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di Alvise Fontanella

Un abbonamento per il pedaggio autostradale tra Dolo e Padova. Come per il treno, come per il bus. Tra l’esigenza della Cav di garantirsi giusti ricavi e quella dei pendolari di non venir massacrati, bisogna trovare un punto di equilibrio. Una tariffa equa, dedicata agli utenti abituali, sui quali gli aumenti che la Cav ha deciso, moltiplicati dalla frequenza quotidiana, peserebbero eccessivamente. Una tariffa speciale, che non può essere limitata ai residenti a Dolo e dintorni, come pensa di fare la Cav: ma deve essere allargata, se non a tutti i residenti in Veneto, almeno a chi abita a Padova, a Venezia, nei Comuni della Città metropolitana che sotto il dogado di Galan, dopo lunga trattativa diedero il via libera al Passante di Mestre. Il patto politico fu chiaro e lungimirante: si doveva in cambio allungare la Tangenziale gratuita, liberando dal pedaggio il tratto da Quarto d’Altino fino a Dolo, facendone la grande dorsale gratuita della Patreve. E fu così: si andava gratis fino a Dolo, e chi proseguiva fino a Padova pagava, per i pochi chilometri oltre la tratta gratuita, 60 centesimi, il giusto. E senza fare il “tornello” a Vetrego.

Poi la Cav s’inventò l’isopedaggio, cioè rese uguale per il traffico di attraversamento il costo del Passante e quello della Tangenziale, applicando un superpedaggio che si paga alle tre barriere, e si evita invece passando dai caselli. Perciò i cosiddetti “furbetti” del tornello di Vetrego non erano affatto furbetti: l’unica furbetta era la Cav, che costringeva i pendolari Mestre-Padova a uscire e rientrare al casello di Dolo se volevano continuare a usufruire della tratta gratuita, com’era loro sacrosanto diritto.

Questo diritto non può essere cancellato. Il presidente della Cav non può raccontarci che il pedaggio da Mestre a Padova era di 2,20 euro ed è stato aumentato di appena 60 cent. Eh no: il pedaggio, per chi entra dalla Tangenziale di Mestre e va a Padova, o viceversa, era di 0,80 cent ed è stato portato a 2,80: significa levare di tasca ai pendolari uno stipendio all’anno.

La manovra 2014 della Cav sembra contraddire quel “Prima i Veneti” che fu ed è la bandiera di Zaia: il traffico di attraversamento vede scendere il pedaggio da 3,30 a 2,80 mentre i pendolari subiscono l’aumento record da 0,80 a 2,80. È l’opposto di quel che si dovrebbe fare: il costo del Passante, che è un pezzo dell’asse Torino-Trieste, deve gravare soprattutto sul traffico di lungo corso, sul traffico occasionale, non su quello locale e abituale, sui pendolari della Tangenziale, sui residenti in Veneto che con le loro tasse pagano le autostrade e le tangenziali gratuite del Sud e di Roma, e poi debbono pure pagarsi le strade venete in project financing perché lo Stato per noi non ha soldi. I pendolari della Patreve devono poter continuare a muoversi tra Mestre e Padova pagando solo, per il tratto Padova-Dolo, la normale tariffa, e non un superpedaggio che di fatto fa loro pagare anche il tratto gratuito. Il governatore Luca Zaia ha già invitato la Cav a studiare la possibilità di una “vignette” per i residenti: e ci aspettiamo che l’invito di un azionista che detiene il 50% sia molto simile a un ordine. Non ci sono problemi tecnici: ci pensa il sistema Telepass a leggere le targhe e ad applicare gli sconti agli abbonati.

Dopotutto, per ammissione dello stesso presidente Tiziano Bembo, la Cav in cinque anni – gli anni della grande crisi, dal 2008 ad oggi – ha già rimborsato metà dell’investimento complessivo richiesto dal Passante: di questo passo, al termine della concessione ventennale, avrà rimborsato il 200 per cento del capitale investito. Dovrebbe bastare, no?

Alvise Fontanella

 

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