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Martedì l’assessore Conte porterà in giunta il nuovo piano Fasoli (Pd): mai più regali e crateri lunari fra le colline

PADOVA – Piano cave: riuscirà mai la giunta Lega-Pdl a riformare la legge del 1982 e ad aumentare le tariffe di consumo del suolo, dopo la brutta figura sulla riforma della sanità privata? Nei corridoi di palazzo Balbi si accettano scommesse, ma l’assessore all’Ambiente Maurizio Conte martedì farà adottare il Prac, atto preliminare per la svolta ambientalista tanto invocata. Poi sarà corsa contro il tempo, perché i Comuni dovranno formulare le loro osservazioni prima di portare a palazzo Ferro Fini il dossier per l’approvazione definitiva di una legge che la III commissione ha licenziato il 10 ottobre.

Soddisfatto il presidente Luca Baggio, che ha parlato di svolta epocale: da trent’anni, in Veneto vige l’anarchia con «ruspa selvaggia» fermata solo dalla crisi economica, mentre la sensibilità per i temi ambientali si è fatta sempre più alta. Non solo per la nascita dei cinque grandi parchi, ma per i disastri ambientali legati all’incuria del territorio.

I più dotti, tra i consiglieri regionali, si divertono con questa battuta: la vera differenza tra Inghilterra e Italia non sta nella monarchia e nella repubblica, cioè tra la regina Elisabetta II e «re» Giorgio, ma nel regime del suolo: gli inglesi alla lobby dei cavatori applicano un canone pari al 20% del valore del materiale estratto, gli italiani invece regalano sabbia, ghiaia, marmo e trachite.

Se le nostre regioni applicassero i canoni medi Ue incasserebbero 268 milioni di euro l’anno contro gli attuali 36 milioni, 6 volte di più.

L’impianto della legge. In Veneto le cave censite sono 643 con 7 milioni di mc di sabbia e ghiaia estratti ogni anno, il 10% del totale italiano, e il record ce l’ha la Lombardia con 16 milioni di mc seguita da Lazio, Piemonte ed Emilia Romagna.

Le province più martoriate sono Treviso, Vicenza e Verona con i Lessini, la Val di Chiampo, i Colli euganei e i Berici saccheggiati dalle cave di pietra.

La nuova legge, con il Prac che ne diventa lo strumento attuativo, fissa quindi due grandi categorie: la classe A per la sabbia, la ghiaia, i calcari per usi industriali e per costruzioni, le argille, i basalti e il materiale vulcanico con la competenza esclusiva della Regione in materia di autorizzazioni. La classe B per le pietre ornamentali, calcari e trachite da taglio e lucidabili, marmi, la torba e il quarzo con i poteri affidati alle Province che il governo vuole sopprimere. E qui sta il primo nodo da sciogliere: meglio coinvolgere i Comuni. Si riparte da zero?

La ricomposizione ambientale. Dopo la stagione delle discariche di rifiuti costruite nelle profondità delle cave, ora si gira pagina con la ricomposizione ambientale e l’articolo 28 della legge stabilisce che sia la Regione a intervenire con la concessione di contributi nel caso in cui siano previste delle opere pubbliche. Tutti d’accordo? Pare di no. In aula sarà battaglia: il «partito ambientalista» pretende che i costi siano interamente a carico degli imprenditori. La vera sfida sta tutta qui: sarà braccio di ferro. L’ottimismo di Conte, il Pd perplesso. «Quello della coltivazione delle cave è un tema delicato, in quanto si tratta di un’attività imprenditoriale da cui non si può prescindere, ma che ha un impatto sul territorio. Occorre regolare la materia in maniera equilibrata, guardando alle opportunità e alle prospettive», sottolineano in una nota l’assessore Maurizio Conte (Lega Nord) e il presidente Baggio. «La proposta andrà a sostituire la legge regionale in materia di attività estrattive (n. 44) in vigore dal 1982. Vogliamo che le cave non siano più una ferita aperta per il territorio».

Sul versante opposto Roberto Fasoli, Pd, lancia un ultimatum: «Basta con i crateri lunari seminati tra le colline, io vivo a Sant’Anna d’Alfaedo nel Veronese e le cave aperte sono oltre cento. Il principio della ricomposizione ambientale dev’essere il cardine della nuova legge, pena la revoca della concessione. Mai più le cave trasformate in discariche, con effetti disastrosi per la salute. Prima del via libera vanno consultate le associazioni ambientaliste e i sindaci, in commissione il Pd si è astenuto e all’assessore Conte abbiamo mandato un segnale chiaro: ci vuole una svolta ambientalista convinta, con una drastica riduzione delle cubature concesse perché va incentivato il riutilizzo del materiale edile da demolizione. La tecnologia consente miracoli, basta con il saccheggio del territorio a prezzi ridicoli, cioè 0,62 euro a metro cubo», conclude Fasoli. Milleduecento vecchie lire per un metro cubo di sabbia. Un vero regalo.

Albino Salmaso

 

Legambiente pretende garanzie «Basta con i rinvii» 

«Nella nostra regione – ricorda Lucio Passi, a nome di Legambiente Veneto – il piano è atteso da quasi trent’anni, era previsto dalla legge n. 44 del 1982, ma non è mai stato approvato al consiglio regionale. Questi ritardi sono legati alla difficoltà di rispettare una normativa che imporrebbe, in ogni Comune, la possibilità di destinare alle attività estrattive una superficie inferiore al 3 per cento del suolo agricolo. Nella proposta di nuova legge il limite potrebbe scomparire, perché come ricorda l’assessore regionale Conte: «Punto focale della nuova legge sarà l’individuazione di aree vocate alle attività estrattive, un sistema che può consentire il superamento del sistema del 3% ormai saturato in questi tutti i Comuni individuati dalla precedente legge. Permettere il superamento del 3 per cento – per Legambiente Veneto – significa, in sostanza, aggravare la situazione e rendere illimitate ed eterne le attività estrattive, incuranti del concetto di limite e sostenibilità dell’uso delle risorse finite tra cui il suolo». L’attività estrattiva ha subito una brusca frenata negli ultimi 20 anni. Tra il 1990 e il 2008 c’è stata una riduzione complessiva di 5 milioni di mc, proseguita nell’ultimo biennio, con una diminuzione totale di oltre il 30% dei volumi estratti.

 

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