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A Bruxelles gli spazi della Ue si aprono per la mostra dedicata al disastro. Padrin: il profitto non è tutto

INVIATO A BRUXELLES «The Vajont Dam». Si intitola così la mostra fotografica aperta a Bruxelles per ricordare il Vajont, tragedia europea. Per la prima volta nella sua storia, l’Europa apre le sue porte alla memoria di una delle più grandi tragedie del continente: in uno dei saloni più prestigiosi dell’Unione europea a Bruxelles, a due passi dagli uffici del presidente della commissione, ha aperto ieri sera una mostra fotografica che descrive minuziosamente quel che è accadde il 9 ottobre di cinquant’anni fa. Con una suggestiva presentazione in 3D della valanga d’acqua che spazzò via la vallata del Piave.

All’inaugurazione, preceduta da una conferenza stampa, erano presenti diversi europarlamentari e i sindaci di Longarone, Erto e Casso, Vajont e Castellavazzo, la Fondazione Vajont e i rappresentanti di Enel e Edison.

«Ricordare per non ripetere» ha spiegato l’europarlamentare Antonio Cancian, promotore dell’iniziativa.

«Questa non è una tragedia del Veneto e del Friuli, ma dell’intera Europa – ha spiegato Roberto Padrin, sindaco di Longarone, che ha ricordato come l’Onu abbia definito nel 2008 il disastro «il peggior esempio di gestione del territorio da parte dell’uomo». Padrin ha ricordato «i due insegnamenti del Vajont: il profitto non può essere sopra a tutto e le risorse sulla difesa del suolo sono sacrosante». Per mettere in sicurezza il Veneto servono 2,7 miliardi: «pensiamoci», ha chiuso Padrin.

«Il Vajont rappresenta un punto di non ritorno sul piano dello sviluppo e della difesa del territorio – ha aggiunto l’assessore regionale all’ambiente del Friuli –. Non dobbiamo dimenticare ma fare tesoro di questa tragedia. Oggi nella pianificazione europea si parla di crescita sostenibile: trovare il punto di incontro tra sviluppo e rispetto dell’equilibrio ambientale».

Il sindaco di Vajont ha ricordato le molte celebrazioni per i cinquant’anni della tragedia: «Sappiamo per quanto tempo è durato l’oblio – ha aggiunto – anche per questo siamo qui, per far sì che dall’Europa parta un monito per tutti».

Il sindaco di Castellavazzo ha ricordato il tributo di sangue del proprio paese: «Abbiamo cercato di accendere i riflettori su questa tragedia perché anche in Italia si sente parlare di crollo della diga. C’è una distorsione della realtà e questa iniziativa serve a puntualizzare quel che è successo».

Il primo cittadino di Erto e Casso ha sottolineato: «Per noi il Vajont non ha 50 anni, ma molti di più. I lavori sono iniziati dieci anni prima, con gli espropri della nostra montagna e la dispersione della nostra comunità. Per questo è una ferita ancora aperta. Rilancio il progetto del recupero delle sponde del lago».

Daniele Ferrazza

 

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