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“La complessità va dominata”, ha detto De Piccoli all’Ateneo Veneto ieri pomeriggio, presentando la versione riveduta e corretta del suo progetto. Molti interventi hanno ricordato che la complessità deve comunque impiantarsi su alcuni assunti molto semplici: 1) Venezia è laguna (cfr. lo slogan ideato da Jane Da Mosto); 2) una laguna può anche essere un porto, ma sicuramente non un porto per navi di dimensioni incompatibili con essa; 3) una laguna va regolata artificialmente – certo, altrimenti si interrerebbe! – ma in nessun caso trasformata in baia marina o manomessa con l’escavo di canali inconcepibili se non da una mente “Contorta”. Ottimo l’intervento di Armando Danella, che ha invitato i veneziani a tenere alta la vigilanza e mobilitarsi, data l’insufficiente caratura etica di molti personaggi collocati nei posti chiave della politica. Anch’io avrei un mio progetto, che espongo: creare negli ex stabilimenti chimici o comunque industriali dismessi di Marghera una replica della Venezia storica, che potremmo chiamare “Venezia due”: una simil-Venezia tipo il complesso “The Venetian” di Las Vegas, ma con tutti i comfort della modernità: ponti con scale mobili, tapis roulants, teatranti sempre in costume pronti a inscenare pantomime con gli stereotipi della venezianità… ove dirottare il turismo più becero, liberando il centro storico dalle carovane più oscene. A “Venezia due” si dovrebbe arrivare rigorosamente via terra. Di lì, dopo essersi saziati di cattedrali psichedeliche, gondole di plastica su canali fluorescenti (tipo Aquafan di Riccione) i più volonterosi potrebbero anche regalarsi un tour nella Venezia storica), ma non necessariamente: sono certo che molti si accontenterebbero di quella fasulla. Così eviteremmo di far diventare Venezia come la temuta Gardaland, perché quella si concentrerebbe appunto in “Venezia due”. A me l’idea pare affascinante. Va perfettamente incontro all’affermazione marxiana «A ciascuno secondo i suoi bisogni».

Lucio Angelini – Lido di Venezia

 

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