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La società di gestione ha restituito il ramo d’azienda alla proprietà Boscolo: «Cessata attività, riassorbiti i dipendenti»

Monica Soranzo – Le difficoltà del settore si trascinano da tempo

Troppe strutture e sbagliata la politica dei prezzi bassi

Il B4, uno dei più prestigiosi alberghi del territorio che fa parte del Gruppo Boscolo, ha chiuso i battenti ieri sera per «cessata attività», secondo la nota inoltrata dalla proprietà. L’albergo a quattro stelle è dotato di 135 camere e si trova in via San Marco, nel rione San Lazzaro, all’interno del complesso edilizio Net Center; è stato costruito 7 anni fa su progetto dell’architetto svizzero, con studio a Lugano, Aurelio Galfetti e dell’ingegnere padovano Luciano Schiavon. I gestori non hanno rilasciato dichiarazioni sui motivi della chiusura, ma hanno già comunicato che gli attuali dipendenti del gruppo saranno riassorbiti in altre strutture della società. La società che gestiva il B4 ha restituito alla proprietà, ossia alla famiglia Boscolo, il ramo d’azienda che le era stato ceduto in base ad un regolare contratto.

Era nell’aria. La notizia della chiusura del notissimo albergo di San Lazzaro era nell’aria già da parecchi mesi. Ne erano a conoscenza quasi tutti gli albergatori ed era diventata una notizia di dominio pubblico da quando lo stesso patròn del gruppo padovano, ma con radici chioggiotte, Angelo Boscolo, aveva comunicato che la sua società, fondata nel 1978 a Sottomarina di Chioggia con l’acquisto dell’albergo Airone, avrebbe continuato a gestire in proprio solo gli hotel a cinque stelle, tra cui ad esempio, l’ex Esedra, a Roma, il Carlo IV, a Praga, il New York Palace, a Budapest, mentre quelli a quattro stelle sarebbero stati ceduti a terzi.

«Tutti noi sapevamo che, un giorno o l’altro, il B4 di Padova avrebbe abbassato le serrande», sottolinea Monica Soranzo, contitolare del Piroga e presidente di Ascom-Albergatori, «La crisi del settore, ormai, si trascina da tempo. In città, poi, è noto a tutti che, negli ultimi anni, si sono costruiti numerosi alberghi, tra cui il Mantegna, il Galileo ed il Crowne Plaza. Decisamente troppi per riempire tutte le camere ogni sera in un periodo di crisi generale dell’economia. Quasi tutti sino ad oggi hanno praticato la politica dei prezzi stracciati pur di ospitare quanti più turisti possibili, ma, a lungo andare, anche questo sistema di gestire l’accoglienza deve fare i conti con i costi complessivi che ognuno di noi deve affrontare, mese dopo mese». Prosegue Soranzo: «Il B4 ha gettato la spugna. Purtroppo non sarà l’ultimo. Altri alberghi si sono già messi in lista d’attesa. Alcuni, naturalmente, non a quattro stelle. La politica dei prezzi bassi non può e non deve continuare all’infinito. Tutti noi facciamo l’impossibile per incamerare nuove entrate, ma la crisi del settore non demorde. La fine del B4, tra l’altro, sancisce anche il tramonto di tutto il complesso edilizio, denominato Net (North East Tower) Center, in cui è inserito l’albergo che, a questo punto, non si sa se e quando riaprirà».

Aspettative deluse. Quando, nel 2006, il nuovo centro polivalente, situato ad est della città, fu progettato dall’archistar Galfetti con i lauti finanziamenti sborsati da un gruppo di imprenditori del Veneto, guidati da Mauro Bertani, nessuno poteva prevedere che il business preventivato non avrebbe mai volato alto. Basta fare un giro ai piedi delle Palazzine Economia e Tendenza e della Torre per osservare da vicino che gli uffici direzionali, che erano stati aperti all’inizio, sono già quasi tutti chiusi e tanti negozi se ne sono andati via già da tempo. Per non parlare della nuova area, residenziale e commerciale, che doveva essere realizzata sul lato nord del Net, sempre con la firma di Galfetti, di cui non si parla più già da tre anni».

Felice Paduano

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IL PARERE DEGLI ARCHITETTI

«Fallito il modello parigino per la periferia est della città»

San Lazzaro poteva essere la parte più avveniristica di Padova: «Idea urbanistica corretta ma si è puntato troppo sulla parte economica»

L’Hotel B4 e il quartiere San Lazzaro dovevano essere il simbolo della città tecnologica e avveniristica. Rischiano di diventarne solo il simulacro, malgrado la firma di uno degli architetti più rinomati (Aurelio Galfetti). Lo sottolineano due noti professionisti cittadini: l’architetto Bepi Contin e la collega Luisa Calimani.

«La chiusura dell’albergo è un colpo duro per la città», afferma Contin, «Nella periferia est si voleva creare una Padova sul modello parigino: parte storica da una parte e parte moderna dall’altra, visto che costruire grattaceli in centro storico era una discutibile sovrapposizione d’immagini. Certo, siamo indietro rispetto alla capitale francese che ha già modellato la “ville” su questa struttura, pensando, ad esempio, di dedicare la mobilità di superficie ai pedoni e sviluppando una rete sotterranea per le auto, mentre noi facciamo passare il tram in centro cittadino. Dunque la crisi di San Lazzaro, simboleggiata dalla chiusura dell’hotel, è una forte delusione che induce alcune riflessioni. Intanto se la città ha un senso: il concetto stesso di città è in crisi e non solo Padova.

Una delle ragioni è la crisi del commercio territoriale che viene sempre più sostituito dai centri commerciali e dagli acquisti on line, che scongiurano il calvario a cui le città storiche sottopongono il consumatore (parcheggio, tram, spostamenti). San Lazzaro poteva essere la città moderna, la riconciliazione della città compatibile con spostamenti e mobilità individuale».

Invece il grande salto non è mai arrivato, perché? «Non perché l’idea fosse sbagliata», spiega l’architetto, «Era un pensiero urbanistico giusto in quanto zona vicina agli ingressi autostradali che proteggeva il centro storico. Padova è cresciuta con questo pensiero, ma sbilanciato dalla parte dell’economica».

Chi ha sbagliato? «Manca la cultura di riferimento: non si può intasare un’uscita autostradale soffocata da attività che snaturano la funzione stessa di entrare e uscire. È un segnale di scarsa capacità di pianificazione e controllo. Invece la politica deve essere speranza perché è in grado di dare un limite ai centri commerciali, di dare un senso alle periferie, di restituire dignità al centro storico. Perché Padova si salvi è necessario un dibattito e un progetto per la città che sia un progetto per il territorio».

Tutta politica, invece, l’interpretazione della Calimani: «Che città vogliamo per il futuro e per il presente?», si chiede, «Abbiamo bisogno di un progetto a lungo termine capace di dare immediato benessere ai cittadini. Gestire una città è come comporre un mosaico: se non ho il disegno complessivo il mosaico non posso farlo, i tasselli si mettono dopo».

(e.s.)

 

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