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GRANDI NAVI E SALVAGUARDIA»L’AFFONDO DI ORSONI

Il sindaco replica a Trevisanato (Vtp): non credo a 2500 occupati a rischio. Giusto stop a San Marco.

Critiche alla Commissione del Senato: senza soldi e autorità unica, la nuova legge non servirebbe

Soddisfatto per la soluzione grandi navi – senza “sindrome da sconfitta” per la bocciatura dell’ipotesi Marghera rispetto a quello dello scavo del canale Contorta-Sant’Angelo sostenuta dal Porto – ma anche sdegnato per i ritardi e le impostazioni sbagliate della nuova Legge per Venezia, che sembrano escludere, ancora una volta, il Comune dal ruolo di autorità unica in laguna, senza dare alcuna certezza sui finanziamenti alla città.

Sono i due volti del sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, il giorno dopo, tra l’altro, il lamento-esternazione della Venezia Terminal Passeggeri che delineando gli scenari futuri della limitazione del passaggio delle grandi navi in Bacino di San Marco decisa dal Governo parla di circa 2.500 posti di lavoro che andranno perduti e di un milione in meno di passeggeri nello scalo crocieristico veneziano.

«Credo che siano numeri fatti a caso – replica Orsoni – sia sul numero degli occupati, sia sulle ricadute economiche. Venezia è da sempre una città di traffici nautici e crocieristici, che non vedo perché dovrebbe venire a perdere ora. Dai provvedimenti decisi dal Governo arriva invece un segnale molto importante: quello del blocco del gigantismo navale, perché la città non può più accettare che navi sempre più grandi entrino nel cuore della città. Sono soddisfatto della decisione presa e non ha senso parlare di sindaco sconfitto perché non è stata accolta la proposta del trasferimento delle grandi navi a Marghera. Avevo formulato quella proposta proprio a questo scopo, ma visto che il Porto ha scelto di estrometterle del tutto dalla laguna, è stato ottenuto lo stesso risultato: quello che non passino più di fronte a San Marco. Per quanto riguarda il progetto dello scavo Contorta-Sant’Angelo aspettiamo la Valutazione d’impatto ambientale per valutarne la reale fattibilità».

Molto più critico, invece, sulle conclusioni della Commissione Ambiente del Senato che ha svolto le sue audizioni in laguna proprio in vista della stesura di un testo unico della nuova Legge Speciale, bocciando tra l’altro ipotesi caldeggiata da Orsoni del Comune come unica autorità di governo sulla laguna e senza dare alcuna certezza sul meccanismo dei finanziamenti, respingendo tra l’altro l’idea del sindaco della restituzione di una quota della «sua» Irpef alla città, proprio per assicurarne il mantenimento, suggerendo piuttosto l’adozione di un ticket di ingresso, a cui il primo cittadino di Venezia si è detto più volte contrario.

«Da una nuova Legge Speciale – ribatte Orsoni – la città si aspetta solo due cose: che elimini frammentazioni e conflitti di competenze attribuendo tutti i poteri a un’unica autorità in laguna e che assicuri meccanismi di finanziamento certo e continuativo per la salvaguardia di Venezia. Altrimenti non serve a nulla e ne facciamo a meno. Non ci si fida del sindaco come autorità di “governance” della laguna? Discutiamo allora della creazione di un’altra autorità che svolga lo stesso ruolo. E così vale per i fondi. Ma di una Legge Speciale che ci racconti ancora una volta quanto è bella Venezia e che bisogna salvaguardare la sua laguna non sappiamo che farcene. I signori della Commissione Ambiente del Senato, se le cose stanno così potevano risparmiarsi la gitarella in laguna». E il messaggio alla Commissione Ambiente, che presto dovrebbe riprendere le audizioni, arriva così forte e chiaro.

Enrico Tantucci

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GRANDI NAVI – Ha vinto l’arroganza dell’incultura

Lidia Fersuoch Presidente sezione di Venezia Italia Nostra

Quello che temevamo: ha vinto l’arroganza dell’incultura di chi, stando al vertice del potere, non sa che la laguna non è altra cosa da Venezia e che distruggendola distrugge Venezia, la sua storia, il suo futuro.

Si sta ripetendo quanto già successo negli anni ’60: allora il Canale dei Petroli venne escavato per allontanare il passaggio delle petroliere dal Bacino San Marco, e a prima vista sembrò un successo. Solo dopo ci si rese conto che l’erosione generata dalla navi in transito per il canale distruggeva le forme morfologiche della laguna trasformandola in baia marina. Allora non c’erano studi, ma ora sì!

Ora, dopo 50 anni, si propone un Canale del Petroli bis: l’escavo del piccolo Canale Contorta Sant’Angelo, che dallo stesso Canale dei Petroli devierebbe le navi per portarle al cuore della città, in Marittima. E tutto per mantenere dentro la Laguna ciò che non ci può stare: navi enormi, grandi come città.

La decisione del governo infatti (in contrasto con il precedente decreto Clini Passera, che fissava il limite a 40 mila tonnellate) vieta il transito di navi superiori a 96 mila tonnellate solo per il canale della Giudecca (e fra un anno!), ma non in Laguna (come invece ritiene il comunicato di Ca’ Farsetti). Sapendo bene che tale escavo darebbe il colpo di grazia alla laguna, ma soprattutto sapendo che il Canale presto si interrerebbe perché di profondità incompatibili con la Laguna, il presidente dell’Autorità portuale, Paolo Costa, ha previsto che presso le sponde si costruiscano delle arginature con gli stessi fanghi escavati (5 milioni di metri cubi!), spacciando ciò per ricostruzione morfologica della laguna.

Di più: ha avuto il coraggio di scrivere che il canale Contorta sarà «la più grande opera ambientale fatta in laguna negli ultimi anni»! Si vuol far passare l’escavo non per la condanna della laguna ma per un intervento di recupero ambientale, capace di invertire il degrado.

Ma l’opera di distruzione non finisce qui: sta passando in Salvaguardia per l’approvazione il progetto di una scogliera in pietrame di grande pezzatura (materiale vietato dal Palav) a protezione del Canale dei Petroli. Il quadro è completo.

Non stupisce nemmeno che il governo abbia voluto impartire un sonoro schiaffo al sindaco della città, espressosi convintamente contro deleteri nuovi escavi in laguna: abbiamo il precedente del sindaco Cacciari, cui Prodi impose il Mose contro il volere della città.

L’umiliazione di Venezia e della laguna è totale. Non resta che confidare nella “Via” (Valutazione di impatto ambientale) che il governo, bontà sua, ha magnanimamente concesso. Evidentemente la Via non potrà che essere negativa, come lo fu per il Mose. Ma tant’è. Poi si potrà sempre – come già avvenuto per il Mose – annullare il decreto attuativo e farsi beffe anche della Via.

 

 

Per ridurre da gennaio del 20 per cento gli ingressi in bacino

Il Ministero sceglierà le navi da escludere

Il Porto sarà comunque off limits per tutte, sino ad aprile, per i lavori del Mose

Sarà lo stesso Governo – segnatamente il Ministero delle Infrastrutture – a dover stabilire con le compagnie di crociera quali saranno le grandi navi che, per il 20 per cento del traffico crocieristico totale, dal primo gennaio del prossimo anno non potranno più entrare in Bacino di San Marco. Il Governo – ma finora non è ancora accaduto – potrebbe anche incaricare l’Autorità Portuale di Venezia di concordare con le compagnie le navi escluse dal passaggio. C’è tempo in realtà sino all’inizio dell’aprile del prossimo anno per decidere, perché tra pochi giorni lo scalo veneziano verrà comunque chiuso al passaggio delle navi da crociera, per via dei lavori del Mose che entrano nel vivo alla bocca di porto del Lido, anche per l’impiego di sommozzatori per l’aggancio sott’acqua delle paratoie, che renderebbero pericoloso il passaggio delle grandi navi per tutta la durata dei lavori. I lavori proseguiranno appunto sino all’inizio di aprile del prossimo anno e fino ad allora nessuno potrà passare. Nel frattempo sarà possibile definire quali navi crociera di tonnellaggio superiore alle 40 mila, da aprile – con la riapertura del porto – non saranno comunque più ammesse in laguna.

Anche il presidente della Regione Luca Zaia è tornato ieri sulla decisione presa a Roma nella riunione interministeriale sulla vicenda grandi navi, definendola «la migliore in assoluto perché ha evitato due rischi. Il primo era quello di perdere il turismo e tutto quello che rappresenta la crocieristica a Venezia, i 3 mila posti di lavoro e un fatturato di 400 milioni di euro». Secondo Zaia, «l’altro grave rischio evitato, di cui non si è mai parlato era quello di perdere la potenzialità del porto di Venezia. Nel momento in cui la crocieristica esce da Venezia questo porto non è più riferimento per le crociere e questo grande privilegio passerebbe ad Istanbul».

Da parte sua, il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ha dichiarato che se la decisione sulle grandi navi presa nel vertice di Palazzo Chigi, ha suscitato critiche sia sul fronte ambientalista, sia su quello del traffico crocieristico, significa che è stata una decisione equilibrata.

Per il capogruppo del Pdl in Consiglio regionale Dario Bond «ogni provvedimento sul traffico delle grandi navi a Venezia dovrà essere assunto con responsabilità, innanzitutto nei confronti dei quasi 3000 lavoratori che ruotano attorno al sistema delle crociere. Sarebbe deleterio assumere misure choc, depressive per il mercato del lavoro. Criminale in un momento come questo. Per un eccesso di zelo si potrebbe innescare l’ennesima bomba sociale, cosa di cui, in questo momento, non abbiamo assolutamente bisogno».

«Adesso si riducano i costi di entrata e uscita delle navi a Venezia, non competitivi e che rischiano dopo gli ultimi provvedimenti di essere non più sostenibili», sottolinea il presidente di Confcooperative Angelo Grasso. «Venezia infatti è già il porto più caro del Mediterraneo: tre volte Atene e due Civitavecchia. Alla tassa di transito che va a Vtp, bisogna aggiungere quella di ormeggio, i diritti portuali, quelli di navigazione, il pilotaggio e i rimorchiatori per un totale di quasi 35 mila euro».

(e.t.)

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