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LE INDAGINI – Impegnativa l’analisi dei file sequestrati

Nel computer dei servizi segreti molti misteri ancora da decifrare

MESTRE – La perquisizione nella sede dei servizi segreti bloccata per una quindicina di ore e il braccio di ferro tra gli 007 veneti e la Procura della Repubblica di Venezia. Cosa c’era nel computer della sede padovana dell’Aisi, l’Agenzia informazioni e sicurezza interna, che i finanzieri hanno sequestrato il giorno del blitz dell’inchiesta Mose? I misteri di quei file al momento sono ancora tali, visto che il rapporto del Nucleo di polizia tributaria di Mestre non è ancora pronto per i pubblici ministeri che hanno dovuto occuparsi non solo di tangenti, ma anche di depistaggi, tentativi di interferire nell’inchiesta, soffiate e spiate.
Evidentemente i documenti da decrittare, inerenti l’indagine, sono più numerosi e complessi di quanto si sospettasse. Di certo non vi sono informazioni che potrebbero riguardare il segreto di Stato, paventato in un primo tempo dal colonnello Paolo Splendore, responsabile dell’Aisi a Padova. Per il semplice fatto che il 4 giugno scorso, quando tale ipotesi venne adombrata per evitare la perquisizione, dal palazzo di giustizia di piazzale Roma la replica fu perentoria. Non ci si poteva opporre. E fu talmente convincente da indurre un funzionario a salire sul primo aereo per raggiungere Padova, dove aveva presenziato alla cernita dei documenti. Sono stati acquisiti solo quelli inerenti i filoni dell’inchiesta.
La perquisizione aveva riguardato anche la casa di Splendore (che non è indagato), perché una sua figlia è stata assunta in una società legata alla Mantovani. Per Piergiorgio Baita era quasi un’ossessione avere in anticipo notizie su possibile verifiche fiscali o accertamenti giudiziari. E c’è da dipanare una ragnatela di interventi, soprattutto a Roma, da parte di strani personaggi (alcuni finiti in carcere) che sarebbero stati lautamente pagati da Baita o Mazzacurati per fornire informazioni.

G. P.

 

MOSE. MILANESE E GALAN PERCORSI SIMILI

Spesso, trattando dei fatti del Mose, ma anche di altri casi simili, si fa riferimento ai “misteri” che riguardano la vita dei rituali incriminati. A me sembra che il “curriculum” di molti imputati sia press’a poco lo stesso, anche se gli episodi variano da personaggio a personaggio. Marco Milanese, dopo aver militato per un po’ di tempo nella Guardia di Finanza e aver acquisito alcuni preziosi segreti della burocrazia statale, diventa amico e sodale dei potenti, nel nostro caso del ministro Tremonti, poi fa il gran salto con l’elezione a deputato del Pdl e si mette al sicuro con prospettive “politiche” insospettate. Cercare i suoi programmi a vantaggio del bene comune, sarebbe fatica improba. Anche per Galan vale l’amicizia dei potenti, il voler navigare sempre in alto loco, nonché in modo temerario. E’ forse illusione immaginare che i nostri imputati possano raccontare ai giudici, alla Giunta, o alla stessa Camera, come sono andate veramente le cose e anche il “sistema” di cui sono stati parte integrante?

Luigi Floriani –  Conegliano (Tv)

 

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