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Tutti in pulmino tra le province di Venezia e Treviso con il deputato Cimmino (Lista Civica)

La D’Andrea ha “guidato” il giro toccando Sme, Valecenter, Sorelle Ramonda e Zanchetta

Un tour in pulmino a cavallo delle province di Venezia e Treviso, per convincere il deputato Luciano Cimmino – che fa parte della commissione che sta rivedendo il cosiddetto decreto «Salva Italia» che ha introdotto la deregulation nel campo del commercio – a ravvedersi e tenere in considerazione quei tanti piccoli e grandi attori dell’economia locale, strozzati dal «sempre aperto che produce spese ma non introiti». E che sono contrari alle aperture di negozi e centri commerciali in quasi tutti i giorni festivi. L’idea è stata di Tiziana D’Andrea, l’ex commessa trevigiana tra i fondatori del gruppo «Domenica no grazie Italia», che è andata alla fonte del problema. Tanto ha detto e tanto ha fatto, che è riuscita a smuovere pure chi se ne sta nelle «stanze dei bottoni» e prende le decisioni che poi la gente vive sulla propria pelle. Così ieri mattina ha assoldato il noto Willi’s Travels e ha programmato il giro di alcune tra le realtà più floride del territorio, che cercano di sopravvivere nonostante la crisi. Appuntamento a Casale al caseificio Zanchetta, per raccogliere il parroco di Dese don Enrico Torta, l’imprenditore di Resana Roberto Aggio, una commessa di un grosso tempio dello shopping veneziano. Poi via verso l’aeroporto di Venezia, in tempo per far salire sul pulmino l’onorevole Cimmino (appena sceso dall’aereo), rappresentante alla Camera della Lista Civica Con Monti per l’Italia, strenuo difensore della liberalizzazione più spinta, con il suo assistente. Cimmino, che è anche uno degli imprenditori più noti dello Stivale, visto che ha 1.300 dipendenti e nel 2001 ha fondato i marchi Yamamay e Carpisa. Eppure si è detto disponibile a passare una giornata tra Treviso, Mestre, Marcon e Marghera, per cercare di farsi spiegare le ragioni di chi, come il movimento di Tiziana D’Andrea, propone di tornare alle sole 12 domeniche di apertura, progetto fatto proprio dal Movimento Cinque Stelle. Un faccia a faccia aperto e schietto, con don Torta che ribadiva la sua idea:

«Bisogna recuperare il valore delle relazioni, dell’essere più che dell’avere, del riposo domenicale, altrimenti diventiamo tutti zombie».

E Cimmino che ribatteva: «Voi mi chiedete la domenica, i musulmani il venerdì, gli ebrei il sabato, andiamo verso una società multietnica, fermo restando che il riposo viene garantito anche lavorando la domenica».

Tiziana D’Andrea premeva sul fatto che il lavorare “di più” non crea posti di lavoro, Cimmino rispondeva che «nessuno è mai uscito dalla crisi lavorando meno e che se dare la possibilità di lavorare come e quando si vuole può creare anche solo 100 posti di lavoro in più in tutta Italia, ben venga la liberalizzazione». Gli uni puntavano sul fatto che se esiste una crisi dei consumi si devono concentrare le possibilità di acquisto, l’altro ribatteva che fissarsi sul problema della domenica, è una visione parziale della realtà, ben più complessa, che parte da questioni concrete, come i canoni di affitto, fermi al periodo pre-crisi, che strozzinano i negozianti. «È come se avessimo perso una guerra», ha più volte ripetuto Cimmino, «siamo in un periodo di ricostruzione post bellica, in cui dobbiamo rimboccarci le maniche, dobbiamo ricucire il tessuto economico, siamo stati finanziariamente male amministrati e sono convinto che c’è più corruzione che evasione fiscale. Bisogna creare lavoro e dare lavoro, filosoficamente può non essere accettabile, ma se non stimoliamo i consumi come facciamo?». Tra le tappe veneziane la Sme di Marghera, che rimane per scelta chiusa tutte le domeniche e non fa orario continuato mai tranne che nel giorno di sabato: «Servono regole», spiega Girolamo Carrer, il direttore del punto vendita, che ha accolto l’onorevole, «se alla gente dai la possibilità di venire di notte lo fa, perché si crea un’abitudine, ma si distrugge il rapporto con chi lavora all’interno». E ancora la ditta Pdf Srl, che ha tre punti vendita a marchio Undercolors of Benetton e un marchio Playlife in tre diversi centri (al Valecenter di Marcon, al Tiziano, al Centropiave e all’Auchan). Cimmino ha visitato il negozio all’interno del tempio dello shopping marconese, discutendo di fatturati, affitti e costo dell’energia elettrica con il titolare Carlo Uccelli. Di seguito il caseificio di Riccardo e Anna Zanchetta, la cooperativa Toniolo di Conscio con Marcello Criveller , il fruttivendolo Fratelli Gatto e le sorelle Ramonda di Castrette di Villorba.

Marta Artico

 

«Bastano dodici domeniche all’anno»

d’andrea insiste

«Tenere aperto di più non crea posti di lavoro, non fa bene a nessuno, neanche all’economia». Tiziana D’Andrea, ex commessa trevigiana e leader del movimento Domenica No Grazie Italia, ne è convinta. E lo è da quando è diventato operativo il decreto «salva Italia» di Monti, che ha liberalizzato le aperture domenicali e festive, a fine 2011, quando la grande distribuzione ha iniziato a sdoganare feste comandate come Santo Stefano, Pasquetta, il Primo Maggio. «In Italia e specialmente nel Veneto», spiega, «assistiamo solamente allo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici, gli straordinari non vengono pagati, le condizioni per i dipendenti peggiorano. La gente non ha soldi e la qualità della vita si abbassa». Ecco perché Tiziana D’Andrea è andata in commissione parlamentare ed ha convinto l’onorevole Cimmino a prendere un aereo e venire a Venezia, per cercare di persuaderlo della bontà delle sue convinzioni e di quelle di parte degli imprenditori che la seguono. «La nostra proposta», spiega, «è stata fatta propria dai grillini, ma solo perché sono gli unici che l’hanno appoggiata. Se Scelta Civica la abbracciasse, ne saremmo felicissimi, noi non abbiamo colori politici. Siamo per le 12 domeniche lavorative e nessun giorno festivo al lavoro, punto e basta». Racconta: «Tutti i giorni sento storie di persone che non ce la fanno, di coppie che si separano perché non si vedono, di figli i cui genitori non vanno mai a seguirli giocare a calcio. Questa è la realtà, in qualsiasi modo ce la vogliamo raccontare».

(m.a.)

 

Il direttore della Sme «Festa? Noi non apriamo»

Girolamo Carrer è una specie di mosca bianca nel panorama della città «La nostra è una scelta».

Uccelli (punto vendita Benetton): «I piccoli soffrono»

Non è passibile di accomodamenti la posizione del direttore della Sme di Marghera, Girolamo Carrer: «La domenica qui da noi, non si apre». Nel panorama cittadino è una mosca bianca, perché nel parco commerciale in cui si trova il suo store, la domenica, si apre eccome. Eppure alla Sme, chiunque si presenti alla porta nei giorni festivi, deve ricredersi, alzare i tacchi e ritornare il giorno successivo. Ieri mattina Carrer ha accolto l’onorevole Luciano Cimmino, per raccontargli come lavorano i suoi dipendenti e la filosofia che ci sta dietro.

«La nostra è una scelta», spiega Carrer, «viviamo il riflesso delle abitudini che si creano, se alla gente dai la possibilità di andare a far la spesa di notte, ci va anche di notte. Noi abbiamo stabilito un range di apertura e a quello ci atteniamo. Lo facciamo per creare un rapporto con il cliente e con chi sta qui a lavorare. Se iniziassimo ad avere un monte altissimo di aperture, gli addetti ci sarebbero, non ci sarebbero, quel rapporto con la clientela verrebbe meno. E magari anche la passione che ci si mette nel proprio lavoro cambierebbe».

«Eppure», riflette, «il problema è che se tutti si abituano a trovare i negozi, gli outlet, i centri commerciali aperti e poi bussano alla nostra porta e ci trovano chiusi, che succede?». La speranza, insomma, è quella di non dover fare diversamente. «Altrimenti si stravolgerebbero le nostre strategie aziendali».

Poi si è rivolto a Cimmino: «Da sette anni a questa parte nessuno se ne è andato da qui, ma se mettessimo in moto un meccanismo che porta la gente a non essere soddisfatta del proprio lavoro, le cose cambierebbero».

E ancora: «Un po’ di regole servono, alle dieci della sera d’inverno, la gente con la nebbia che viene a fare?». Dello stesso avviso Carlo Uccelli, che ha uno dei suoi quattro negozi, in questo caso a marchio Undecolors of Benetton, all’interno del Valecenter di Marcon: «Chi come me manda avanti negozi di 100 metri quadri, non può sostenere l’apertura sette giorni su sette». «Sa cosa mi costa una commessa?», dice rivolto all’onorevole. «La pago 30mila euro l’anno lordi, la liberalizzazione degli orari è nata per aumentare i consumi, ma se la torta è la stessa, che si fa? Noi siamo obbligati ad aprire, altrimenti veniamo multati di 500 euro, aumentano le visite, ma ciò non si traduce in fatturato automaticamente. Al contrario. Perché allora non porre un tetto di domeniche? Possiamo anche cambiare le luci, modificare gli impianti per risparmiare, ma il personale costa troppo e se uno guadagna tot, quella è la spesa». «Lei», ribatte Cimmino, «paga un affitto insostenibile ed è vincolato da regole e contratti che la asfissiano». Poi Uccelli rivolto all’onorevole: «Tagliatele queste pensioni d’oro».

Marta Artico

 

L’APPELLO DI DON TORTA

«Prima viene la famiglia, poi tutto il resto»

Il parroco di Dese al fianco delle commesse: bisogna diminuire le festività al lavoro

«Dio la benedica e mi raccomando, diminuisca le domeniche». Don Enrico Torta, che da mesi segue la battaglia delle commesse e del movimento “Domenica No Grazie Italia”, ha stretto la mano all’onorevole Luciano Cimmino prima di tornarsene in parrocchia, cercando ancora una volta di convincerlo che la «liberalizzazione» fa solo male alle famiglie, sgretola i rapporti, schiavizza i lavoratori. Il sacerdote è salito sul pulmino e per tutta la mattinata ha ascoltato in silenzio Cimmino e gli imprenditori, non senza dire la sua e ribattendo. «La gente deve potersi relazionare, comunicare, altrimenti diventiamo tutti degli zombie». Prosegue: «Vedo genitori che non ce la fanno a conciliare il tempo del lavoro e il tempo della famiglia, perché magari lavorano entrambi ed ambedue hanno i turni». Chiarisce: «I rapporti tra le persone devono essere più veri, l’incontro tra persone non avviene nei supermercati». Don Torta ha anche citato l’esempio di altri stati, dove nonostante l’economia giri, si applicano regole che prevedono una liberalizzazione meno spinta e dove si pone un limite alle domeniche ed alle festività lavorative. Cimmino ha però precisato che anche là oramai, le cose stanno cambiando e che tutti i Paesi si stanno uniformando sul tema delle aperture. «Bisogna puntare sul verbo essere più che sul verbo avere», ha continuato il parroco di Dese. Non sono, insomma, gli oggetti o quello che si può comperare con il denaro a fare la felicità delle persone e neanche a mantenere unite le famiglie. L’obiettivo è preservare le relazioni, non svuotarle di significato. Don Torta ha ribadito il suo appello a mettere prima l’uomo e poi il resto, perché l’uomo è più importante dell’aspetto economico. Poi prima di salutarlo: «Si dia da fare, facciamo in modo che la domenica i genitori stiano di più con i loro figli».

(m.a.)

 

Negozi, cresce il “partito” degli obiettori

Nel Trevigiano Zanchetta, coop Toniolo e Fratelli Gatto restano chiusi. Sorelle Ramonda vorrebbero farlo

In mezzo alla moltitiudine che spera aprendo 24h, di guadagnarci, c’è anche chi finché può, si rifiuta, nonostante tutte le difficoltà che questa scelta comporta. Riccardo Zanchetta del noto caseificio di Casale sul Sile, mostra all’onorevole Cimmino uno scontrino di un supermarket dove si invitano i clienti ad andare a fare le spese la domenica, perché i punti raddoppiano. «Come si fa a competere senza armi?», domanda. «Finché riusciamo a tenere chiuso la domenica lo facciamo, ma la pressione che proviene dall’esterno è fortissima. Le 12 domeniche aperte, non andavano bene? La liberalizzazione non porta a nulla». Cimmino consiglia a Zanchetta di aprire un franchising. Il titolare ribatte: «Le pongo una domanda: secondo lei io e mia sorella possiamo aprire un negozio al Valecenter o all’Auchan? Ci lascerebbero? Assolutamente no, daremmo troppo fastidio. Il punto è che noi piccoli, abbiamo le armi spuntate contro i grandi colossi, è una battaglia impari». Sulla stessa lunghezza d’onda Marcello Criveller, presidente della cooperativa Toniolo di Conscio, con quasi 100 dipendenti: «Nel limite del possibile cerchiamo di non tenere aperto e limitarci alle due domeniche dicembre, ma ci si trova a fare i conti con la competizione commerciale». «Noi teniamo chiuso tutte le domeniche», dice secco Marco Gatto, titolare dell’ortofrutta (assieme alla gastronomia Cacciolato) Fratelli Gatto a Treviso, «non apriamo neanche il mercoledì grasso, perché riteniamo che sia una tradizione che va mantenuta e che non possa essere dimenticata, i bambini devono conoscerla. Se dobbiamo rimanere aperti tutte le domeniche e i festivi, a che servono nei calendari le voci segnate in rosso?». Ultima tappa del tour, il negozio di abbigliamento Sorelle Ramonda, di Castrette di Villorba, all’interno del quale c’è anche un punto vendita di Yamamay, ossia dell’onorevole Cimmino: «Contando il trevigiano, i punti vendita in Italia e i tre in Austria», spiega Angelo Ramonda, «abbiamo 1.700 dipendenti. Facendo parte della grande distribuzione siamo costretti a tenere aperto, ma siamo contrari. Perché il fatturato è lo stesso, ma spalmato in sette giorni anziché su sei giorni e ci costa però il 30 per cento in più a persona. Pertanto non abbiamo fatto nessuna assunzione». Conclude: «Dovremmo tornare indietro, farci un esame di coscienza, pensare alla famiglia, un giorno di chiusura crea uno svago, libera la mente».

(m.a.)

 

CIMMINO FA PARTE DELLA COMMISSIONE

«La deregulation darà risultati»

Il parlamentare: quattro proposte per cambiare il decreto Monti

«Quello che si è appena aperto sarà l’anno più difficile, perché la gente si è davvero stufata di sentir dire che c’è la ripresa se poi non la tocca con mano, ma rimane teorica». L’onorevole Luciano Cimmino conosce il costo del canone d’affitto al metro quadro di un centro commerciale, in un secondo conteggia quanto costa all’anno una commessa. La sua idea è che la deregulation del commercio a lunga scadenza produrrà effetti positivi sull’economia. Ha l’animo del commerciante: «Ma le pare questo un Paese in cui si possono liberalizzare i saldi?», sbotta. «Il problema», spiega, «è che la liberalizzazione è arrivata nel periodo economicamente peggiore. Io sono montiano, faccio parte della commissione che deve rivedere il “decreto Salva Italia”, ma sono per non rivederlo. Nonostante ciò, non è detto che non si possano esaminare dei correttivi. In questo momento è in corso uno studio dell’Istat, che deve analizzare le famiglie e darci il quadro dei benefici e dei danni. Fermo restando che la ragione non sta tutta da una parte e che quella del Movimento Cinque Stelle è una delle quattro proposte che ci sono state presentate, cercheremo di valutare i fattori, ma serve una legge quadro che tenga in considerazione tutti i problemi, a partire dagli affitti troppo cari». Insomma, si può benissimo andare a messa e al contempo fare una capatina in un centro commerciale. Tra le 12 domeniche di Libera La Domenica e la liberalizzazione spinta con 52 domeniche aperte, si cercherà un compromesso: «Stiamo a vedere cosa dirà la forza dei numeri dell’Istat, io voglio stimolare l’occupazione, non mettere a rischio il lavoro. Il problema è quando questo manca, è allora che le persone si uccidono, sul resto si può discutere». Sulla grande distribuzione: «Oggi i centri commerciali hanno imposto contratti troppo alti, difficili da rispettare: dal 2006 tutto è cambiato». Conclude: «Dovete convincervi che siamo in un periodo post guerra, non si esce dalle secche lavorando meno, fissarsi sulle domeniche è un falso problema». Un appunto sul ministro Zanonato: «La sua mission doveva essere quella di diminuire i costi dell’energia, lo ripeteva come un mantra, ma siamo ancora qui che aspettiamo».

(m.a.)

 

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