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DOMICILIARI – In vista la revoca agli arresti a Maria Giovanna Piva, ex Magistrato alle Acque a Venezia.

Scadono i termini per l’ex presidente del Magistrato alle Acque

Altre imminenti remissioni in libertà nell’inchiesta sul cosiddetto “sistema Mose”. Il prossimo 3 settembre dovrebbero essere revocati gli arresti domiciliari all’ex presidente del Magistrato alle acque, Maria Giovanna Piva (accusata di corruzione), nonché ai romani Vincenzo Manganaro e Alessandro Cicero, indagati di millantato credito. Sono in scadenza, infatti, i tre mesi di custodia cautelare che la legge pone come termine massimo per tutti i reati “minori”, tra cui è compreso anche quello di corruzione per episodi precedenti al 28 novembre del 2012. Successivamente, grazie alla riforma Severino, la possibilità di custodia cautelare per la corruzione è stata allungata fino a sei mesi (prorogabili nel caso di rinvio a giudizio): di conseguenza gli altri indagati attualmente detenuti resteranno ancora in carcere o ai domiciliari. Tra questi figura anche l’ex assessore regionale alle Infrastrutture, Renato Chisso, al quale la Procura contesta di aver ricevuto somme di denaro dall’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, fino ai primi mesi del 2013.
Il difensore di Chisso, l’avvocato Antonio Forza, sta giocando un’altra carta per cercare di far liberare il suo assistito: quella delle condizioni di salute. Chisso ha problemi cardiaci (ha subìto un infarto la scorsa primavera) e il legale ha chiesto che venga sottoposto ad una serie di approfonditi esami. Ieri è stata la volta di una scintigrafia.
Anche Galan lamenta problemi di salute ed è detenuto dal 22 luglio nel centro medico del carcere di Opera a Milano. I suoi legali sono andati ieri a fargli visita e l’hanno trovato ancora sereno e battagliero, deciso a difendersi strenuamente dalle accuse di essere stato al soldo del Cvn. L’avvocato Franchini ha depositato nei giorni scorsi il ricorso in Cassazione contro l’ordinanza con cui, lo scorso 2 agosto, il Tribunale del riesame ha rigettato la richiesta di annullamento della misura cautelare. In 61 pagine, il legale dell’ex presidente della Regione cerca di dimostrare che il Riesame ha sbagliato non tenendo conto di molti elementi evidenziati dalla difesa. I principali accusatori di Galan sono definiti non credibili e le loro confessioni definite inattendibili. Per quanto riguarda i fatti successivi al marzo 2010, l’avvocato Franchini chiede alla Suprema Corte di trasmettere gli atti al Tribunale dei ministri, alla luce del nuovo incarico ricoperto da Galan da quel momento in poi.
Nel frattempo, ieri, il commissario straordinario del Comune di Venezia, Vittorio Zappalorto, ha approvato, con i poteri della Giunta, una delibera che autorizza il Comune di Venezia «a dichiararsi ipoteticamente parte lesa e danneggiata» nell’inchiesta sul Mose. Si tratta del primo passo necessario per «mantenere l’Amministrazione comunale costantemente informata sull’andamento delle indagini in corso», si legge in un comunicato stampa diramato in serata. Zappalorto ha precisato che il Comune «si riserva ogni decisione sulla costituzione di parte civile al momento opportuno, secondo le indicazioni già formulate dal Consiglio comunale prima dello scioglimento, e quantificando il danno patito dalla comunità e dall’Ente locale sulla base delle risultanze delle indagini in corso».

 

Mose, Ca’ Farsetti chiede le carte

Il commissario vuole essere informato sull’inchiesta in vista di una costituzione di parte civile

Ca’ Farsetti vuole sapere. E soprattutto avere “contezza” delle indagini sul Mose. Ovviamente, tutto al termine dell’impegnativa inchiesta sulla Tangentopoli veneziana. E così si riaffaccia l’ipotesi, già balenata nei primi turbolenti giorni della “retata storica” con l’arresto del sindaco Giorgio Orsoni, di una volontà da parte dell’Amministrazione comunale di costituirsi parte civile nell’inchiesta. Una situazione comunque nuova, rispetto a quanto avvenne il 9 e il 10 giugno scorso, nel pieno della bufera giudiziaria, quando l’allora vicesindaco Sandro Simionato a nome dell’Amministrazione comunale (con tanto di sindaco Orsoni ai domiciliari) aveva annunciato la volontà di costituirsi parte civile contro i reati che allora avevano coinvolto parecchi dei protagonisti della vicenda (concussione, riciclaggio, corruzione) evitando così di coinvolgere il sindaco Orsoni, finito nell’inchiesta solo per il reato di presunto finanziamento illecito.
Ora, però, a distanza di due mesi da quelle vicende, il Comune retto dal commissario prefettizio, Vittorio Zappalorto ha deciso una nuova azione concertata sottolineando la volontà ipotetica di dichiararsi parte lesa e di aver subito un evidente danno, e non solo di immagine, da tutta la vicenda Mose. «Il provvedimento, – mette le mani avanti il Comune con una nota ufficiale – che non è una costituzione di parte civile non possibile in questa fase del procedimento penale, servirà a consentire all’Amministrazione comunale di essere costantemente informata sull’andamento delle indagini in corso».
In sostanza, Ca’ Farsetti sottolinea così una sorta di “manifestazione di interesse” nei confronti dell’indagine che, una volta terminata, potrebbe portare ad un atto legale ufficiale nei confronti delle personalità coinvolte nella vicenda. «Il Comune – conclude la nota del commissario Zappalorto – con la delibera odierna, si riserva quindi ogni decisione sulla costituzione di parte civile al momento opportuno, seguendo le indicazioni del Consiglio comunale e puntando poi alla quantificazione del danno patito dalla comunità e dall’ente locale».

 

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