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Replica a Zaia: «Nessun salotto buono del turismo, ma non c’è ormai più tempo da perdere»

Anche i Comitati privati si schierano: «Controllo sui flussi turistici, così non si può più continuare»

Anche in laguna come nelle altre città europee va multato dai vigili urbani chi attenta al decoro della città

Si cominci con il diversificare i flussi di entrata dei turisti in città, da piazzale Roma, Ferrovia e Riva degli Schiavoni

«Presidente, nessun salotto buono, mi creda: Venezia è un patrimonio di tutti ma il problema c’è e va affrontato senza pregiudizio». Risponde così, anche su twitter, il sottosegretario al Ministero dei Beni Culturali Ilaria Borletti Buitoni al presidente della Regione Luca Zaia che aveva definito addirittura come «vergognosa e vomitevole », la sua proposta di introdurre un ticket d’ingresso per chi non soggiorna a Venezia e ha meno di 25 anni, per difendere così la città dall’assalto turistico, definita dal governatore del Veneto «l’idea di una Venezia “salotto buono” del turismo ». Ma Borletti Buitoni non arretra e rilancia l’urgenza di una soluzione al controllo dei flussi turistici in città, auspicata anche dal presidente dell’Autorità Portuale Paolo Costa. «La mia è solo una proposta – sottolinea il sottosegretario con delega all’Ambiente – un modo per aprire il dibattito. Perché una cosa è certa e non lo dico io: Venezia sta morendo e il problema va affrontato subito, rimandare non si può più. Non so se ci sono precedenti, ma è vero anche che Venezia è un caso a sé, è una città unica. Di certo, bisogna affrontare a medio e lungo termine la questione dei flussi turistici. E bisogna farlo senza preconcetti, in modo scientifico. Trovando il modo di conciliare la tutela e la salvaguardia di un gioiello unico e preziosissimo del patrimonio con la sua vocazione turistica. Comunque non c’è più tempo da perdere, «non si può rischiare di rimandare tutto, come si è fatto per anni. Venezia sta morendo, sta perdendo la sua identità. E il flusso dei turisti va affrontato e trattato in maniera non più casuale ma strategica ». Fondamentale, sottolinea ancora il sottosegretario Borletti Buitoni – già presidente del Fai, il Fondo per l’Ambiente Italiano -, anche il tema del decoro, soprattutto in un equilibrio delicato come quello di Venezia. «In questi anni – conclude – ho visto la gente buttare di tutto nei canali. In altre città, come Zurigo ad esempio, se uno mangia un panino nella piazza e butta la carta per terra viene multato. Perché a Venezia non deve essere possibile e i vigili urbani non possono intervenire in casi come questi? Il patrimonio si difende anche così, con il decoro». E a far sentire la propria voce, chiedendo alla città misure sul controllo dei flussi turistici che nessuna delle amministrazioni comunali che si sono succedute negli ultimi vent’anni ha potuto o voluto attuare, sono anche i Comitati privati internazionali per la salvaguardia di Venezia, con il loro presidente Umberto Marcello del Majno. «Siamo tutti preoccupati a livello internazionale per le condizioni in cui versa ormai Venezia sotto la spinta di un turismo giornaliero in costante crescita che la sta letteralmente consumando – commenta il presidente del Comitati Privati – ed è evidente a tutti che non si può continuare così e che vanno adottate delle misure concrete e urgenti per controllare i flussi turistici in entrata. Il sottosegretario Borletti Buitoni ha tutte le ragioni di porre il problema, anche se non so se il ticket d’ingresso sia una misura attuabile. Quel che è certo è che l’amministrazione comunale e il Governo italiano, pressato anche dall’Unesco devono pensare a intervenire, cominciando almeno a diversificare concretamente i flussi in entrata perché non siano tutti concentrati sulle “porte” di Piazzale Roma- Ferrovia e di Riva degli Schiavoni». «Venezia è una città con solo 50 mila abitanti che tutti i giorni sopporta una media di 60 mila turisti (il che vuole dire anche picchi di 100 mila in alcuni periodi dell’anno). Nessuno può dire con precisione quanti siano. Quindi bisogna porre dei limiti e regolamentare in qualche modo gli accessi », aggiunge anche Marco Michielli, vice presidente di Confturismo. «A Venezia – spiega – non possono entrare lo stesso numero di pendolari che visitano Parigi (che di abitanti ne ha 13 milioni e ha ben altre dimensioni). Altrimenti è come andare a Disneyland».

Enrico Tantucci

 

OGNI SERA DOPO le 21

Piazza San Marco, una pattumiera

Nardi, presidente dell’Associazione: «Situazione insostenibile»

Che cosa direbbero i ma segni di piazza San Marco se potessero parlare? In questi giorni alla sera, per terra, non si vedono che carte, bottigliette di plastica, mozziconi di sigarette, rifiuti che vagano trascinati dal vento o che rimangono in bella vista a mucchietti qua e là, sparsi in quello che dovrebbe essere il salotto più bello del mondo. Oggi è impossibile definire la Piazza in questo modo, almeno alla sera e in questo periodo traboccante di turisti. Nonostante durante il giorno i “Guardians” cerchino di mantenere il decoro invitandole persone a non banchettare nella Piazza e due spazzini siano presenti per cambiare i sacchi dei bidoni, alla sera dopo le 21 in pochissimo tempo regna di nuovo la sporcizia. La bellezza della Basilica, le suggestive Procuratorie e il panorama mozzafiato ai piedi delle colonne, contrastano con i rifiuti che svolazzano per terra e che formano un tappeto bianco di foglietti e cartacce. Chi cammina o fa uno slalom per evitarli o li calpesta. Oltre a questo ultimamente si sommano i coprispalla usa e getta, consegnati a chi entra in Basilica. All’uscita, nella piazzetta dei Leoncini, vengono buttati nei bidoni che si riempiono a vista d’occhio, fino a straripare fuori. «Sono assolutamente per il numero chiuso», dice il presidente dell’Associazione piazza San Marco, Alberto Nardi, «e per sperimentare un progetto pilota per il flusso controllato. Non sono per far pagare un biglietto, ma bisogna fare qualcosa alla svelta. Per anni abbiamo cercato di combattere i danni dei piccioni e ce l’abbiamo fatta, limitando moltissimo il problema. Oggi invece con la quantità mostruosa di turisti rischiamo di vedere tanta fatica svanire nel nulla. Ieri abbiamo contato 15 persone del Bangladesh che vendevano abusivamente mangime». Veritas ha fatto sapere che non ci sono state riduzioni: due spazzini fino alle 19.30 e un cambio speciale sacchi dell’immondizia alle 21 per poi riprendere alle6 della mattina.

Vera Mantengoli

 

GIULIANO SEGRE, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE DI VENEZIA

Indagini scientifiche sui flussi prima di prendere delle decisioni

Partiamo dai princìpi: “Ogni cittadino può circolaree soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale”. Lo vuole la Costituzione italiana (art. 16), altrimenti ognuno costruisce la propria area di relazioni a sua scelta, secondo i suoi parametri e, ahimé, le sue fobie: tanti ghetti chiusi e “not in my back yard”. Dunque a partire da questo assunto, condiviso nelle legislazioni nazionali attente ai diritti, va affrontato il tema dell’accesso turistico al centro storicodi Venezia. Con un dettaglio chiarificatore, perché locale: non si tratta solo della difesa dei diritti civili posti a garanzia della libertà delle persone, ma anche di un modello prototipale. Infatti quando in una realtà nei circa sette miliardi di persone che vivono su questa terra, si matura un Pil pro-capite che consente il viaggio all’estero (o ti danno il passaporto, ma è solo una variante), allora Venezia sarà sempre e per tutti una meta necessaria e obbligatoria. E anche “giusta”, per la quantità di cultura che promana da quelle pietre lavorate, come nel 1853 concepì giustamente John Ruskin. Dunque non si può attendere che il turismo in Venezia diminuisca da sé: va riorientato con politiche apposite. L’afflusso infatti è davvero sempre più ingombrante, invasivo, fastidioso, intollerabile; ma non può essere impedito, sia per i superiori motivi etici, sia comunque per le difficoltà oggettive sul piano tecnico. Questo va detto una volta per tutte: la Venezia insulare non è chiusa da mura, ma aperta sull’acqua e questa è percorribile, come si dice “in lungo e in largo”: vogliamo metterci le cannoniere? E poiché il comportamento umano è fortemente condizionato dall’aspetto economico, allora “facciamo pagare il biglietto di ingresso!”. Bene: dove si mette il botteghino? È un problema banale, ma dove si compra e dove si oblitera o si controlla il “biglietto”? Questo giornale torna sul tema e avanza anche qualche ipotesi operativa raccolta dal sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni, che per l’impegno governativo opera nel ministero dei Beni Culturali e del Turismo. È un buon segno, ma deve essere lestamente completato perché in questo periodo le vicende veneziane sono ancora asfaltate dal recente disastro politico e amministrativo. Il punto evolutivo però deve essere ancora delineato: qualitativamente non ne sappiamo molto su questa invasione: tutti gli argomenti si piegano alla propria tesi, ma nessuno porta dati risolutivi, tutti ammiccano. Dalla soppressione dei centri studi pubblici e con l’inaridimento della ricerca universitaria non si hanno più letture dettagliate sull’argomento. Mentre sulla natura economica dell’area un lavoro è stato compiuto dall’Ocse, sul turismo veneziano mancano dati informativi aggiornati, diversi dalle sensazioni. Ecco un punto da sviluppare sotto l’impulso del Ministero, competente su entrambi i fronti, produzione e fruizione della cultura; il tema è urgente e non può attendere la ricostruzione della politica locale. Allora finalmente capiremo dove “pagare il biglietto”: là dove si consolida una particolare categoria di visitatori. E scopriremo che molti già lo pagano, con modi e poste contabili diversi, confuse nella complessità di un turismo così esteso, che lasciano al soggetto pagante e a quello ricevente la ignoranza della transazione e quindi un diffuso senso di disorientamento. Sarà inutile tornare sul tema, anche alla prossima occasione elettorale locale, se mancheranno ancora gli estremi informativi scientificamente elaborati.

 

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