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Nuova Venezia – Galan ora punta ai servizi sociali

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

10

ott

2014

L’ex ministro già ai domiciliari. Dopo aver patteggiato chiederà l’affidamento

Galan ora punta ai servizi sociali

Dopo l’intesa con la Procura per patteggiare 2 anni e 10 mesi, ha lasciato Opera

I suoi avvocati: «Non reggeva più il carcere». Intanto Chisso non risponde al pm

Galan ai domiciliari in villa «Accettato l’inaccettabile»

VENEZIA – Su parere favorevole della Procura della Repubblica di Venezia, ieri mattina, il giudice veneziano Giuliana Galasso ha firmato il provvedimento grazie al quale l’ex governatore del Veneto ed esponente di Forza Italia Giancarlo Galan, nelle prime ore del pomeriggio, è uscito dal carcere-ospedale milanese di Opera. È il frutto dell’accordo raggiunto tra l’accusa e la difesa per il patteggiamento a due anni e 10 mesi di reclusione, senza sospensione condizionale della pena, e al pagamento di una multa di due milioni e 600 mila euro. Sempre ieri, intanto, l’ex assessore regionale Renato Chisso non ha cambiato atteggiamento: per la prima volta davanti al pubblico ministero Stefano Ancilotto – fino ad ora aveva sostenuto solo l’interrogatorio del giudice subito dopo l’arresto – ha ribadito nel carcere di Pisa di non voler rispondere alle sue domande. Il difensore, l’avvocato Antonio Forza, l’aveva preannunciato due giorni fa, sostenendo che Chisso non sarebbe nelle condizioni di salute per sostenere un interrogatorio (entro il 13 ottobre deciderà se scarcerarlo o meno il giudice Roberta Marchiori). L’esponente mestrino di Forza Italia resta l’unico rinchiuso in una cella a quattro mesi dagli arresti del 4 giugno, mentre l’amico Federico Sutto, braccio destro di Giovanni Mazzacurati, resta l’unico agli arresti domiciliari e sono i due indagati per i quali, tra qualche giorno, i pubblici ministeri Ancillotto, Paola Tonini e Stefano Buccini potranno chiedere il rito immediato, per tutti gli altri che non hanno patteggiato, come l’ex sindaco Giorgio Orsoni e l’ex parlamentare europea Lia Sartori, depositeranno gli atti prima di chiedere rinvio a giudizio o citazione diretta, a seconda del reato contestato. «Giancarlo Galan ha accettato l’inaccettabile perché non ce la faceva più a rimanere imprigionato». Lo affermano in una nota gli avvocati Niccolò Ghedini e Antonio Franchini. I difensori dell’ex ministro scrivono, «in considerazione delle gravi condizioni generali del proprio cliente, ristretto nel carcere di Opera dal 22 Luglio ove ha subito un calo ponderale di ben 22 chili in due mesi, presentando altresì spunti depressivi sì da determinare la necessità di visita psichiatrica ed innanzi alla sicura prospettiva della richiesta di giudizio immediato che avrebbe provocato una ulteriore protrazione della custodia cautelare in carcere per ulteriori sei mesi per poter processare Galan come detenuto, ha intrattenuto rapporti con la Procura della Repubblica che circa 8 giorni orsono sono sfociati in un accordo tecnico». Accordo che fa discutere e non solo nei bar, anche nei corridoi del Tribunale dove ne parlano giudici e avvocati, schierandosi chi dalla parte dei pubblici ministeri che portano a casa ben 21 patteggiamenti (19 fissati per l’udienza veneziana del 16 ottobre con pene intorno ai due anni e multe salate tanto da portare alle casse dello Stato 12 milioni; 2 a Milano con la pena più alta di 4 anni per il generale della Finanza Emilio Spaziante), chi invece ne critica la scelta, sostenendo che si tratta di pene, anche per Galan, basse rispetto ai gravissimi fatto contestati. Se non accadrà nulla prima, dunque, saranno soltanto due i politici a presentarsi in aula per il processo pubblico, Orsoni per il centrosinistra e Sartori per il centrodestra. Intanto, il giudice Alberto Scaramuzza ha chiesto un controllo negli Usa sulle condizioni di salute del superteste Mazzacurati in seguito alle richieste che venga interrogato con l’incidente probatorio (anche i difensori degli indagati potranno formulare domande). È quindi probabile che accoglierà la richiesta avanzata da alcuni difensori e appoggiata dalla Procura e fissare l’interrogatorio per novembre.

Giorgio Cecchetti

 

Quel 22 luglio: fuori dall’ospedale dentro la prigione

Una giornata convulsa quella del 22 luglio, conclusa con l’arresto di Giancarlo Galan ed il suo trasferimento nel carcere milanese di Opera. In tarda mattinata l’assemblea di Montecitorio dice sì (395 voti favorevoli, 138 contrari, 2 astenuti) alla richiesta di custodia cautelare del magistrato di Venezia; nel primo pomeriggio il parlamentare di Forza Italia viene dimesso (nella foto) quasi a forza dall’ospedale di Este, dov’era ricoverato. Poche ore dopo, verso le 20, la polizia penitenziaria lo preleva dalla villa di Cinto: a bordo di un’ambulanza, Galan viene trasferito in carcere.

 

IDV E PD ATTACCANO ZAIA: «non basta essere onesti, occorre vigilare»

Sdegno sul web: pena troppo mite per il 94%. M5S: «Ci ha presi in giro»

VENEZIA – La scarcerazione ed il patteggiamento di Giancarlo Galan suscitano ampie reazioni sul web ed a prevalere è la protesta indignata per un epilogo ritenuto eccessivamente mite rispetto alla gravità dei fatti. Così, tra i partecipanti al sondaggio lanciato dal sito del nostro giornale (un migliaio di risposte, ieri sera) il 94% non ha dubbi nel sostenere che l’ex governatore del Veneto avrebbe meritato una pena più severa. Un concetto che in toni ben più aspri e spesso ingiuriosi, rimbalza largamente in rete. Tra i leader politici di primo piano prevale l’imbarazzo, dettato forse dalla consapevolezza che i tentacoli dello scandalo Mose hanno agito in più direzioni politiche. Ma c’è chi agita la questione, chiedendo una radicale discontinuità al timone del Veneto. «Galan, che per inciso non si è ancora dimesso dalla carica di parlamentare, ci ha preso in giro tutti con le dichiarazioni plateali di innocenza», attacca Mattia Fantinati, deputato del M5S «non entro nel merito delle decisioni del giudice ma questo accordo raggiunto con la Procura ha un tempismo sospetto e un retrogusto politico: quasi un tentativo di far dimenticare questa triste inchiesta che ha fatto saltare in aria il “Sistema Veneto” alla vigilia del voto regionale. Ma i cittadini non dimenticano, e il marcio scoperchiato, nei suoi vari e anche recenti epiloghi, condizionerà le riflessioni in cabina elettorale». «Le vere motivazioni di questa scelta le conosce solo il protagonista», fa eco il capogruppo dell’Idv Antonino Pipitone «comunque, con il patteggiamento, Galan ha fatto un favore a Zaia. Ha tolto di mezzo, dalla prossima campagna elettorale il clamore mediatico di un processo urticante. E tuttavia siamo convinti che i cittadini veneti e le imprese oneste, le più danneggiate dalla corruzione, non dimenticheranno il disgusto per questa vicenda e appoggeranno il cambiamento». A replicargli a muso duro è il consigliere regionale Giovanni Furlanetto (Prima il Veneto): «Pipitone farebbe meglio a pensare alla sua terra natale (la Sicilia ndr) prima di parlare del Veneto che rimane una regione virtuosa. L’onestà intellettuale impone di riconoscere che gli scandali di questi mesi sono il frutto di anni di indagini e investono una stagione precedente alla presidenza di Luca Zaia e che quest’ultimo ha scoperto e sanzionato le illegalità precedentemente tollerate». Di parere diverso, il deputato del Pd Federico Ginato: «C’è chi ogni giorno parla di indipendenza del Veneto dall’Italia, ma la vera indipendenza che dobbiamo augurarci è quella da un sistema malato che sta venendo drammaticamente a galla. Non basta esserne fuori, non basta l’onestà di Zaia. C’è anche la responsabilità di vigilare e controllare, di fare luce nei troppi centri di potere che si sono creati e nelle zone d’ombra, spesso tra l’altro segnalate anche da cittadini e comitati. Purtroppo chi avrebbe dovuto farlo non l’ha fatto».

Filippo Tosatto

 

Per annunciare il proprio arrivo a Cinto, due colpi di clacson del Suv su cui ha viaggiato da Milano

L’ex governatore accolto dalla piccola Margherita che grida con gioia: «Ecco papà, ecco papà!»

I ciclisti urlano: «Ladro, ladro» poi l’abbraccio con la figlioletta

CINTO EUGANEO – Tangenti, galera, accuse e polemiche si sono dissolte per qualche attimo, spazzate via da qualcosa che – sembrerà poesia – è molto più forte di tutto questo: la tenerezza di una bimba. L’urlo di gioia «Ecco papà! Ecco papà!», l’abbraccio in punta di piedi per raggiungere il collo del babbo, e poi la passeggiata tra le rose del giardino: sono bastati questi semplici e spontanei atteggiamenti di Margherita, la figlioletta di Giancarlo Galan, a sopire la tensione di un lungo pomeriggio passato a villa Rodella nel giorno del ritorno a casa del Doge. D’altro canto è soprattutto per lei che l’ex governatore – almeno da quanto lo stesso ha scritto nella propria istanza – ha deciso di cedere e di patteggiare. L’attesa. Dopo il can-can mediatico dello scorso 22 luglio, quando decine di giornalisti e curiosi si erano assiepati davanti alla residenza di Cinto Euganeo per assistere all’arresto di Galan – ieri villa Rodella ha fatto nuovamente da teatro all’assalto della stampa. I primi giornalisti sono arrivati intorno alle 10, sperando che non si ripetesse il canovaccio di fine luglio: allora l’ex governatore, dimesso a mezzogiorno dall’ospedale di Este, venne raggiunto dalle forze dell’ordine nel primo pomeriggio ma finì per lasciare la propria residenza solo a sera inoltrata. Ieri i tempi si sono accorciati ma l’attesa è stato comunque lunga: Galan ha abbandonato il carcere di Opera solamente intorno alle 14, ora in cui si è messo in viaggio verso i Colli Euganei. Non c’erano solo gli operatori dell’informazione ad attenderlo: più di qualche residente ha deciso di attraversare la via che costeggia la villa, mentre non si contavano i ciclisti di passaggio dall’altra parte della strada. «Ladro! Ladro!», è stata la frase più ricorrente, accompagnata anche da esternazioni ben più colorite come «Tajeo a tochetti» («Fatelo a pezzi») o fin troppo dirette come il «Copeo» («Uccidetelo») gridato senza tanti problemi da un anziano in sella ad una Graziella. A presidiare la zona, sin dalla mattina, ci hanno pensato invece i carabinieri della Compagnia di Abano Terme. L’arrivo. Con un blitz fulmineo Giancarlo Galan ha varcato la soglia di casa alle 16.55, anticipato dall’auto della moglie Sandra Persegato che si è nascosta il volto di fronte ai flash dei giornalisti. Il Doge era sul sedile anteriore di un suv bianco, condotto da Ferruccio, suo ex autista in Regione. Appena superato il cancello di casa, il Bmw di Galan si è lasciato andare a due colpi di clacson che hanno acceso il sorriso della figlioletta Margherita. «Ecco papà! Ecco papà!», è stata l’esclamazione di gioia della bimba, che durante il giorno più volte si è affacciata timidamente alla finestra in attesa del babbo e che appena la porta del suv si è aperta si è fiondata in un caloroso abbraccio verso il padre. L’ex ministro è quindi sceso, visibilmente dimagrito, e si è lanciato in un altrettanto intenso abbraccio verso la moglie Sandra. L’ultima attenzione è stata riservata ai cani labrador, anche loro evidentemente accesi dall’arrivo del padrone. Dopo uno scambio di parole con i carabinieri, Galan è entrato in casa con la famiglia e i pochi amici che lo aspettavano. Una nota quasi pittoresca: l’arrivo dell’ex governatore è stato accompagnato da un improvviso quanto inaspettato acquazzone, cominciato praticamente quando Galan è sceso dal suv e terminato dopo pochissimi minuti. La passeggiata. Galan poi è uscito in giardino accompagnato dalla figlia di 7 anni. Mano nella mano, i due hanno fatto una breve passeggiata tra le piante dell’ampio spiazzo verde di villa Rodella. Il Doge si è tuttavia presto accorto di essere osservato da alcuni giornalisti e, dopo essersi riparato dagli obiettivi con l’ombrello, è rientrato definitivamente in casa.

Nicola Cesaro

 

Gli avvocati Franchini e Ghedini: il carcere preventivo una barbarie che distrugge le persone ancora innocenti

L’ex governatore come Berlusconi «Ora i servizi sociali»

NEGA TUTTO PERÒ TRATTA LA RESA

Temeva di finire in esilio come Craxi, riparato ad Hammamet, ha messo sul piatto della bilancia della giustizia la sua villa di Cinto Euganeo e ha trattato la resa. E appena il gip Giuliana Galasso avrà dato il via libera alla richiesta di patteggiamento, chiederà di essere affidato ai servizi sociali per scontare la pena: Giancarlo Galan proprio come Silvio Berlusconi che, decaduto da senatore, è stato affidato all’Istituto Sacra famiglia di Cesano Boscone dove assiste i malati di Alzhaimer. Mai disperare. La prima regola di un leader è rialzarsi dalla polvere. Costretto dal pool «Mose Pulito» della Procura di Venezia ad alzare bandiera bianca, il deputato di Forza Italia non si arrende. Esce dal carcere milanese di Opera e quando varca il cancello di casa, nel primo pomeriggio, abbraccia l’adorata figlia, si commuove e cammina tre le rose di villa Rodella, dove sconterà gli arresti domiciliari. «Li abbiamo chiesti noi, quegli 80 giorni di detenzione sono stati pesantissimi. Giancarlo non ce la faceva più: ha perso 22 chili, è malato di diabete: il carcere preventivo è un’autentica barbarie». A parlare è l’avvocato Antonio Franchini, che con il collega senatore Niccolò Ghedini invierà una nota il cui significato è uno solo: Galan è innocente. Nega di aver ricevuto quella «dazione di un milione di euro all’anno da Mazzacurati, le cui reali condizioni di salute gettano una luce inquietante sulle dichiarazioni di 8 mesi or sono, particolarmente confuse e contraddittorie». Cos’ha convinto l’ex ministro della Cultura e Doge del Veneto a cambiare rotta, mentre l’unico irriducibile rimane Renato Chisso, cresciuto davvero nel Psi di Craxi, che al pool «Mose Pulito» non risponde mai? Una sola cosa: la terribile paura di altri sei mesi di galera, che sarebbero scattati se il deputato di FI avesse scelto il rito abbreviato o il processo ordinario. La galera in una cella vera, per puntare poi sull’assoluzione o la prescrizione finale in Cassazione, dopo che erano già stati cancellati tutti i reati fino al 22 luglio 2008. Meglio tornare liberi e pagare i conti con la giustizia: «Il patteggiamento fissato a 2 anni e 10 mesi e alla confisca di 2,6 milioni di euro sulla casa di Cinto Euganeo rispetto a un sequestro disposto per 4,84 milioni è il frutto della trattativa serrata che abbiamo condotto con la Procura: è il nostro mestiere», spiega Antonio Franchini. «Vogliamo ribadire che il carcere preventivo produce danni irreversibili sulle persone ancora in attesa di giudizio e auspichiamo che il legislatore intervenga per limitare in maniera drastica questo istituto la cui applicazione suscita riserve e critiche: un uomo sottoposto a processo non può serenamente decidere il proprio futuro in una condizione di soggezione che deriva dalla privazione della libertà personale» concludono gli avvocati Franchini e Ghedini. No alle manette, no al carcere, sì alla richiesta di affidamento ai servizi sociali appena conclusi gli arresti domiciliari, accordati dal Gip Galasso: la battaglia dei difensori di Galan viaggia parallela con quella di Forza Italia, che nel ventennio berlusconiano ha ingaggiato uno scontro frontale con la magistratura di Milano, fin dai tempi di Di Pietro. Il pool «Mose Pulito» di Venezia rifugge invece ogni forma di protagonismo: Delpino, Nordio, Ancillotto, Buccini e la Tonini sono i nuovi coraggiosi «eroi» civili di una stagione che non indigna più l’opinione pubblica perché la corruzione in Italia divora 60 miliardi l’anno di Pil ed è la prassi. Pochissime Procure riescono a stroncare i «mariuoli» e quella di Venezia ha scelto la strada più efficace: concedere il patteggiamento a chi confessa ed è pronto a restituire il bottino. Galan ha messo sul piatto 2,6 milioni di euro, mentre i pm gli hanno sequestrato un «tesoro» che vale 4,84 milioni, quasi il doppio. Se vorrà salvare villa Rodella dovrà fare cassa: vendere la barca, la tenuta sull’Appennino, le case al mare e poi versare l’assegno di 2,6 milioni al Tribunale. Piaccia o non piaccia questo prevede il codice e il procuratore Carlo Nordio ha ricordato di aver già incassato 12 milioni e scongiurato il rischio prescrizione. Perché, nell’Italia che annaspa con la riforma della giustizia e non trova l’intesa sul falso in bilancio e autoriciclaggio, il vero pericolo è questo: un colpo di spugna che cancelli tutto. Anni di inchieste, con i soldi della corruzione nascosti all’estero. Chi patteggia, invece, accetta e si piega di fronte al verdetto del tribunale.

Albino Salmaso

 

La capitolazione dopo le ammissioni del commercialista Venuti

A farlo capitolare, inducendolo a patteggiare la pena dopo aver proclamato per mesi la proprio innocenza, è stata la confessione di Paolo Venuti (nella foto), il commercialista padovano che secondo la procura di Venezia custodirebbe i segreti più segreti di Giancarlo Galan. Lunedì sera il professionista ha parlato lasciando così il carcere di Genova dopo quattro mesi di reclusione, con in tasca il via libera dei pm a un patteggiamento di due anni e una multa di 70 mila euro. Venuti, arrestato lo scorso 4 giugno con l’accusa era di aver fatto da prestanome all’ex governatore nella vicenda delle quote societarie di Adria Infrastrutture e Nordest Media ( e di aver curato i conti di Villa Rodella (pagata da Mantovani, per l’accusa) è stato sentito la scorsa settimana in carcere per circa 4 ore. E qui avrebbe ammesso di essersi intestato dei beni beni per conto dell’amico Galan.

 

SERVIRà il VOTO DELLA CAMERA

E presto decadrà da parlamentare

ROMA – Decadenza da deputato. Giancarlo Galan, presidente della commissione Cultura della Camera dei deputati, quando ha firmato la richiesta di patteggiamento da presentare alla procura di Venezia, sapeva di mettere fine anche alla sua carriera politica: la legge Severino, che ha già fatto decadere Silvio Berlusconi da senatore nel novembre scorso e portato alla spaccatura del Pdl in Forza Italia e Ncd, non lascia vie di scampo. «Stabilisce l’immediata decadenza con relativa ineleggibilità di chi ha subito una condanna superiore ai due anni per reati contro la pubblica amministrazione» spiega l’onorevole Giuseppe D’Ambrosio, M5S, presidente della Giunta per l’elezione della Camera dei deputati. «Alla nostra commissione deve arrivare copia della sentenza del Gip, l’udienza è in calendario per il 16 ottobre e poi la trasmetteremo alla presidente Laura Boldrini, che fisserà il giorno in cui la Camera sarà chiamata a votare la decadenza. Lo stabilisce l’articolo 66 della Costituzione, mentre per i sindaci, come De Magistris, o i consiglieri regionali scatta la sospensione immediata dall’incarico in attesa della sentenza definitiva». I tempi? «Noi siamo velocissimi e non facciamo sconti proprio a nessuno», spiega D’Ambrosio, «abbiamo risolto in venti giorni il caso dell’incompatibilità della doppia carica del presidente della Puglia, Nichi Vendola, che a norma di regolamento avrebbe potuto restare deputato per sei mesi. Con il doppio stipendio. Mi auguro che nella Giunta per l’elezione non si tiri troppo per le lunghe come nei casi di Donato Bruno e Cesare Previti; oggi la legge Severino non ammette equivoci interpretativi. Credo che tra ottobre e novenbre voteremo la decadenza e la surroga e poi l’onorevole Galan dovrà dire addio anche allo stipendio. Ma trovo scandaloso, invece, che Francantonio Genovese, il deputato Pd arrestato e sotto inchiesta a Messina, continui ad essere pagato con l’indennità da parlamentare. Il M5S ha chiesto l’immediata sospensione della retribuzione per chi finisce in carcere, ma i regolamenti sembrano come le tavole di Mosè, scolpiti sul marmo». Quando la Camera voterà la decadenza di Giancarlo Galan, si dovrà procedere anche all’elezione del nuovo presidente della commissione di Montecitorio: il M5S con Giuseppe Brescia ha chiesto il cambio di guardia sia per Galan che per Ilaria Capua (Sc-Monti) vicepresidente, spesso impegnata per lavoro negli Usa. Ma la direttrice dello Zooprofilattico delle Tre Venezie non ha nessuna intenzione di lasciare l’incarico. Ultima questione: Galan, se e quando decadrà da deputato, potrà contare sul vitalizio da ex consigliere regionale per i suoi 15 anni di presidente del Veneto: si tratta di 3750 euro al mese, cui va sommato il vitalizio da senatore, carica ricoperta per pochi mesi, e da deputato dal 1994 al 1995 e dal febbraio 2013 ad oggi.

(al.sal.)

 

Il dirigente della Regione Veneto Fabio Fior e gli imprenditori Strano e Dei Svaldi fanno scena muta davanti al gip Marchiori

Il pm sui tre re dei rifiuti: come una banda

VENEZIA – Hanno preferito tacere, sia Fabio Fior, il dirigente regionale della Tutela e Ambiente, sia gli imprenditori Sebastiano Strano e Maria Dei Svaldi. Sono comparsi davanti al giudice veneziano Roberta Marchiori ieri mattina, difesi rispettivamente dagli avvocati Rosario Greco di Bari, Francesco Schioppa di Venezia e Anna Desiderio di Padova, e si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, una possibilità che il codice concede a tutti gli indagati, non è escluso che lette le carte che l’accusa ha raccolto e ha contestato vogliano in seguito parlare, spiegare. Il primo è agli arresti domiciliari nella sua casa di Padova, in via del Santo, gli altri due hanno l’obbligo di dimora nei comuni di residenza, rispettivamente Saccolongo e Mogliano Veneto. Stando al pubblico ministero Giorgio Gava, che ha coordinato le indagini dei finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria lagunare, doveva esserci una quarta persona raggiunta dal provvedimento, il commercialista mestrino con studio in viale Ancona Gionata Sergio Molteni, ma il giudice delle indagini preliminari ha sostenuto nelle 117 pagine della sua ordinanza di custodia cautelare che non c’erano nei suoi confronti elementi sufficienti. O, meglio, il magistrato non ha rilevato che esistessero elementi sufficienti per il reato contestato, l’associazione a delinquere finalizzata al peculato, all’abuso d’ufficio e alla malversazione, un’accusa che il rappresentante della Procura contesta anche all’architetto Dei Svaldi, al commercialista Molteni, agli imprenditori Gennaro Visciano, Sonia Silvestri e a Strano. Secondo l’accusa Fior e gli altri avrebbero costituito un consolidato sodalizio criminoso, utilizzando le società Sicea, Zem, Nec, Marte, ultimamente la Eco Environment. Il dirigente regionale avrebbe acquisito la maggioranza del capitale sociale e le avrebbe poi utilizzate «a fini di utilità privata». Grazie alla rete di prestanomi e soci, che occultava quello reale, Fior si sarebbe appropriato di circa un milione di euro di finanziamenti regionali, tre episodi legati alla forestazione da realizzare nel comune di Sant’Urbano, quello per la costituzione dell’Osservatorio scientifico sui disastri ambientali dell’Accademia di scienze ambientali che fa capo all’ex giudice Antonino Abrami e, infine, il progetto di educazione ambientale ideato dalla veronese Magnifica fabbriceria.

Giorgio Cecchetti

 

IL PROGETTO FANTASMA DELLA MAGNIFICA FABBRICERIA Di OPPEANO

Quei 110 mila euro per un corso educativo mai svolto

VENEZIA – La cricca di Fabio Fior era diventata una macchina perfetta per dividere soldi pubblici con gli amici. Infatti gli inquirenti della Guardia di Finanza e dei carabinieri del Noe sono convinti che non solo il dirigente regionale e i suoi due principali complici, Maria Dei Svaldi e Sebastiano Strano, abbiano intascato i soldi “stornati” dalla Regione. Il progetto di educazione ambientale ideato dall’Associazione Magnifica Fabbricceria di Oppeano ne è un esempio. Il progetto dell’associazione, che fa capo a Mattia Galbero, costa alla Regione 110 mila euro ma in realtà gli investigatori scoprono che le uniche spese reali sono quelle di trasporto degli studenti da una scuola di Oppeano alla discarica che si trova nello stesso comune veronese. Le altre tracce del corso non sono altro che due mail inviate dalla Magnifica Fabbricceria alla Sicea, cioè la società che ha organizzato tecnicamente il presunto corso e le spese riconducibili a delle borsette regalate agli studenti e provenienti dalla Cina. Il finanziamento è arrivato a dicembre del 2009. È utile ricordare che Galbero è segretario particolare di Giancarlo Conta (Ncd), allora assessore regionale all’Ambiente della Regione e che la Sicea è di Fior. In sostanza solo una piccola parte di quei soldi sono stati utilizzati per il corso. Il resto è finito in altri canali. Gli investigatori non escludono che una parte sia servita per la successiva campagna elettorale del 2010. Interessante notare quanto abile sia stata la cricca a intrecciare i fili della ragnatela per intercettare più soldi pubblici possibili. La ditta cinese che fornisce le borsette usate come gadget da regalare agli studenti di Oppeano, dove ha la sua sede in Cina? Guarda caso allo stesso indirizzo dove ha sede Ansac, la no-profit che, come ha detto Fabio Fior, “è una mia creatura”. È nata con lo scopo di occuparsi di temi legati al controllo dell’ambiente. Ha ricevuto parecchi finanziamenti dalla Regione, in tre anni almeno mezzo milione di euro e ha soprattutto organizzato alcuni viaggi in Cina dell’assessore all’Ambiente Giancarlo Conta e di diversi funzionari della Regione. L’associazione aderisce a Expo Venice 2015.

Carlo Mion

 

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