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STRA «Bisogna che il marchio certificazione della calzatura “Made in Venezia – Made in Riviera del Brenta” proceda a velocità più spedita. Ad ora non abbiamo notizia dell’identificazione di unente certificatore. Il rischio è quello di presentarsi sui mercati esteri in autunno senza aver fatto concreti passi in avanti contro la contraffazione ». A lanciare l’allarme è il segretario provinciale della Filtcem Cgil Riccardo Colletti: «Il marchio per essere realizzato ha bisogno di passi concreti. Invece finora non c’è stato accordo sull’identificazione dell’ente accertatore. I laboratori clandestini dei cinesi continuano ad esistere in Riviera e se a settembre si fallisce l’appuntamento annunciato con la attuazione del “marchio” il discredito sarà grande sui mercati esteri. Acrib si sbrighi». L’accordo sul marchio punta a risolvere i problemi legati alle delocalizzazioni, la pratica di affidare a laboratori clandestini cinesi parte della produzione (tacchi e suole prevalentemente) sfruttando l’abbassamento del costo del lavoro privo di regole. Produzione e fatturato del comparto calzaturiero si sono confermate nell’ultimo decennio in buona salute: 20 milioni di paia di scarpe e 1,65 miliardi di euro con un export del91 %.

(a.ab.)

 

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