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Padova, Cgil Cisl e Uil in assemblea: «La liberalizzazione delle aperture non crea lavoro»

Suor Francesca: il riposo è sacro nei giorni festivi. Fasoli (Pd): sì al referendum

PADOVA. Abolire il decreto Monti che spalanca le porte al lavoro alla domenica e nei giorni festivi. Sindacati, partiti e commesse del Veneto hanno capito che i loro obiettivi resteranno irraggiungibili se non sarà abolita la norma del decreto Salva Italia sulla «Tutela della concorrenza» emanato dal governo Monti-Passera a fine 2011.

Ieri mattina a Padova, nel corso dell’assemblea veneta delle delegate di Filcams-Cgil, Fisascat- Cisl e Uiltucs-Uil, il consigliere regionale del Pd Roberto Fasoli e la direttrice dell’assessorato al Commercio della Regione Giorgia Vidotti, assieme ai sindacalisti Adriano Filice (Cgil ) Maurizia Rizzo ( Cisl ) e Luigino Boscaro (Uil) hanno divulgato le nuove strategie per abolire il Decreto Monti. Sul palco erano presenti anche il docente di Ca’ Foscari Marco Fincardi e la suora operaia Francesca Fiorese, una bresciana che vive a Padova che ha sostituito don Marco Cagol. Ed è stata suor Francesca a infiammare subito la platea di trecento persone, con i leader di categoria in prima fila: «Il riposo serve all’uomo per essere più uomo e per ricordare che non è solo produttività e merce da consumo, solo il riposo ci permette di alzare lo sguardo e d’incontrare gli altri. Non è un caso che anche il Signore il settimo giorno si riposò».

Applausi a raffica, come a teatro, per la piccola suora della Pastorale del Lavoro, laureata in legge a Milano, con gli occhi azzurri, i capelli biondi e gli occhiali da intellettuale. Subito dopo hanno perso la parola anche Rizzo, Vidotti e Fasoli. «La delega sul commercio deve tornare alle Regioni» ha osservato la segretaria regionale della Fisascat «le domeniche e le feste comandate sono preziose per tutti. Quindi anche per le commesse, le cassiere ed i magazzinieri. Il decreto Monti, che avrebbe dovuto salvare l’Italia, non ha ampliato i consumi e non ha creato nuova occupazione. Va cancellato subito».

Più tecnico l’intervento della Vidotti. «Nel 1998, quando era ministro dell’Industria Pier Luigi Bersani, le aperture domenicali potevano essere al massimo 12 l’anno, comprese quelle di dicembre» ha sottolineato la dirigente dell’assessore Isi Coppola. «Da dicembre 2011, con il decreto Monti, divennero all’improvviso illimitate. E la Regione Veneto con il pieno assenso delle associazioni di categoria e dei sindacati, approvò una buona legge che prevedeva 20 aperture domenicali l’anno, come punto di mediazione delle varie esigen ze. Assieme ad altre Regioni abbiamo ingaggiato una battaglia giuridica con il Governo Monti e la Corte Costituzionale e sino ad oggi abbiamo perso tutti i ricorsi. Eppure gli obiettivi del Decreto Salva-Italia sono falliti. In una recente indagine, svolta da UnionCamere, è stato accertato che il 77% dei consumatori intervistati ha detto che la liberalizzazione delle aperture domenicali non ha portato nessun beneficio, mentre il 70% delle aziende interpellate ha riferito che non sono cresciute le vendite ma sono invece aumentati i costi del lavoro» .

Roberto Fasoli ha poi indicato concretamente la linea operativa. «Occorre varare una legge d’iniziativa popolare con 50.000 firme certificate oppure organizzare, assieme ad altre quattro Regioni, un referendum abrogativo del decreto Monti», ha sostenuto il consigliere del Pd. «L’Abruzzo è già d’accordo con il Veneto».

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