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Gazzettino – Baita: Giancarlo mi raccomando’ la Minutillo

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

27

lug

2014

LA CONFESSIONE – Baita: Giancarlo mi raccomandò la Minutillo

Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani, ha dettato a verbale che l’ex governatore Giancarlo Galan si sarebbe speso in raccomandazioni per Claudia Minutillo dopo averla licenziata.

SPONSOR – Nel memoriale consegnato ai giudici, Giancarlo Galan ammette di aver ricevuto denaro da alcuni imprenditori per la campagna elettorale del 2005, ma nega denaro dal Mose.

CONFERMA – L’ex tesoriere del Pd veneto Giampietro Marchese ha confessato di aver ricevuto 150mila euro di finanziamenti dal Coveco.

L’INCHIESTA Anche l’ex consigliere Pd Marchese ammette di aver ricevuto 150mila euro dal Coveco

 

I CONTRIBUTI – L’ex doge sostenuto con aiuti da centinaia di migliaia di euro

STRATEGIE – Pronti a lavorare tutta l’estate per arrivare a formulare le richieste nei termini di legge

I pm: processo ai detenuti con rito immediato

Il termine massimo, 180 giorni dall’arresto

(gla) Si farà con rito immediato il processo a carico dei principali indagati nell’inchiesta sul cosiddetto “sistema Mose”. Sarebbe questa l’intenzione dei magistrati che coordinano le indagini, i pubblici ministeri Paola Tonini, Stefano Buccini e Stefano Ancilotto, i quali resteranno a lavorare gran parte dell’estate per poter arrivare nei tempi più rapidi possibili a formulare la richiesta di giudizio per tutte le persone detenute. La norma prevede che l’immediato debba essere chiesto entro 180 giorni dall’esecuzione del provvedimento di custodia cautelare, e dunque ci sarebbe tempo fino all’inizio di dicembre. Ma la Procura potrebbe stringere i tempi e chiudere la posizione dei detenuti ben prima, all’inizio dell’autunno.
La richiesta di immediato è possibile unicamente per gli indagati in custodia cautelare e dunque in questo momento riguarderebbe l’ex presidente della Regione, Giancarlo Galan, e il suo commercialista e prestanome, Paolo Venuti; l’ex assessore regionale alle Infrastrutture, Renato Chisso, e il suo segretario, Enzo Casarin; l’ex eurodeputata Amalia Sartori; l’ex presidente del Magistrato alle acque di Venezia, Maria Giovanna Piva (l’altro ex presidente, Patrizio Cuccioletta, ha chiesto di patteggiare); l’ingegnere del Consorzio Venezia Nuova, Maria Brotto; gli imprenditori [……………] e Luigi Dal Borgo; Federico Sutto e Luciano Neri, stretti collaboratori dell’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati. Nonché tutti gli indagati per le presunte attività di spionaggio e di depistaggio delle indagini.
Attraverso il rito immediato viene “saltata” l’udienza preliminare e gli indagati vengono mandati a giudizio direttamente davanti al Tribunale. Salvo che qualcuno di loro non chieda di essere giudicato con rito abbreviato: in tal caso la sua posizione viene definita davanti al Gup.

 

 

 

VERBALI D’INCHIESTA – La segretaria ha minimizzato con i pm l’allontanamento dai palazzi della Regione

L’INGEGNERE «Il Governatore le fece quadruplicare lo stipendio fino a 250 mila euro»

Baita: «Così Galan raccomandò la Minutillo dopo la “rottura”»

Chi dice la verità? Galan che sostiene di aver licenziato Claudia Minutillo, indignato per aver scoperto che si faceva pagare lautamente dagli imprenditori, usando il suo nome? O la segretaria che ai magistrati ha dato una versione minimalista di quel divorzio professionale? E come furono – dopo la frattura – i rapporti tra i due? È credibile che l’uomo politico che aveva messo alla porta la collaboratrice “infedele”, abbia accettato di acquistare quote di una sua società, Adria Infrastrutture, o l’abbia raccomandata?
Su quel sodalizio – esclusivamente professionale – tra Galan e la Minutillo si sono scritte tante cose. Di certo lei fu dal 2000 al 2005 la “donna di ferro” di Palazzo Balbi. Il suo ruolo cominciò ad essere messo in discussione (ma non per ragioni di gelosia femminile, bensì caratteriali) quando sulla scena entrò la futura moglie di Galan. Come avvenne la separazione?
Ecco il racconto della Minutillo al Pm Stefano Ancilotto, nel 2013. «Io seguivo tutta la sua attività di governatore e parte della sua attività politica, facevo da punto di raccordo tra il capo di Gabinetto, il capo Segreteria, l’attività di giunta e quella politica, poi in consiglio regionale con i consiglieri, e poi parte con l’attività del partito».
Piergiorgio Baita, in un interrogatorio, di lei ha detto: «Era l’assistente, ma il mercato ovviamente la chiamava la vice Presidente». Una figura forte, accentratrice, che così ha raccontato al Pm la separazione: «Feci questo fino a fine 2004. Poi nel 2005 c’erano le elezioni, ma già lì il nostro rapporto ho capito che si stava per incrinare e quindi, finita la campagna elettorale, ci siamo lasciati». Tutto qui, mentre Galan nel suo memoriale parla di licenziamento per «ragioni gravi e molteplici».
Il “dopo” è un altro capitolo. Galan dice: «Successivamente ricordo di aver incontrato la signora Minutillo poche volte». E ha negato di averla raccomandata a Baita o Mazzacurati. Il racconto di lei, intrecciato a quello di Baita, dimostra che in realtà le strade continuarono a intrecciarsi, anche se la rottura era stata netta. «Io non mi aspettavo quella decisione, perchè avevo sempre fatto benissimo il mio lavoro, ero apprezzata da tutti. Ebbi due offerte di lavoro: una dall’allora ad dell’Enel, Paolo Scaroni, che mi aveva detto: “Ho sempre apprezzato il tuo lavoro, se vuoi venire a lavorare”, ma mi comportava andare a Roma». Seconda offerta. «Poi arrivò Baita: “Non ti preoccupare, tu vieni a lavorare con me, ti do io una mano”. Fui nominata fin da subito nel cda della Pedemontana Veneta, tant’è che i giornali dicevano che ero lì in nome e per conto di Galan; non era vero. Poi entrai nel cda di Thetis».
Secondo Baita (verbale del 6 giugno 2013), «l’allontanamento della dottoressa Minutillo dalla Regione fu dovuto a un’azione di un certo numero di persone che erano attorno al Presidente, ma che poi è stato curato direttamente dall’onorevole Sartori (Lia, ndr)». Erano trascorsi pochi mesi da quando Baita dice di aver consegnato alla Minutillo, all’hotel Santa Chiara, 200 mila euro per Galan. E Baita sostiene che la rottura con Galan fu solo apparente. «Il presidente la accredita come non più capo di gabinetto di segreteria, ma persona di fiducia attraverso la quale si sarebbero potute ottenere le stesse cose di prima».
Vero? Falso? Di certo la Minutillo finì (grazie a Lia Sartori) a Thetis con uno stipendio di 60-70 mila euro. Baita: «Mi fu fatto presente da Galan e dall’assessore Chisso dell’insoddisfazione della Minutillo, di vario tipo: di ruolo… di retribuzione economica e di relazione e mi chiesero esplicitamente di integrare questa funzione con qualche ruolo più pregnante… la convenienza economica non doveva essere inferiore a 250 mila euro netti all’anno… che credo di non prenderli neanche io». E qui spunta la collaborazione con la società Bmc. Dice Baita: «La Minutillo era socia di fatto, procuratrice per conto di Galan». Possibile tutte questa attenzioni dopo una rottura tanto traumatica?

Giuseppe Pietrobelli

 

«È un tentativo per screditarmi»

«Io non me l’aspettavo facevo bene il mio lavoro»

Lei: «Nel 2005 avevo capito che il rapporto si incrinava»

«Sono sconcertata, preoccupata, le affermazionni di Galan posso essere indotte solo dal tentativo di screditarmi». Questa la reazione di Claudia Minutillo, che ha parlato ieri con l’avvocato Carlo Augenti. Il quale rincara: «Galan licenzia un’impiegata infedele e poi ne diventa socio in Adria Infrastrutture? Non è credibile. E si accorge solo nel 2014 di ciò che accadde nel 2005? È falso, solo un tentativo di difendersi, ma dovrebbe farlo ocn più stile. Se spera di togliere credibilità alla Minutillo si sbaglia: la signora non si è inventata nulla, e le ordinanze di custodia cautelare lo dimostrano».

 

INTERVISTA – Parla l’onorevole Lorena Milanato, ex tesoriera di Forza Italia nella sede veneta a Padova

«Eravamo senza autonomia finanziaria da Roma»

PADOVA – «Non so nulla di come finì la collaborazione di Claudia Minutillo con Giancarlo Galan. Io all’epoca, era il 2005, non ero più in Regione Veneto. Ma ricordo bene come funzionava il finanziamento all’interno del partito». Lorena Milanato, padovana, è deputato di Forza Italia (e del Pdl) da quattro legislature, ininterrottamente dal 2001 a oggi. Una fedelissima di Giancarlo Galan, non a caso lo ha difeso nelle giornate calde che hanno preceduto l’arresto. E gli era vicina già nel 1995, quando Galan divenne governatore per la prima volta.
Lei è indicata nel memoriale dell’ex presidente, in epoca successiva alla scissione di Carollo e all’uscita di scena della Minutillo, “per la specifica delega alla tesoreria, ovvero per le spese correnti della sede regionale che venivano rendicontate e autorizzate dal tesoriere nazionale”.
«È così, confermo. Il partito non aveva autonomia finanziaria in sede regionale. Le fatture venivano inviate tutte a Roma per il pagamento».
E chi gestiva i soldi?
«Non abbiamo mai avuto un conto corrente su cui far confluire finanziamenti, perchè esisteva un unico conto corrente nazionale, in sede centrale. Era Roma che provvedeva a effettuare i pagamenti, regione per regione, tenendo conto delle quote dei tesseramenti».
Nessuna eccezione?
«C’è stato un periodo in cui venne destinata alle strutture regionali una disponibilità mensile per le spese. Si trattava di piccole spese, perchè quelle importanti, come l’affitto della sede, erano liquidate direttamente da Roma. Si faceva così una richiesta di rimborso che veniva liquidata attingendo al fondo. La disponibilità veniva di volta in volta ripristinata dalla segreteria centrale».
Venerdì lei ha fatto visita a Galan nel carcere di Opera. Come lo ha trovato?
«Molto combattivo, tonico, anche se evidentemente non è contento della situazione in cui si trova. Ed è convinto di avere subito un’ingiustizia».

G. P.

 

Galan: ho preso soldi da 7 imprenditori

L’ex ministro ha fornito ai pm i nomi di industriali che nel 2005 l’avrebbero finanziato: «Ma nulla dal Mose»

UNA LUNGA LISTA – Ma la segretaria fece anche i nomi di Gemmo, Marchi, Baita e Stefanel

LA STRATEGIA – Nega i pagamenti per il Mose e indica fatti nuovi, ormai prescritti

MOSSA A SORPRESA – Novità clamorose nel memoriale inedito scritto in carcere

Galan: «Ecco l’elenco dei miei finanziatori»

L’ex governatore ammette: «Nella campagna elettorale del 2005 presi denaro da 7-8 imprenditori»

Nella lista non ci sono i due che, a sua insaputa, avrebbero consegnato i 500 mila euro alla Minutillo

La mossa di Giancarlo Galan è astuta, calcolata, anche se non priva di qualche spericolatezza. Ammettere alcuni finanziamenti illeciti dei partiti risalenti a quasi dieci anni fa, episodi ormai prescritti, per respingere le accuse più gravi di corruzione legate alla realizzazione del Mose, alle elargizioni del Consorzio Venezia Nuova e ai project financing dell’Impresa Mantovani di Piergiorgio Baita. Se la mossa servirà a tirar fuori dai guai (e dal carcere) l’ex governatore del Veneto, lo potranno dire soltanto i tempi della giustizia, l’udienza davanti al Tribunale del Riesame fissata per l’1 agosto, l’esito del ponderoso ricorso contro la carcerazione preventiva.
La novità è però clamorosa, anche se si caratterizza più come una strategia difensiva, che non come l’inizio della resa di fronte alle accuse. Perchè Galan ammette di avere ricevuto denaro, per la campagna elettorale del 2005, da 7-8 imprenditori veneti. Ne fa il nome e indica le somme versate. Importo complessivo, alcune centinaia di migliaia di euro.
Svelando gli “omissis” che contrappuntavano una prima memoria mai consegnata ai Pm, con il memoriale messo venerdì nelle mani del gip milanese che lo ha interrogato nel carcere di “Opera”, Galan ha così riempito le righe rimaste bianche con nomi, fatti e numeri. Tutto inedito. Non si è limitato ad accusare (come abbiamo anticipato ieri) la sua ex segretaria Claudia Minutillo di essersi intascata alcune centinaia di migliaia di euro (quasi 500 mila) da due imprenditori che nel 2005 volevano finanziare la campagna elettorale del Doge. Ha ammesso di aver ricevuto a sua volta finanziamenti illeciti.
I nomi sono coperti dal riserbo e corrisponderebbero, nella giustificazione data da Galan, a imprenditori che con le generose offerte non volevano corrompere il Governatore, ma soltanto aiutarlo nelle spese affrontate per la campagna elettorale che lo vedeva contrapposto a Massimo Carraro, l’imprenditore padovano del Pd che lo aveva sfidato per Palazzo Balbi. Ricostruita così, la vicenda si potrebbe configurare come una serie di finanziamenti illeciti, visto che le dazioni non furono registrate, come impone la legge. Ma si tratta di un reato che, a nove anni di distanza, è ampiamente prescritto.
Secondo Galan, proprio l’identità dei generosi sostenitori dimostrerebbe che quei soldi non avevano nulla a che vedere con il Mose. «Questo è tutto quello che ho preso, nient’altro» dichiara più o meno testualmente. La sottolineatura è importante perchè dimostra come l’indagato sia preoccupato di allontanare i sospetti di “tangenti” legate al Mose e alle Grandi Opere in Veneto.
Nell’”elenco ufficiale” di Galan non sono contenuti quei due imprenditori che avrebbero versato quasi 500 mila euro a Claudia Minutillo, che li avrebbe chiesti sostenendo di parlare per conto del Governatore. L’indagato ha fatto, a parte, anche quei due nomi, affermando che nel 2005, a campagna elettorale conclusa, aveva scoperto i due versamenti, senza aver mai visto un euro, nè essere stato informato dalla Minutillo, che avrebbe gestito la partita in proprio. Questa è l’accusa all’ex collaboratrice, che però, tramite l’avvocato Carlo Augenti, nega tutto e sostiene che Galan si è inventato gli episodi, per screditarla. In totale, così, gli imprenditori che avrebbero finanziato Galan (o la sua segretaria) salgono a 10. Un numero discreto.
Ma a questo doppio elenco vanno aggiunti tre nomi, che sono stati fatti dalla Minutillo. Il Pm Stefano Ancilotto nel 2013, dopo l’arresto per false fatturazioni, le chiese: «Finchè lei è stata segretaria di Galan, ha potuto vedere consegne o sapere anche dal Galan stesso di corresponsioni di denaro dal Baita?». Risposta: «Sì, da Baita, ma non solo». Pm: «Anche da chi?». Minutillo: «Per esempio dalla Gemmo, da Marchi, da altri, insomma. Da Stefanel, da più persone». Anche se gli interessati hanno smentito, l’elenco-fisarmonica, tutto da verificare, porta a 13 i nomi dei supposti finanziatore del Doge, 14 se saranno dimostrati i 200 mila euro versati da Baita.

Giuseppe Pietrobelli

 

FONDI ROSSI – La seconda conferma, dopo quella di Orsoni, di contributi illeciti

LA CONFESSIONE Il finanziamento usato per le spese della campagna elettorale 2010

Marchese, il “cassiere” regionale, riconosce di aver ricevuto 150mila euro da Savioli

LA CONDANNA L’ex consigliere ha chiesto al giudice di patteggiare 11 mesi di reclusione

«Soldi in nero anche al Pd»

La Procura di Venezia la considera l’ennesima, importante conferma del quadro accusatorio sul fronte “rosso” dei finanziamenti illeciti relativi al cosiddetto “sistema Mose”. L’interrogatorio reso nei giorni scorsi e la successiva istanza di patteggiamento ad 11 mesi di reclusione formulata dall’ex responsabile amministrativo del Pd, Giampietro Marchese, costituiscono secondo i pubblici ministeri veneziani un tassello decisivo per l’inchiesta: la prova che i contributi agli esponenti politici sono finiti per anni non soltanto a chi stava al governo della Regione, ma anche all’opposizione. E, dunque, un “pesante” riscontro alla fondatezza di quanto raccontato finora dai principali accusatori.
Ciò anche se le ammissioni di Marchese sono soltanto parziali. L’ex consigliere regionale, assistito dall’avvocato Francesco Zarbo, ha innanzitutto sostenuto che i 58mila euro ricevuti “in bianco” dal Coveco per la campagna elettorale del 2010 sono regolari. Per quanto riguarda i finanziamenti “in nero”, ha confessato unicamente di aver ricevuto 150mila euro da Pio Savioli (ovvero dal Coveco, la componente “rossa” del Consorzio Venezia Nuova) a fine campagna elettorale 2010 per coprire le spese effettuate in eccesso. Ha negato, invece, di aver percepito il resto dei 4-500mila euro che l’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova ha dichiarato di avergli versato in più rate. Marchese ha spiegato di aver avuto rapporti con Mazzacurati unicamente per assicurare che le coop rosse potessero avere un posto anche nella fase successiva alla realizzazione del Mose, ovvero nella gestione dell’opera. «Soldi da lui non ne ho mai visti!», ha assicurato Marchese, precisando ai magistrati di essere sempre stato favorevole al Mose, così come sempre contrario alle opere realizzate con lo strumento del project financing. Nel corso dell’interrogatorio non ha fatto i nomi di altri esponenti del Pd eventualmente destinatari dei contributi per il semplice motivo che non avrebbe mai chiesto né dato conto a nessuno della “sua” gestione dei fondi elettorali. «Il mio cliente non si è messo in tasca nulla», ha precisato l’avvocato Zarbo.
Prima di Marchese, nelle scorse settimane è stato l’ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, a confermare di essersi rivolto a Mazzacurati per farsi finanziare la campagna elettorale 2010. Orsoni ha spiegato, però, di non aver mai visto un solo euro in quanto a gestire tutti i fondi sono stati esponenti di spicco del Pd: oltre a Marchese, ha citato i nomi di Davide Zoggia, all’epoca responsabile nazionale degli enti locali del partito di Pierluigi Bersani, e dell’allora segretario veneziano del Pd, Michele Mognato. Queste dichiarazioni e altri elementi di riscontro già raccolti dalla Guardia di Finanza sul fronte “rosso” dei contributi ai partiti sono oggetto di una serie di verifiche e accertamenti ai quali la Procura ha già iniziato a lavorare. Le prime svolte sul fronte “rosso” potrebbero arrivare fin da settembre, a conclusione della sospensione feriale dell’attività giudiziaria.

Gianluca Amadori

 

TRIESTE – Il commissario ha ricevuto le parti sociali sul caso della De Eccher

Serracchiani: indagine sulla A4 conseguenza del Mose

TRIESTE – Nessuna comunicazione in merito a un’inchiesta sui lavori della terza corsia della A4 Venezia-Trieste è pervenuta fino ad ora, né al Commissario straordinario né ad Autovie Venete, la concessionaria autostradale che ne è il braccio operativo. Lo precisa la Struttura commissariale, guidata da Debora Serracchiani, in seguito alla pubblicazione di notizie sull’apertura di un’inchiesta sulla terza corsia della A4 da parte della Procura di Venezia. Una notizia che non ha sorpreso la governatrice: «È il naturale prosieguo delle indagini (dopo quelle sul Mose, ndr) con un raggio d’azione allargato». Serracchiani ha ricordato di aver sottoscritto un Protocollo di legalità con le Prefetture interessate ai lavori del terzo lotto (Venezia, Treviso e Udine) per rafforzare la collaborazione fra le istituzioni e i controlli preventivi.
Intanto la presidente del Friuli ha incontrato a Trieste i rappresentanti di Confindustria e i sindacati del settore costruzioni per approfondire le questioni connesse alla società Rizzani de Eccher, dopo che l’azienda impegnata nei lavori sulla terza corsia dell’autostrada A4 ha ricevuto un’interdittiva antimafia. Serracchiani ha precisato che i due decreti firmati due giorni fa, sulla base di un parere richiesto all’Avvocatura dello Stato, si configurano come «un atto dovuto» da parte del commissario. «Ci auguriamo che la Rizzani de Eccher riesca a chiarire la posizione».

 

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