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Nuova Venezia – Venezia, citta’ sotto assedio

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

10

ago

2014

Soffocata dal turismo mordi e fuggi. «Sì al numero chiuso»

Venezia abbandonata a se stessa invasione di turisti senza regole

Presenze in costante aumento del “mordi e fuggi”, tutti i visitatori concentrati tra San Marco e Rialto

Vaporetti sempre strapieni, cresce la vendita di biglietti Actv. Bivacco continuo tra campi e calli

VENEZIA – È la “fiera” dei giornalieri. Quello che è in corso a Venezia in questi giorni e ormai da alcune settimane – per proseguire almeno fino a settembre, con l’arrivo della Mostra del Cinema- è un vero e proprio “assalto” turistico di massa alla città. Portato, però, ancora più che nel passato, non quel turismo stanziale, interessato e pronto a calare in laguna per qualche giorno per conoscere e visitare la città, usandola come tale. Del resto, ormai da anni, la permanenza media di un turista che arriva in albergo a Venezia è di poco più di due notti, anche se ormai l’offerta di posti-letto, tra alberghi, bed & breakfast, locande e appartamenti turistici in affitto, sfiora quota trentamila. Ma quel turismo invece costituito dai gruppi allargati o familiari che sbarcano a Venezia dalla mattina alla sera, intasandone le calli e bivaccando, se possono, tra San Marco e Rialto. Sono quelli che si fermano a sedere sui ponti, in cui non vedono più una struttura di passaggio, ma solo un belvedere per la sosta o la fotografia di rito. Che camminano nelle calli occupandole interamente nel senso della larghezza, non concependo che altri possano passare in senso opposto, come avverrebbe in una città normale. Che sui vaporetti intasano l’uscita alle varie fermate e non si spostano, perché tanto si va tutti a san Marco, no? Arrivano dalle spiagge del litorale – più in forze se c’è brutto tempo – o anche da quelle della riviera romagnola. Oppure affluiscono dalla terraferma, inserendo Venezia in un rapido “tour” italiano, che siano cinesi (o taiwanesi) diretti a San Marco e persino, ormai, donne arabe in burqa, visto che è Venezia è sempre più un crocevia del turismo mondiale. La quota di turisti stranieri in arrivo supera ormai il 70 per cento del totale – con gli americani che hanno ripreso la loro leadership, ma con uno sbarco massiccio anche di new entry come quella dei russi, assieme a cinesi e brasiliani – ma la stragrande maggioranza di essi “pascola” per le poche ore del soggiorno tra l’area marciana e Rialto, ignorando di fatto il resto della città. I dati in calando nell’ultimo anno dei visitatori del circuito di Chorus – la meritoria “rete” legata alle principali chiese cittadine ricche di capolavori d’arte che consentono la visita con il pagamento di un biglietto d’ingresso per finanziarne così la manutenzione – confermano che a Venezia il turismo “diffuso” anziché aumentare diminuisce, di fatto rinunciando a visitare la città. Ma intanto i “giornalieri” sono in costante aumento. Lo conferma anche l’Actv. «Registriamo un aumento della vendita dei biglietti turistici in questi mesi estivi», conferma l’amministratore delegato dell’azienda, Giovanni Seno, «che avrà effetti positivi anche sul nostro bilancio». Ma intanto la confusione regna sovrana, anche perché la città è di fatto “sgovernata” – dopo il cataclisma politico e amministrativo seguito all’inchiesta sul Mose – e la preoccupazione, legittima, del commissario straordinario Vittorio Zappalorto è quella di chiudere al più presto il “buco” di bilancio del Comune. Non certo di occuparsi del controllo e della regolamentazione dei flussi turistici in arrivo in città. Un problema di fatto ignorato da tutte le ultime amministrazioni comunali, compresa quella Orsoni, nella convinzione neppure troppo nascosta che porre un freno o un sistema di controllo dei flussi turistici in città sia un rischio per la sua economia. Anche se i benefici non vanno certo ai residenti ormai sotto quota sessantamila, ma alla filiera delle categorie turistiche che ci campano, dai gondolieri in su. E se l’Unesco minaccia di declassare Venezia dai suoi siti tutelati se il Governo italiano non fornirà entro febbraio un piano credibile di controllo dei flussi turistici in arrivo in città e quindi della sua tutela fisica e monumentale, in laguna a pochi importa. Nessuno può fermare l’orda dei “giornalieri”. A meno di non riflettere seriamente sulla possibile adozione di un numero chiuso o programmato d’ingresso che dir si voglia». C’è chi non ha paura di dirlo come ha già fatto il sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni, già presidente del Fai, il Fondo per l’ambiente Italiano a riproporre il controllo degli accessi turistici a Venezia. «So che mi attirerò i commenti negativi di qualcuno», ha dichiarato, «ma Venezia è un fragilissimo museo a cielo aperto e una città che sta morendo. Per questo, visto che la massa dei turisti in città è destinata ad aumentare in modo insopportabile nei prossimi anni, non mi scandalizza affatto l’idea dell’istituzione di un biglietto d’ingresso alla città, il cui ricavato serva anche al suo mantenimento. Venezia va difesa, migliorando contemporaneamente la qualità del turismo che la frequenta ». E lo stesso presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa ha detto a sua volta di recente: «La pressione turistica su Venezia è troppa, deve essere normata. Quando ero sindaco, si iniziò a lavorare sul progetto del numero chiuso. Ora, con tecnologie più moderne, ci vorrebbe niente a realizzarlo».

Enrico Tantucci

 

«Numero chiuso d’ingresso una soluzione estrema»

Parlano Mara Manente (Ciset), Jan Van Der Borg (Ca’ Foscari) e Angela Vettese

Gianni De Checchi: «Ormai è evidente che si impone un controllo dei flussi»

VENEZIA – Che Venezia sia unica è un dato di fatto, ma non basta. Urge una gestione capace di amministrare tanta bellezza con dei fatti e non solo a parole. Venezia è sempre più insofferente al turismo: «Purtroppo vedo molti nani e pochi giganti in grado di gestire questa città», ha detto Gianni De Checchi, segretario della Confartigianato. «Ormai è evidente che si impone un controllo sui flussi e Venezia potrebbe essere all’avanguardia per avviare un progetto di autodifesa, ma dove sono le personalità politiche in grado di fare scelte così coraggiose? Dai nostri studi si evince che la gente che vaga non equivale a più ricchezza, se non a incentivare una bassa qualità commerciale e la chiusura dei negozi di artigianato. Ogni periodo storico ha la sua classe politica e la nostra è decapitata perché non c’è ricambio all’interno dei partiti. Lavorare sul numero chiuso potrebbe essere un primo passo per coagulare le forze in campo e fare davvero qualcosa». Non tutti vedono nel numero chiuso un punto di partenza, come Mara Manente, direttrice del Ciset: «Imporre una soglia limite di visitatori sarebbe come ridurre la città a un vero museo dove si paga il biglietto e si entra », ha detto l’esperta, «quando invece si potrebbe prima provare a sperimentare le varie ipotesi che negli anni si sono presentate, ma che non mi risulta siano state mai concretizzate. Il numero chiuso è la soluzione estrema». Di proposte in effetti ne sono state fatte, come quelle del docente di Ca’ Foscari JanVanDer Borg: «Le soluzioni», ha spiegato, «ci sarebbero: incentivare la prenotazione con dei vantaggi, riducendo il biglietto dei trasporti o dei musei. Bloccare il turismo crocieristico. Realizzare dei terminali sulla gronda lagunare e trasportare i turisti a Venezia, anche in maniera lenta con delle imbarcazioni, per informarli durante il tragitto della particolarità del luogo in cui si stanno recando. A volte si dice che i turisti sono ignoranti, ma nessuno si occupa davvero di educarli. Infine, c’è un punto fondamentale: bisogna investire nella venezianità perché è solo così che si evita il degrado». Un progetto era iniziato, ma è stato bloccato dallo tsunami Mose: «Non è mai stata fatta una ricognizione della segnaletica », ha detto l’ex assessore alla Cultura e al Turismo Angela Vettese, «e anche se non lo farò io, qualcuno deve riprendere questo lavoro che avevamo iniziato perché in giro ci sono cartelli vecchissimi con scritto Itinerario 1 o 2 che non si sa più a che percorsi facciano riferimento. Ormai il 40% della gente usa la tecnologia e grazie ai QR Codes (i quadratini dove puntare lo smartphone e ricevere informazioni) si possono indicare ai turisti itinerari diversi dai soliti ». I veneziani si sentono abbandonati: «C’è bisogno di regole», ha detto Irina Freguia del Vecio Fritoin», con le liberalizzazioni sono stati equiparati i bar ai ristoranti, il che significa che un cuoco vale come un microonde e un cibo congelato come un piatto di alimenti freschi. Non c’è un criterio di qualità ed è triste vedere chiudere i negozi, anche al mercato dove vado per aiutare anche chi ha un’attività. Se compro i surgelati chi aiuto? Rischiamo di diventare uguali a tutti i sobborghi». Insomma, se non si agisce il rischio è di fare la fine di Narciso che, a forza di specchiarsi nell’acqua, sprofonda nella sua immagine.

Vera Mantengoli

 

Se ne parla dal 1983

Ticket a pagamento, un progetto mai decollato

Il primo a lanciare l’idea del ticket d’ingresso a Venezia fu l’ex sindaco Mario Rigo nel lontano 1983. Chi sostiene da tempo l’idea del numero chiuso è un altro ex sindaco, Paolo Costa. Già da sindaco iniziò a lavorare su quest’ipotesi. La ricetta di Costa è presto detta: è necessario indicare un tetto massimo d’accesso, quindi stabilire il prezzo del ticket. Ovviamente solo per i turisti. L’obiettivo è quello di garantire il massimo di accessibilità sia ai turisti, sia a chi usa la città per lavoro. Entrambi devono avere massima rapidità d’accesso,ma governando i flussi con l’utilizzo della tecnologia. Qualche tempo fa il presidente della Biennale Paolo Baratta iniziò a parlare di city-tax, suggerendo «la creazione di un fondo permanente agganciato alla nuova Legge Speciale creato proprio per la salvaguardia fisica di Venezia e del suo patrimonio pubblico e privato. Esso dovrebbe essere alimentato per due terzi dallo Stato e per un terzo da una city-tax, una tassa per Venezia in cui dovrebbe confluire una quota di tutte le imposte locali, dai rifiuti in giù, per iniziativa dello stesso Comune. In questa tassa potrebbero confluire, in forme da definire, anche risorse ricavate dall’imposizione che vada a raggiungere anche il turismo escursionista, visto i danni che provoca». Attualmente l’unica forma di imposizione legata al turismo è quella dell’imposta di soggiorno.

 

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