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Nordio: «Nessuna pena per chi denuncia di aver dato tangenti»

Il procuratore aggiunto di Venezia: «Va spezzato il patto che lega chi paga e chi riceve le mazzette»

L’inchiesta: Milanese nega tutto, la Sartori tace.

LA CRITICA «Errato punire chi è coinvolto nella concussione per induzione»

L’ALLARME «C’è il rischio di prescrizione, fare i processi velocemente»

LA PROPOSTA Il procuratore aggiunto di Venezia chiede riforme “premiali” per battere il malaffare

Carlo Nordio: «Rendere non punibile chi paga, ma ammette la propria colpa»

LE RAGIONI «Un imprenditore, con la legge attuale, non ha interesse a denunciare il politico»

«Rompere il patto dei corrotti»

«Per combattere la corruzione servono normative e procedure più semplici, competenze ben definite, che non lascino spazio a favori e favoritismi. Ma non solo: è necessario rompere il patto di co-interessenza tra chi paga e chi riceve le mazzette. E l’unico modo per farlo è di rendere non punibili i primi. Sono in molti a non ritenerlo etico, ma questo atteggiamento pragmatico è l’unico che può far emergere gli episodi illeciti».
Il procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio, ha la sua “ricetta” per far uscire l’Italia dal sistema di corruzione dilagante che da decenni ne sta distruggendo la credibilità. E, dopo gli arresti relativi al “sistema Mose”, torna di attualità: «Per vincere il terrorismo si decise di attuare una legislazione premiale per i collaboratori, e lo stesso è stato fatto per la mafia. Attualmente un imprenditore, anche se concusso, non ha interesse a denunciare il politico che chiede i soldi, perché teme di finire a sua volta sotto inchiesta nel caso in cui la dazione venga configurata come atto di corruzione. La legge Severino in questo senso non aiuta, in quanto ha introdotto la punibilità di chi paga anche nel caso di concussione per induzione. È una strada sbagliata, perché tende a “saldare” i protagonisti dell’accordo illecito. E se nessuno ha interesse a denunciarlo, difficilmente se ne saprà mai nulla».
Dai tempi di Mani pulite a oggi ha accumulato una certa esperienza sul fenomeno…
«La corruzione c’è anche all’estero, ma si realizza su opere pubbliche utili, realizzate a prezzo ragionevole. In Italia, invece, accade che l’opera venga scelta e decisa sulla base dei soldi che devono finire a questo o quel partito. E molto spesso quel lavoro (non sempre necessario) viene a costare più del dovuto».
È accaduto anche nel caso del Mose?
«Non spetta a me dire se le opere di difesa di Venezia dall’acqua alta siano utili o meno: se ne è discusso per decenni. Di sicuro, ora che i lavori sono in dirittura d’arrivo è irragionevole bloccarli. Dall’inchiesta emerge che quelle opere si sarebbero potute realizzare con minor spesa e che vi sono stati sprechi nell’ambito di un’azione del Consorzio Venezia Nuova finalizzata ad acquisire consensi. Gli episodi oggetto d’inchiesta sono di natura penale, mentre per i contributi elargiti in modo lecito vi è un problema di natura etica. Un’azienda può sicuramente fare beneficenza, ma con i propri utili, non aumentando i costi a carico dello Stato. Tra chi ha percepito tali contributi, nessuno si è mai domandato da dove provenissero e se gravavano sulle casse pubbliche?»
Ci sono analogie con Mani pulite?
«Sì, ma anche differenze: da quanto emerge, oggi ci sono più soldi e, oltre ai politici, sono coinvolti gli organismi di controllo. Inoltre, in passato il sistema era più “blindato” e gran parte delle tangenti servivano per finanziare i partiti; adesso gran parte dei soldi finivano nelle tasche di qualche persona che agiva per proprio conto».
Sono previsti sviluppi dell’inchiesta principale?
«Delle indagini in corso non posso parlare, ma in generale questo tipo di indagini tendono a clonarsi, a generare nuovi filoni. Ma, innanzitutto, è necessario chiudere rapidamente i filoni già emersi: il processo deve essere fatto il più velocemente possibile, anche per dare agli indagati la possibilità di difendersi»
È concreto il rischio prescrizione?
«Il rischio c’è, soprattutto se il Parlamento confermerà il provvedimento in base al quale, nell’arco di poco più di un anno, saranno mandati in pensione tutti i magistrati al compimento dei 70 anni (invece che 75, ndr): in questo modo saranno “decapitati” i vertici di tutte le procure e i tribunali, con gravi problemi di gestione degli uffici. In via generale la prescrizione è una garanzia per il cittadino. È necessaria però una riforma dell’attuale sistema: certi reati – come la corruzione, ma anche le evasioni fiscali, le violazioni ambientali – sono difficili da scoprire e quando ci si riesce non c’è tempo per punire i responsabili. Bisognerebbe, dunque, far decorrere i termini di prescrizione da quando avviene l’iscrizione nel registro degli indagati, invece che dal momento della commissione del reato. Una riforma semplice, che eviterebbe l’attuale spreco di risorse per indagini destinate a restare solo sulla carta. Ma al legislatore sembra non interessare la giustizia. E quando vi mette mano lo fa in modo schizofrenico, senza prevedere le conseguenze dei provvedimenti adottati. L’ultimo esempio è quello della “svuota carceri” che impedisce la custodia cautelare se la condanna prevista è entro i 3 anni; legge approvata contestualmente all’obbligo di arresto in flagranza di reato. Di conseguenza, un minuto dopo che la polizia ha arrestato, il giudice è obbligato a scarcerare…»

Gianluca Amadori

 

L’EX PARLAMENTARE «Le accuse contro di me inventate per giustificare un acquisto immobiliare»

STRATEGIE DI DIFESA – Invocata l’applicazione della norma libera-carceri per pene sotto i tre anni

DAL GIUDICE – Davanti al gip due indagati eccellenti della maxi-inchiesta su lavori pubblici e mazzette

Lia Sartori sceglie il silenzio

Milanese: «Tangenti mai»

Interrogatorio di garanzia per l’ex eurodeputata vicentina. I difensori: «Vuole difendersi da persona libera». L’ex consulente di Tremonti accusa Mazzacurati

VENEZIA – Silenzio per l’ex eurodeputata vicentina Amalia Sartori; due ore di risposte e precisazioni per l’ex deputato Marco Milanese, il quale ha respinto con decisione ogni accusa di corruzione.
Ieri è stata la giornata degli interrogatori nell’inchiesta sul cosiddetto “sistema Mose”. La Sartori, agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Vicenza per finanziamento illecito ai partiti, davanti al gip di Vicenza si è limitata a fornire nome e cognome, alla presenza dei suoi difensori, gli avvocati Pierantonio Zanettin e Alessandro Moscatelli. Nei giorni scorsi i legali avevano dichiarato che la loro assistita non vedeva l’ora di parlare per chiarire la sua posizione: probabilmente lo farà prossimamente davanti ai pm veneziani Stefano Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini. La Sartori, già presidente del Consiglio regionale del Veneto, è accusata di aver ricevuto dall’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, contributi per 200 mila euro in “nero” e 25 mila euro regolarmente registrati.
I suoi difensori hanno presentato istanza di revoca degli arresti domiciliari utilizzando le stesse argomentazioni già usate da Giancarlo Galan per chiedere di non essere arrestato, ovvero appellandosi alla nuova norma “svuota carceri”, che impedisce l’emissione di ordinanze di custodia cautelare (in carcere) se si prevede che l’indagato sarà condannato ad una pena non superiore ai 3 anni. «L’onorevole Sartori intende difendersi dalle contestazioni degli inquirenti soltanto da persona libera», hanno spiegato i suoi legali.
L’ex consulente politico del ministro Giulio Tremonti, Marco Milanese, ha invece risposto alle domande del gip di Napoli per circa due ore, all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), dove si trova recluso da venerdì scorso con l’accusa di aver incassato, nella primavera del 2010, una tangente di 500mila euro da Mazzacurati, per assicurare al Cvn lo sblocco da parte del Cipe di alcuni finanziamenti – 400 milioni di euro – per la prosecuzione dei lavori del Mose.
Secondo quanto riferito dal suo difensore, avvocato Bruno Larosa, l’ex parlamentare si è lamentato del fatto che l’ordinanza di custodia sia stata emessa da un giudice incompetente (la “mazzetta” sarebbe stata pagata a Milano e gli atti sono già stati inviati alla locale Procura, ma il gip di Venezia ha disposto ugualmente l’arresto per motivi di urgenza) e ha chiesto di poter ascoltare le registrazioni delle intercettazioni che lo coinvolgono e su cui si fondano le esigenze cautelari. Milanese ha negato di aver ricevuto tangenti sostenendo, tra l’altro, di non aver potuto interferire nel finanziamento di 400 milioni di euro e di non aver avuto alcun ruolo nelle procedure.
Alla domanda del giudice sui motivi per i quali l’imprenditore Mazzacurati lo avrebbe accusato, Milanese ha detto di non poter esprimere alcun giudizio in merito. Ma ha ricordato che da alcune notizie di stampa emergerebbero intercettazioni in cui Mazzacurati si riferisce all’acquisto di un appartamento in piazza di Spagna a Roma di 250 metri quadri affermando che sapeva «come fare uscire fuori i soldi dal Consorzio». L’ipotesi prospettata da Milanese è che Mazzacurati avrebbe sostenuto falsamente di aver versato tangenti per giustificare i soldi presi dal Consorzio per acquistare l’appartamento. L’avvocato Larosa ha chiesto al gip la scarcerazione dell’ex deputato Pdl.
Le indagini sull’episodio di presunta corruzione di Milanese riguardano anche il manager vicentino Roberto Meneguzzo, amministratore di Palladio Finanziaria che, secondo i magistrati, avrebbe fatto da intermediario tra Mazzacurati e Milanese. Le indagini avviate a Venezia saranno proseguite ora dai pm di Milano, Roberto Pellicano e Luigi Orsi. E sempre a Milano, entro 20 giorni, dovranno essere rinnovate le procedure per ottenere la prosecuzione della misura cautelare in carcere a carico di Milanese.

Gl.A.

 

VENEZIA – Italia Nostra: «Fermare l’ultimazione dell’opera»

VENEZIA – Un appello al premier Matteo Renzi affinché non si assuma la responsabilità «di portare a compimento un’opera che presenta gravissime criticità strutturali e una complessità gestionale elevata» è stato lanciato da Italia Nostra, sezione di Venezia, da sempre contraria al Mose. «È vero che sono ormai stati stanziati moltissimi soldi. Interrompendo l’opera e riconvertendola, tuttavia, si risparmierebbero circa 60 milioni annui di manutenzione: tutti gli impianti sono subacquei e di difficile gestione, al contrario di altre opere di più recente concezione». Italia Nostra chiede una commissione di scienziati indipendenti che si esprima sui rischi per la Laguna veneziana.

 

SCANDALO MOSE Accoglie “l’invito” del Patriarca e si dimette da procuratore

Mazzacurati, S. Marco non è per sempre

Poche righe ma chiarissime che hanno il senso di un rapporto di collaborazione che si è improvvisamente rotto.
E tocca al Patriarcato di Venezia annunciare in modo stringato l’addio di Giovanni Mazzacurati al posto nella Procuratoria di San Marco che da anni, l’ex patron del Consorzio Venezia Nuova deteneva per nomina diretta del Ministero dell’Interno in seno alla “fabbrica” marciana. Nella lettera il Patriarcato chiarisce fino in fondo la propria posizione senza nascondere – tra le righe – una dura critica al ruolo emerso di Mazzacurati in tutta la vicenda svelata dall’inchiesta della Magistratura sul Mose.

 

LA CURIA «L’ingegnere ha accolto l’invito del Patriarca»

L’INTERCETTAZIONE – L’ex sindaco lo tranquillizzò «Siamo entrambi procuratori…»

E Mazzacurati si dimette da procuratore di S. Marco

Poche righe ma chiarissime che hanno il senso di un rapporto di collaborazione che si è improvvisamente rotto. E tocca al Patriarcato di Venezia annunciare in modo stringato l’addio di Giovanni Mazzacurati al posto nella Procuratoria di San Marco che da anni, l’ex patron del Consorzio Venezia Nuova deteneva per nomina diretta del Ministero dell’Interno in seno alla “fabbrica” marciana. E, sia pure in poche righe, il Patriarcato chiarisce fino in fondo la propria posizione senza nascondere – tra le righe – una dura critica al ruolo emerso di Mazzacurati in tutta la vicenda svelata dall’inchiesta della Magistratura sul Mose.
«Si informa – mette subito le mani avanti il Patriarcato – che l’ingegner Giovanni Mazzacurati, a cui era stata rivolta formale richiesta a suo tempo dal Patriarca, mons. Francesco Moraglia, ha rassegnato le dimissioni dalla Procuratoria di San Marco». Una decisione in qualche modo che è il segno dei tempi e quindi dell’«imbarazzo» della Chiesa veneziana su una vicenda che aveva visto lo stesso Patriarca Moraglia scendere in campo, anche con durezza, in una intervista pubblicata sul settimanale diocesano “Gente Veneta” laddove sottolineava ad esempio «Non posso nascondere – spiegava il vescovo di Venezia – che in questi primi due anni in città ho dovuto affrontare o sto affrontando anche taluni passaggi non facili e non indolori, con decisioni ostacolate e non sempre capite, ma che si rivelano, soprattutto con il passare del tempo e alla luce dei fatti, opportune ed anzi, in alcuni casi necessarie. Spero che chi si opponeva o si oppone, più o meno apertamente, oggi capisca che il Patriarca agiva e sta agendo per il bene di tutti e di ciascuno».
Insomma parole fin troppo chiare e che possono ben dare il senso della situazione, e di come la Chiesa veneziana stia vivendo, anche con tristezza, questo momento particolarmente delicato della storia della città. Ora, con l’addio di Mazzacurati, la Procuratoria vede la presenza del Primo Procuratore, l’ex sindaco Giorgio Orsoni, don Gianni Bernardi, Antonio Bianchini, Irene Favaretto, Dino Sesani. E proprio sull’incarico a Giorgio Orsoni ora rischia di concentrarsi l’azione del Patriarcato, visto anche i trascorsi, in parte anche burrascosi, tra l’ex sindaco di Venezia e l’ex presidente del Cvn negli anni passati alle quali si aggiungono le intercettazioni “Siamo entrambi Procuratori…” che sono agli atti dell’inchiesta della magistratura veneziana sui rapporti tra politica, Consorzio e sistema Mose. E non è escluso che, in virtù della decisione di Mazzacurati, si punti anche ad un riassetto complessivo. Una situazione non certo facile da gestire, che attualmente vede ancora Orsoni in prima linea a capo della Procuratoria, l’organo che ha competenze di tutela, amministrazione e manutenzione della Basilica marciana.

P.N.D.

 

Mose e grandi navi, “assalto” a Renzi

Italia Nostra, lavoratori del Consorzio, Porto, Cruise Venice: fioccano gli appelli al premier

Sarà una giornata importante. E campale. Di mezzo non ci sarà solo l’avvio ufficiale del vertice europeo sul Digitale, iniziato ieri un po’ in sordina, ma che oggi raggiungerà il proprio clou. Sarà anche un appuntamento delicato non solo per la presenza del premier Matteo Renzi a Venezia che alle Tese dell’Arsenale in mattinata, attorno alle 10.30, si incontrerà con il vicepresidente della Commissione europea Neelie Kroes (in streaming sul sito www.digitalvenice.eu), ma anche per la presenza delle associazioni ambientaliste e del comitato No Navi alla Porta dei Leoni in campo dell’Arsenale da dove potrebbe snodarsi un corteo che cercherà di raggiungere l’area delle Gaggiandre, proprio di fronte alle Tese per un’iniziativa di protesta sui temi noti: scioglimento del Consorzio Venezia Nuova, stop ai lavori del Mose e il no allo scavo del Sant’Angelo Contorta. E in questo clima, con qualche timore sull’ordine pubblico, va aggiunto che l’arrivo di Renzi in laguna ha “scatenato” una vera e propria raffica di “lettere aperte” al suo indirizzo come quella del presidente dell’Autorità portuale, Paolo Costa come riportiamo in altra parte del Gazzettino e che sostanzialmente chiede garanzie per il porto e la possibilità di dare un nuovo futuro alla città.
Ma sono soprattutto i dipendenti del Consorzio a scendere in campo: «la nuova dirigenza – dicono – intende recuperare credibilità, effettuando una riduzione dei costi, ma questa operazione non può e non deve significare riduzione del personale; non siamo disposti ad essere uno dei capri espiatori per ridare credibilità all’azienda. Sappiamo che il Mose è “un cantiere a finire” ma c’è sempre stato prospettato un futuro in cui, tra l’avviamento dell’opera e la manutenzione, ci sarebbe stato un utilizzo del personale del Consorzio. Non c’è alcun motivo di mandarci a casa prima del tempo in vista di una spending review più strumentale che reale. Dietro ai protagonisti dello scandalo, c’è la vita di 120 dipendenti con le loro famiglie e i tanti problemi economici di tutti i giorni che adesso, senza nessuna colpa, rischiano di pagare a caro prezzo con il posto di lavoro».
E va all’attacco in senso opposto Italia Nostra che in una missiva indirizzata all’ex sindaco di Firenze, ha rilanciato la propria battaglia contro il Mose. «Stimatissimo Presidente – dice l’associazione – non si assuma la responsabilità di portare a compimento un’opera che presenta gravissime criticità strutturali e una complessità gestionale elevata. Istituisca la commissione, invocata da anni, per valutare tutti i rilievi fatti in molti anni in più ambiti. Dica no al Mose».
E ancora su un’altra barricata è intervenuto il Comitato Cruise Venice sulla questione delle Grandi Navi: «Noi chiediamo con forza – sottolinea il presidente Davide Calderan – che vengano fatte scelte coraggiose, che si dia corso a soluzioni alternative al passaggio delle grandi navi nel Bacino di San Marco. Le misure che nel 2015 vedranno applicazione (limite delle 96 mila tonnellate ndr) segneranno il crollo di un efficiente sistema produttivo. Vi sarà una perdita di traffico del 60 per cento e di 4500 occupati, di cui 2500 a livello locale. Chiediamo che si proceda al più presto a realizzare una via d’accesso alternativa alla Marittima che tuteli i traffici commerciali e crocieristici».

 

CHIOGGIA – Viaggio dentro il ventre del Mose

PROSSIMO BLOCCO IL 16 E IL 17 LUGLIO

Per la posa del terzo cassone la navigazione sarà bloccata per 48 ore anche la prossima settimana

A 20 METRI DI PROFONDITÀ – Un tunnel tra Sottomarina e Ca’ Roman

Il tunnel che collegherà Sottomarina con Ca’ Roman è formato da due gallerie larghe tre metri e alte cinque, e lungo 360 metri.

“Viaggio” all’interno dei cassoni che si stanno posando nella bocca di porto

Dentro il ventre del Mose

Polemiche e inchieste della Magistratura a parte, continuano come da programma i lavori di ultimazione del Mose, la più grande infrastruttura progettata dall’ingegneria italiana per la salvaguardia della laguna dalle acque alte eccezionali. Dopo la messa in opera del cassone di spalla nord e degli altri due cassoni di soglia (ne mancano ancora 4 di soglia e quello di spalla sud) sono già 120 i metri del tunnel perfettamente all’asciutto a 20 metri di profondità che parte dalla parte nord a Ca’ Roman e che poi si congiungerà con la parte sud di Sottomarina.
Quando ci si affaccia all’entrata della scala dalla quale si accede a questo tunnel sottomarino, sembra quasi di trovarsi di fronte a degli effetti speciali: da un lato il mare che sembra quasi di toccare con mano e, al centro, questa enorme apertura che sprofonda per l’altezza equivalente di un edificio di almeno sei piani, con gli operai tutti al lavoro con i loro caschi in testa . Il tunnel che collegherà Ca’ Roman con Sottomarina sotto il livello del mare è formato in realtà da due gallerie larghe circa tre metri e alte cinque. Ogni cassone è di 60 metri e saranno sei (esclusi quelli di soglia), creando una specie di “metropolitana” di 360 metri. Un tunnel che sembrerebbe veramente poter essere adibito anche al passaggio di persone e biciclette, come aveva proposto tempo fa più di qualche esponente politico dell’isola di Pellestrina.
A Ca’ Roman, oltre a tutta la struttura dei cassoni sui quali andranno poi montate le paratoie, ci sono poi le due conche di navigazione che potranno essere utilizzate dal naviglio minore quando le paratoie saranno alzate e chiuderanno il porto, oltre al grande bacino che è stato creato per la realizzazione degli enormi cassoni di cemento armato.
Le operazioni per il varo, lo spostamento e l’installazione del terzo cassone di soglia sono previste per il 16 e 17 luglio con il blocco completo della navigazione per altre 48 ore. L’intero cantiere di Sottomarina-Ca’ Roman è completato all’80% e, dopo l’installazione dei cassoni, rimarrà tutta la componente tecnica delle paratoie che, salvo altri problemi, verrà completamente realizzata nel 2016.

 

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