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MALTEMPO »IL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE

Mezzo milione di veneti vive sfidando la natura

Scuole, fabbriche e ospedali in zone che potrebbero finire sott’acqua o franare

Il rapporto «Dissesto Italia» dalla collaborazione tra costruttori e ambientalisti

VENEZIA – La fotografia del dissesto porta la firma di costruttori, pianificatori, geologi e Legambiente. E da oggi ha un nome: dissestoitalia (www.dissestoitalia.it). Difficile attribuire alla raccolta dei dati, presentata ieri mattina a Roma del ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, maldestri tentativi di allarme sociale. Ci sono tutti: colpevoli e allarmisti, uniti dalla consapevolezza che abbiamo tutti esagerato e il pianeta non ci sarà una seconda possibilità. In un paese dove l’82 per cento del territorio italiano è ad elevato rischio idrogeologico, il Veneto fa la sua brutta figura: più di mezzo milione di persone (522.657) risiede in condizioni di rischio dissesto, 221 mila famiglie. Millecinquecento chilometri quadrati (1549 per la precisione) sono soggetti a esondazioni o frane. Come un corridoio largo dieci chilometri che, lungo l’autostrada Serenissima, parte da Verona e arriva a Venezia. I comuni a rischio sono 327, il 56% della regione. Non solo: il rapporto «dissesto Italia» elenca puntualmente anche 5.439 imprese, 580 scuole e 41 tra ospedali, case di cura ed enti di assistenza sociale che insistono sul territorio a maggior rischio. Per un totale complessivo di 176 mila addetti che rischiano ogni giorno di finire sott’acqua durante l’orario di lavoro. Quel che è peggio è che la situazione, negli ultimi dieci anni (2003-2013) è peggiorata: più che altrove. La popolazione del Veneto soggetta ad alto rischio è aumentata nel decennio dell’8,8 per cento, il più alto d’Italia. Insomma, abbiamo fatto peggio di altri. Colpa della corsa alla cementificazione, dell’incuria manutentiva, di una cultura del saccheggio che non ha eguali in Europa. «Il Veneto ha una propensione naturale al rischio idrogeologico – spiega Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente, che ha curato il rapporto –, ma c’è stata anche una gestione del territorio evidentemente non adeguata. Si è costruito molto e in zone sbagliate, contribuendo a una impermeabilizzazione del territorio notevole. L’acqua finisce nella rete idrica, che non ce la fa più». Bocciati, dunque. E il web documentario, che fa parte del rapporto Ance Cresme ed è disponibile in rete lo dimostra, dati alla mano. C’è uno speciale sul disastro del Vajont, probabilmente la più grande tragedia del dissesto idrogeologico d’Europa, e uno speciale sull’alluvione di Ognissanti del novembre 2010. «Questo lavoro è stato condiviso dall’associazione dei costruttori, dall’ordine degli architetti e pianificatori, dal consiglio nazionale dei geologi e da Legambiente – aggiunge Zampetti – e vuole fornire strumenti di lettura alla politica per una corretta gestione del territorio. In Italia oltre 5,7 milioni di abitanti è esposto al rischio idrogeologico, negli ultimi dieci anni sono stati registrati duemila episodi di dissesto. Nel 2013 gli eventi sono stati 351, ma nel gennaio di quest’anno già 110. Il bilancio delle vittime drammatico: in cento anni 12.600 vittime tra morti, dispersi o feriti e più di 700mila sfollati per colpa di un’urbanizzazione selvaggia, di case e capannoni costruiti troppo vicino a fiumi o in aree ad alto rischio di dissesto idrogeologico». Il conto è salatissimo: i danni provocati da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 a oggi è stato pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all’anno mentre ne sarebbe servita solo la metà per la prevenzione. Secondo i promotori del rapporto il dissesto nazionale deve «deve disporre di una regia nazionale, avere risorse certe e immediatamente utilizzabili anche sforando il Patto di stabilità e utilizzando la nuova programmazione dei fondi europei».

Daniele Ferrazza

 

«Prevenire il dissesto idrogeologico»

Legambiente attacca Comuni e Regione: poche manutenzioni, troppo cemento

JESOLO «Certo, ha piovuto tanto. Ma non nascondiamoci dietro un dito. Abbiamo cementificato città, arginato fiumi in modo sbagliato, costruito sulle sponde di corsi fluviali. L’impegno che devono assumere secondo noi le istituzioni, a cominciare dalla Regione, è di prevenire il dissesto idrogeologico». A parlare è il presidente di Legambiente Veneto, Luigi Lazzaro. Per gli ambientalisti l’alluvione che ha colpito anche il Veneziano ripropone il problema della manutenzione del territorio, ma anche di come dovrebbe essere attuata una prevenzione sistemica per evitare il ripetersi di queste situazioni. «Chiediamo che siano messe molte più risorse nella prevenzione», spiega Lazzaro, «abbiamo fatto un dossier in cui si parla della necessità di investire circa 500 milioni in tutta Italia. Zaia parla di 500 milioni solo per riparare i danni in Veneto. C’è un paradosso tra quanti soldi ci servono per riparare i danni e quanti il governo nazionale e di conseguenza la Regione non ne mettono mai a tutela e prevenzione dei dissesti idrogeologici». Per Legambiente vanno promossi ulteriormente i percorsi di partecipazione, come i contratti di fiume che, nel Veneziano, si stanno avviando per il Marzenego-Osellino e per il Meolo-Vallio. «Il contratto di fiume lo rilanciamo come strumento in mano alle comunità, ai cittadini e alle associazioni insieme alle istituzioni, e non alla gestione politica, perché i fiumi devono essere tutti», aggiunge Lazzaro. Infine, le spiagge martoriate dai detriti. Per Legambiente un motivo in più per rilanciare la battaglia contro la cementificazione delle coste. «Per noi quelle su Valle Vecchia e la Laguna del Mort sono battaglie fondamentali», conclude Lazzaro, «è evidente come le coste stiano subendo il riversarsi di quanto succede a monte e questo pone un ulteriore, grande punto di domanda su nuove costruzioni che vadano a insediarsi in aree che sono soggette a rischio. Abbiamo una cementificazione che non si ferma, fino ad arrivare quasi a inghiottire il mare: è il segnale che non c’è volontà politica di preservare le poche aree naturali».

(g.mon.)

 

Tiziano Tempesta e la legge del cemento

PADOVA. Il professor Tiziano Tempesta, del Dipartimento territorio e sistemi agroforestali dell’università di Padova, è la coscienza critica dei costruttori. Probabilmente il più lucido analista della contraddizione-Veneto: terra dai paesaggi straordinari ma devastata da mezzo secolo di cementificazione selvaggia. A mettere in fila i suoi dati c’è da riflettere. «In Italia dal 2009 al 2011 gli interventi di ampliamento, rispetto al triennio precedente, si sono ridotti del 35%, mentre nel Veneto solo del 22%» Insomma, si è continuato a costruire. In un territorio dove, spiega la Regione nel rapporto statitisco annuale, il 65% della popolazione vive in abitazioni sottoutilizzate, contro una media nazionale del 54%. Cioè viviamo in case più grandi del necessario in due casi su tre. Inoltre, nel Veneto il 62 per cento della popolazione vive in ville e villini, rispetto al 43 per cento del dato nazionale. Attualmente il numero delle abitazioni non occupate nel Veneto dal 2001 al 2011 è aumentato di 88 mila unità, «tanto che – spieg aTempesta – esse costituiscono ormai più del 16 per cento del totale del patrimonio residenziale». E dunque per chi costruire, se poi ad ogni brentana finiamo sott’acqua?

(d.f.)

 

MALTEMPO»DOPO GLI ALLAGAMENTI

Agricoltura al tappeto sette milioni di danni

È la stima della Coldiretti per raccolti da buttare e interventi di ripristino

I sindaci indicano ai Consorzi di bonifica le infrastrutture più urgenti

SAN DONÀ – Tra i sei e i sette milioni di euro. Ecco a quanto ammonterebbero i danni patiti dall’agricoltura del Veneziano a causa dell’alluvione che ha colpito il territorio nei giorni scorsi. È questa prima parziale stima, destinata ancora a crescere. Ieri la Coldiretti del Veneto, in occasione della visita ad alcune aree alluvionate da parte del presidente nazionale Roberto Moncalvo, ha comunicato che, da un primo bilancio, i danni accertati all’agricoltura superano a livello regionale già i 10 milioni di euro. Ma anche questo dato sembra destinato a dover essere rivisto al rialzo. La zona più colpita, insieme alla provincia di Padova, risulta essere proprio il Veneziano. In queste aree si concentra oltre la metà dei danni. Alle colture andate distrutte o seriamente compromesse, vanno poi sommati i costi aggiuntivi che le imprese agricole dovranno sostenere per coprire eventuali danni alle strutture oppure per le lavorazioni che si renderanno necessarie per ripristinare i campi allagati. Ecco che il conto di 6 o 7 milioni di euro di danni è, purtroppo, presto fatto. «Le coltivazioni a seminativo di cereali», sottolinea Coldiretti, «soffrono di asfissia e il raccolto è compromesso. Non va meglio per gli ortaggi in pieno campo allagati, che stanno marcendo. I pregiati vigneti Doc del Piave sono stati sommersi dall’acqua, mentre nelle serre a causa dell’umidità le muffe stanno distruggendo le coltivazioni». La zona più colpita è quella del Veneto Orientale, dove anche i Comuni sono alle prese con la stesura dei bilanci di quanto accaduto. Ieri il sindaco di Meolo, Michele Basso, ha scritto al Consorzio di Bonifica Piave per evidenziare le criticità dei giorni scorsi (innalzamento dei fiumi Meolo e Vallio, ma anche dei canali Palumbo e Correggio) e chiedere la realizzazione di una serie di opere di manutenzione. «Si tratta di interventi concreti e urgenti al fine di evitare che le prossime esondazioni provochino notevoli danni alle infrastrutture e alle proprietà private, oltre che alle persone», scrive il sindaco Basso, «si chiede pertanto e senza indugio il rialzo delle arginature per i tratti che già nel passato hanno evidenziato le maggiori criticità, in particolare lungo il fiume Meolo in località Madonna delle Prese e Ca’ Corner, presso il fiume Vallio a monte del ponte di via Ca’ Tron e sul fiume Palumbo. La sistemazione degli argini da sola probabilmente non basta a scongiurare nuove alluvioni, ma è necessario anche lo scavo dell’alveo dei fiumi citati che non avviene da decine di anni». Se ne parlerà probabilmente a breve in un incontro tra Comune e Consorzio. «Ma questa volta devono essere obbligatoriamente coinvolti anche i Comuni che si trovano a monte del nostro, nel bacino di Meolo, Vallio e Musestre», sollecita Giampiero Piovesan (Pd), «insieme a loro vanno trovate le soluzioni utili a regolare le piene». Sempre nel Basso Piave, i residenti nelle località a cavallo tra San Donà e Noventa, in primis Tessere, chiedono l’esecuzione di interventi per prevenire il ripetersi delle esondazioni del Circogno. Il canale è tracimato in alcuni punti sabato scorso, richiedendo l’intervento della protezione civile. Tra le richieste dei residenti, c’è quella di intervenire sulla chiusa in località Brian che, essendo uno dei punti principali del sistema dei canali della zona, dovrebbe garantire benefici anche sul Circogno in caso di piena.

Giovanni Monforte

 

Meteo Veneto: dopo la breve tregua oggi torna la pioggia

Riecco la pioggia. È durata un giorno la tregua del maltempo in Veneto. Nuove precipitazioni, anche a carattere di rovescio, sono previste tra il pomeriggio di oggi e le prime ore di domani, più consistenti sulle zone centro-settentrionali. Pioverà sulla nostra provincia anche domani e naturalmente l’attenzione torna rivolta ai fiumi, con l’allerta diffuso dalla protezione civile la scorsa settimana, ancora in vigore, anche se “alleggerito” rispetto ai giorni scorsi. Elevata la criticità idraulica per il Padovano, lungo il sistema Fratta-Gorzone e Bisatto, resta l’attenzione anche per tutto il Veneziano, dalla parte centrale al Veneto orientale. Anche sul fronte del dissesto idrogeologico la criticità rimane moderata su tutta la provincia, ordinaria sul resto della regione. Consorzi di bonifica e protezione civile sono di nuovo pronti ad attivarsi in caso di necessità.

(f.d.g.)

 

NEL PORTOGRUARESE

Ora la falda si sta alzando preoccupano le infiltrazioni

SAN STINO – Due nuovi problemi potrebbero riguardare, a breve, il territorio del Veneto orientale duramente colpito dall’alluvione dei giorni scorsi. Gli argini dei fiumi del territorio sono ancora pregni d’acqua: sono come colossi dai piedi d’argilla. Il pericolo resta quello delle infiltrazioni più che delle tracimazioni. Dipende da quanto pioverà. Gli argini più appesantiti sono certamente quelli a ridosso del Reghena; ma anche quelli che proteggono dal fiume Livenza sono stati messi a dura prova. L’altro problema, che si è già manifestato nel vicino Friuli riguarda gli allagamenti provocati dall’acqua di falda. Anche nell’alto Veneto orientale cominciano a presentarsi questi inconvenienti. «Per noi è certamente una situazione nuova, anche se per il momento si tratta di una situazione abbastanza circoscritta – ha spiegato il direttore del Consorzio di bonifica Veneto orientale, Sergio Grego – la falda si sta inevitabilmente alzando. È piovuto così tanto nei giorni scorsi che questo fenomeno non si può fermare».

(r.p.)

 

«Interventi risolutivi per la nostra spiaggia»

Polemica su Jesoloforum: «In dieci anni stanziati 10 milioni contro l’erosione ma non è servito a nulla». Martedì incontro tra Zoggia e Magistrato alle acque

JESOLO – Mareggiata a Jesolo, il sindaco pronto nuovamente a un incontro con il Magistrato alle Acque. Un secondo incontro urgente, fissato per martedì, dopo l’amara constatazione, in questi giorni, che l’esito dell’ultima mareggiata potrebbe essere peggiore di quella dello scorso anno. Intanto, tutto il litorale della costa veneziana è alle prese con la conta dei danni. A Bibione si parla di due milioni di euro di danni dovuti all’erosione. Eraclea è in difficoltà perchè la spiaggia è quasi sparita, con danni notevoli anche ai pennelli in roccia che in alcuni punti sono stati devastati dal mare arrivato fino alla passeggiata. I danni non saranno meno di un milione di euro. Il sindaco Giorgio Talon ha già contattato il Genio Civile per cercare di approntare una strategia di intervento che possa garantire la stagione estiva 2014 senza problemi. Cavallino Treporti e Caorle sono ancora in fase di quantificazione dei danni, anche se queste spiagge sembrerebbero meno esposte di altre alle correnti. Jesolo è la località che se la passa peggio, con non meno di tre milioni di euro di danni, forse anche di più. Rifiuti di ogni genere che stanno arrivando dalle due foci di Piave e Sile a coprire la spiaggia. Si cerca di far considerare il rifiuto normale e non speciale, per diminuire i costi di conferimento. La pulizia dei rifiuti spiaggiati impegnerà tutte le spiagge da qui alle prossime settimane e il coordinatore dei sindaci della costa, sindaco di Bibione Pasqualino Codognotto, ha chiesto un incontro con Zaia. Oltre un milione e 100 mila euro di spese per la pulizia della spiaggia di Jesolo, più i danni per l’erosione. E al lido si scatenano le polemiche sui soldi sprecati in questi lustri. Dal blog Jesoloforum un duro attacco di Rodolfo Muradon. «In dieci anni abbiamo stanziato oltre dieci milioni di euro contro l’erosione senza che vi fossero interventi risolutivi a protezione della costa. La spiaggia degli albergatori, che sono i soggetti principali del turismo e hanno espresso due sindaci, è quella più esposta alle mareggiate e alle loro conseguenze senza che sia stato fatto nulla per il suo bene più prezioso». Il sindaco di Jesolo, Valerio Zoggia, in attesa dell’incontro al Magistrato alle Acque, ha ricordato che gli studi e simulazioni al centro del Magistrato alle Acque di Voltabarozzo prevedono un’analisi di modelli matematici per studiare le correnti e il modo di fermarle. La soluzione parrebbe quella di realizzare delle soffolte, in buona sostanza della barriere sott’acqua, anche se non è ancora stata prospettata. Ma il presidente della Confcommercio mandamentale Angelo Faloppa pare assai perplesso in merito. «Da anni sento parlare di interventi di protezione della costa, ma mi pare che i risultati concreti siano deludenti e anche quest’anno ci troviamo a stilare i danni della mareggiata con tante incognite sulla prossima stagione estiva».

Giovanni Cagnassi

 

«Garantire la tenuta degli argini»

Il direttore del Consorzio Acque Risorgive: servono opere per 11,5 milioni

MIRANO – Passata l’onda di piena, non ancora la paura. Mentre torna a piovere, già si tracciano i primi bilanci al consorzio di bonifica Acque Risorgive. Ieri il direttore Carlo Bendoricchio ha fatto il punto della situazione sugli oltre 2 mila chilometri di rete idrografica in gestione, messa a dura prova dall’ultimo evento alluvionale. «Le eccezionali piogge dei giorni scorsi», spiega, «hanno sottoposto gli argini a uno stress notevole. Ma il monitoraggio continuo messo in campo dai nostri uomini ha permesso di intervenire garantendo la loro tenuta, come ad esempio è avvenuto lungo il Dese tra Scorzè e Martellago». Situazioni a rischio ce ne sono state, tutte scongiurate, a sentire Bendoricchio, grazie alle manovre idrauliche decise in base all’andamento dei livelli. Quello che ora ci si chiede, tra Miranese e Riviera, è se sia davvero finita. Il meteo per oggi e domani non promette nulla di buono: tornerà a piovere, anche se meno intensamente dei giorni scorsi, ma per ora Bendoricchio esclude rischi di cedimento degli argini, a meno di eventi al momento imprevedibili. «Certo per poter escludere in futuro eventi alluvionali», aggiunge il direttore, «oltre al monitoraggio, servono finanziamenti per realizzare interventi strutturali di adeguamento della rete idrografica». E qui sono note dolenti. Bravi i tecnici, riuscite tutte le manovre idrauliche. Ma le opere antiallagamento? Tante, forse ancora troppe quelle già finanziate ma ancora in corso o in fase di progettazione. La Riviera attende ancora il ripristino dello scolo Brentelle a Mira per un importo di 900 mila euro, il collegamento Soresina-Bastie con nuova botte a sifone sotto l’idrovia a Mira, per 4 milioni 250 mila euro. Il Miranese non se la pass
a meglio: non è finita la sistemazione del Lusore a monte del taglio di Mirano, tra Mirano e Santa Maria di Sala, per oltre 2 milioni di euro. E ancora la ristrutturazione della rete dei collettori Marignana, il deviatore Piovega di Peseggia, il bacino Pisani, Marocchesa e Tarù che interessa vari comuni, tra cui Scorzè, per oltre 6 milioni di euro, il potenziamento dell’impianto idrovoro di Lova e della botte a sifone sotto il canale Taglio Novissimo a Campagna Lupia per 3 milioni di euro e altri interventi di importo minore, ma non per questo meno importanti. Poi tutta la rete idraulica minore, fondamentale: a realizzare solo le opere previste dai singoli piani comunali delle acque servono circa 11 milioni e mezzo di euro, ed è solo un prima stima. Bendoricchio è chiaro: c’è una parte che afferisce al consorzio e riguarda la gestione delle acque, un’altra che invece concerne l’adeguamento strutturale delle opere di bonifica. E per quelle servono i soldi e una certa fretta di procedere. «Abbiamo chiare le problematiche e come intervenire», precisa meglio, «servono i finanziamenti, consapevoli che le opere rappresentano un investimento di prevenzione, molto minore rispetto a quello necessario per ripristinare i danni».

Filippo De Gaspari

 

Cane abbandonato legato a una catena salvato dalla Protezione civile

SAN MICHELE. Un cagnolino tenuto prigioniero a una catena nei giorni dell’alluvione è stato salvato dai volontari della Protezione civile. Abbandonato dai padroni, denutrito, è stato affidato alle cure del Canile di Villotta di Chions, in provincia di Pordenone. «Da mesi ricevevamo segnalazioni per questo cane abbandonato, ma nessuno si era preso la briga di affidarcelo, forse perchè i comuni non vogliono spendere i soldi della custodia nel nostro canile» ha affermato Aurora Bozzer, presidente del canile di Villotta. Il cane è stato preso in consegna dai volontari di Protezione civile e poi affidato all’Asl 10 Veneto orientale. Che quindi ha promosso il trasferimento al canile di Villotta, dove sicuramente si prenderanno cura di questo cane.

(r.p.)

 

Letta a Zaia: abbiamo problemi di cassa

Incontro a Palazzo Chigi sui risarcimenti, il premier ascolta e si riserva una decisione. Il governatore: presenteremo il conto

VENEZIA «Prendiamo atto delle vostre richieste, il Governo è vicino alle popolazioni del Veneto e cercheremo in ogni modo di aiutarvi. Al momento però abbiamo seri problemi di cassa». Parole non troppo rassicuranti, quelle pronunciate dal presidente del Consiglio Enrico Letta a conclusione del colloquio «franco e cordiale» con Luca Zaia svoltosi in mattinata a Palazzo Chigi. Un incontro di mezz’ora (sollecitato da una lettera del governatore e convocato senza esitazioni dal premier) cui hanno preso parte anche il sottosegretario alla Presidenza Filippo Patroni Griffi e il ministro agli Affari regionali Graziano Delrio. Zaia ha tracciato un quadro allarmato delle devastazioni provocati dall’ondata di maltempo: «La situazione veneta è disastrosa», ha esordito «a partire dalla grande tragedia della neve in montagna, delle lesioni ai tetti delle abitazioni e agli impianti di risalita, al centinaio di comuni alluvionati». Ancora: «Danni ingenti alle spiagge, alle campagne e all’agricoltura, alle imprese, alle famiglie, alle opere pubbliche colpite da frane e smottamenti. In questo contesto il Veneto non può tornare alla normalità a fronte di una massa di precipitazioni che ha superato quella del 2010, anno alluvionale». Letta ha ascoltato con attenzione («Mi è parso colpito dalla gravità dei fatti, spesso minimizzati dai media nazionali») e Zaia ha concluso il report con un invito pressante: «Ci attendiamo un sostegno adeguato e urgente del Governo, sia in termini di risorse finanziarie per risarcire i danni subìti che sul piano degli strumenti normativi indispensabili per affrontare l’emergenza». Nel concreto: uno stanziamento di fondi proporzionali alla calamità naturale dichiarata dalla Regione e la nomina di un commissario dotato di poteri speciali, così da eludere lungaggini e trappole burocratiche. La replica dell’esecutivo? «Non ci aspettavamo avere una risposta in cifre, il presidente del Consiglio ha preso atto della richiesta segnalando però l’esistenza di grossi problemi di cassa. Ne prendiamo atto a nostra volta ma nelle prossime ore contiamo di disporre di una prima contabilità sommaria dei danni per presentare la formale richiesta di risarcimento. Il Veneto ne ha il pieno diritto, non fosse altro per i 21 miliardi di gettito fiscale che ogni anno le nostre aziende sborsano allo Stato». Ce l’ha ancora con Roma ladrona?, punzecchiano i cronisti capitolini… «Non so cosa faccia Roma», ribatte il leghista «io sono qui per difendere gli interessi dei veneti, da sempre alla periferia dell’impero». Uno spiraglio dal ministro del Lavoro Enrico Giovannini, in visita a Vicenza: «Stiamo valutando la dichiarazione di stato di calamità», dichiara «è chiaro che gli eventi meteorologici hanno messo in ginocchio varie città e territori del Veneto. Il Governo ha già mostrato, anche con gli interventi recenti, di essere molto attento a questi aspetti e non sarà insensibile a questa situazione». Sul fronte politico, l’Udc riserva un colpo al cerchio e uno alla botte: «I danni sono pesantissimi, intere comunità sono in ginocchio. Il Governo non può non prenderne atto, dichiari lo stato di emergenza», afferma il senatore «ma Zaia non tenti di sfuggire alle sue responsabilità. Il Veneto paga anni di assoluta disattenzione alla salvaguardia del suolo». Anche il Pd sprona Zaia: «È giusto chiedere finanziamenti statali ma anche la giunta regionale deve fare la sua parte, a partire dal bilancio, che chiediamo venga riscritto, inserendo massicci investimenti per la tutela del territorio e l’aiuto alle famiglie e alle imprese colpite», commenta il capogruppo Lucio Tiozzo «per la tutela del territorio la giunta ha previsto 166,8 milioni. Praticamente gli stessi soldi del 2013 (165,9 milioni) e addirittura meno di quelli stanziati nel 2012 (175,6 milioni). Così non va, bisogna compiere uno sforzo straordinario per aumentare queste risorse».

Filippo Tosatto

 

Montegrotto, alberghi termali in ginocchio

Danni ingenti per gli allagamenti. «Riapertura fra quindici giorni, non sappiamo se faremo in tempo»

MONTEGROTTO TERME – Ieri nel Padovano splendeva il sole, ma dopo le grandi piogge dei giorni scorsi è stato il momento dei bilanci: situazione difficile, a Montegrotto, per gli hotel termali Neroniane, Des Bains, Continental, Luna, Commodore, mentre danni di minore entità, in parte risolti con l’utilizzo di pompe, si sono rilevati in alcune parti per lo più sotterranee degli hotel Imperial, Antoniano, Apollo, Marconi e Bellavista. La situazione più difficile si registra al Commodore. «Stimiamo fra i 100 e i 150 mila euro di danni», spiega il responsabile Pierlivio Mattiazzo. «Abbiamo avuto allagamenti nella hall, al ristorante, al piano interrato con i quadri elettrici. Siamo riusciti a salvare del mobilio, i computer e dei televisori. Abbiamo avuto quasi 40 centimetri di acqua. Dovremmo riaprire il 14 febbraio e speriamo di farcela». «Abbiamo avuto due metri di acqua negli otto scantinati», segnala Marilena Lovo, titolare dell’hotel Continental, «che hanno sommerso e rovinato irrimediabilmente pompe delle piscine, quadri elettrici, macchinari, merce, bloccato il riscaldamento e l’utilizzo delle vasche del fango. Le idrovore hanno sempre lavorato, ma l’acqua buttata fuori è rientrata inesorabilmente. Avremmo 30-40 mila euro di danni. La riapertura della struttura è prevista tra quindici giorni: dovremo lavorare a ritmo serrato e molto dipenderà dai tempi di fuoriuscita dell’acqua». Ugualmente preoccupato il tono di Emiliano Baretella, titolare dell’hotel Des Bains: «Mezzo metro d’acqua ricopre una superficie di oltre 1500 metri quadri dello stabile, relativa ad ambienti importanti dell’albergo quali il reparto cure termali, il guardaroba, i magazzini e la dispensa, locali della centrale tecnologica a servizio dell’intero hotel, centrale del gruppo di spinta antincendio, quadri elettrici principali. Le piscine interna ed esterna sono completamente sommerse, così come la loro centrale interrata». Claudio Guariento, titolare dell’hotel Luna: «Le pompe della piscina, il riscaldamento, l’impianto elettrico: tutto distrutto». Intanto sono una ventina gli sfollati che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni. Sono stati ospitati da amici e in alcuni appartamenti vuoti messi a disposizione da qualche sampietrino. Anche gli hotel termali Abano Ritz, Bristol Buja, Millepini, Olympia, Preistoriche, Roma, Sollievo, Aqua, Formentin, Lo Zodiaco, Petrarca, Salus, hanno espresso la loro solidarietà mettendo a disposizione alcuni posti letto.

 

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