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Urbanistica e tutela del paesaggio, consegnate le osservazioni sul nuovo Piano «Aree attorno ai caselli, il documento permette a Venezia di decidere da sola»

VENEZIA – Hanno consegnato le osservazioni critiche a ridosso della data di scadenza prevista per il 31 agosto, ma la quantità di plichi portati in Regione esprime da sé il lungo lavoro di analisi del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (Ptrc) del “Movimento 5 Stelle” e delle Associazioni per un Altro Veneto (“AltroVe”), arrivati ieri mattina all’Ufficio Protocollo della Regione.

Quello che i movimenti contestano è che il Ptrc attuale, adottato nel 2009 e in cammino per l’approvazione, è stato ritoccato dalla Giunta Regionale in maniera non convincente tanto da essere battezzato «l’ammazza piani».

Il cuore del problema, secondo la portavoce grillina Michela Furin e Oscar Mancini di «AltroVe», è che la variante introdotta dalla Giunta nel Ptrc non garantisce norme precise per la tutela del paesaggio, ma ne legittima lo sfruttamento (spesso utilizzando il project financing), come nel caso del citatissimo articolo 38 su cui i contestatori hanno scritto pagine e pagine.

«L’articolo 38 – spiegano – prevede che per un raggio di 2 chilometri, cioè 1256 ettari, attorno ai caselli la Regione abbia piena autorizzazione a decidere che cosa fare, esautorando la potestà pianificatoria perfino al comune di riferimento.

Questo significa che nella Pedemontana, dove ci sarebbero 16 caselli, la Regione potrebbe avere potere decisionale su circa 20 mila ettari».

Il problema risale a qualche anno fa. Il Ptrc utilizzato ufficialmente è infatti del 1992. In questo vengono prescritte alcune norme di tutela del paesaggio, ma ovviamente necessitano di un aggiornamento che non è mai stato ultimato. Nel 2009 Giancarlo Galan ne propone uno nuovo che, pur mantenendo alcune norme, agevola il mercato edilizio, ma non prende in considerazione «la valenza paesaggistica», un vincolo pensato proprio per bloccare la costruzione selvaggia.

All’epoca il Ptrc di Galan viene contestato con 15 mila osservazioni, ma poi tutto viene interrotto con l’inizio della nona legislatura. Il Ptrc dovrebbe funzionare con una griglia di regole che dicano chiaramente dove si può edificare e dove invece non è permesso, studio che non è mai stato fatto.

«Per accelerare i tempi – spiega il portavoce Oscar Mancini – è stato adottato il Ptrc di Galan, ma la Giunta Regionale ha introdotto la variante che oggi contestiamo che permette di violare il paesaggio chiamando “piani strategici” gli interventi».

Ieri mattina una trentina di grillini, inclusi parlamentari e senatori, hanno affollato il cortile di Rio Novo. In due giorni hanno raccolto 8000 firme provenienti da contesti diversi: «Abbiamo formalizzato – racconta Michela Furin – 160 osservazioni, ma anche suggerimenti. Vogliamo potenziare la rete di trasporti pubblici e vogliamo un piano energetico che sottolinei le potenzialità di tutto il Veneto».

Vera Mantengoli

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«Così la Regione ci paralizzerà»

Raffica di osservazioni contro le norme del “Ptrc” che bloccano lo sviluppo a Mestre

«La prossima settimana incontrerò il vicepresidente della Regione, Marino Zorzato, per affrontare direttamente la questione che rischia di bloccare l’attività di praticamente tutti i Comuni veneti».

Andrea Ferrazzi, assessore comunale all’Urbanistica, spiega assieme al direttore del direttore del settore Urbanistica del Comune di Venezia, Oscar Girotto, le osservazioni e il ricorso al presidente Napolitano per arginare l’impatto fortemente negativo di una variante al Piano territoriale regionale di coordinamento, con valenza paesaggistica, che rischia di bloccare in città centinaia di progetti e interventi edilizi. Dopo una variante del 2009, di cui non si sa più nulla, nel 2013 il nuovo provvedimento è stato adottato dalla giunta Zaia ma introduce norme non discusse con i Comuni e dall’impatto decisamente importante.

Mestre rischia di non avere la grande opera di rigenerazione urbana, promessa dal Pat. Rischiano di essere bloccati i progetti di sviluppo della stazione ferroviaria o progetti di rilancio come la multisala al Candiani. Anche l’ex palazzo delle Poste di piazzale Favretti, con i suoi segni di “brutalismo” (corrente architettonica) si ritrova vincolato come la chiesa di via Aleardi, la stazionetta di servizio di piazza XXVII Ottobre, il centro culturale Candiani, il malandato complesso di case popolari del Circus di Chirignago, progettato da Cappai e Mainardis, o il liceo Franchetti. A Venezia, l’ex colonia del Lido assieme al Cotonificio di Santa Marta. Per il palazzo delle ex Poste, che deve diventare un albergo, l’immobiliare Favretti si è già mossa con un ricorso al Tar.

«La variante pone dei vincoli davvero assurdi su edifici e sistemi di edifici del Novecento che rientrano nel nostro Pat impedendo di fatto il recupero e la riqualificazione di queste aree ritenute impianti urbanistici significativi, non si tutela il territorio, ma al contrario si alimenta il degrado urbano», dice Ferrazzi.

L’elenco di edifici tutelati dal comitato scientifico del Ptrc è lungo: 42 tra edifici e sistemi in terraferma, 20 tra Lido e Mazzorbo, altri 36 in centro storico. «La prima questione da considerare», rileva Girotto, «è la coerenza di questo strumento in termini giuridici e procedimentali, poiché esso crea un doppio regime di salvaguardia e non tiene conto del lavoro fatto fino ad oggi dai Comuni, di concerto con la Regione, con i Pat, i Piani di assetto del territorio».

Esempi concreti: la variante al Ptrc indica il collegamento della alta velocità in gronda lagunare; la sublagunare la divide in due rami (il primo collegato all’aeroporto, il secondo a Chioggia con un intervento portuale non precisato al Lido)e vede un hub della logistica all’interporto di Padova, scordandosi del porto di Venezia. La cittadella aeroportuale coincide con l’aeroporto. Si lascia mano libera al masterplan di Save? Dietro l’angolo il rischio, concreto, di paralizzare l’Urbanistica a Venezia. «L’assurdità della variante », concludono Ferrazzi e Girotto, «è evidenziata dall’articolo 38, che prevede che tutti gli interventi che si vogliono fare su edifici che si trovano nel raggio di due chilometri da caselli autostradali e fermate Sfmr debbano essere autorizzati dalla Regione. In terraferma rimarrebbero esclusi solo Favaro, Campalto e Trivignano».

(m.ch.)

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