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Mattino di Padova – I Colli devastati dalle piogge

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7

feb

2014

ALLUVIONE»MONTEGROTTO TERME

Frane e strade deformate. Gravi danni negli alberghi termali

Hotel in ginocchio a inizio stagione

Decine di alberghi disastrati proprio alla vigilia dall’apertura

Danni ingenti, irrecuperabili molte delle strutture esterne

MONTEGROTTO TERME – Splendeva il sole ieri su Montegrotto e finalmente, per i sampietrini, è stata una giornata di respiro. Solamente la zona del Catajo è rimasta allagata, mentre tutte le altre vie interessate si sono asciugate già nella notte. Una boccata d’ossigeno per la città, in attesa della nuova perturbazione attesa per oggi. Il traffico torna normale. Nella mattina di ieri è stata riaperta la statale 16. Sono stati rimossi tutti i divieti di accesso e solo il sottopasso di via Circonvallazione Ovest è rimasto chiuso al traffico, dato che sono ancora in funzione le idrovore per espellere l’acqua. Si calcola che nel tunnel se ne sia riversati due milioni di litri. L’abbassamento dei livelli si è reso possibile grazie anche alle pressioni del sindaco Massimo Bordin. «Siamo riusciti a richiamare il Genio civile. Operando sul Canele Rialto, l’acqua ha potuto svuotarsi». Al Catajo si è invece proceduto a creare una via di scolo per l’acqua che si era accumulata sui campi fino a raggiungere il metro e mezzo d’altezza. Da ieri è esploso però per le vie di Montegrotto il pericolo buche. Molte le strade su cui si sono formati crateri. Ieri mattina sono entrati in funzione i mezzi del Comune per rattoppare le prime buche. Al momento pare lontano il pericolo di voragini. Alberghi allagati. È terribile la situazione per gli hotel termali Neroniane, Des Bains, Continental, Luna, Commodore, mentre danni di minore entità, in parte risolti con l’utilizzo di pompe, si sono rilevati in alcune parti per lo più sotterranee di Imperial, Antoniano, Apollo, Marconi e Bellavista. La situazione più difficile si registra al Commodore. «Stimiamo fra i 100 e i 150 mila euro di danni», spiega il responsabile Pierlivio Mattiazzo. «Abbiamo avuto allagamenti nella hall, al ristorante, al piano interrato con i quadri elettrici. Siamo riusciti a salvare mobilio, computer e televisori. Abbiamo avuto quasi 40 centimetri di acqua. Dovremmo riaprire il 14 febbraio, speriamo di farcela». «Abbiamo avuto 2 metri di acqua negli 8 scantinati», segnala Marilena Lovo, titolare del Continental, «hanno sommerso e rovinato irrimediabilmente pompe delle piscine, quadri elettrici, macchinari, merce, bloccato il riscaldamento e l’utilizzo delle vasche del fango. Le idrovore hanno sempre lavorato, ma l’acqua buttata fuori è rientrata inesorabilmente. Avremo 30-40 mila euro di danni. La riapertura è prevista tra 15 giorni: dovremo lavorare a ritmo serrato e molto dipenderà dai tempi di fuoriuscita dell’acqua». Ugualmente preoccupato Emiliano Baretella, titolare dell’hotel Des Bains: «Mezzo metro d’acqua ricopre una superficie di oltre 1.500 metri quadri dello stabile, relativa ad ambienti importanti dell’albergo quali il reparto cure termali, il guardaroba, i magazzini e la dispensa, locali della centrale tecnologica a servizio dell’intero hotel, centrale del gruppo di spinta antincendio, quadri elettrici principali. Le piscine interna ed esterna sono completamente sommerse, così come la loro centrale interrata». Claudio Guariento, titolare dell’hotel Luna: «Le pompe della piscina, il riscaldamento, l’impianto elettrico: tutto distrutto». Gli sfollati. Una ventina le persone che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni. Sono stati ospitati da amici e in alcuni appartamenti vuoti messi a disposizione da qualche sampietrino. Anche gli hotel termali Abano Ritz, Bristol Buja, Millepini, Olympia, Preistoriche, Roma, Sollievo, Aqua, Formentin, Lo Zodiaco, Petrarca, Salus, hanno espresso la loro solidarietà mettendo a disposizione alcuni posti letto. È intanto partita, soprattutto nella zona di Mezzavia, la conta dei danni. «Ho il garage e la cantina allagati e per soli 4 cm non mi è entrata l’acqua anche in casa: si è fermata al limite dell’ultimo gradino», racconta Claudio Lazzaro, uno dei residenti. Da ieri, con lo spuntare del sole, sono iniziate le pulizie dei locali. «Nessuno si è mai interessato di noi», va giù duro Giuseppe Nicolli, residente in via De Nicola, a Mezzavia. «Abbiamo avuto 10 cm di acqua in casa. Avremo 30-40 mila euro di danni». «Siamo riusciti a salvare la casa grazie a una paratia», racconta la famiglia Tasinato, sempre di via De Nicola. «Si è comunque allagato tutto il garage». Drammatico il momento di Lorenza Legnaro: «Avevo 45 cm di acqua in casa. Ho salvato il salvabile alzando i mobili. Mi sono rimaste solo la stufa a pellet e la lavatrice». Pericolosa la situazione in cui si è ritrovata la famiglia Garbellini in via Einaudi: «Ho dovuto portare via le mie due sorelle disabili. I danni sono ingenti e la casa pare diventata un accampamento». Resta aperta al Centro comunale la cucina per i cittadini in emergenza. Scuole riaperte. Unica eccezione, oggi, resta la Nievo.

Federico Franchin

 

NELLA BASSA PADOVANA

Sotto controllo la tenuta di argini e ponti

Con i livelli dei corsi d’acqua in piena decrescita non è calata invece l’attenzione e la preoccupazione delle amministrazioni comunali della Bassa Padovana: c’è infatti timore per la tenuta degli argini e dei ponti, rimasti inzuppati troppo a lungo. Sul tema si sono riuniti ieri pomeriggio a Stanghella i sindaci del bacino del Fratta-Gorzone (Stanghella, Sant’Elena, Granze, Boara, Vescovana, Solesino, Pozzonovo, Vighizzolo d’Este). All’incontro era presente anche il presidente del consiglio veneto Clodovaldo Ruffato. Nell’area Megliadina hanno invece fatto tappa il consigliere regionale Piero Ruzzante e l’onorevole Giulia Narduolo, che hanno toccato con mano in particolare gli allagamenti di Merlara: qui l’esondazione del canale Terrazzo ha riversato sulla frazione Minotte una quantità d’acqua incredibile: ci si chiede come e quando verrà smaltita tutta questa massa idrica. Ad Este, infine, l’evoluzione positiva del Bisatto ha portato l’amministrazione comuale a riaprire i ponti del centro storico: in mattinata quello di San Pietro e alle 17 anche quello di Porta Vecchia. Restano per il momento chiusi il ponte della Girometta e quello di San Francesco per evitare sollecitazioni che potrebbero danneggiare le strutture. Resta inoltre il divieto di parcheggio in viale Fiume: autorità e volontari stanno monitorando alcuni fontanazzi dell’argine, che tuttavia non destano particolari preoccupazioni. L’area è stata transennata e i punti critici delimitati da sacchi di sabbia usati (nella foto) anche per proteggere abitazioni.

Nicola Cesaro

 

Terme e Futuro «Follie urbanistiche negli ultimi 13 anni»

La lista civica accusa le amministrazioni Claudio-Bordin «Hanno pensato solo a far costruire, ecco il risultato»

MONTEGROTTO TERME – Terme e Futuro accusa l’amministrazione Claudio-Bordin: «Gli allagamenti verificatisi a Montegrotto, pur rientrando in un evento che ha coinvolto gran parte del Veneto, sono in buona parte la conseguenza delle sbagliate politiche e urbanistiche adottate negli ultimi 13 anni dai due sindaci e dalle loro maggioranze», sostiene Sabrina Talarico. «Scelte dissennate che hanno privilegiato l’interesse di pochi e penalizzato quello della collettività, promuovendo una cementificazione che ha gravemente e forse irrimediabilmente compromesso il già fragile assetto idrogeologico di Montegrotto. Sono stati concessi metri cubi edificabili in aree soggette ad allagamento». «Nelle numerose aree di Montegrotto considerate a forte rischio idraulico, è assolutamente sconsigliato costruire, ma questa prescrizione è stata completamente ignorata da Claudio-Bordin, che anzi hanno previsto nel Pat nuovi 300.000 metri cubi edificabili, molti dei quali situati in zona blu vietata», aggiunge. «Le oltre 50 varianti al prg approvate in 13 anni di governo hanno concesso 500.000 metri cubi di edilizia diffusa, spesso in aree ad alta fragilità e rischio allagamento. Persino la nuova circonvallazione è stata deliberatamente costruita in una zona già a forte rischio idraulico. Sono state gettate colate di asfalto su un’ampia area che costituiva un bacino naturale di laminazione. L’incomprensibile e illogica realizzazione di un sottopasso, anziché di un cavalcavia, ha ulteriormente aggravato la situazione di Mezzavia e di tutta la città». Terme e Futuro accusa a tutto campo. «Sottolineiamo anche la totale assenza di informazioni fornite dal sindaco alla popolazione. Non abbiamo visto nessuna lettera o volantino, nessun altoparlante, nessun avviso sulla stampa o sul sito internet, nessun piano di sicurezza. Il sindaco di Cartura ha diramato una circolare, distribuita casa per casa già dal primo giorno di allerta, in cui c’erano tutte le disposizioni per mettere al riparo persone e beni. Da noi nulla, i cittadini si sono trovati totalmente impreparati e disinformati su quanto stava accadendo».

(f.fr.)

 

Cani portati al sicuro, ma privi di tutto

appello per i 120 animali del canile di MERLARA

Stanno tutti bene ma hanno bisogno del sostegno della popolazione. Sono i 120 cagnolini salvati dal rifugio Leudica di Merlara, sommerso dalle acque del canale Terrazzo. Ora sono ospiti del magazzino comunale (nella foto), trasformato in un improvvisato ma efficiente canile. Purtroppo non si è salvato niente della struttura e ora questi animali hanno bisogno di tutto il necessario. Servono coperte, asciugamani, collari, guinzagli, ciotole, brandine, cuccette, ma anche materiale per la pulizia, scope, spazzettoni, stracci, sacchi per l’immondizia, palette, lettiere per gatti e sabbietta, forbici, guanti, prodotti per la pulizia. Anche l’infermeria è andata perduta: occorrono disinfettanti, garze, termometri per animali e siringhe. Per qualsiasi disponibilità è possibile chiamare Laura al 338.4585057.

(n.c.)

 

ALLUVIONE»BATTAGLIA TERME E LOZZO

Le case piene di fango «Buttiamo via tutto»

Nelle vie Ortazzo, Chiodare e Pescheria cento famiglie contano i danni

Mobili ed elettrodomestici accatastati in strada. Le auto ancora sott’acqua

BATTAGLIA TERME – Uno strato di melma sui pavimenti di casa, i mobili inzuppati d’acqua buttati fuori, televisioni, frigoriferi, pezzi di cucina sui marciapiedi. Ci si rimbocca le maniche e si comincia a pulire dopo la grande alluvione che ha messo in ginocchio le vie Ortazzo, Chiodare e Pescheria. Nella notte tra mercoledì e giovedì l’acqua ha iniziato finalmente a defluire e già ieri mattina ne restavano in strada solo pochi centimetri. «Ora lavoriamo con le pompe per liberare le cantine che sono ancora piene d’acqua», spiega il sindaco Daniele Donà, «ma ormai sono iniziate le operazioni di pulizia». È ancora presto per la stima dei danni, che comunque saranno ingenti. In totale sono circa cento le famiglie che hanno avuto abitazioni allagate. La gran parte degli 82 sfollati ieri ha dormito ancora da parenti e amici: le abitazioni ora sono accessibili ma decisamente insalubri, e in molti casi gli impianti elettrici sono saltati. «Aspettiamo i moduli dalla Regione per capire come muoverci per i rimborsi, la macchina dei soccorsi comunque è attiva», assicura il vicesindaco Alessandro Baldin. La gente intanto ha potuto rimettere piede nelle case e cominciare la triste opera di pulizia. Molti hanno perso tutto. A casa di Moreno Vegro, al civico 4 di via Ortazzo, l’acqua è entrata dalla finestra del soggiorno, affacciato sul canale, ed è uscita dalla porta d’ingresso. Ma filtrava persino dalle piastrelle del pavimento. Sladjana, la moglie, mostra sconsolata quel che resta di casa loro. «Abbiamo buttato via tutto. Due divani ad angolo, il mobile tv, la credenza che si è gonfiata, la cucina che è crollata, gli elettrodomestici». L’acqua ha raggiunto il metro e mezzo in casa. Ha inzuppato i vestiti, le scarpe, lasciando ora uno spesso strato di fanghiglia sul pavimento. La corrente elettrica è ripartita, ma i fili sono “volanti” e bagnati, perché l’impianto sia sicuro occorrerà l’intervento di un tecnico. Così come saranno pesanti i lavori per sanificare nuovamente la casa, che è stata letteralmente inzuppata dall’acqua sporca del canale. Già la coppia aveva subito l’alluvione del marzo 2011, con 60 centimetri d’acqua. Ora i danni sono anche peggiori, saranno da rifare anche gli impianti. Analoga beffa è toccata a Michele Sorti, che abita con due bimbi piccoli di fianco al museo della Navigazione. Aveva rimesso a nuovo la casa meno di tre anni fa, 17 mila euro la stima dei danni dell’ultima alluvione. Questa è stata peggiore e gli ha distrutto anche la cucina nuova. Michele mostra i suoi mobili accatastati in strada: «Lì ci sono i miei divani, il televisore, la lavastoviglie non parte, il frigo è da buttare. Dovrò comprarmi anche due deumidificatori per asciugare le pareti, non posso certo ridipingere la casa così, e i miei due bambini non possono stare in un ambiente malsano. La rabbia è tanta, perché era già successo il 17 marzo del 2011». Ha perso tutto anche Elena Pegoraro, residente in via Ortazzo 3. Casa sua si sviluppa tutta al pianterreno e il tentativo di mettere in salvo i mobili è stato inutile. L’acqua ha raggiunto quasi il metro d’altezza. «Ha distrutto tutto: il bagno, la cucina, gli elettrodomestici», racconta Elena.«Abbiamo provato ad alzare il divano, ma l’acqua ha superato il livello». In via Chiodare, stessa storia: Fabio Badon (civico 12) butta in strada quel che resta dei suoi mobili. «Da noi tutta la parte bassa della casa ha subito danni», racconta. C’è chi ieri pomeriggio ha ancora l’auto a bagno, perché i piani interrati sono ancora sommersi dall’acqua e quindi anche molti garage. Come Rosa Duman, che abita in via Maggiore 64: «La nostra macchina è rimasta di sotto», racconta arrabbiata. «È mancato l’allarme, nessuno ci ha avvisati che l’acqua stava salendo, avremmo potuto metterla in salvo, così invece è finita completamente sott’acqua. Chi ci risarcisce adesso?». Intanto l’acqua scorre via, ma il dramma vero è appena iniziato.

Francesca Segato

 

«C’erano i soldi per costruire l’idrovia»

Ruzzante (Pd) accusa la Regione. A Merlara chiedono il bacino di laminazione. Polemiche sull’allarme

BATTAGLIA TERME – Mancanza di coordinamento, fondi stanziati dopo l’alluvione del 2010 ma mai utilizzati, interventi messa in sicurezza fermi al palo. È la denuncia degli esponenti del Pd, che ieri hanno visitato i luoghi dell’alluvione. «In questi giorni è emerso con forza il problema del coordinamento di fronte alle emergenze», sottolinea il consigliere regionale Piero Ruzzante. «Lo stesso che avevamo denunciato nel 2010. C’è una grossa responsabilità della Regione, le risorse stanziate dopo il 2010 sono rimaste inutilizzate per un anno, c’erano circa 100 milioni non spesi per i risarcimenti che si sarebbero potuti utilizzare per fare più opere. Fondamentale è l’idrovia, per portare verso la laguna le acque del Brenta e del Bacchiglione. Stavolta si è verificato che il Bacchiglione non poteva essere sversato sul Brenta e le acque sono finite a valle, cioè a Bovolenta, dove il livello ha superato la piena del 1966. Le acque in arrivo da Battaglia hanno trovato un muro e sono tornate indietro». Sulla stessa linea l’onorevole Giulia Narduolo, che l’altra sera è intervenuta alla Camera sull’alluvione. «A Merlara e nella zona di Megliadino San Vitale la situazione è drammatica, i livelli non stanno scendendo». E aggiunge: «Le aziende agricole hanno immensi problemi. Oggi ho incontrato un allevatore che ha una stalla allagata con duemila bovini e non sa dove portarli».«Realizzare il bacino di laminazione permetterebbe di far defluire le acque del Fratta», sostiene l’assessore di Merlara Nicola Ferro, «e risolverebbe il problema della bassa padovana». Critici gli esponenti Pd di Battaglia sulla mancanza di preallerta ai cittadini.: «Non è possibile svegliarsi alle 5 di mattina e trovarsi un metro d’acqua in casa», dice la coordinatrice Angela Temporin. «La messa in sicurezza dell’Ortazzo è attesa dagli anni 80», le fa eco il capogruppo Massimo Momolo. Mentre Luca Fanton, coordinatore di Montegrotto, ricorda: «Il sindaco Bordin conosce bene i rischi del nostro territorio, avevamo una relazione di D’Alpaos che nel 2004 elencava interventi che avrebbe potuto fare anche il Comune, alzare alcuni argini, migliorare il sistema fognario».

(f.se.)

 

IL SINDACO DI LOZZO ANNUNCIA CHE FARÁ INSTALLARE UNA PARATIA SULLO SCOLO MOLINA

Sei famiglie isolate da giorni I pasti arrivano col gommone

LOZZO ATESTINO – A bordo di un gommone o di un grosso trattore, e in tutti i due casi bisogna avanzare con molta prudenza, è possibile raggiungere tre abitazioni in località Bellone e altrettante in via Vela. Sei famiglie sono da due giorni completamente isolate, perché le loro case sono circondate da tanta acqua. Ieri mattina in questa zona situata a sud-sud ovest di Lozzo, si sono presentati amministratori comunali e provinciali e tecnici, accompagnati dai volontari della Protezione civile per controllare la situazione. Una situazione che ha presentato un lento miglioramento, tanto che sono stati fatti arrivare un paio di gommoni su cui sono saliti il sindaco del paese, Fabio Ruffin, i volontari della Protezione civile e le troupe televisive impegnate nelle riprese dentro al capannone di Fortunato Contadin. L’allevatore avicolo, arrivato all’imbocco di via Bellone nel primo pomeriggio di ieri a bordo di un trattore per farsi consegnare dai volontari alcune confezioni di acqua, tra martedì e mercoledì aveva visto morire annegati trentaduemila pulcini di quattro-cinque giorni di vita. «Aspettiamo che scenda il livello dell’acqua, poi chiederemo i permessi all’Usl per raccogliere i pulcini morti. Dentro al capannone ci sono ancora quaranta centimetri di acqua», ha detto lo sfortunato allevatore che con la sua famiglia, i vicini, la Protezione civile e i vigili del fuoco aveva tentato di tutto per salvare le inermi bestiole. I volontari della Protezione civile si sono poi trasferiti armi e bagagli in via Vela, dove hanno utilizzato il gommone a remi necessario per raggiungere tre famiglie e portare loro il cibo e i medicinali a due anziani coniugi. Alla missione ha partecipato anche Ruffin, che poi ha raggiunto la prefettura di Padova per partecipare a una riunione. «A spese del Comune, faremo installare una paratia sullo scolo Molina», ha annunciato il primo cittadino, «perché non voglio che accada più un simile disastro». Il canale è esondato perché invaso a sua volta dal Roneghetto riempito dal Ronego che raccoglie le acque del confinante territorio vicentino. Il Ronego non riusciva a travasare le acque sul Frassine e perciò il Consorzio ha deciso di farlo sfogare sul Roneghetto facendo leva su una specie di convenzione datata 1556, quando Lozzo era ben diverso da adesso. «In quei tempi la Serenissima decise di bonificare il territorio da Sossano fino a Este. A Lozzo non c’era niente e così venne considerato una specie di bacino di laminazione da utilizzare in caso di piogge eccezionali», ha spiegato il professor Renato Ponzin.

Piergiorgio di Giovanni

 

IL SINDACO DI BOVOLENTA SCRIVE AL GOVERNO: «LAVORI URGENTI E INDIFFERIBILI»

Riaprono le scuole ma la “Ponta” resta proibita

BOVOLENTA – Un intero paese cerca di tornare alla normalità dopo giorni con il cuore in gola. Ieri mattina mentre splendeva il sole e il Bacchiglione aveva smesso di far paura il centro storico, evacuato in fretta e furia martedì scorso, è stato riaperto, insieme ai ponti e alle strade. Alle 10 il traffico è tornato alla normalità e gli sfollati hanno potuto tornare a casa. Tutti, a eccezione delle 5 persone che vivono alla “Ponta”, la piccola striscia di terra che da piazza Matteotti si affaccia sulla congiunzione fra il canale Roncajette e il Vigenzone (ancora allagata nella foto a sinistra scattata dall’elicottero dei vigili del fuoco). La pioggia prevista per oggi e l’instabilità dei prossimi giorni ha suggerito alle autorità di usare prudenza e di non togliere le paratie che proteggono la piazza, quindi la “Ponta” resta off limits ancora per qualche giorno. Nel resto del paese si torna a vivere anche se già mercoledì pomeriggio molti degli sfollati avevano fatto ritorno nelle loro case. Oggi riaprono anche le scuole, dopo tre giorni di stop forzato. Tirano un sospiro di sollievo gli alluvionati del 2010, imprenditori e residenti in via Padova, per lo scampato pericolo. «Ogni volta è un incubo», afferma un artigiano «ce la siamo vista brutta, ma quanto riusciremo a sopportare tutto ciò? Ho sentito i vicini dire che se l’acqua entra un’altra volta se ne andranno». Ora gli esperti dovranno verificare quali conseguenze ha avuto questa piena, qualche centimetro più alta di quelle del 1966 e del 2010, sugli argini e sui murazzi veneziani. Intanto il sindaco Vittorio Meneghello, dopo aver firmato le ordinanze di riapertura del paese, ha scritto una lettera di poche righe indirizzata a tutte le autorità, dal governo in giù. «Mi sono permesso di sottolineare, ancora una volta», spiega, «che Bovolenta ha bisogno di due lavori urgenti e indifferibili: la diaframmatura dell’argine destro del Bacchiglione, già progettata e finanziata, e il consolidamento dei murazzi. Tutto qua, però bisogna muoversi, perché non sappiamo se la prossima volta ce la caveremo».

(n.s.)

 

E i bambini della materna “Santa Maria” disegnano il dramma

L’esperienza angosciante dell’alluvione la raccontano anche i disegni dei bambini di 4 e 5 anni della scuola dell’Infanzia Santa Maria Ausiliatrice. «Abbiamo proposto ai bambini di disegnare l’alluvione, per dare sfogo alle loro emozioni» raccontano la direttrice, suor Gina Busolin, e la maestra Michela Israeli «Hanno dimostrato grande sensibilità e capacità di lettura. Avevano urgenza di parlare, raccontare, chi non ha subito direttamente l’alluvione l’ha vissuta nei racconti dei vicini». Tutti i disegni mostrano un cielo nero, pauroso, e l’acqua al posto della terra sotto le case. C’è chi ha fatto vedere il camion dei pompieri, chi racconta come l’acqua ha invaso casa del vicino ma risparmiato la sua. Chi si raffigura mentre si mette in salvo salendo le scale, chi mostra come il papà abbia sollevato i mobili, mentre i lettini sono al sicuro al piano superiore.

(f.se.)

 

Risarcimenti? Intanto documentate tutto

Vademecum ad uso degli alluvionati: fotografare ogni dettaglio e conservare con cura le ricevute

PADOVA – E adesso? Gli alluvionati si chiedono se potranno contare su qualche aiuto per cercare di tornare alla normalità. Una cosa è certa, intanto dovranno mettere mano al portafogli, con la speranza che almeno una parte delle spese sostenute possa tornare sotto forma di indennizzo. Per le zone finite sott’acqua la Regione ha annunciato la richiesta dello stato di calamità quindi tutti coloro che hanno riportato dei danni potranno fare un tentativo. In che misura questo andrà a buon fine dipende poi dalla somma che verrà stanziata dal governo e dall’ammontare complessivo dei danni. Però per molti vale comunque la pena provare. Che fare allora? Anzitutto bisogna organizzarsi per presentare la domanda al proprio Comune entro 30 giorni dalla pubblicazione sul Bollettino della Regione Veneto del decreto dello stato di crisi. Non è il caso, però, di farsi prendere dalla fretta e di correre subito in municipio, perché conviene concentrarsi su quanto c’è da fare a casa non appena l’acqua se n’è andata. Primo passo, fotografare tutto ciò che ha avuto a che fare con gli allagamenti, a partire da quanto va buttato, come elettrodomestici, mobili, attrezzi e tutti gli altri oggetti di valore. Se sono state conservate e si sono salvate dall’acqua le ricevute di acquisto meglio recuperarle. Conviene avere immagini anche di stanze, garage, esterno delle case, dalle quali si possa capire fino a dove è arrivata l’acqua e quali danni ha provocato. Chi ritiene di aver riportato danni davvero ingenti può anche incaricare (a proprie spese, ovviamente) un tecnico di fiducia di eseguire una perizia. La scheda di censimento dei danni che sarà messa a disposizione dai Comuni permette di scendere abbastanza nel dettaglio, con la possibilità di presentare successive integrazioni, però è fondamentale avere il maggior numero di “prove” possibili. Quindi per tutto ciò che vorremmo ci fosse risarcito, almeno in parte, è bene ricordarsi che nei mesi successivi dovremo presentare fatture e ricevute. Pertanto tutto ciò che viene eseguito “in economia” e tutti gli acquisti che non siamo in grado di giustificare non potranno essere rimborsati. E qui ciascuno dovrà fare con calma le proprie valutazioni e scegliere come procedere, individuando la soluzione più vantaggiosa per la propria situazione. Le esperienze passate hanno insegnato che nella migliore delle ipotesi il risarcimento dei danni documentati arriva a coprire dal 40 al 70% delle spese sostenute. Sono in gioco numerose varianti, soprattutto per i beni mobili, e non è escluso che vengano stabiliti dei prezziari o degli importi standard anche per gli interventi di ristrutturazione.

Nicola Stievano

 

SI ESTENDE IL FRONTE DEGLI SMOTTAMENTI A TORREGLIA E A TEOLO

Strade provinciali “terremotate”

Ci sono quattro frane soltanto nel territorio di Rovolon

Chiuse a tempo indeterminato via Belvedere e via Rialto

ROVOLON – Uno smottamento in via Belvedere a Rovolon Alto, un cedimento in via Rialto sempre a Rovolon, una frana all’inizio di via San Pietro a Carbonara, un’altra che interessa il calto Carbonara. Il bilancio parla di due tratti di strade chiusi al traffico e uno percorribile a senso unico alternato. E tutte le frane stanno vistosamente peggiorando. Il cedimento più grosso e più recente, causato dalle ultime piogge torrenziali, è quello che si è manifestato martedì sera sul versante settentrionale del Monte Grande a un’altitudine di circa 150 metri. Trecento metri di arteria provinciale “di Costigliola” Rovolon-Treponti presentano profonde crepe, grandi dislivelli e macroscopiche gibbosità. Il tratto interessato è stato ermeticamente chiuso al passaggio dei veicoli dal Comune, ed è diventato subito meta di curiosi impressionati dallo spettacolo che sembra esser stato provocato da un violento terremoto. Il grazioso borgo di Rovolon Alto e i suoi locali restano raggiungibili, solo che non ci si arriva da Treponti di Teolo. Per mettere in atto un minimo di ripristino che porti a un’apertura temporanea del tratto ceduto a causa delle forti piogge dei giorni scorsi, bisognerà aspettare che cessi il maltempo e si stabilizzi la situazione. Poi si potrà intervenire provvisoriamente facendo un fondo stabilizzato, cioè con ghiaino schiacciato dal rullo, e far transitare i veicoli. Tempi sicuramente lunghi, invece, sono richiesti per mettere definitivamente a posto il tratto di strada, perché sono necessarie indagini geologiche molto accurate e approfondite su tutto il versante del monte, per studiare le cause del problema, e si tratta di verifiche che possono interessare più stagioni per vedere se si presentino movimenti anche lievi. Condizioni pietose. Definire pietose le condizioni di una cinquantina di metri della comunale via Rialto, la strada che collega Rovolon con Montemerlo, è un eufemismo. Anch’essa si estende lungo il versante nord del Monte Grande, ma è situata più in basso di via Belvedere. L’amministrazione rovolonese ha le idee chiare su come intervenire sull’arteria di proprietà comunale. Non appena cesseranno le piogge, verrà fatto un fondo stabilizzato. Per riottenere un manto stradale asfaltato bisognerà attendere un po’ di tempo. Le due strade Belvedere e Rialto si snodano nella stessa parte del Monte Grande, che è interessata da un importante movimento franoso. Segnali di avvertimento. La frana all’inizio di via San Pietro a Carbonara: il cedimento della strada si è verificato sul versante occidentale del Monte della Madonna, a un’altezza di circa 80 metri. I venti metri ceduti si trovano in prossimità di un calto, comunque sono stati posizionati tutti i segnali di avvertimento e la strada è percorribile. Il calto Carbonara corre dietro la chiesa della frazione e convoglia le acque che scendono dai monti. Un pezzo di mura sta cedendo. La competenza per i calti collinari è del Genio Civile. Sopralluogo della Provincia. Ieri in tarda mattinata, la prima cittadina Maria Elena Sinigaglia, l’assessore ai Lavori pubblici Dario Facchini, la presidente della Provincia Barbara Degani e l’assessore all’Ambiente Mauro Fecchio si sono recati in via Belvedere. La presidente è rimasta impressionata dalle condizioni in cui versa il tratto di strada e ha promesso il suo interessamento perché venga riaperto nel minor tempo possibile. Ha fatto un sopralluogo anche il vicepresidente Roberto Marcato.

Piergiorgio Di Giovanni

 

ALLUVIONE»I COLLI E SELVAZZANO

Nella ex cava Maso si stacca una parete di trachite

TORREGLIA – TEOLO Si fa sempre più critica la situazione delle frane e degli smottamenti nei Comuni di Torreglia e Teolo. Ieri pomeriggio nella ex cava di Giovanni Maso, di via Vallarega a Luvigliano, si sono staccati dalla parete 3/4mila metri cubi di trachite. Il materiale roccioso è andato a invadere parte del piazzale della ex cava, dove l’azienda Maso ha il laboratorio di lavorazione della pietra. Sempre a Luvigliano, preoccupa lo smottamento che da un paio di giorni interessa un vigneto di recente realizzazione in via Malterreno. La strada che porta a Quota 101. I danni al patrimonio agricolo provocati sui Colli dalle frane di queste ultime ore sono ingenti. A Tramonte, in territorio di Teolo, un intero versante della collina coltivato a vigneto e ciliegieto dell’azienda agricola Boscalbò di via Busa sta scivolando a valle. Stessa situazione sul monte Lonzina, ai confini tra Teolo e Torreglia. Sempre in comune di Teolo non sono ancora ben definite le dimensioni della frana che da lunedì interessa via Farnea, nella frazione di Villa. Ieri pomeriggio in municipio si stava valutando la possibilità di far intervenire i vigili del fuoco per verificare la stabilità del versante dove insistono alcune casette prefabbricate degli anni Settanta. A preoccupare amministratori e tecnici sarebbero alcune crepe comparse tra i vialetti di accesso alle abitazioni. Molte delle quali non sono stabilmente abitate. A Teolo Alto, inoltre, mercoledì sera è stata chiusa a causa di una frana via Fontana Maggiore. Si tratta di una strada comunale che si stacca dal centro del paese e va a morire alcune centinaia di metri più su, sul versante sud del monte Madonna.

(g.b.)

 

Magazzini sommersi, perso tutto

Ci sono anche alcuni commercianti di Rubano fra le vittime degli allagamenti

RUBANO – Mentre il quartiere Rolandino ieri mattina era finalmente libero dall’acqua, alcuni negozi di viale della Provvidenza, accanto alla chiesa, avevano ancora i magazzini semi-allagati: i garage sotterranei e i loro depositi sono rimasti invasi da 50 centimetri d’acqua sin da lunedì sera. Alla cartoleria Cartidea vedranno nei prossimi giorni quanto materiale di cancelleria si è rovinato: quello che erano riusciti a salvare, riponendolo negli scaffali più alti, sta iniziando a rovinarsi a causa dell’eccesiva umidità che ristagna adesso dentro il magazzino. «L’acqua è arrivata lunedì sera» raccontano la titolare Nicoletta Scanferla e il marito Galdino, «abbiamo salvato il più possibile. Sul pavimento abbiamo avuto mezzo metro di acqua. Già nel 1992 subimmo un allagamento, ma l’acqua si fermò a una trentina di centimetri. È scesa ieri mattina, dopo quasi tre giorni ininterrotti». Tutto il fronte di negozi al pianterreno dell’edificio ha subito danni. «L’acqua è filtrata dai muri», spiega Alessandra Galiazzo, una delle due titolari, «e ancora ne abbiamo alcuni centimetri sul pavimento: arriverà un amico con l’aspiraliquidi. Dobbiamo ringraziare tutti gli amici che si sono prodigati per aiutarci, specialmente a sollevare i frigoriferi. Siamo state costrette a dormire nel bar, per controllare che non si spegnessero le due pompe. È stato un disastro e ora conteremo i danni: sfortunatamente ci è capitato nel giorno in cui la mia socia, Maria Luisa Lanaro, aveva il funerale del fratello». Mezzo metro d’acqua ha invaso anche l’interrato della gioielleria Rensi e i garage condominiali. Antonio vi aveva riposto tutti i suoi ricordi, in attesa che la sua casa nuova fosse pronta. Avrebbe dovuto esserlo già a ottobre: fosse stato così, avrebbe salvato le sue cose. «Fortunatamente sono riuscito a spostare la moto, il Maggiolone d’epoca e le mie chitarre. Ma sono finiti sott’acqua i filmini di mia madre, che non c’è più». L’opinione generale è che questo allagamento sia stato deciso per salvare altre zone: ma come tutti ribadiscono, potevano avvertire la popolazione, in modo che mettesse in salvo il più possibile i propri beni e sigillasse le case. Contano i danni ora i residenti del quartiere Rolandino: ieri mattina almeno c’era il sole e hanno potuto mettere mobili e oggetti fuori ad asciugare. La famiglia Dosselli Milesi in via Mussato aveva tutti i mobili della taverna, insieme a libri e vestiti davanti alla porta: andrà buttata la maggior parte delle cose, probabilmente, dopo che per tre giorni sono rimaste a inzupparsi d’acqua. Gli armadi nuovi della famiglia Rata, che aveva appena ristrutturato casa in via Gloria, si stanno aprendo: l’acqua è arrivata attraverso le porte, ma è anche filtrata da sotto il pavimento. Tutti quelli che hanno un appartamento al pianterreno con il pavimento in legno si sono ritrovati il parquet ondulato. A casa di Obiburie Jbeaduchi i listelli si sono persino scollati. Fortunatamente l’auto funziona, a casa di Mirella Agostini Novello, ma dovrà forse buttare elettrodomestici e mobili che arredavano il piccolo appartamento che aveva allestito nell’interrato della villetta. Venti centimetri d’acqua buoni anche dentro casa della signora Deganello: i muri hanno cominciato a scrostarsi. Il livello dell’acqua ha iniziato a scendere verso mezzanotte, quando la pompa che il sindaco ha chiesto di installare, alla confluenza dei corsi d’acqua Giarina e Mestrina, ha cominciato ad avere effetto. «Stiamo organizzando un incontro per ricostruire gli eventi di questi giorni», annuncia il sindaco Ottorino Gottardo, «e coordinare le richieste di cittadini per lo stato dì calamità. A breve saremo più precisi con luogo e data». Intanto è stata organizzata con Etra una raccolta speciale dei rifiuti ingombranti che i cittadini sono costretti a gettare perché inservibili: si può prenotare l’asporto gratuito a domicilio al numero verde 800247842 da lunedì a venerdì dalle 8 alle 20 oppure si possono portare all’ecocentro di Mestrino oggi, domani e lunedì, dalle 9 alle 17, senza alcun costo aggiuntivo.

Cristina Salvato

 

Via Annibale da Bassano, dopo gli aiuti si cerca una soluzione

limena propone a vigodarzere di dividere le spese

Via Annibale da Bassano nel Tavello ieri era ancora isolata, con la strada allagata dall’acqua che emerge dal terreno, formando una specie di laghetto e isolando una decina di famiglie. Il luogo, immerso nell’area golenale del Brenta, si trova geograficamente a Limena, ma amministrativamente a Vigodarzere: i due Comuni si troveranno a breve per concordare una soluzione. «Ho chiesto al gruppo di Protezione civile e ai tecnici comunali di valutare la soluzione più efficace», dichiara il sindaco limenese Giuseppe Costa, «e sembrerebbe quella di scavare un canale che faccia drenare l’acqua. Mi hanno detto che è poco percorribile l’idea di rialzare la strada, in quanto con l’acqua rischierebbe di sgretolarsi di continuo. Sono d’accordo di ritrovarmi con gli amministratori di Vigodarzere tra pochi giorni e chiederemo loro di dividere a metà le spese. La soluzione deve essere efficace e anche definitiva, perché ci sono bambini piccoli, anziani e disabili tra le persone isolate. Abbiamo dotato due famiglie di stivali di gomma per tornare a casa attraverso la strada allagata e i volontari hanno consegnato con la barca viveri per una settimana a queste famiglie».

(cri.s.)

 

Soccorsa un’anziana barricata in casa Una decina gli sfollati

Sale la conta dei danni nelle abitazioni a Selvazzano

Il Movimento 5 Stelle vuole chiarezza sull’uso delle idrovore

SELVAZZANO – Le poche ore di tepore di ieri pomeriggio hanno dato morale alle molte famiglie di Selvazzano duramente colpite dalla tracimazione degli scoli Mestrina, Storta e Brentelle. Ora che l’acqua è stata tolta dalle strade e da quasi tutti gli alloggi, si nota in tutta la sua drammaticità quella che è stata l’emergenza. In via Carnaro e via Forno a Tencarola l’acqua ha distrutto tutto quanto contenuto non solo nei piani interrati ma anche nei piani terra. Un disastro. «Nella taverna il livello dell’acqua ha raggiunto il soffitto, ma anche al piano terra, dove viviamo stabilmente, i danni sono ingenti», evidenzia Livio Giacon. «Ci scaldiamo con una stufa a legna perché la caldaia non funziona. La Protezione civile ci ha aiutati nelle prime ore dell’emergenza, ora stiamo facendo la cernita di tutto quello che è da buttare». Luigi Portalone, altro abitante di via Carnaro, stima i danni alla sua abitazione intorno ai centomila euro. «Sono andate sott’acqua due auto oltre a tutta la mobilia del piano terra», racconta. «Siamo riusciti a salvare per miracolo il fuoristrada solo perché alle 3 di lunedì notte siamo stati chiamati da un vicino. Abbiamo danni ingenti anche ai pavimenti e all’impianto elettrico. Se qualcuno ci avesse avvisato in tempo non sarebbe successo questo disastro». Ieri il Comune di Selvazzano ha informato che il materiale da buttare va messo sul marciapiede fuori dal cancello. Etra passerà per le vie a raccoglierlo. Può anche essere portato direttamente dal cittadino al centro raccolta di via Galvani, dalle 8 alle 16 di domani. Info: 800247842. Gli sfollati. Sarebbero una decina le persone che sono state costrette a lasciare le case nelle vie di Sarmeola e Tencarola. Alcune sono ospiti di parenti, quattro persone disabili sono state accolte in centri attrezzati come l’Oic e Nais. Di questi cittadini, come pure della fornitura dei pasti caldi a coloro che non riuscivano a uscire di casa, si è occupato l’ufficio Servizi sociali del Comune che ha lavorato in sinergia con la Croce rossa e l’Usl. «Adesso ci stiamo organizzando con le ragazze della Protezione civile e con altri volontari per le pulizie degli appartamenti», fa sapere l’assessore ai Servizi sociali, Giovanna Rossi. Anziana al freddo. In via Carnaro un’ottantaquattrenne sola in casa, al freddo e al buio, è stata raggiunta mercoledì sera dal sindaco Enoch Soranzo e dal coordinatore della Protezione civile, Gianni Peruffo. La finestre della casa dell’anziana erano completamente chiuse e tutti pensavano fosse ospite di parenti. Tranne un vicino di casa che l’aveva vista aggirarsi verso sera al primo piano dell’appartamento. Soranzo e Peruffo, visto che il citofono non funzionava a causa del black out elettrico, si sono sgolati a chiamarla senza ottenere risposta. A quel punto sono entrati da una finestra e hanno trovato l’anziana impaurita. L’hanno rifocillata e messa a letto e hanno riallacciato la corrente. Sportello in Comune. Ieri mattina Soranzo ha inviato al governatore del Veneto, Luca Zaia, la richiesta di riconoscimento dello stato di calamità per il Comune di Selvazzano. La modulistica per le domande di risarcimento e le istruzioni per come compilarle si potranno scaricare dal sito internet del Comune nei prossimi giorni. È possibile anche rivolgersi in municipio dove verrà allestito un apposito sportello. Il consigliere provinciale del Pd Boris Sartori invita i cittadini a fotografare per bene i danni subiti poiché la pratica di risarcimento richiederà la documentazione fotografica. Sartori raccomanda, inoltre, di chiedere regolare fattura per tutti i lavori di riparazione che vengono effettuati. Il consigliere provinciale invita i cittadini a diffidare di professionisti che propongono di pagare perizie o interventi tecnici che in questa fase non sono richiesti. Cinque Stelle. Il M5S consegnerà una lettera aperta al sindaco per avere spiegazioni sugli allagamenti che hanno interessato il territorio. Nello specifico gli attivisti di M5S in una nota scrivono di volere chiarezza sulle contrastanti dichiarazioni avute in merito alla gestione dell’emergenza. «Dal Consorzio di bonifica Pedemontano Brenta ci veniva confermato che da giorni le idrovore della Brentella lavoravano a pieno regime, mentre mercoledì il Prefetto ha evidenziato come il Genio civile abbia dato comunicazione di aver diramato già lunedì l’ordine di spegnimento degli impianti idrovori, al fine di evitare il sovraccarico del sistema idraulico. A cos’è dovuta questa contraddizione?», si legge nel comunicato. M5S chiede, inoltre, «perché non sono state avvisate in tempo le famiglie e se si sono verificate cause accidentali che hanno limitato lo scarico dell’acqua dello scolo Storta in Brentella».

Gianni Biasetto

 

«Ora pericolo frane» Via alle verifiche anti-smottamenti

Micalizzi: «Monitoriamo gli argini che sono a rischio»

La Paltana torna sotto controllo, rientrate le criticità

PADOVA – La giornata di sole di ieri ha firmato la tregua dell’emergenza, ma non dei lavori febbrili sul campo da parte dell’unità anti-crisi organizzata dal Comune. Obiettivo principale asciugare il più possibile la rete di canali e fossati che, tra martedì notte e mercoledì mattina, hanno tracimato allagando via Monte Rua, via Monte Santo e alcune delle case di Brusegana. Perché la situazione torni alla normalità servirebbero quattro-cinque giorni senza pioggia. Nel frattempo gli uomini di Comune, Aps, Protezione civile e Genio hanno lavorato ininterrottamente, anche durante la notte, per ripristinare al meglio la situazione. Complice l’abbassamento del Bacchiglione, che ieri mattina era sceso a livello di 10,13 metri, 1 metro più basso della piena del 4 febbraio. Il risultato è che la Paltana è tornata sotto controllo e le cinquanta case della golena respirano dopo giorni di ansie e inquietudini. Chiusi inoltre i capitoli critici della città: rientrato l’allarme in via Cà Rinaldini, a Montà, dove l’acqua, che aveva allagato alcuni cortili privati e cinquanta metri di strada, è stata completamente riassorbita. Come noto, qui il problema è la mancanza di sottoservizi fognari: i lavori sono partiti da alcuni mesi, ma bisognerà aspettare il 2015 per avere le fogne funzionanti com’è già accaduto per Forcellini e Terranegra. In via della Biscia, dopo una notte e due giorni di lavoro da parte di Aps, la case sono tornate all’asciutto. A fine emergenza però l’assessore alle acque e alle manutenzioni, Andrea Micalizzi, approfondirà le responsabilità perché, da un primo sopralluogo, sembra il danno sia stato provocato dai lavori privati di una recinzione. Infine a Brusegana, in via Monte Rua e via Monte Cero, tecnici comunali e Protezione civile hanno lavorato fino a ieri mattina: prima per mettere in sicurezza le strade e le case, poi per scaricare il più possibile il canale, lo stesso che è destinato a svuotarsi nel Brentella che a sua volta è accolto dal Bacchiglione. Nei giorni di piena la strategia è stata bruscamente interrotta: il Bacchiglione non ha più potuto ricevere una goccia d’acqua, il Brentella si è gonfiato fino all’estremo e con esso i canali che continuavano a ricevere inesorabilmente l’acqua da Sarmeola, Rubano, Caselle e Tencarola. «Adesso dobbiamo augurarci piova poco, con bassa intensità», spiega Micalizzi, «altrimenti rischiamo si ripresentino gli stessi rischi dei giorni scorsi per quanto riguarda la rete minore dei canali. In queste ore stiamo monitorando gli argini, soprattutto quello di San Gregorio, perché un altro pericolo sono smottamenti e frane: i terreni sono inzuppati e possono venir giù pezzi di argine. Una squadra della protezione civile sta percorrendo tutti gli argini cittadini».

Elvira Scigliano

 

PERSONALE DEL COMUNE, DI APS E DELLA PROTEZIONE CIVILE

Gli “angeli” del maltempo orgoglio dei padovani

PADOVA – Hanno guadagnato sul campo l’onorificenza di “angeli dell’alluvione” per aver aiutato ben oltre i loro doveri. Sono i dipendenti comunali dei settori Manutenzione e Patrimonio, gli uomini di Aps e, naturalmente, i volontari della Protezione civile. Si sono impegnati per rispondere colpo su colpo all’emergenza acqua, senza sosta e senza chiedersi se quello che stavano facendo fosse una loro competenza. Muniti di straordinario altruismo e dedizione professionale, hanno finito per lavorare ben oltre l’orario di ufficio, ben oltre lo straordinario e tornando, l’indomani, a firmare il cartellino e sedersi ala scrivania dell’ufficio con appena qualche ora di sonno racimolata. Si sono prestati, giorno, dopo giorno, notte dopo notte, consapevoli che la loro città era in pericolo, che la collaborazione di tutti era indispensabile. Sono i dipendenti di palazzo Moroni, guai ad additarli con i cliché spesso abbinati ai dipendenti pubblici. Il settore Manutenzioni ha impiegato 15 persone garantendo una reperibilità H24, utilizzando anche l’assetto e il personale del piano neve. A gestire ed organizzare il lavoro Claudio Zanon e Roberto Piccolo (che ha coordinato le operazioni) per il settore Manutenzioni; Giorgio Zanaga per il supporto logistico del settore Patrimonio; Lorenzo Panizzolo per la polizia municipale; Enrico Bolzon e Gaetano Natarella per la Protezione civile e l’ingegnere Tiziano Pinato per il Genio civile. «Siamo diventati una sorta di squadra speciale per le emergenze climatiche», commenta l’assessore Andrea Micalizzi. «Molti, nei giorni delle piene e nei momenti successivi di allerta per i canali, hanno lavorato ben oltre l’orario di servizio. Quando le famiglie hanno bisogno di aiuto, i nostri valorosi uomini non guardano l’orologio e lavorano con il cuore. Abbiamo tenuto in piedi anche il servizio di reperibilità e pronto intervento per le buche: in questi giorni, a causa delle piogge, l’asfalto delle strade si è sgretolato in diversi punti e i nostri uomini hanno svolto numerosi interventi dietro puntuali segnalazioni».

(e.sci.)

 

LA PROPOSTA DELLA COLDIRETTI

«Sbloccare il patto di stabilità»

Il presidente Miotto: «Servono investimenti per la difesa idraulica»

PADOVA «Mettere al di fuori del patto di stabilità tutti gli investimenti per la difesa del territorio sostenuti dalle amministrazioni locali, dai Comuni alla Regione» è l’idea su cui Coldiretti intende coinvolgere le istituzioni. «In caso di violente ondate di maltempo l’agricoltura paga il prezzo più alto» sostiene Federico Miotto, presidente di Coldiretti Padova che enumera vigneti, allevamenti e aziende in ginocchio. «Proponiamo un tavolo istituzionale affinché la difesa dell’ambiente diventi davvero una priorità – sostiene Miotto – il mondo agricolo attraverso il governo dei consorzi di bonifica sta svolgendo una funzione indispensabile sul territorio, attraverso la gestione e la manutenzione di centinaia di chilometri di canali, di decine di impianti di sollevamento e altre strutture per evitare che l’acqua diventi un problema per le nostre città, i nostri quartieri, le zone artigianali. Non basta: servono opere importanti per gli argini e gli alvei dei canali, gli impianti di sollevamento, la gestione delle piene e dei periodi di prolungata siccità. Questo si può fare solo indirizzando con tempestività ed efficacia adeguate risorse economiche – aggiunge il presidente di Coldiretti Padova – ricordiamoci che gli investimenti di oggi sulle opere per la difesa idraulica si trasformeranno in un risparmio sui gravi danni che potranno essere evitati. Va ripensata anche la politica urbanistica ed edilizia a livello locale, mettendo un freno alla cementificazione soprattutto nelle aree a maggior rischio e fissando delle regole ben precise per le nuove urbanizzazioni, sia civili che industriali, in modo da non pentirsi in futuro delle scelte sbagliate di oggi».

 

LE TESTIMONIANZE DEI RESIDENTI

«Abbiamo raccolto acqua per ore»

A Brusegana l’incubo è tornato a quattro anni di distanza

PADOVA – Stivali a mezza coscia ma bagnati fin nelle ossa, giacche impermeabili organizzate o arrangiate e tanta fatica. Per chi in questi giorni ha dovuto affrontare l’emergenza acqua le ore sono trascorse frenetiche, senza dormire e con il terrore dipinto negli occhi perché il gioco c’era la propria casa, i “tesori” di una vita che ognuno di noi conserva tra le proprie mura domestiche. A Brusegana, tra via Monte Rua e via Monte Cero, l’acqua ha raggiunto cantine e taverne per 15 centimetri: «Purtroppo non è stata la prima volta», hanno raccontato Roberto e Stefano, vittime dei danni del maltempo. «Nessuno di noi aveva ancora dimenticato il 2010, allora abbiamo dovuto letteralmente gettare nella spazzatura tutto il mobilio e ogni oggetto invaso e divorato dall’acqua. Questa volta invece ringraziamo la solerte presenza del Comune, ma soprattutto vicini e amici. Ci siamo aiutati l’un l’altro, non abbiamo chiuso occhio, ma la fatica è stata ripagata perché abbiamo messo in salvo ogni cosa. Abbiamo accatastato mobili, portato in salvo divani e tappeti, a nulla servivano i cavalletti per alzare di qualche centimetro gli oggetti perché l’acqua continuava a precipitare, a cascata, dalle finestre chiuse». In via della Biscia invece è stata la prima volta che hanno vissuto il trauma dell’allagamento: «Abbiamo raccolto acqua per ore», riferisce Marina, «ma sembrava non servisse a nulla. Né servivano i sacchi di sabbia perché la forza e la potenza dell’acqua è molto più forte. Non so cosa potremo salvare delle nostre cose».

(e.sci.)

 

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