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Mozione federalista in 92 consigli: stop a bollette dell’acqua decise a Roma

Tra i promotori dell’iniziativa c’è il sindaco di Marcon, Andrea Follini

MARCON. Basta fare i notai di Roma. I cittadini pagano tariffe per l’acqua che potrebbero essere inferiori, e comunque non adeguate ai livelli di investimento che poi noi possiamo programmare sul territorio. Il danno e la beffa, come già in altri contesti. Bisogna cambiare: le tariffe devono essere di competenza dei sindaci, commisurate alle istanze del territorio».

Parla Roberto Bet, sindaco di Codognè, esponente della Lega. Ma è come se parlasse Andrea Follini, sindaco di Marcon (Partito Socialista Italiano). O come il sindaco di Treviso e gli altri dell’intera Marca (restano fuori solo Meduna, Mogliano, Preganziol, Morgano, Quinto, Zero Branco, Resana). Oppure i sindaci di Mussolente, o di Alano p di Quero-Vas, Quarto d’Altino, Meolo. In tutto 92 comuni, una metropoli diffusa del Veneto centrale che conta ben 843.259 abitanti. E che vede due società operative, l’Ats (Alto trevigiano Servizi, per Treviso e la Destra Piave) e il Sinistra Piave (Vittoriese, Coneglianese e Opitergino). Proprio Bet e Follini hanno firmato la mozione che il consiglio di bacino del “Veneto Orientale” ha approvato all’unanimità. Le tariffe dell’acqua e della fognatura, attualmente, sono stabilite dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, come ha stabilito nel 2011 il governo Monti. I 92 sindaci contestano la norma, e stanno preparando una mozione che girerà in tutti i futuri consiglio comunali, e che verrà infine inviata al premier Renzi, contestualmente a una proposta di legge che verrà girata a tutti i parlamentari del territorio. Una proposta di legge da inserire come emendamento non appena possibile. «Non è possibile che viga una tariffa nazionale che non tenga conto delle specifiche realtà territoriali, dei coefficienti, dei piani di investimento e dell’operatività commerciale degli enti che erogano il servizio, vicini alla collettività servita», dicono in sostanza i 92 sindaci.

«Tutto nasce dal fatto che l’agenzia nazionale fissa parametri e meccanismi tali che ci vincolano negli investimenti», afferma Bet, «e questo comporta che con quello che si paga, in un altro regime normativo, diciamo federalista, ci sarebbe la possibilità di investire molto di più. Non c’è una correlazione virtuosa fra tariffe e investimenti, il meccanismo finisce per penalizzare il nostro territorio. E le nostre tariffe sono ancora meno salate di altre zone d’Italia, fatto che non va mai dimenticato: ma in ogni caso oggi l’omogeneità tariffaria non distingue fra consorzi e società operative virtuose e non».

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