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Richiesta di chiarimenti ad Alfano: «Chi sono i “fratelli” magistrati e poliziotti»

Massoni nell’inchiesta Mose? Interrogazione M5s su Galan.

Ieri la moglie ha visitato in carcere a Opera l’ex ministro e governatore veneto

VENEZIA – Un abbraccio, un lungo silenzio, molte domande sulla piccola Margherita, la figlia di sette anni per la quale papà «è in viaggio per lavoro». Sandra Persegato, la moglie di Giancarlo Galan, ha incontrato in carcere il marito, detenuto nel carcere di Opera, alle porte di Milano. Si è trattato del primo incontro tra Galan e la moglie dalla sera del suo traumatico arresto, il 22 luglio scorso, a poche ore dall’autorizzazione votata dalla Camera. Sandra Persegato si è recata a Opera accompagnata dalla cognata, Valentina Galan: i magistrati infatti hanno autorizzato alle visite, oltre alla moglie, solo la sorella e l’anziana madre dell’ex ministro. Per il politico, dopo lo stop del Tribunale del Riesame alla scarcerazione, si tratta di attendere l’esito del ricorso in Cassazione che i suoi legali stanno predisponendo. Ma appare evidente che per l’ex ministro ed ex governatore, che si muove in stampelle in una stanza della clinica del penitenziario di Opera, le porte del carcere si riapriranno non prima del prossimo ottobre. Una lunga carcerazione preventiva, dunque, che rischia di mettere a dura prova lo stato d’animo dell’ex ministro. L’incontro tra Galan e la moglie si trova in carcere, è durato poco più di un’ora. Saltano sul caso di Galan iscritto alla massoneria, invece, i deputati veneti del Movimento 5 stelle Arianna Spessotto, Emanuele Cozzolino, Francesca Businarolo, Marco Brugnerotto, Federico D’Incà, Diego De Lorenzis, Marco Da Villa e Silvia Benedetti. In una interrogazione rivolta al ministro dell’Interno Angelino Alfano, i parlamentari grillini sottolineano come l’appartenza di Galan alla loggia Florence Nightingale di Padova, sia circostanza alquanto «curiosa»: «l’inchiesta penale veneziana sul Mose sta delineando un quadro fosco e preoccupante di intrecci tra funzionari pubblici corrotti e concussi, politici e imprese corruttrici, uomini di assoluto rilievo dei servizi segreti e delle forze di polizia, quasi una sorta di polizia parallela, infedele che ostacolava le indagini dei pubblici ministeri veneziani; non si può escludere l’esistenza di una rete pervasiva e devastante operante in Veneto, per la copertura e il depistaggio sulle gravi violazioni penali seriali condotte per l’affaire Mose; l’appartenenza del Galan alla massoneria non può non destare molta preoccupazione in relazione all’eventuale appartenenza alle logge di funzionari pubblici e in particolare appartenenti alle Forze armate, Guardia di finanza e Arma dei carabinieri, con funzioni di polizia e di polizia giudiziaria, e inoltre alla magistratura; in effetti l’affiliazione alla massoneria di un magistrato o di ufficiale di polizia giudiziaria preclude di per sé l’imparzialità (secondo la Cassazione, «essere iscritti alla massoneria significa vincolarsi al bene degli adepti, significa fare ad ogni costo un favore. E l’unico modo nel quale un magistrato può fare un favore è piegandosi ad interessi individuali nell’ emettere sentenze, ordinanze, avvisi di garanzia»). I deputati del Movimento 5 stelle, pertanto, chiedono al ministro «se non ritenga opportuno acquisire elementi presso le prefetture per verificare, presso gli appositi elenchi, se risulti la presenza di affiliati alle logge massoniche di magistrati e appartenenti alle Forze armate con compiti di polizia». I grillini sollecitano «iniziative disciplinari urgenti, ove ne sussistano i presupposti, nei confronti di magistrati e appartenenti alle Forze armate per i quali si verifichi l’eventuale sovrapposizione di appartenenza a logge massoniche e di sottoposizione ad avviso di garanzia per reati attinenti allo scandalo Mose».

Daniele Ferrazza

 

In arrivo per l’ex presidente regionale anche un’accusa per calunnia

VENEZIA. Una nuova accusa – quella di calunnia – si potrebbe presto aggiungere alle altre nei confronti dell’ex presidente della Regione Giancarlo Galan, in carcere con l’accusa di essersi fatto corrompere per anni a suon di “stipendi” milionari dal Consorzio Venezia Nuova e dalla Mantovani (allora) di Piergiorgio Baita. La Procura di Venezia sta valutando concretamente l’ipotesi, in merito a quella parte del memoriale difensivo, nella quale Galan (nel negare gli addebiti che gli vengono mossi) si autoaccusa di aver percepito nel 2005 fondi neri elettorali da dieci imprenditori (che hanno tutti negato) e accusa l’ex segretaria Claudia Minutillo di essersi appropriata di 300 mila euro consegnati dall’imprenditore Andrea Mevorach (che da parte sua ha negato con forza il fatto, replicando di aver ricevuto pressioni da Galan per contributi che si è sempre rifiutato di pagare). La Procura risponde con l’accusa di calunnia, valida anche in caso di fatti prescritti. Ieri, intanto, lungo interrogatorio difensivo davanti ai pm Ancilotto e Buccini per Gino Chiarini, ferrarese, in carcere dal 4 giugno con l’accusa di millantato credito: si sarebbe fatto consegnare dai 50 ai 200 mila euro da Baita (in cerca di informazioni sull’inchiesta) vendendogli la possibilità di avere notizie dal giudice Claudio Tito, all’oscuro di tutto. Chiarini ha raccontato per ore ai magistrati di molti episodi dei quali è stato testimone, “guadagnandosi” il sì della Procura agli arresti domiciliari. […]

(r.d.r.)

 

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