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I titolari dell’azienda di smaltimento di Fossò arrestati dal Corpo Forestale rimangono agli arresti a Campolongo e “saltano” il primo interrogatorio

FOSSÒ – Neppure si sono presentati. Tiziano Lando e il figlio Nicola, titolari della «Ecolando srl» di Fossò e Sant’Angelo di Piove, hanno rinunciato a comparire davanti al giudice veneziano Andrea Comez, lo stesso che ha firmato l’ordinanza di custodia per entrambi, che sono agli arresti domiciliari nelle loro case di Campolongo Maggiore. Dovevano sostenere l’interrogatorio di garanzia, quello che permette a tutti gli indagati di difendersi, di spiegare le proprie ragioni, ma presumibilmente dietro suggerimento del loro difensore, l’avvocato Stefano Marrone, hanno preferito tacere e lo hanno fatto rinunciando a comparire e rimanendo a casa loro. Solitamente, gli avvocati scelgono di far parlare i loro clienti più avanti nel tempo, quando hanno potuto leggere gli atti dell’inchiesta, per capire quali sono le accuse e quali e quante prove hanno gli inquirenti. In questo caso a fare le indagini sono stati gli uomini del Corpo forestale dello Stati, in particolare quelli della Stazione di Mestre, coordinati dal pubblico ministero Giovanni Zorzi. Sono accusati di aver gestito un traffico illegale di rifiuti attraverso la loro azienda e di falso. Padre e figlio sono già finiti sotto processo assieme ad un altro imprenditore della Riviera del Brenta, Loris Candian, un procedimento che si trascina da anni e non è ancora concluso. I Lando inizialmente avevano solo uffici e impianto a Sant’Angelo di Piove, poi hanno acquistato l’impianto di Fossò da Candian, che prendeva il nome di «Cal srl». Stando alle accuse, avrebbero in particolare simulato l’attività di recupero al fine di modificarne il codice (il certificato europeo Cer) e in modo da poterli avviare in impianti di smaltimento o di recupero che altrimenti non avrebbero potuto accettarli; tutto questo per guadagnare molto di più, da un lato risparmiando sulla manodopera da utilizzare per il trattamento dei rifiuti, che appunto non avveniva, dall’altro evitando di spendere in tecnologia e macchinari, infine accogliendo una quantità maggiore di rifiuti che naturalmente i produttori pagavano come se poi davvero dovessero essere trattati. Invece, ingenti quantità di rifiuti sarebbero state destinate a smaltimento senza aver subito alcun trattamento. Inoltre, per coprire il traffico illecito, Lando padre e figlio avrebbero falsificato tutta la documentazione di accompagnamento dei carichi di rifiuti che uscivano dai loro centro di Sant’Angelo e Fossò.

Giorgio Cecchetti

 

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