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Casarin come Chisso: tratta la resa, 20 mesi e confisca di 115 mila euro

MALAFFARE IN LAGUNA – Si alluga ancora l’elenco degli indagati che scelgono di non andare a processo

OGGI MAXI-UDIENZA – Diciannove davanti al gip per saldare i conti, tocca anche a Galan

Dopo l’ex assessore, sceglie di patteggiare anche il suo ex segretario. Enzo Casarin, già uomo di fiducia di Renato Chisso, come lui travolto dall’inchiesta sul “sistema” Mose, si aggiunge al lungo elenco di chi ha raggiunto un accordo con la Procura per patteggiare. Un anno e 8 mesi, con la confisca dei 115mila euro già sequestrati, l’accordo raggiunto ieri dal suo difensore, l’avvocata Carmela Parziale, con il procuratore aggiunto Carlo Nordio e i pm del pool, Paola Tonini, Stefano Ancilotto e Stefano Buccini. Coinvolto nella prima Tangentopoli veneta di inizio anni ’90, ex sindaco di Martellago, Casarin è accusato di corruzione perché, come capo segreteria di Chisso, si sarebbe occupato delle “mazzette” destinate all’assessore. Finito in carcere nella retata del 4 giugno, è stato scarcerato da Tribunale del riesame un paio di settimane fa, per decorrenza dei termini di custodia cautelare. I reati che gli vengono contestati, infatti, si fermerebbero al 2012, prima dell’entrata in vigore della Legge Severino che ha allungato la carcerazione preventiva per i reati di corruzione da tre a sei mesi.
A questo punto, a Casarin, così come a Chisso, non resta che attendere l’udienza del gup che dovrà valutare la congruità delle pene e, nel caso, applicare i patteggiamenti. Per entrambi l’accordo con la Procura è arrivato fuori tempo massimo per essere inseriti nella maxi-udienza di stamane, davanti al giudice Giuliana Galasso. Ben 19 le posizioni che saranno esaminate oggi, da Giancarlo Galan in giù. Si comincerà alle 10, con un’udienza ogni mezz’ora in cui i pm, da un lato, i difensori, dall’altro, spiegheranno i termini dei vari patteggiamenti proposti. Poi toccherà al giudice valutare la congruità delle diverse pene, applicarle o rigettarle. Scelta quest’ultima inconsueta, ma non impossibile. Proprio in quest’inchiesta, a giugno, un altro gup, Massimo Vicinanza, rigettò il patteggiamento proposto per l’ex sindaco Giorgio Orsoni. Si vedrà…
Sempre oggi, intanto, davanti a un altro gup, Barbara Lanceri, dovrebbero comparire l’ex vicequestore di Bologna, Giovanni Preziosa, e l’imprenditore nel settore della sicurezza, Manuele Marazzi, già coinvolti nell’inchiesta sulle false fatturazioni emesse dall’allora presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita. Per le accuse di corruzione e accesso abusivo ai sistemi informatici, hanno già patteggiato entrambi. Oggi dovranno rispondere di peculato per la paletta e il lampeggiante della Polizia di Stato procurati a Mirko Voltazza che li usò per “impressionare” l’allora amministratore delegato di Veneto Strade, Silvano Vernizzi. Marazzi è anche nella lista dei patteggiamenti con il gip Galasso. Tutto potrebbe chiudersi con pochi mesi in continuazione.

Roberta Brunetti

 

IDV – «Se i politici patteggiano devono perdere il vitalizio»

VENEZIA – Il capogruppo regionale di Italia dei Valori Antonino Pipitone chiede lo stop dei vitalizi ai politici che patteggino la pena in un’inchiesta giudiziaria. Lo fa alla viglia dell’udienza in cui Giancarlo Galan patteggerà. «Troviamo difficile disgiungere la scelta di patteggiare dalla responsabilità di quanto accaduto. È eticamente corretto che un politico, eletto per amministrare la cosa pubblica e che ha patteggiato una pena per accuse legate al proprio ruolo, possa godere del vitalizio, ottenuto proprio per il suo mandato elettivo? Il patteggiamento dovrebbe prevedere la perdita dei privilegi, a cominciare dal vitalizio».

 

SCANDALO MOSE UNA SOLUZIONE AL RIBASSO

Mose, finalmente tutti fuori. E tutti a prezzo più che buono, buonissimo, quasi di saldo! Che dire: pena detentiva vergognosa, pena pecuniaria da “elemosina”. È tutto l’impianto del “patteggiamento giudiziale” che non va. Inventato per evitare lunghi processi (e il fine sarebbe anche buono) si riduce spesso a una trattativa molto “al ribasso”. Ad esempio nel caso Mose: appena in salute, gli imputati di gravi crimini amministrativi se ne andranno “belli e onorati” come prima. I giudici, convalidati i termini del patteggiamento, senza far scontare agli imputati un ulteriore giorno di reclusione, si daranno da fare per incassare le pene pecuniarie. I soldi andranno a saldo di spese sostenute. Non andranno in un fondo di solidarietà magari per l’abbattimento della pressione fiscale. E a quando la pena equa e certa agli imputati di gravi crimini civili? O questi ultimi sono meno gravi dei crimini penali?

Natalino Daniele – Rubano (Pd)

 

«Matteoli asservito al Consorzio», la Procura invia gli atti al Senato

TRIBUNALE MINISTRI – L’atto d’accusa dei giudici contro l’ex responsabile del Dicastero dell’Ambiente

Il politico di An ha negato tutto: «Mai preso soldi»

CORRUZIONE – Per le bonifiche in laguna contestate due “mazzette” da 400 e 150 mila euro

«Tangenti anche per Marghera»

Furono pagate mazzette in cambio dell’assegnazione dei lavori di bonifica di Porto Marghera. Il Tribunale dei ministri ritiene che siano fondate le ipotesi d’accusa a carico dell’ex ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli, ed è per questo motivo che ha trasmesso gli atti al Senato chiedendo l’autorizzazione a procedere. «É dimostrato un asservimento alle politiche del Consorzio Venezia Nuova del politico Altero Matteoli nella sua veste non solo di ministro dell’Ambiente, ma anche di ministro delle Infrattruture», si legge nel provvedimento di 193 pagine che accompagna la corposa documentazione sottoposta all’attenzione di Palazzo Madama. La giunta per le autorizzazioni dovrà iniziare a discutere il caso tra breve.
Il reato contestato a Matteoli è quello di corruzione, in concorso con l’imprenditore e amico Erasmo Cinque della Socostramo srl, l’ex presidente del Cvn, Giovanni Mazzacurati, l’ex presidente e l’ex responsabile amministrativo della Mantovani, rispettivamente Piergiorgio Baita e Nicolò Buson, e il sanmarinese William Ambrogio Colombelli della Bmc Broker. Il periodo sotto accusa va dal 2011 al 2012.
LE MAZZETTE – È Baita a raccontare per primo la vicenda; poi si intrecciano le testimonianze di altri. Tutto ruota attorno ai 271 milioni di euro che, nel 2001, Montedison si impegna a pagare al ministero dell’Ambiente, a conclusione di una transazione, per contribuire alle bonifiche necessarie a Porto Marghera, dopo anni di inquinamento industriale. Matteoli decide di affidare i lavori di disinquinamento direttamente al Cvn, senza passare per alcuna gara pubblica, nonostante questo tipo di lavori non rientri nella Convenzione con lo Stato, limitata alle opere di Salvaguardia relative al Mose.
AZIENDA AMICA – Secondo l’accusa, in cambio di questo “regalo” al Cvn, Matteoli avrebbe ricevuto somme di denaro, ma anche e soprattutto l’affidamento di opere alla Socostramo, che nel 2000 fu inserita nella compagine del Consorzio Venezia Nuova. Quanto alle tangenti, il Tribunale di ministri ne contesta due – rispettivamente di 400mila e 150 mila euro – versate da Mazzacurati e Baita per tramite di Colombelli e Buson; quanto alla Socostramo, con un investimento di soli 25mila euro (necessari per acquisire lo 0,006 del Cvn) avrebbe beneficiato di un utile complessivo, al lordo delle imposte, di 48 milioni di euro. Dall’inchiesta risulta, tra l’altro, che la Socostramo non avrebbe effettuato alcun lavoro: tutte le opere di bonifica furono realizzate dalla Mantovani.
MAGISTRATO ALLE ACQUE – Ma non basta. L’accordo tra Matteoli e Mazzacurati prevedeva pure la nomina, da parte del ministero, di una persona gradita al Cvn nel ruolo di presidente del Magistrato alle acque, l’ente controllore dei lavori del Mose: e, in effetti, a Venezia fu nominato Patrizio Cuccioletta, finito sotto inchiesta a sua volta (e arrestato) per corruzione. Cuccioletta ha poi ammesso di essere stato al soldo di Mazzacurati. Un forte contrasto con Cinque sarebbe avvenuto quando fu deciso di nominare Ciriaco D’Alessio alla presidenza del Mav, mentre Mazzacurati premeva per una diversa soluzione.
MAZZACURATI – Il presidente del Cvn conferma che fu Matteoli a ordinargli di “prendere” Socostramo: «Siamo andati a colazione in un ristorante vicino a Palazzo Chigi, era l’enoteca Capranica: c’era Cinque, Matteoli e io. Matteoli mi disse che ci teneva molto che Cinque lavorasse… dopo quando ha introdotto Baita le robe sono andate a posto perché il lavoro lo faceva Baita e loro si mettevano d’accordo in altro modo…»
In merito all’esistenza di amichevoli rapporti tra Mazzacurati e Matteoli riferisce ampiamente l’ex vicedirettore del Cvn, Roberto Pravatà, il quale parla di incontri anche in Toscana, dove Matteoli ha casa a Bibiena. Pravatà parla anche della realtà veneziana: «I contatti che Mazzacurati aveva con i rappresentanti locali di An erano mediati da tale Canella, avvocato e persona di fiducia per affari riservati di Mazzacurati».

«…Io mi sono inventato candidato a sindaco di Roma Gianfranco Fini: da lì è nata una mia storia politica che mi ha portato nel 1995 ad essere uno dei 7 che ha fondato Alleanza Nazionale, come laico perché non mi sono mai candidato a nulla. E quindi è chiaro che, nell’ambito di quella frequentazione, io ho conosciuto Altero Matteoli…». Erasmo Cinque, 73 anni, romano, a lungo consulente del ministro Matteoli, si è raccontato così davanti al Tribunale dei ministri, negando di essersi mai occupato delle vicende veneziane e di più di aver incassato denaro per conto di Matteoli. Anche Matteoli davanti ai giudici ha respinto ogni accusa, escludendo di essersi mai occupato delle bonifiche di Porto Marghera e di conoscere le attività imprenditoriali di Erasmo Cinque. Versione che, secondo il Tribunale dei ministri, risultano smentite da numerosi elementi raccolti nel corso dell’indagine.

Gianluca Amadori

 

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