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Gazzettino – Riviera “Le multe? Ora i cinesi pagano”

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

15

ott

2013

IL FENOMENO – Il comandante dei carabinieri: «Così guadagnano la fiducia dei committenti»

Sini: «Una volta dopo i blitz i laboratori clandestini scomparivano, oggi si mettono in regola»

I cinesi, popolo versatile che assimila molto ed impara in fretta. «Talmente in fretta che ora stanno assimilando anche le pastoie della burocrazia amministrativa italiana – afferma il comandante della Compagnia dei carabinieri di Chioggia, Antonello Sini, all’indomani nel blitz in 22 laboratori gestiti da cinesi, di cui 10 sono stati chiusi – Invece di scomparire dopo breve tempo con le loro aziende come facevano una volta, ora preferiscono pagare le contravvenzioni, mettersi in regola e continuare a lavorare nello stesso posto per acquisire la fiducia da parte delle ditte committenti».

I cinesi sono presenti in Riviera del Brenta da una ventina d’anni. In molti campi lavorativi, quello calzaturiero in particolare, hanno sostituito molte aziende locali a colpi di concorrenza sleale.

Si calcola che dal 2000 abbiano chiuso i battenti in Riviera del Brenta circa 150 tomaifici “italiani”, sostituiti da altrettanti laboratori cinesi.

Impiegano esclusivamente operai cinesi, regolarmente assunti, ma di fatto sottopagati. L’Associazione tomaifici terzisti veneti, che raduna oltre una trentina di artigiani del settore calzaturiero della Riviera del Brenta, loda l’operazione contro il lavoro nero, ma avanza qualche dubbio sulla efficacia dell’intervento:

«Fuori i nomi delle aziende che forniscono lavoro ai laboratori clandestini cinesi; sequestro della merce e incenerimento della stessa. Solo in questa maniera si riuscirà a vincere la battaglia contro l’illegalità.

Le griffes internazionali che hanno investito nel “made in Italy” molto spesso non sono a conoscenza che il prodotto commissionato ad aziende italiane sia poi girato a laboratori clandestini gestiti da cinesi, i quali possono fornire un prezzo inferiore a quello offerto dagli artigiani italiani.

Un operaio cinese viene sfruttato e pagato con cifre molto basse, impensabili per uno dei nostri lavoratori.

Chi alimenta il lavoro nero, facendo finta di non saperlo, non sono i grandi marchi internazionali, ma le aziende locali che ricevono le commesse».

«Siamo contenti di questo nuovo blitz, ma anche preoccupati perché l’attenzione non deve venire meno ed il presidio della legalità deve essere permanente», commenta il commento del presidente regionale di Cna Federmoda, Piergiorgio Silvestrin.

Vittorino Compagno

 

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