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Dalla sanità alle strade così spartivano gli affari

Minutillo a Chisso: «Padana inferiore, hanno già deciso che deve vincere Maltauro: datti da fare». Nei verbali i rapporti di forza tra l’ex assistente di Galan e l’ex assessore regionale

L’ACCUSA  «Sulla Via del mare ci hai fatto fare un c… così. Sono tutti incazzati»

LE NOMINE «Asl, ti hanno dato per sconfitto sui direttori generali»

EX COMMISSARIO – Silvano Vernizzi. Chisso ammise conflittualità con l’ex commissario alla Pedemontana veneta

Sanità e lavori stradali: la spartizione avveniva a tavolino, dietro una scrivania. Claudia Minutillo, ex segretaria del Governatore del Veneto, Giancarlo Galan, all’epoca amministratore di Adria Infrastrutture, dettava l’agenda delle priorità; l’assessore regionale alle Infrastrutture, Renato Chisso, prendeva nota e assicurava il suo impegno a supporto di Piergiorgio Baita e del gruppo Mantovani, cercando di giustificarsi dalle accuse di contare sempre meno e di essere stato messo in un angolo dagli alleati della Lega, ma anche da qualche compagno di partito.
Dalle intercettazioni ambientali allegate agli atti dell’inchiesta sul “sistema Mose” emerge una realtà che supera anche la più fantasiosa immaginazione e traccia, al di là degli aspetti penali della vicenda, uno spaccato sintomatico del modo di gestione del potere, con appalti suddivisi equamente tra le imprese amiche e accordi preliminari sulle nomine per evitare scontri e per cercare di accontentare tutti.
MICROSPIE – Il colloquio registrato dalle microspie della Guardia di Finanza avviene l’8 gennaio del 2013 nell’ufficio della Minutillo. La Minutillo ad un certo punto mette in funzione un “disturbatore” messo a disposizione da Mirco Voltazza, l’uomo stipendiato da Baita ottenere informazioni sull’inchiesta e cercare di depistarla. Ma evidentemente lo strumento da 007 non funziona troppo bene, considerato che i finanzieri riescono a sentire quasi tutto.
«NON CONTI PIÙ» – L’amministratrice di Adria Infrastrutture rimprovera a Chisso di aver perso potere: «Se alcune persone di riferimento si rendono conto che non vengono più da te su problematiche che interessano le tue deleghe ma vanno da altri, vuol dire che tu non sei più considerato il punto di riferimento. Vuol dire che pensano che possono andare avanti sulle cose a prescindere da te», gli contesta la Minutillo, informandolo che più di un imprenditore si è recato direttamente da Silvano Vernizzi, il commissario delegato ai lavori della Pedemontana. «Ormai lo sanno anche i muri che Vernizzi ha fatto l’accordo e si è rinfrancato per il rapporto stretto tra lui, Zorzato e Degani… (rispettivamente vicepresidente della Regione ed ex presidente della Provincia di Padova, ora sottosegretario del governo Renzi, entrambi esponenti prima di Forza Italia poi del Nuovo Centrodestra) – rincara la Minutillo – E la gente non va più dall’assessore Chisso…»
STRADE & APPALTI – L’allora potentissima ex segretaria di Galan ce l’ha con i lavori della Pedemontana (in particolare con alcuni problemi che il gruppo Mantovani non riesce a risolvere), ma anche con la strada regionale 10, la cosiddetta Padana inferiore, per la quale è in corsa anche la principale concorrente, la vicentina Maltauro. La Minutillo lamenta che «hanno già deciso che deve vincere la Maltauro» (come in effetti accadrà pochi mesi più tardi). Poi parla di Tangenziali venete e della cosiddetta “Via del mare”: «Non stanno andando avanti… – lamenta Minutillo – Cazzo cerca di lavorare – dice all’assessore – Sono tutti incazzati perché hanno detto che ci hai fatto fare un culo così…». E non è finita: «Si preoccupa anche Giorgio (Baita, ndr)… Giorgio dice: io vorrei capire se Renato ha abdicato ad un certo ruolo, se ha deciso che a Vernizzi… se ha deciso di non farsi valere nemmeno su quelle che sono le sue deleghe, perché almeno mi regolo anch’io su come muovermi».
Chisso ascolta e abbozza. Ammette qualche conflittualità con Vernizzi: «Mh, mh… Io mi sono tirato fuori dalla Pedemontana… – spiega – Però le nostre l’ho tutelate…», tiene a precisare. «Non mi pare, Renato», lo contraddice la Minutillo.
SANITÀ & NOMINE – Il discorso si sposta sulla Sanità e la Minutillo va giù ancora più dura: «Ti hanno dato per sconfitto perché sui direttori generali delle Asl non è andato Ruscitti… (l’ex segretario generale della sanità veneta, ndr) Ma questo Dal Ben tu lo conosci?… dicono che il riferimento adesso è Luca Baggio, consigliere regionale (della Lega, ndr)…»
Chisso si difende: «Sì, allora, io ho tenuto duro. Il mio candidato era Ruscitti…. fino a una settimana prima… Zaia mi chiama qua Renato, qua Ruscitti non passerà, semmai facciamo guerra totale o un accordo. Mi propone un accordo e mi fa: io metto un uomo mio però lo metti in mano tua e fai quel che devi fare… – racconta l’assessore – Mi va bene Dal Ben… però dico mi serve anche un uomo che… non faccio la figura del perecottaro… Quindi avemmo Mirano e Mestre… Sì, Gumirato, devo vederlo all’una…»
Gino Gumirato, è stato nominato direttore della Ulss 13 Miranese all’inizio di gennaio del 2013, contestualmente a Giuseppe Dal Ben (Ulss 12 Veneziana).

Gianluca Amadori

 

TRIBUNALE – Il Riesame il primo agosto si pronuncia sull’ex doge

Sarà il Tribunale del riesame il primo a pronunciarsi sulla fondatezza delle accuse mosse all’ex Governatore del Veneto, Giancarlo Galan. L’udienza è fissata per venerdì prossimo primo agosto, davanti al collegio presieduto da Angelo Risi. La difesa di Galan cercherà di smontare il quadro accusatorio, minando la credibilità di Claudia Minutillo, Piergiorgio Baita e Giovanni Mazzacurati. Non è escluso che la Procura abbia nuovi atti da depositare, a riscontro dell’attendibilità dei principali accusatori.
Lo stesso giorno davanti al Riesame saranno discussi anche i ricorsi presentati dall’ex magistrato della Corte dei conti, Vittorio Giuseppone, accusato di corruzione in relazione a somme di denaro che gli sarebbero state versate nel corso degli anni per garantire la massima rapidità al via libera dei provvedimenti riguardanti il Mose. Anche l’imprenditore Andrea Rismondo ha presentato ricorso contro il provvedimento con cui il gip Alberto Scaramuzza gli ha imposto l’obbligo di dimora a Preganziol e di permanenza in casa dalle 20 alle 8.

 

DEMOCRATICI Polemiche dopo la confessione del tesoriere veneto

Tangenti, bufera nel Pd «Da Marchese solo bugie»

E si riapre il “caso” Venezia

L’ex segretaria regionale Filippin: «150 mila euro? Ma se abbiamo fatto un mutuo per pagare i debiti». E nel mirino c’è la federazione lagunare

«Ma quali soldi dal Consorzio Venezia Nuova. Abbiamo dovuto fare un mutuo per pagare le elezioni regionali del 2010». Rosanna Filippin vuole allontanare qualunque sospetto dal “suo” Partito Democratico. “Suo”, perché la testimonianza di Giampietro Marchese si riferisce proprio al periodo, il 2010, in cui le redini del partito erano nelle mani della vicentina, ora senatrice, eletta l’anno prima, con le primarie, a segretaria regionale dei democrat. Che ora sembra ributtare ogni responsabilità nell’altra parte del campo, nell’area del partito provinciale di Venezia che nel 2010 ha gestito in piena autonomia, con fondi propri, la campagna elettorale delle regionali.
L’ex responsabile amministrativo del Pd, ha raccontato ai giudici che nel 2010 ha ricevuto “in bianco”, quindi regolari, 58mila euro dal Coveco (le cooperative “rosse” inserite nel Consorzio Venezia Nuova). A questa cifra, si sono aggiunti, stando sempre alla testimonianza di Marchese, altri 150mila euro, questa volta “in nero”, sborsati sempre dal Coveco, tramite Pio Savioli, a fine campagna elettorale delle regionali per coprire le spese effettuate in eccesso. Di altri versamenti di cui ha parlato Giovanni Mazzacurati, l’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova, Marchese non sa nulla.
Di certo, quindi, ci sarebbero 150mila euro che, stando all’ex responsabile amministrativo del Pd, sarebbero entrati nelle casse del partito. «Falso – ribatte la Filippin – Quando sono arrivata alla segreteria del partito in cassa c’erano 150mila euro lasciati dal mio predecessore». Cioé, il padovano Paolo Giaretta che aveva traghettato la Margherita alla confluenza con i Ds e poi verso il Pd. Ma quella cifra? «Mai esistita – aggiunge l’ex segretaria democrat – Tanto che, per pagare le spese sostenute alle regionali 2010, abbiamo chiesto un prestito di un milione alle banche, con garanzie mie e dell’allora tesoriere Angelo Guzzo, e confidando nei rimborsi elettorali, che ancora non avevamo essendo il Pd alla prima esperienza elettorale, che sarebbero arrivati l’anno dopo. Il mutuo si estinguerà il prossimo anno. E sono disponibili tutti gli incartamenti, tutto registrato fino all’ultimo centesimo». Circostanza confermata dal successore della Filippin, il deputato bellunese Roger De Menech. «Quei soldi non ci sono mai stati – ripete il neo segretario – E dall’inizio della vicenda Mose abbiamo voluto marcare la discontinuità. Il partito ha di sicuro una responsabilità politica, ma io non c’entro con quelle cose, è un dovere marcare il confine come ha indicato Renzi».
Nessun commento di Michele Mognato, che a fine 2010 guidava il partito provinciale di Venezia, tirato in ballo dall’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni. Dunque, la domanda resta: dove sono finiti i 150mila euro “in nero” di cui parla Marchese? Spiega la Filippin: «Le federazioni provinciali avevano piena autonomia nello svolgere la campagna elettorale, con fondi derivati dal tesseramento, e senza esborsi da parte del partito regionale. L’azione del partito locale, si affiancava a quanto i singoli candidati pagavano di tasca propria, se lo ritenevano necessario. Il partito regionale si occupava della campagna più in generale, con messaggi politici e il sostegno al candidato governatore». Un bel distinguo, tra “noi e loro”? «Sono i fatti. Mi resta anche l’amarezza per quanto mi ha detto Marchese appena scoppiato il caso: “Non è vero niente”».
Invece, ora sono arrivate le ammissioni dell’ex responsabile amministrativo del Pd. E riassumendo quanto raccontato dalla Filippin e da De Menech, ogni responsabilità giudiziaria sembra ricadere sulla gestione del partito in Laguna.

Giorgio Gasco

 

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