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E in terraferma cemento al posto dei campi

Rispetto al Pat sarebbero possibili ampliamenti che vanno dal 50 al 70 per cento in più 

Conseguenze pesanti anche per la terraferma dal nuovo Piano Casa. In particolare, a livello di occupazione del suolo, derivanti dal possibile ampliamento di un corpo edilizio su lotti agricoli adiacenti, della stessa proprietà e distanti non più di 200 metri.

«Se il nostro Pat, il Piano di assetto del territorio – ha spiegato l’architetto Oscar Girotto – comporta un carico edificabile aggiuntivo del 15 per cento, il Piano Casa, che non prevede nemmeno la valutazione ambientale strategica, consente un potenziale ampliamento che va dal 50 al 70 per cento».

«Il Piano – ha sottolineato ancora l’assessore all’Urbanistica Andrea Ferrazzi – prevede possibilità di modifica talmente sostanziali che, abbiamo calcolato, in certi casi particolari potrebbero portare ad un aumento del 172 per cento del costruito».

Per quanto riguarda la Città storicanonostante i vincoli ambientali legati anche ai decreti Galasso – sarebbe possibile ampliare le unità edilizie novecentesche integrate nel contesto e non classificate. Per quanto riguarda, invece, il centro storico, possibile appunto per chi amplia la superficie interna in un edificio non vincolato (dunque senza necessità di ottenere l’approvazione della Soprintendenza) di chiedere contestualmente il cambio d’uso in deroga (se nella zona territoriale omogenea è ammessa tale diversa destinazione). Così si permetterebbe, paradossalmente, di convertire in struttura ricettiva l’intero centro storico. Ma il Piano Casa della Regione prevede anche una forma di «condono» incorporato. Mentre infatti con le versione precedenti, chi ampliava il proprio alloggio dichiarandolo come prima casa, ma poi lo riservava ad altro uso – ad esempio Bed & breakfast – andava incontro alla richiesta di demolizione delle opere autorizzate in modo fraudolento, ora basterà pagare. Se l’ampliamento dichiarato sarà infatti per una prima casa, trasformata poi in albergo, basterà – in base alla nuova legge regionale – pagare il 50 per cento in più degli oneri di urbanizzazione, e si potrà continuare come niente fosse.

(e.t.)

 

«Fermiamo alberghi e affittacamere»

I timori di Orsoni con la nuova legge regionale, per i cambi di destinazione d’uso. Ricorso alla Corte Costituzionale

Basterà una modifica interna anche minimale – attuabile senza bisogno di un parere della Soprintendenza in un edificio non vincolato – a cui “agganciare” un cambio di destinazione d’uso, legittimato, e la parte restante del patrimonio edilizio veneziano che non è ancora diventato un albergo o un bed & breakfast, potrà essere trasformato allo scopo.

«Miracoli» del nuovo Piano Casa voluto dalla Regione e aspramente contrastato dai Comuni, tagliati fuori, a cominciare da quello di Venezia. E ieri il sindaco Giorgio Orsoni e l’assessore al Patrimonio Andrea Ferrazzi hanno mostrato – cartine alla mano – gli effetti devastanti che potrebbe avere sul centro storicooltre che sulla terraferma – la legge voluta dalla Regione per rilanciare il settore edile e concordata con le associazioni di categoria ma non con i Comuni su cui andrà a ricadere. La Giunta ha approvato ieri un atto di indirizzo che incarica le direzioni comunali Sviluppo del territorio e Sportello unico per l’Edilizia a redigere una proposta di Legge regionale di iniziativa del Consiglio comunale per modificare il cosiddetto “Piano Casa ter”. Proposta, questa, che andrà poi condivisa con le altre Amministrazioni dei capoluoghi di Provincia, così come concordato nel corso dell’incontro avvenuto l’altro ieri a Ca’ Farsetti tra i rispettivi sindaci.

«Chiederemo al Governo di impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge regionale sul piano casa – ha annunciato Orsoni – proprio perché si interviene su un ambito di competenza dei Comuni, che viene completamente negato ed è certamente motivo di illegittimità costituzionale. Se il Governo deciderà di impugnare – ha aggiunto – bene, altrimenti avvieremo altre forme per arrivare alla Corte costituzionale».

Rispondendo all’assessore regionale Marino Zorzato, che nega qualsiasi effetto del Piano sul centro storico veneziano, anche per i vincoli esistenti, Orsoni ha replicato. «Se l’assessore intende che il piano casa non si applichi ai centri storici – ha detto – ne siamo molto felici e si faccia una modifica legislativa proprio in questo senso, aggiungendo inoltre la possibilità per i Comuni di intervenire, individuando quali linee di intervento siano compatibili con la propria programmazione urbanistica. È quanto chiederemo con la proposta di integrazione e modifica della legge, che avvieremo in Regione, conformemente allo Statuto. Prima di avventurarsi in una normativa che incide su poteri e funzioni. Il rilancio del settore dell’edilizia, e dunque dell’economia del territorio è anche un nostro obiettivo, ma credo si possa intervenire diversamente. Penso alla rottamazione degli edifici, alla defiscalizzazione, alla sburocratizzazione delle procedure, tutti argomenti che sono stati posti ieri al ministro dello Sviluppo Economico Zanonato, il quale porterà il caso Veneto all’attenzione del governo. Un Piano Casa – ma riguarda anche le attività commerciali, quelle ricettive e i capannoni industriali – che, se non sarà fermato, entrerà in vigore già a fine gennaio, e le prime richieste di sfruttarlo da parte di privati sono già arrivate a Ca’ Farsetti.

Enrico Tantucci

 

le associazioni prendono posizione

Edilizia senza più vincoli, comitati sul piede di guerra

«Una legge che esautora i comuni e consente nuove edificazioni senza autorizzazioni paesaggistiche e Valutazioni di Impatto ambientale. Sarà un disastro per l’ambiente, ci opporremo in tutti i modi alla sua entrata in vigore».

Il coordinamento delle associazioni ambientaliste del Lido ha inviato ieri una lettera al ministro degli Affari regionali e all’Ufficio per l’esame di legittimità della Legislazione regionale, per conoscenza ai ministeri dell’Ambiente, Giustizia e Beni culturali, chiedendo il ricorso alla Corte Costituzionale. Lo firma il coordinatore William Pinarello, spiegando come la legge regionale del Veneto 32 del 2013 sia «incostituzionale» nelle parti in cui consente interventi edilizi in deroga alle normative nazionali, e alle procedure previste come la Valutazione di Impatto ambientale (Via) e la Valutazione ambientale Strategica (Vas).

I ricorrenti ricordano come di recente la Corte Costituzionale abbia dichiarato l’incostituzionalità di una legge della Regione Veneto (la numero 13 dell’aprile 2012) che aveva ristretto l’ambito di applicazione della Valutazione ambientale strategica in deroga alla normativa attuale.

Il terzo Piano casa, scrivono le associazioni, potrebbe avere impatti devastanti sul territorio. E su territori delicati come quello veneziano, «liberalizzando gli interventi edilizi, incentivando cambi d’uso e ampliamenti di volume». Per fermarlo si sono rivolte al governo e alla Corte Costituzionale.

(a.v.)

 

«Una legge da buttare Territorio in pericolo»

Il direttore regionale dei Beni culturali: le Soprintendenze sono in difficoltà

La presidente dell’ordine degli architetti: il contrario della tutela del paesaggio

«Un provvedimento che incrementa il consumo di suolo in un territorio già compromesso come quello veneto non è certamente salutare. Il Piano Casa ci preoccupa anche perché si continua nel vizio storico di dividere la pianificazione urbanistica dalla tutela del paesaggio. E poi i risultati si vedono».

Ugo Soragni, direttore regionale ai Beni culturali e paesaggistici non ci pensa su due volte.

«Non conosco gli ultimi sviluppi della legge», dice, «ma le Soprintendenze saranno in grande difficoltà, anche per la carenza di personale: dovremo vigilare e intervenire sui progetti dopo che saranno stati approvati, in regola con la legge urbanistica».

Alla levata di scudi contro il nuovo Piano Casa della Regione, che offre possibilità di ampliare i volumi degli edifici e aumenta il consumo del territorio, si aggiunge ora la voce critica degli organi di tutela. Rendendo legittimi progetti che propongono nuova edificazione anche in zone tutelate si rischia di compromettere un territorio delicato e già compromesso negli ultimi decenni dall’edificazione selvaggia e dalla speculazione.

«Occasione di sviluppo e occupazione» è stata definita in un recente convegno ad Asolo.

«A me pare che si torni indietro», dice Soragni, «la frattura tra le norme urbanistiche e la tutela è del Dopoguerra. Ma quel solco non solo non è stato riempito ma anzi si è ampliato. L’unica salvezza è ricondurre in un unico ambito l’Urbanistica e la tutela del Paesaggio. Succede in tutto il mondo, solo l’Italia è in queste condizioni».

Se il testo dovesse passare, conclude il dirigente del ministero, la deregulation sarebbe possibile. Le Soprintendenze non sarebbero in grado infatti di intervenire a posteriori in una mole di progetti così grande. Il ministero dei Beni culturali ma anche l’Ordine degli architetti.

«Un Piano che premia il consumo di territorio è l’esatto contrario della tutela», dice la presidente dell’Ordine degli architetti Anna Buzzaccchi, «questa legge produrrà effetti negativi, e va in direzione contraria rispetto alle buone intenzioni della tutela e della difesa del territorio e dei suoi aspetti storici e architettonici».

«Si dice che con questo Piano si offre sviluppo e si crea lavoro», continua l’architetto Buzzacchi, «ma prima bisogna scegliere in che direzione andare. Questa è la direzione opposta alla tutela ma anche al governo del territorio. Si offre ai singoli la possibilità di fare senza un disegno complessivo. Senza una programmazione che preveda come si fa nel resto d’Europa, il riuso e l’avvio di politiche ecologiche e rispettose della storia e degli ambienti». Un Piano da buttare, insomma. Che secondo architetti e organi di tutela potrebbe produrre effetti nefasti sul paesaggio e l’ambiente veneto.

Alberto Vitucci

 

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