Malamocco, Chioggia e San Nicolò. Quest’ultima semidistrutta da una mareggiata nel novembre dell’anno scorso. Realizzati anche gli scavi dei canali e l’isola artificiale che ospiterà anche la centrale elettrica e gli edifici di controllo del Mose, che avrà il suo centro operativo in Arsenale. Qui saranno periodicamente trasportate le paratoie, al ritmo di una al mese, per essere ripulite, verniciate e poi rimesse nel sito. Un’opera infinita, che avrà costi molto elevati. Intanto non si placano le polemiche e le obiezioni alle dighe. Il Comitato «No Mose» ha chiesto garanzie sul proseguimento dei lavori, soprattutto in base al rapporto della società francese Principia, commissionato quattro anni fa dalla giunta Cacciari, che ha evidenziato rischi di tenuta del sistema in caso di mare molto mosso. A questo si aggiungono le obiezioni sulla «risonanza» della schiera di barriere avanzate da Chiang Mei, l’esperto consulente del Consorzio. L’altra sera nella sede del Cnr all’Arsenale convegno sulle maree con l’Istituto del Comune e l’Istituto Grandi masse del Cnr. Preoccupazione dei ricercatori sui modelli di previsione, in particolare per gli ultimi casi di marea eccezionale e la loro consistenza anomala, come strano è risultato il divario dei massimi tra Venezia e Chioggia. Occorre perfezionare i modelli e dare personale e risorse alle Previsioni, per evitare di dover in futuro utilizzare il sistema con falsi allarmi e penalizzare la portualità. Il professo Bernardo De Bernardinis, presidente di Ispra e già presidente della commissione Via, che diede parere negativo al progetto nel 1998, ha ricordato che il Mose era stato pensato solo per le maree eccezionali: «In caso di chiusure più frequenti è necessario studiare bene la variazione dei parametri fisici e biologici della laguna». Altro problema sarà quello del traffico navale, e in particolare croceristico. Le attuali navi non potranno passare per la conca in caso di chiusura. «E con il Mose in funzione», dice Sergio Vazzoler, storico esponente dei socialisti veneziani, «San Marco avrà l’acqua alta lo stesso».

Alberto Vitucci

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