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Scandalo Mose, il Tribunale dei ministri invia gli atti al Senato. I verbali di Mazzacurati: «Gli consegnai 300-400 mila euro due o tre volte»

«Matteoli asservito alle politiche Cvn»

VENEZIA «Le indagini eseguite hanno dimostrato l’asservimento del politico Matteoli Altero alle politiche del Consorzio Venezia Nuova, nella veste di ministro dell’Ambiente e di ministro delle Infrastrutture. Il Tribunale dei ministri del Veneto dispone la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica per l’immediata trasmissione al presidente del Senato che ha la competenza». Queste sono le ultime righe dell’ordinanza di 200 pagine con la quale la presidente Monica Sarti e i giudici Priscilla Valgimigli e Alessandro Girardi hanno sciolto la riserva: non c’è alcun dubbio che per loro la notizia di reato che riguarda l’esponente di Forza Italia, ora senatore, è fondata. Gli atti, oltre all’ordinanza e agli accertamenti svolti dai pubblici ministeri Paola Tonini, Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, sono raccolti in una decina di faldoni all’interno dei quali ci sono anche le indagini compiute dal Tribunale dei ministri in tre mesi (il tempo concesso dalle norme). Si tratta dell’interrogatorio del presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati, quelli di alcune segretarie dell’anziano ingegnere, dell’ex presidente del Magistrato alle acque Patrizio Cuccioletta, dell’imprenditore romano di «Condotte d’acqua» Stefano Tomarelli e dell’ex direttore vicario del Consorzio Roberto Pravatà. Inoltre, tutta la documentazione che la Guardia di finanza ha acquisito presso la sede della società romana «Socostramo» di Erasmo Cinque. La documentazione partirà tra qualche giorno per raggiungere Roma, dove verrà presa in carico dalla Giunta delle autorizzazioni a procedere del Senato, i cui componenti dovranno leggere, discuterne e poi decidere se dare il via libera alle indagini della Procura lagunare. Matteoli è indagato per corruzione: Mazzacurati aveva già riferito di avergli consegnato in diverse occasioni più di 400 mila euro, provenienti dalla casse del Consorzio, per le sue campagne elettorali, e, inoltre, di aver inserito nell’appalto per i lavori di bonifica e marginamento della zona industriale di Marghera l’azienda di Cinque, compagno di partito dell’ex ministro, su richiesta pressante di Matteoli. E Cinque avrebbe intascato una parte degli utili degli interventi pur non avendo mosso un dito, insomma pur non avendo mai lavorato. Nelle 44 pagine del verbale d’interrogatorio sostenuto da Mazzacurati in California davanti a un giudice federale per rogatoria, l’ingegnere tra pause per riposare e non ricordo (ha 82 anni e tra i vari acciacchi, secondo il suo difensore Giovanni Battista Muscari Tomaioli, soffre di demenza senile) ha sottolineato di ricordare gli interrogatori resti ai tre pm veneziani e ha confermato tutto. «Gli ho dato sull’ordine di 300, 400 mila euro da due a tre volte, li ho dati personalmente a Matteoli in contanti nel 2013. Ho consegnato i soldi una volta al ministero a Roma e in qualche altro posto, non c’erano testimoni» afferma. E ancora: «Con quei soldi ha finanziato la sua campagna elettorale e in cambio avrei ottenuto che venivano accelerato i tempi dei finanziamenti delle varie tranches di lavori del Mose . Lo scopo era sempre quello dell’urgenza di avere i fondi. Sono andato anche a trovarlo in casa sua, in provincia di Lucca». Infine, la «Socostramo»: «Cinque aveva una quota percentuale e in base a quella veniva coinvolto, però come lavoro non ne faceva. Dunque, apparentemente faceva il lavoro però lui mezzi non ne portava, era una cosa fittizia».

Giorgio Cecchetti

 

 

TRIBUNALE DEL RIESAME – Decorsi i termini, scarcerato Casarin

VENEZIA – Il segretario dell’ex assessore regionale Renato Chisso, il veneziano Enzo Casarin, è stato scarcerato ieri dopo la decisione del Tribunale del riesame di Venezia presieduto dal giudice Angelo Risi. Per i tre giudici veneziani i termini di custodia cautelare per l’ex sindaco socialista di Martellago (in questa veste nel 2005 aveva patteggiato una pena di due anni di reclusione) sono scaduti. I fatti che gli sono contestati dalla Procura veneziana sarebbero antecedenti al 28 novembre 2012, giorno in cui è cambiata la norma sulla corruzione: prima la pena prevista era più bassa e la custodia cautelare scadeva solo dopo tre mesi. Casarin, dunque, sarebbe dovuto uscire un mese fa dal carcere di Pistoia, dove era rinchiuso dal 4 giugno. A presentare ricorso era stata l’avvocato Carmela Parziale, che sosteneva la tesi dei tre mesi, mentre i rappresentanti della Procura sostenevano che la scadenza era di sei mesi. Ieri, in aula, a rappresentare la Procura c’era il pubblico ministero Stefano Buccini, che ha depositato un nuovo verbale con numerosi omissis, tra i quali uno degli interrogatori dell’indagato Luigi Dal Borgo, il bellunese trapiantato nella capitale che, assieme agli altri romani, si occupava di raccogliere informazioni e della sicurezza per conto di Piergiorgio Baita. Dal Borgo ha raccontato agli inquirenti che, in più di un’occasione, si sarebbe recato in Austria con Casarin e che aveva notato che l’allora collaboratore di Chisso aveva, in una banca austriaca, più di una cassetta di sicurezza. Il sospetto dei pm veneziani è che Casarin, oltre al suo denaro, gestisse e depositasse anche quello di Chisso, che però, almeno fino ad ora, la Guardia di finanza non è riuscita a rintracciare e a sequestrare. Per quanto riguarda Chisso, tocca ora al giudice veneziano Roberta Marchiori decidere sulla base dell’istanza presentata dal difensore, l’avvocato Antonio Forza, il quale ha chiesto la sua scarcerazione per incompatibilità con la detenzione per motivi di salute. Il magistrato ha già ricevuto un primo e provvisorio parere dei tre periti da lei nominati: sostengono che non via sia alcuna incompatibilità, ma il giudice attende il loro parere definitivo, che deve arrivare entro il 13 ottobre prossimo. Nel frattempo il dirigente regionale Giovanni Artico, che il 4 giugno era stato arrestato per concorso in corruzione ed era stato scarcerato ventitrè giorni dopo grazie al Tribunale del riesame, che aveva annullato l’ordinanza di custodia cautelare, ha chiesto e ottenuto dal Tribunale civile di Venezia un’ingiunzione di pagamento per tutte quelle somme che durante la detenzione non ha ricevuto. Mentre era in carcere era stato naturalmente sospeso e il suo stipendio era stato ridotto del 50 per cento. Ora Artico chiede innanzitutto quel 50 per cento che – stando a lui – gli spetta. Inoltre, chiede la differenza tra il suo stipendio attuale – è stato reintegrato in Regione anche se non allo stesso posto che occupava prima – e quello precedente, che sarebbe stato maggiore.

(g.c.)

 

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