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Expo e imprese venete » il caso

Mantovani vuole 110 milioni in più

Ha vinto al ribasso la gara per la piastramaora alza il prezzo

Damiano: maltempo e ritardi altrui hanno aggravato i costi

Baita resta emissario legale di quattro società

L’ingegnere Piergiorgio Baita, già presidente e amministratore delegato di Mantovani spa, è stato arrestato il 28 febbraio 2013 su ordine della magistratura di Venezia e il 5 dicembre successivo ha patteggiato la pena per associazione a delinquere finalizzata all’emissione di fatture false e dichiarazione fraudolenta. A quanto pare, però, non è affatto uscito di scena: «Secondo i magistrati», scrive il settimanale Espresso in edicola in un servizio dedicato allo scandalo dell’Expo di Milano «è tuttora rappresentante legale di quattro società. È a lui che si rivolge il general manager Paris nel suo tentativo di trovare sponsor, a cominciare da Silvio Berlusconi, per essere promosso al posto di Antonio Rognoni, arrestato poche settimane fa (…): «Posso chiederti un consiglio da amico. Ti candideresti al bando pubblico per ricerca DGilspa», scrive Paris in un sms. «Se fossi in te sì. Fatti vivo. Ciao», gli risponde Baita.

Filippo Tosatto  –  VENEZIA – La piastra di Expo 2015, destinata ad accogliere i padiglioni internazionali, rappresenta l’infrastruttura «basic» più importante dell’intero sito espositivo di Milano. Due anni fa, la cordata l’imprese capeggiata dalla veneta Mantovani spa si è aggiudicata il ghiotto appalto grazie a un’offerta – 162 milioni – notevolmente ribassato rispetto ai 272 milioni della base d’asta. Un prezzo stracciato, impossibile da reggere, fu il commento indispettito dei concorrenti beffati. Tant’è. Oggi Mantovani rifà i conti e chiede 110 milioni supplementari (+65%), eventualità che riporterebbe il costo reale dell’opera alla base d’asta iniziale. La notizia solleva interrogativi imbarazzanti per il colosso dell’edilizia – reduce dalla tempesta giudiziaria che ha condotto all’arresto e alla condanna di Piergiorgio Baita – che nel maxi cantiere milanese coltiva il fiore all’occhiello di una rifondazione affidata al nuovo presidente, l’ex questore Carmine Damiano, e al rinnovato consiglio d’amministrazione. «Confermo la circostanza ma non c’è motivo di stupore », commenta Damiano «noi non abbiamo avanzato richieste unilaterali, abbiamo applicato il Codice nazionale degli appalti laddove prevede l’iscrizione a riserva dei costi aggiuntivi in presenza di mutate situazioni che influenzino il nostro lavoro». E quali sarebbero? «Anzitutto, le straordinarie avversità atmosferiche: nel contratto avevamo previsto una media di 5 giorni piovosi al mese mentre abbiamo avuto un autunno-interno con precipitazioni pressoché quotidiane. Ciò ha comportato pesanti perdite di tempo, indipendenti dalla nostra volontà, e per rispettare i tempi di gara – che ci concedevano 660 giorni contrattuali – abbiamo dovuto ricorrere a doppi turni, straordinari, squadre di notte e lavoro festivo, con l’aggravio di costi conseguente. Non bastasse, la società incaricata di sgombrare e adeguare la logistica della superficie destinata alla piastra, ha ritardato l’ultimazione dei lavori, perciò siamo stati costretti ad operare in situazione di “interferenza” prolungata con altre imprese». Morale della favola? «Qualsiasi opera pubblica riconosce gli oneri aggiuntivi legati ad imprevisti, a fronte della cifra che abbiamo indicato si aprirà un confronto con il direttore generale dei lavori. Secondo la prassi prevalente, la pubblica amministrazione riconosce mediamente il 20% della somma indicata dall’impresa. Ne discuteremo in spirito collaborativo. Dispiace che qualcuno sollevi delle ombre su un’impresa seria, capace, che occupa migliaia di persone e non risparmia sforzi per lasciarsi alle spalle un passato che abbiamo disconosciuto nei fatti, rinnovando radicalmente i nostri vertici e allontanando le persone compromesse. A Milano stiamo difendendo anche l’orgoglio dell’impresa veneta che non può essere assimilata al malaffare». La nuova Mantovani disconosce con sdegno la definizione di «gruppo economico criminale » coniata dai giudici otto mesi fa. Suonano inquietanti, però, le parole pronunciate davanti al prefetto di Milano dal procuratore vicario della Direzione nazionale antimafia Pier Luigi Dall’Osso lo scorso 6 settembre. «Nel corso di una riunione del Comitato per l’alta sorveglianza sui grandi appalti », come rivela l’Espresso oggi in edicola, «il magistrato aveva messo in guardia sulla posizione dell’azienda: l’esistenza di informative ancora coperte dal segreto e quanto già scritto dai giudici nelle inchieste venete offrono uno spaccato dell’attività dell’impresa che “probabilmente potrà essere uno degli elementi fondanti di importanti iniziative da adottare in tema di antimafia” ».

 

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