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Nuova Venezia – L’ex ministro Matteoli nega tutto

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

28

giu

2014

«IL CONTRIBUTO ELETTORALE DI 20 MILA EURO FU SUBITO RESTITUITO»

L’ex ministro Matteoli nega tutto

Stamani il giudice valuterà il patteggiamento di 4 mesi per Orsoni

VENEZIA – È durato un’ora circa l’interrogatorio dell’ex ministro dell’Ambiente prima e delle Infrastrutture poi, Altero Matteoli (nella foto). Accompagnato dai suoi difensori, gli avvocati romani Giuseppe Consolo e Francesco Compagna e il veneziano Gabriele Civello, è stato sentito dai giudici del Tribunale dei ministri del Veneto che, dopo averlo fatto parlare, gli hanno posto alcune domande. In particolare sul costruttore romano Erasmo Cinque che, stando alle accuse, sarebbe l’imprenditore che avrebbe raccolto le mazzette da altre imprese nell’ambito dell’appalto per le bonifiche di Marghera per consegnarle al ministro. Anche Cinque è indagato come Matteoli per corruzione ed ha presentato un memoriale in cui nega ogni accusa. Ha chiesto anche lui di essere sentito. Nel corso dell’interrogatorio di ieri il senatore di Forza Italia Altero Matteoli ha ribadito la sua assoluta estraneità alla vicenda Mose. «Non ho mai indicato imprese a chicchessia e non ho mai ricevuto denaro dal Consorzio Venezia Nuova né da altri soggetti», sostiene in un comunicato l’ex ministro dopo che si era rifiutato di rispondere alle domande dei giornalisti all’uscita dal Tribunale di piazzale Roma, «il contributo elettorale di 20.000 euro, accreditatomi con bonifico nel 2006, fu immediatamente restituito al mittente». «Non è difficile verificare come nella mia lunga attività politica e istituzionale non vi sia stata alcuna forma di arricchimento personale e che abbia sempre svolto le funzioni affidatemi cercando di servire al meglio l’interesse collettivo», conclude l’esponente politico di centro destra, «sono certo che la magistratura, di cui ho piena fiducia, potrà acclarare quanto prima la correttezza del mio operato». Stamane, intanto, il giudice veneziano Massimo Vicinanza dovrà valutare l’accordo raggiunto dai pubblici ministeri veneziani e i difensori del sindaco Giorgio Orsoni, gli avvocati Daniele Grasso e Mariagrazia Romeo. L’accordo prevede una pena di quattro mesi e il pagamento di quindicimila euro. Il magistrato dovrà dire se a suo giudizio la pena è congrua o meno: Orsoni è accusato di finanziamento illecito ai partiti e presumibilmente la decisione di cercare prima possibile un accordo con i rappresentanti della Procura è stata presa per uscire velocemente dal processo per non essere confuso con gli altri indagati, accusati di reati molto più gravi come la corruzione. Intanto, nella tarda serata di ieri, i giudici del Tribunale del riesame erano ancora riuniti per decidere sui ricorsi presentati dai difensori di otto degli arrestati. Fino ad ora nessuno degli indagati si era presentato davanti ai magistrati, ieri invece dal carcere di Bologna è arrivata Maria Teresa Brotto, direttore del Consorzio Venezia Nuova. Oltre alla sua posizione, sono state affrontate quelle dell’ex amministratore dell’Autostrada Venezia Padova Lino Brentan, dell’imprenditore veneziano Nicola Falconi, dell’ex maresciallo dei carabinieri romano Vincenzo Manganaro, degli architetti Dario Lugato e Danilo Turato. Oggi, il Tribunale affronterà le posizioni dell’ex assessore regionale Renato Chisso e del suo segretario Enzo Casarin. Infine, una precisazione: l’imprenditore romano Stefano Tomarelli non è mai stato amministratore delegato di «Condotte d’acqua», bensì consigliere . (g.c.)

 

Il tesoriere rosso Marchese furioso all’idea di lavorare

La sua telefonata irritata (con bestemmia iniziale) dopo l’assunzione fittizia in una società delle coop: «Da lunedì a venerdì compreso e fino alle 18.30?»

Motivando la concessione dei domiciliari al consigliere regionale del Pd, il tribunale del Riesame ha ravvisato «pesanti indizi di colpevolezza» a suo carico

VENEZIA «La consolidata totale contiguità del politico Giampietro Marchese con Giovanni Mazzacurati e il Consorzio Venezia Nuova da questi presieduto, con ruolo di tramite per Pio Savioli nell’ambito di questo rapporto, è acclarata in modo più che netto». È una delle frasi che si trovano nelle 27 cartelle delle motivazioni che hanno spinto i giudici del Tribunale del riesame di Venezia presieduto da Angelo Risi a concedere al consigliere regionale del Pd Marchese gli arresti domiciliari – era in carcere – ma a ritenere nei suoi confronti «La sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza », per il reato di illecito finanziamento al partito. A dimostrazione della contiguità dell’esponente del Pd al presidente del Consorzio Venezia Nuova, il giudice relatore Alberta Beccaro riporta l’intercettazione di una telefonata tra Marchese e Pio Savioli, rappresentante delle cooperative rosse nel Consorzio; il primo dice al secondo «Dovresti ricordare a Mazzacurati che gli ho chiesto almeno un milione di lavori per l’elettricista… Tu digli che dentro l’Arsenale o da un’altra parte deve trovarmi una milionata di lavoro. Devo dargli una mano a questo che solo nel 2005 nelle campagne elettorati provinciali, regionali e politiche mi ha sempre dato 25 mila euro al colpo». La tesi dei pubblici ministeri Paola Tonini, Stefano Ancilotto e Stefano Buccini è che Marchese avrebbe incassato almeno 500 mila euro (solo Savioli afferma di aver personalmente effettuato consegne dirette di contante all’esponente del Pd per circa 180 mila euro), tutto denaro proveniente «Da provviste illecitamente costituite dal Consorzio Venezia Nuova ». Sarebbero stati consegnati a Marchese in un arco di tempo pluriennale, «sempre e comunque con consegne brevi manu e in nero». In alcuni casi sarebbe stato Mazzacurati a portare i soldi, in altri Savioli o «ancora Federico Sutto», il segretario del primo. C’è poi l’assunzione fittizia per 35 mila euro presso una società (la Eit Studio) che gravita nell’ambito delle cooperative che lavorano con il Consorzio. Nelle motivazioni del Tribunale veneziano si segnala che, grazie alle intercettazioni ambientali e telefoniche, si nota «in particolare il tono irritato e preoccupato alla sola prospettiva di dover realmente lavorare adottato da Marchese». «Dovrei lavorare dal lunedì al venerdì compreso? », chiede il consigliere regionale, che allora non era ancora tale, a Franco Morbiolo, direttore di una cooperativa e pure lui poi arrestato, che gli risponde: «Lascia perdere quello che c’è scritto». E Marchese giù con una bestemmia, poi sbotta «Lavorare fino alle 18,30!». Sul conto di Marchese, che risiede a Jesolo in una bella villa con piscina coperta da un tetto apribile che ha acquistato alcuni anni fa dalla famiglia del boss sandonatese della mala del Brenta Silvano Maritan, «Emerge una sistematica reiterazione delle condotte criminose: poteva contare addirittura su una vera e propria regolare cadenza fissa quadrimestrale quanto alle corresponsioni brevi ma nuda 15 mila euro ciascuna operate da Savioli in suo favore quale tramite del Consorzio ». Per i giudici è significativo che Mazzacurati e gli altri del Consorzio si fossero impegnati a trovare una giustificazione formalmente regolare, quella dell’assunzione, anche in un momento in cui non rivestiva alcuna carica, segno evidente dell’influenza che rivestiva sulla scena politica locale. Ma «trattandosi in ogni caso di condotte non più in essere già da tempo, la misura degli arresti domiciliari è idonea a fronteggiare le esigenze cautelari».

Giorgio Cecchetti

 

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