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La società dell’Eni garantisce un investimento di 200 milioni, nuove produzioni bio entro tre anni

Zoppas promuove la riconversione ma i sindacati non si fidano: «Il piano esiste solo sulla carta»

MARGHERA – Un polo tecnologico di chimica verde al posto del Cracking il cui impianto verrà definitivamente fermato nonostante gli accordi siglati a febbraio, ratificati a luglio, e già disattesi al 18 agosto, giorno in cui era prevista la ripartenza. A spiegarlo alle organizzazioni sindacali – nell’incontro di ieri alla sede di Confindustria Venezia – è stato l’amministratore delegato di Versalis, Daniele Ferrari. Nel futuro dell’azienda del gruppo Eni c’è una profonda riconversione del sito produttivo, con un investimento di 200 milioni di euro. Oltre al progetto avviato nel febbraio scorso con la società americana Elevance Renewable Science per lo sviluppo del processo di lavorazione di oli vegetali con la messa a punto della nuova tecnologia, Versalis ha annunciato ieri la volontà di ampliare il polo green con due nuovi impianti. «Saranno i primi al mondo a produrre additivi bio per i prodotti chimici utilizzati nelle perforazioni petrolifere», spiega Versalis in una nota, «insieme ad altri prodotti destinati a settori applicativi ad alto valore aggiunto come i detergenti e i bio-lubrificanti». L’avvio delle nuove produzioni è stimato in tre anni. Nel frattempo? Secondo quanto ha spiegato Ferrari non ci saranno ripercussioni sul personale, che verrà impiegato nel processo di riconversione: per la bonifica dell’impianto del cracking, per seguire la costruzione dei nuovi impianti e per la realizzazione di un presidio per le caldaie che resteranno in marcia. Il piano formalizzato da Versalis chiude con la chimica di base e la produzione di etilene e propilene – utilizzati per la produzione di materiali plastici – messa a dura prova dalla carenza della domanda e dalla concorrenza dei nuovi impianti in Asia e in Medio Oriente; e apre a una stagione sulla quale, secondo le organizzazioni sindacali, ci sono ancora troppi punti interrogativi. «Siamo di fronte a un’azienda che in cinque mesi ha totalmente rivisto il piano industriale», dice Riccardo Coletti, della Filctem Cgil veneziana, «e che non ci dà alcune garanzie per il periodo di transizione. Senza contare che la chiusura del cracking avrà ripercussioni su molte altre aziende e sul sistema dei servizi, che riguarda circa 400 lavoratori. Il progetto green è solo sulla carta». A non convincere i lavoratori, come spiega Massimo Menegetti, Femca-Cisl, è il fatto che non c’è alcuna spiegazione in merito al consolidamento dell’attività di logistica, ritenuta invece strategica. Oggi l’assemblea dei lavoratori. Per Ferrari, ad di Versalis «questo piano di trasformazione conferma la centralità del sito di Porto Marghera all’interno del sistema industriale di Versalis e offre l’opportunità di promuovere una crescita sostenibile attraverso una nuova piattaforma innovativa da fonti rinnovabili». Ferrari, prima del confronto con i sindacati, aveva incontrato il presidente degli industriali veneziani, Matteo Zoppas. «Con i vertici di Versalis», dice il presidente di Confindustria, «abbiamo parlato della tenuta delle attività su Marghera: non ci saranno significative riduzioni né dei volumi né dei ridimensionamenti dei lavori affidati all’indotto. I livelli occupazionali verranno salvaguardati in quanto le maestranze saranno reimpiegate sia nelle attività necessarie alla messa in sicurezza dell’impianto cracking, sia nella realizzazione dei nuovi impianti e per il consolidamento dell’hub logistico».

Francesco Furlan

 

Raggiunto l’accordo sulle aree bonificate, 3,5 milioni di euro al governo in 10 anni

Dovranno pagare circa 3,5 milioni di euro – e senza interessi – in dieci anni evitando di andare avanti e indietro dalle aule dei tribunali per ricorsi infiniti, e con una buona probabilità di perdere. Per questo ieri a Venezia, all’Avvocatura distrettuale dello Stato, quattro società comunali (Veritas, Avm, Pmv e Ive) hanno sottoscritto con il Ministero dell’Ambiente e con il Ministero delle Infrastrutture, un accordo transattivo finalizzato alla chiusura dei procedimenti a cui è condizionata la concreta possibilità di utilizzo di alcune aree di Porto Marghera e Mestre (l’area Actv di via Torino). Le quattro società proprietarie di aree comprese – o già ricomprese – nel Sito di interesse nazionale (Sin) di Marghera, erano da anni coinvolte in procedimenti avviati riguardanti le pretese ministeriali di rimborso delle somme anticipate per i marginamenti dei canali industriali e di risarcimento del danno ambientale che sarebbe stato causato dalla trasmigrazione di contaminanti dalle acque di falda del Sin alla laguna, pretese che avevano trovato accoglimento in due sentenze di primo grado del Tribunale di Venezia. Con l’accordo, raggiunto dopo una lunga negoziazione e concluso in questi giorni con l’avvocato Domenico Giuri dello studio Mda le quattro società si sono impegnate a versare, in dieci anni, l’importo complessivo concordato contestando ogni responsabilità propria in ordine alla contaminazione delle aree (erano già inquinate quando le società comunali le comprarono). La sola Veritas, per fare un esempio, proprietaria della seconda fetta più grande delle aree interessate, dovrà versare 70 mila euro all’anno per dieci anni. L’accordo permette anche di accelerare l’iter di approvazione dei progetti di messa in sicurezza e bonifica.

 

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