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Gazzettino – Il maltempo a Nordest

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7

feb

2014

A Bovolenta si torna a casa, a Lozzo Atestino compare un lago

Il governatore a Palazzo Chigi: «È una catastrofe, ci aspettiamo un rimborso»

LA RICHIESTA  «Peggio del 2010. Pronti a presentare il dossier e il conto»

Zaia batte cassa a Roma. Letta: non ci sono soldi

PADOVA – Paura per gli argini puntellati mentre Montegrotto conta i danni. La Prefettura: pronto anche l’Esercito. Alberghi termali allagati

PADOVA – Alluvione, l’acqua si ritira dalle strade di Montegrotto ma non da ciò che di più prezioso c’è qui: gli alberghi termali. L’onda lunga della piena del Bacchiglione di due giorni fa è arrivata negli scantinati, ma anche in molte palestre e cucine degli hotel a tre e quattro stelle della cittadina termale. Risultato: ieri e in queste ore pompe idrovore in piena azione e maniche rimboccate dei gestori tra le mura degli alberghi Neroniane, Des Bains, Continental, Luna, Commodore, e (con conseguenze meno gravi) negli hotel Imperial, Antoniano, Apollo, Marconi e Bellavista.
L’Associazione albergatori termali Abano-Montegrotto e il Consorzio Terme Euganee hanno giudicato molto preoccupante la situazione, in considerazione del fatto che la stagione turistica si avvicina: una lotta contro il tempo in questi alberghi per ripristinare hall e giardini con relative piscine prima dell’arrivo dei turisti, mentre incombono minacciose le prime disdette di chi, impressionato da quanto accaduto, ha deciso di rinunciare alla vacanza termale.
Intanto Bovolenta, il comune con più sfollati (340) torna a respirare: ieri le persone che avevano dovuto abbandonare (in via precauzionale, perché gli edifici non sono andati sott’acqua) le proprie case, vi hanno fatto ritorno, anche se fanno paura le gigantesche travi di sostegno puntellate contro i “murazzi” che dovrebbero contenere le piene del fiume ma che invece mostrano preoccupanti crepe. Anche a Battaglia, con il quartiere Ortazzo sommerso fino all’altro ieri da un metro e mezzo d’acqua, gli abitanti hanno potuto riaprire le porte di casa, anche se solo per cercare di ripulire le stanze dal fango.
Resta preoccupante invece la situazione nell’area di Lozzo Atestino: dal nulla è comparso un enorme lago, a causa degli allagamenti diffusi delle campagne. Qui è il canale Bisatto a fare paura. Per questo corso d’acqua gonfiatosi a dismisura l’altro ieri erano stati chiusi tutti i ponti di Este. Intanto ieri sera i sindaci dei comuni coinvolti in questa ultima alluvione sono stati ricevuti dal prefetto Patrizia Impresa. La prefettura ha assicurato il proprio impegno in Regione e attraverso il Genio civile affinché le zone critiche possano sempre contare su mezzi idonei e funzionanti per rispondere alle emergenze, a partire dalle pompe idrovore, arrivando anche a promettere l’uso dell’Esercito nelle aree colpite dalle calamità naturali.

 

L’INCONTRO – Un’ora e un quarto di colloquio. Presenti Delrio e Patroni Griffi

«Presidente, in Veneto è una autentica tragedia. Sto per presentare al Governo una richiesta di rimborso». Sono le 13.30 quando Luca Zaia varca la porta dell’ufficio del premier a Palazzo Chigi. Enrico Letta lo ascolta. Capisce. Ma mette le mani avanti: mezza Italia è piena di catastrofi. E le casse piangono. Soldi non ce ne sono. Zaia non si scompone: «Il Veneto è sempre stato trattato da periferia dell’impero. Ma noi ci facciamo sentire».
La sera prima il governatore del Veneto aveva mandato a Letta una lettera chiedendogli di poterlo incontrare personalmente. Per spiegargli la «tragedia». I tre metri di neve caduta in montagna con i conseguenti crolli dei tetti, com’è avvenuto per lo stadio del curling a Cortina. La pioggia, più di quella del 2010. Le campagne trasformate in laghi. Case e aziende sott’acqua. Un centinaio di Comuni coinvoli, Famiglie evacuate. Strade franate. Valanghe di rifiuti venuti giù dai fiumi fino alle spiagge, solo a Jesolo 2mila tonnellate di detriti. Per non dire degli animali, i 12mila pulcini annegati, i 30mila polli a rischio e i mille tori boccheggianti nelle stalle allagate del Padovano.
Sono in quattro nella stanza del premier a Palazzo Chigi. Il presidente Enrico Letta. Il ministro per gli Affari regionali Graziano Delrio. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio Filippo Patroni Griffi. E Zaia. Che ringrazia della celerità con cui la sua richiesta è stata accolta. Certo, dopo l’invio della lettera si era messa in moto la “diplomazia”, ma sul vertice continuava a restare un punto interrogativo: troppi gli impegni del premier, dal consiglio dei ministri alla direzione del Pd per il faccia a faccia con Matteo Renzi. Ma i “diplomatici” ce l’hanno fatta e in mattinata a Venezia è arrivata la telefonata: il governatore sarà ricevuto alle 13.30.
L’incontro dura un’ora e un quarto. «In Veneto è una autentica tragedia», scandisce il governatore. Che elenca: la neve, il blackout, la pioggia, i fiumi, l’alluvione, gli arenili. Come al solito sa tutti i numeri a memoria. «Presidente – riassume Zaia guardando Letta – quella che abbiamo avuto è la combinazione di una tempesta perfetta. Abbiamo bisogno di aiuto».
Non dice quanto. Prima di quantificare l’entità dei danni, il governatore del Veneto vuole un censimento certo. Ha dato cinque giorni di tempo ai sindaci per fare i primi conti: non si aspetta immediatamente l’ammontare esatto al centesimo, un censimento dei danni più dettagliato sarà fatto più avanti, quando si avrà l’esatta dimensione di quello che la neve e l’acqua hanno provocato. «Faremo come nel 2010, presenteremo un dossier con tutti i dati, il numero dei Comuni coinvolti, le famiglie, le aziende, le strade interrotte, gli arenili danneggiati».
«Abbiamo già dichiarato lo stato di calamità», ricorda il governatore al premier. E un effetto, quel decreto, l’ha sortito: ieri la Protezione civile di Franco Gabrielli ha mandato in Veneto quattro ispettori nazionali per compiere una serie di sopralluoghi. Zaia aveva già parlato con Gabrielli e aveva capito che il capo dipartimento della Protezione civile «ha una idea molto chiara della nostra situazione». Solo che bisogna far capire anche al Governo che «non è una catastrofe inventata».
L’attenzione del premier c’è. Ascoltano con attenzione il ministro e il sottosegretario. Anche perché Zaia non apre nuovi fronti, non chiede ad esempio poteri commissariali. Parla solo degli ingenti danni provocati dal maltempo. E quindi della necessità di aiutare una regione di 5 milioni di abitanti che nelle casse dello Stato lascia 21 miliardi di tasse all’anno.
Letta ascolta e annuisce. E quando parla non dice cose entusiasmanti per il Veneto. Come presidente del Consiglio dei ministri sta assistendo a una catastrofe dietro l’altra. Capisce, certo. Ma c’è una ristrettezza di risorse economiche. Non lo dice in maniera così brutale, ma la sintesi è che non ci sono soldi. Zaia non batte ciglio: «Presidente, sto per presentarle una richiesta di rimborso». Il premier lo sa.
Tre ore dopo, Fiumicino. Il governatore del Veneto sta per imbarcarsi sull’aereo che lo riporterà a Venezia. Risponde al telefono, racconta com’è andato l’incontro. Obiezione: se Letta ha detto che ci sono problemi di cassa, vuol dire che non scucirà un centesimo? «Posso capire le difficoltà – dice Zaia – ma, come per Berlusconi nel 2010, adesso aspettiamo i fatti. Non possono dire di no». Potrebbe servire un pressing bipartisan, trasversale, da parte della politica e dei partiti? «È fondamentale che la squadra veneta si faccia sentire. Ho apprezzato che la quasi totalità della politica del Veneto abbia dimostrato una grande senso di responsabilità, come avvenne nel 2010».
Allora arrivarono da Roma 300 milioni. Stavolta?

Alda Vanzan

 

Jesolo, drammatico day-after

Le spiagge sommerse dai detriti

Per il sindaco Valerio Zoggia la mareggiata prolungata avrebbe fatto sparire oltre 200 mila metri cubi di sabbia»

Danni per milioni. I sindaci: «La Regione ci aiuti, non ci sono solo i problemi della montagna»

«Rischiamo di dover raccogliere oltre 7mila tonnellate di rifiuti: un disastro»

COLDIRETTI – Annegati 12mila pulcini. A rischio 30mila polli e un migliaio di tori

Detriti spiaggiati e arenile eroso: i danni rischiano di superare i 5 milioni di euro. Diventa sempre più pesante la situazione per la spiaggia di Jesolo. E anche Bibione e Caorle devono fare i conti con gravi danni provocati dal maltempo. Ieri mattina il sindaco di Jesolo Valerio Zoggia ha compiuto l’ennesimo sopralluogo con un esito definito sconfortante. Già, perché solo a gennaio i rifiuti depositati sono stati oltre 2mila tonnellate per un costo di recupero stimato in 300mila euro. Ma con il Piave e il Sile in piena, i detriti continuano a depositarsi sulla spiaggia aggravando il bilancio. «È molto peggio di quanto si possa pensare – ha commentato il sindaco – i rifiuti sono presenti ovunque ma soprattutto nella spiaggia di Cortellazzo. Purtroppo i detriti continuano a depositarsi e avanti di questo passo rischiamo di superare le cifre dello scorso anno, quando abbiamo raccolto oltre 7mila tonnellate di rifiuti spendendo 1 milione 118 mila euro. La Regione non può lasciarci soli: non ci sono unicamente i problemi della montagna e la nostra città non è più i grado di sostenere i costi della rimozione dei rifiuti».
Una questione che martedì il sindaco Zoggia affronterà con gli assessori regionali presentando i dati dei danni. E se non ci saranno risposte, dal Comune potrebbe addirittura partire una class action contro gli enti sovracomunali. Tanto più che a preoccupare c’è anche l’erosione della spiaggia, peggiore rispetto allo scorso anno. «Perché la mareggiata è durata più a lungo – aggiunge Zoggia – per quantificare i danni con esattezza dobbiamo aspettare che il mare si calmi: con molta probabilità a sparire sono stati oltre 200mila metri cubi di sabbia». In questo senso dal Comune si attendono con fiducia gli esiti della sperimentazione avviata dall’Università di Padova per studiare, attraverso dei modelli matematici, le maree in modo da elaborare dei progetti di difesa della costa. Preoccupante anche l’erosione nella spiaggia di Cavallino Treporti dove ieri il sindaco Claudio Orazio e l’assessore al Demanio Claudio Castelli, hanno effettuato una serie di verifiche: «Occorrerà avviare il ripascimento a Ca’ Savio e Ca’ di Valle – ha detto il sindaco -. In questa spiaggia poi c’è un chiosco che in ogni mareggiata rischia di crollare, verrà spostato di 250 metri».
Nel Veneto Orientale il mare ha divorato almeno 50mila metri cubi di sabbia a Bibione, mentre a Porto Santa Margherita la spiaggia è stata cancellata. E come a Jesolo, il problema serio è dato dai rifiuti, migliaia di tonnellate di ogni tipo: plastica, carcasse di animali e tanta legna, ma che nessuno può raccogliere. Per questo l’assessore provinciale alla Protezione civile, Giuseppe Canali, chiede al governatore Zaia che decreti quei rifiuti legnosi “non speciali”: in questo modo possono essere raccolti dalla popolazione risparmiando milioni di euro.

Giuseppe Babbo (Ha collaborato Marco Corazza)

 

VENEZIA – Previsti lavori in tempi brevi. Costa: «Sono stati indicati tutti gli obiettivi»

Grandi navi, arriva il sì dal Senato

ROMA – Grandi navi, tre mesi per decidere. L’Aula del Senato ha approvato ieri un Ordine del giorno “unitario” sul transito delle grandi navi nella Laguna di Venezia, nell’ambito dell’esame delle mozioni presentate dai gruppi M5s, Pd, Ncd, Fi, Sc. I punti principali dell’Odg riguardano la comparazione delle soluzioni, la valutazione dei progetti, la conclusione dell’esame entro tre mesi, e arrivare dopo avere scelto ad effettuare i lavori nel più breve tempo possibile. Il governo aveva chiesto modifiche al testo non accettate dai senatori; sull’Odg originale il governo si è poi rimesso all’Aula, che l’ha approvato con 229 voti favorevoli, nessun voto contrario, e 2 astenuti. Il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa ha chiesto “tempi certi per allentare la pressione su San Marco evitando così la crisi del settore”. Soddisfatti i senatori veneti di FI Casellati, Piccoli, Marin, Bonfrisco e Zanettin che hanno sottolineato che è stata di fatto raccolta la loro mozione.
La questione dei tempi è fondamentale, due dei quattro punti trattati prevedono infatti che le valutazioni comparative delle soluzioni vadano presentate entro 30 giorni e concluse entro 3 mesi, mentre i lavori dovranno essere terminati nel minor tempo possibile.   

 

AUTOSTRADE – Vertice all’Aiscat non decisivo ma i tecnici del ministero e delle concessionarie cercano l’accordo

Sconti sui pedaggi, gli sherpa al lavoro

Cav, solo 200 abbonati. Il taglio tariffe esclude il grosso dei pendolari Ve-Pd e non compensa il maxi-aumento

Allora, ci fanno questi benedetti sconti? L’incontro che era stato annunciato come “decisivo”, ieri all’Aiscat, a Roma, di tutte le concessionarie autostradali, è stato – sembra – interlocutorio. L’unico passo avanti, forse, potrebbe essere compiuto dall’incontro “tecnico”, che è proseguito a tarda sera, e che dovrebbe chiarire le compatibilità economiche degli sconti per i pendolari.
Sul tavolo la proposta del ministro Lupi, frettolosamente annunciata in vigore per febbraio: sconti ai pendolari fino al 20 per cento del pedaggio, per chi fa almeno 20 entrate e 20 uscite nel mese, tra caselli fissi e distanti non più di 50 Km. Le concessionarie autostradali hanno però ribadito al ministro un concetto semplice semplice: e cioè che gli sconti sono denari veri che escono subito dal bilancio, mentre le promesse di allungamento delle concessioni, sulle quali è tutta da vedere la posizione dell’Unione Europea, sono parole. Il tavolo tecnico in corso nella notte dovrebbe servire a mettere nero su bianco il possibile compromesso: tot sconti, tot allungamento delle concessioni o altri interventi normativi che consentano alle concessionarie di tutelarsi.
La questione è stringente soprattutto per Cav e per Autovie Venete: perché le concessionarie del Nordest, con i pedaggi, non devono solo pagarci la manutenzione, ma anche le opere stesse, perché lo Stato per il Nordest non ha mai i denari, nonostante i 26 miliardi l’anno che succhia dalle tasse. La Cav deve “rimborsare” all’Anas il costo miliardario del Passante, Autovie deve finanziare la terza corsia.
Se un accordo fosse trovato, potrebbe pure darsi che gli sconti fossero “retroattivi”, a decorrere dal 1. febbraio, perché il Telepass ha comunque già registrato i passaggi e la bolletta è trimestrale. Per ora, però, l’unica cosa certa sono gli sconti del 20% ai pendolari sull’Autobrennero, del 10% sulla Brescia-Padova e gli sconti del 40% tra Mirano-Dolo e Padova Est che la Cav concede però ai soli residenti a Dolo, Mira, Mirano, Pianiga e Spinea, e che hanno avuto zero successo: solo 200 abbonati. Ma è naturale che sia così: gli sconti riservati ai residenti nei cinque comuni escludono la gran parte dei pendolari tra Venezia e Padova, che risiedono invece nei due capoluoghi o in altri Comuni dell’area metropolitana. E poi, nelle altre autostrade, gli aumenti sono stati dell’uno-tre per cento. Ma il pedaggio Mestre-Padova Est, che di fatto era 0,80 facendo – del tutto legittimamente – il tornello a Vetrego, è passato a 2,80. Un aumento del 350 per cento, che non c’è sconto del 40% che possa compensare. Chi pagava andata e ritorno 1,60 euro, e gli pareva già abbastanza, non ci pensa proprio a pagare i 5,60 del pedaggio attuale “normale”, e neppure i 3,40 del pedaggio scontato. Per cui, i vecchi tornellisti semplicemente scelgono altre strade, come ognuno può vedere, perché una tredicesima all’anno da regalare alla Cav, non ce l’hanno proprio. Ed è questo il problema di cui la politica dovrebbe farsi carico.

 

ALTIVOLE – Italia Nostra denuncia l’abuso dello Sportello Unico, strumento previsto dalla legge

Azienda si amplia

«È un simbolo del dissesto»

IL RISCHIO – Il cemento in campagna causa disastri naturali

L’ACCUSA – Procedure semplificate a danno dell’ambiente

Un dossier contro la cementificazione del territorio. È quello che Italia Nostra ha messo nero su bianco e inviato ai parlamentari trevigiani e veneziani. Nel mirino dell’associazione è finito in particolare l’ampliamento dell’Artuso Legnami di via Edificio a Caselle. «Un caso che riteniamo simbolico -scrive il presidente, Romeo Scarpa- dei danni prodotti sul territorio dall’uso disinvolto dello strumento dello Sportello unico per le attività produttive». «Tale vicenda -aggiunge- è tanto più significativa proprio nel momento attuale, in cui tre giorni di pioggia in pianura vengono definiti evento eccezionale e comportano esondazioni di fiumi e torrenti». La storia dell’ampliamento preso in esame è lunga e tortuosa: nasce con un accordo tra l’impresa e il Comune ed è finita più volte sui banchi del Tar in seguito ai ricorsi di un residente nelle vicinanze del nuovo insediamento. Fino a un ultimo ricorso al presidente della Repubblica. Ma ad oggi, va detto, la giustizia amministrativa non ha avuto nulla da ridire sulle procedure seguite. «Utilizzando i margini concessi da una legislazione regionale derogatoria, il Comune di Altivole ha consentito il progressivo ampliarsi di un’azienda produttiva in piena zona agricola -denuncia Italia Nostra- Tutto legale e legittimo, per carità. Lo dicono le sentenze amministrative. Ma nella sostanza vi è la conferma che il famoso dissesto urbanistico del territorio non è altro che la somma di centinaia di comportamenti simili a questo». Perché, si chiede l’associazione, lo stabilimento non è stato spostato in una zona industriale? Magari in una di quelle lasciate ormai tristemente vuote dalla crisi? «In una foto del 2004 è evidente che attorno a una casa rurale originaria ci sono campi e due annessi rustici destinati a piccola fabbrica: sembrerebbe semplice incentivare il privato a trasferirsi in un’area industriale ad hoc -prova a darsi una risposta il gruppo- perché non si fa? Per i soliti problemi di “schei”: l’area agricola attorno costa tra i 6 e i 10 euro al metro quadrato, mentre un’area industriale lottizzata costa 100 euro al metro quadrato». Tutto in regola, meglio ripeterlo. Ma per Italia Nostra non ci sono dubbi: sa da una parte le carte sono a posto, dall’altra c’è un problema morale grande come una casa. Anzi, come un capannone. «Il danno fatto è ormai irreparabile -conclude Scarpa- ma ci auguriamo che i cittadini di Altivole alle prossime elezioni sappiano scegliere chi non fa di simili interventi un vanto e mandi a casa amministratori che magari vincono al Tar e al Consiglio di Stato ma che sono destinati a essere ricordati come novelli Attila».

Mauro Favaro

 

Naviglio salvo grazie alle chiuse

L’ITER «Le modalità ora sono più semplici»

IL CONSORZIO «Evitato il peggio grazie ai lavori fatti»

«Abbiamo evitato il peggio, ma bisogna continuare a investire nella salvaguardia del territorio». Dopo lo scampato pericolo dei giorni scorsi, e in attesa di una nuova perturbazione nel pomeriggio di oggi (meno intensa della precedente), il Consorzio di bonifica spiena come il lavoro svolto in questi anni ha consentito di limitare i danni. «Non c’è dubbio – osserva il presidente del Consorzio di bonifica Acque risorgive Ernestino Prevedello – che anche gli interventi realizzati in questi ultimi anni hanno consentito di risolvere alcuni nodi critici della rete idrografica che in passato avevano creato forti disagi. Ma ancora una volta abbiamo verificato come sia urgente realizzare anche le altre opere programmate».
«Bisogna finanziare di più i Consorzi di bonifica – gli fa eco l’assessore provinciale alla Protezione civile Giuseppe Canali – per ricalibrare argini, potenziare le idrovore e garantire la pulizia dei corsi d’acque: tutte operazioni necessarie alla tutela del territorio».
Anche gli agricoltori possono tirare un sospiro di sollievo: «In questo periodo gran parte dei terreni agricoli è in fermo coltura – dice Jacopo Giraldo, presidente della Coldiretti provinciale – Pur lamentando allagamenti in tutta la provincia, i danni provocati all’agricoltura possono definirsi di moderata entità. Altre piogge potrebbero arrecare danno alla coltivazione del frumento, le cui piantine potrebbero marcire per la mancanza di ossigeno. Qualche problema potrebbero averlo anche le piante da frutto. In Riviera del Brenta il problema degli allagamenti provocati dalle acque meteoriche è stato piuttosto contenuto. Gran parte del merito va alla presenza dei Consorzi di bonifica».
Sulla questione emergenza maltempo, anche l’assessore alla Difesa del suolo, Maurizio Conte, commenta lo scampato pericolo. «Il maltempo e le piogge continue di questi ultimi giorni hanno messo a dura prova la tenuta dei fiumi tra Mestre, Miranese e Riviera del Brenta. Rispetto a quanto avvenuto nel 2010, il maltempo nel Veneto ha messo in luce una criticità diversa: si sta allagando il sistema secondario dei corpi idrici e non è possibile smaltire l’acqua in eccesso verso i grandi fiumi perché sono già pieni». Ma per il futuro non basta: «L’azione forte da fare nei confronti del Governo – ha evidenziato ancora l’assessore, è di tornare a chiedere di liberare dal Patto di stabilità le risorse destinate a far fronte al dissesto idrogeologico. Attualmente, infatti, anche in presenza di un piano di interventi, le risorse non potrebbero essere spese a causa di questi vincoli. Inoltre, per accelerare la tempistica rispetto all’emergenza ci vorrebbe un commissario con poteri speciali. Con le procedure ordinarie servono anni per realizzare un semplice bacino di laminazione».

Vittorino Compagno

 

MIRA – La rete di canali della Riviera del Brenta ha retto all’ondata di maltempo dei giorni scorsi. «Grazie alla collaborazione di tutti i Comuni dell’area – ha spiegato il sindaco di Mira Alvise Maniero – e dei corpi di Protezione civile abbiamo regolato il flusso delle chiuse così da salvare il Naviglio da possibili inondazione, e di questo ringrazio tutti». Il sindaco non dimentica l’apporto che a Mira hanno dato i 50 volontari della Protezione civile e dell’Alta (l’Associazione lagunari truppe anfibie) che ieri hanno avuto finalmente un po’ di tregua, grazie al miglioramento del tempo, anche se purtroppo sembra di breve durata.
Ieri è stato anche il momento della conta dei danni. I 20 metri di tubi rubati da una delle due idrovore sul canale Lusore in via Ghebba a Oriago di Mira costeranno all’amministrazione comunale di Mira circa duemila euro rendendo inutilizzabile, in piena emergenza allagamenti, un investimento di 16 mila euro. «L’azione dei volontari – ricorda Maniero – è stata fondamentale per consentire all’Ufficio tecnico di rispondere alle tante situazioni di criticità che si sono determinate contemporaneamente in un’area vasta come è quella del Comune di Mira». Il sindaco ha inviato anche una lettera di ringraziamento al coordinatore della Protezione civile comunale Franco Favaro e al presidente dell’Alta di Mira Claudio Stramazzo, ringraziandoli «per il generoso e professionale intervento».

Luisa Giantin

 

L’EUROPARLAMENTARE GARDINI «Sì all’idrovia con i fondi europei»

DOLO – «Quell’idrovia s’ha da fare». Dopo la presentazione di una istanza parlamentare presentata da tre senatrici ex M5S e ora del Gap, il progetto per la realizzazione dell’idrovia Padova-Venezia quale canale scolmatore in grado di versare in laguna 400 metri cubi d’acqua al secondo ha trovato anche nell’eurodeputata di Forza Italia Elisabetta Gardini una convinta sostenitrice. «Ho sentito parlare dell’idrovia sin da bambina e ora che mi ritrovo in età matura siamo ancora qui a parlarne. Sono una fautrice dell’opera e di tutte le strutture che possono dare risposte importanti al problema idraulico del territorio, come gli invasi fatti nelle sedi e modalità giuste. Non abbiamo più tempo ed è ora di passare all’azione. L’iter del meccanismo europeo di Protezione civile consente di erogare fino al 2020 importanti contributi in proposito. Le modalità sono state semplificate e io seguirò in prima persona il percorso per accedere ai mutui. Abbiamo trascurato per troppo tempo il nostro territorio e molti di questi eventi naturali diventano veri disastri ambientali». Per l’ingegnere padovano Luigi D’Alpaos, uno dei massimi esperti idraulici in Italia, l’idrovia Padova-Venezia rappresenta l’unica vera «via di fuga delle acque in eccesso che non trovano, in caso di piena, lo sfogo tramite i fiumi Bacchiglione e Brenta».

(v.com.)

 

Passata l’emergenza, la Regione chiede al Governo meno vincoli finanziari

«Bonifica fuori dal Patto»

DOLO – Danneggiata una delle barchesse dell’edificio che ospita la biblioteca comunale

È crollato il tetto a villa Concina

Casse vuote. A rischio l’intervento di restauro

Le recenti abbondanti piogge hanno causato il crollo di parte del tetto di una delle due barchesse di villa Concina, sede della Biblioteca comunale e degli uffici degli assessorati allo sport, cultura ed istruzione del Comune di Dolo. L’altra barchessa è stata di recente restaurata e i lavori sono in fase di ultimazione, l’edificio dovrebbe diventare operativo nelle prossime settimane ed ospitare anche alcuni uffici comunali.
La barchessa danneggiata dal maltempo degli ultimi giorni, invece, è utilizzata come deposito comunale per attrezzi e materiali ed è da tempo in condizioni precarie, lungo via Comunetto i muri del complesso sono puntellati per evitarecrolli. L’assessore ai Lavori pubblici Alessandro Ovizach non è sembrato sorpreso del crollo. «Sapevo che la situazione era grave e le piogge continue hanno accelerato la caduta di parte del tetto».
Meno certo il futuro dell’edificio danneggiato dal maltempo. Sarà restaurata anche questa barchessa? «Abbiamo quasi ultimato i lavori dell’altra barchessa e serve un investimento importante per sistemare anche questa». Un impegno evidentemente cospicuo che non è certo il Comune abbia intenzione di sostenere, in questa fase critica per le finanze locali. Ma almeno la messa in sicurezza del tetto che rischia di crollare diventa a questo punto indifferibile.

Lino Perini

 

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