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Nuova Venezia – “Mose, ancora rischio illeciti”

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

8

nov

2014

Cantone: ecco perché il Cvn va commissariato.

«Mose, ancora rischio illeciti»

Consorzio Venezia Nuova, gravi rilievi nella richiesta di commissariamento

«Nomina non orientata dalla chiara volontà di rottura rispetto al passato»

Cantone silura Fabris «Il rischio illeciti resta»

L’ATTACCO – Citata l’ordinanza di custodia cautelare nei punti in cui Mazzacurati commenta con Fabris le nomine al Magistrato alle Acque

VENEZIA – Fatti gravi e illeciti ripetuti in un sistema corruttivo esteso. Intreccio di rapporti tra il Consorzio Venezia Nuova e gli esponenti politici a ogni livello, consolidati negli anni, che giustificano l’adozione della più grave delle misure previste dalla legge, il commissariamento. Anche perché «i mutamenti nella direzione del Consorzio e il rinnovo del Cda non hanno fatto venir meno i rischi di ulteriori condizionamenti illeciti». Parole durissime, firmate dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone che ha inviato la richiesta formale al prefetto di Roma per chiedere, come previsto dalla legge «la straordinaria e temporanea gestione del Consorzio Venezia Nuova». Una decisione annunciata, dopo l’inchiesta e gli arresti per corruzione. Adesso scritta nero su bianco e inviata al prefetto – l’autorità che dovrà provvedere alla nomina come prevede la legge – solo due giorni dopo l’arrivo delle «osservazioni» inviate dal Consorzio. Che evidentemente non sono bastate. Anzi. Nelle 18 pagine della richiesta ci sommissariamento una è dedicata proprio al nuovo presidente Mauro Fabris, subentrato a Giovanni Mazzacurati poche settimane prima dell’arresto dello storico presidente. «È pacifico che le misure di sostituzione della compagine sociale», scrive Cantone, «non possono rappresentare un’effettiva novità sul piano della governance». Il motivo? «Resta invariato il quadro societario a cui partecipano ancora oggi tutte le società già coinvolte nelle indagini». E la stessa nomina del dottor Fabris, continua Cantone, «non è orientata a esprimere una chiara volontà di rottura rispetto al passato». Si citano i verbali dell’ordinanza cautelare, in cui nelle intercettazioni telefoniche dell’8 settembre 2011 Mazzacurati commenta sfavorevolmente l’avvenuta nomina di Ciriaco D’Alessio a presidente del Magistrato alle Acque, dopo Maria Giovanna Piva e Patrizio Cuccioletta, entrambi arrestati perché accusati di aver percepito denaro. «Fabris si impegna a fornire aggiornamenti sulla questione», annota Cantone. Sei mesi dopo Mazzacurati tramite il dirigente del ministero delle Infrastruuture Ercole Incalza si attiva perché non venga nominato l’ingegner Fabio Riva, evidentemente ritenuto pocco malleabile, premendo per Paolo Emilio Signorini. «Anche qui, scrive Cantone, «Fabris si è dimostrato particolarmente addentro alla questione, con un preciso ruolo di collegamento». C’è un riferimento diretto anche alla moglie di Fabris, Maria Francesca Cenci, amministratore unico della società Pollina srl, società legata al Consorzio da un rapporto di consulenza per «monitoraggio attività istituzionale». Per tutti questi motivi, conclude Cantone, «è necessario garantire che la concessione venga tenuta al riparo da ulteriori condizionamenti criminali». E si chiede dunque «l’applicazione del commissariamento coattivo cui deve necessariamente accompagnarsi la sospensione dei poteri degli organi di amministrazione del Consorzio». Una richiesta senza appello, che Cantone motiva con «l’accertato sistema corruttivo diffuso e ramificato» e con i rapporti di Mazzacurati (nella lettera viene chiamato sempre Giuseppe) che avevano lo scopo di «ottenere finanziamenti per il Mose e provvedimenti autorizzativi necessari per le opere del Mose e allentare i controlli». La legge si applica non soltanto con le singole imprese, come già avvenuto per la Maltauro a Milano, precisa l’Autorità anticorruzione, ma anche per il Consorzio e i concessionari dello Stato come Venezia Nuova. prevedendo un fondo con gli eventuali utili per pagare i danni e le multe. Ma il Mose non è affatto in pericolo. Ricevuta una sostanziosa tranche di finanziamenti dal Cipe, le imprese che fanno parte del Consorzio sanno che, come ricorda Cantone nella lettera, «il primo obiettivo del provvedimento è evitare che le doverose indagini della magistratura possano impedire o ritardare la conclusione di opere pubbliche». Il secondo che «l’esigenza di concludere l’opera non porti vantaggi agli autori dell’illecito».

Alberto Vitucci

 

L’Authority: confluirà in un fondo ad hoc per pagare i risarcimenti

L’aggio in mano al commissario

PADOVA – Con il prossimo commissariamento richiesto dal presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, il Consorzio Venezia Nuova dovrà dire addio anche alla gestione diretta dell’aggio del 12% sui lavori, cui ha diritto per legge in relazione ai lavori per il Mose. Nel caso in cui la Prefettura di Roma accolga la richiesta di Cantone questi soldi saranno infatti gestiti direttamente dal commissario che, dopo aver saldato le spese ordinarie, li verserà in un “fondo speciale” con l’obiettivo di metterli a disposizione per eventuali confische o risarcimenti disposti dall’autorità giudiziaria. Per Venezia si tratta di una rivoluzione: da sempre i lavori affidati al Consorzio Venezia Nuova costano il 12% in più a causa degli oneri tecnici, che consentono di mantenere la sua struttura organizzativa e comunicativa. Sui quasi sei miliardi di euro di valore dell’opera, il Consorzio si è garantito 700 milioni di euro circa. Tutti soldi che, secondo l’ex presidente della Mantovani Piergiorgio Baita, servivano invece solamente «ad alimentare una macchina di potere». È probabilmente l’effetto più dirompente che il commissariamento avrà sui lavori in laguna, dopo la sostituzione dell’attuale presidente Mauro Fabris, troppo coinvolto, secondo il presidente dell’Anac, nelle passate vicende del Consorzio per garantire un reale cambio di governance. Le inchieste della magistratura veneziana hanno infatti dimostrato come l’aggio del 12%, già più volte bollato come eccessivo da parte della Corte dei Conti, sia in realtà servito ad alimentare il sistema di potere dello stesso Consorzio con finanziamenti a pioggia ad enti e associazioni. Ma a Venezia il timore è che con questo provvedimento sia a rischio la conclusione della grande opera. «Il fine primario di questa iniziativa è garantire la conclusione dei lavori», sottolineano all’Autorità anticorruzione, rispondendo in questo modo anche a chi, come l’ex sindaco Massimo Cacciari, aveva affermato che con il commissariamento il Mose sarebbe rimasto incompiuto. «Ed è proprio grazie a questo provvedimento», aggiungono all’Anticorruzione, «che il governo potrà stanziare i finanziamenti finali, necessari per la realizzazione del Mose». In sostanza il messaggio che arriva da Roma è che l’opera verrà terminata e che, se ci saranno responsabilità, nessuno potrà tirarsene fuori. A questo punto la palla passa completamente in mano alla Prefettura di Roma che dovrà accogliere o meno la richiesta di Cantone. Sui tempi la legge non prevede scadenze, ma è facile prevedere che la decisione possa arrivare nel giro di pochi giorni. Soprattutto alla luce dell’ultima tranche di finanziamenti decisa a Roma dal comitato pre Cipe. Se il commissariamento sembra comunque una misura certa, non è ancora chiara la formula che verrà adottata. Con ogni probabilità, e valutata soprattutto la complessità dei lavori per la costruzione delle dighe mobili in laguna, all’Anac si ipotizza che il Prefetto di Roma possa optare per la nomina di due commissari con compiti differenti. Questi assumeranno la guida e la rappresentanza legale del Consorzio Venezia nuova, al posto di Fabris che decadrà dall’incarico di presidente, e si affiancheranno all’attuale direttore generale Hermes Redi, sospendendo «i poteri degli organi sociali limitatamente all’esecuzione della concessione». I tempi, sottolineano all’Anac, dovranno essere per forza di cose abbastanza rapidi soprattutto alla luce della decisione del comitato pre Cipe che nei giorni scorsi ha dato il via libera all’ultima tranche di finanziamenti per il Mose: 376,5 milioni di euro, sufficienti per la funzionalità delle dighe mobili. «Adesso possiamo davvero dire che il Mose sarà completato», aveva commentato Fabris. Non sarà però lui a vigilare sui lavori ma i commissari che, in questo modo potranno anche fornire al governo informazioni utili per il secondo capitolo della vicenda Mose: ossia la partita che riguarda la costosa gestione e manutenzione dell’opera.

Giorgio Barbieri

 

Il presidente di Venezia Nuova: «Ero consulente, tutto noto

I finanzieri vennero a casa ma non trovarono nulla»

La replica: «Ho fatto il mio dovere ma non è bastato»

VENEZIA «Prendo atto, che devo fare? Credevo di aver fatto in questi mesi il mio dovere, evidentemente non è bastato». Il presidente del Consorzio Venezia Nuova Mauro Fabris non l’ha presa bene. Ci ha messo del suo, nei 15 mesi di presidenza, per cercare di dimostrare che il sistema era cambiato. Nominato al vertice del pool di imprese poco prima dell’arresto di Giovanni Mazzacurati, ha cambiato dirigenti e uffici, dato una stretta alle spese «fuori controllo». Nelle ultime ore ha accolto senza far polemica la richiesta di commissariamento, convincendo anche le imprese a rinunciare ai ricorsi. Ma adesso, questione di qualche giorno, dovrà cedere il posto al commissario. Presidente Fabris, se lo aspettava? «Ma sì, era scritto. Abbiamo provato a spiegare, non è stato ritenuto sufficiente». Il presidente Cantone usa parole molto dure nella motivazione. Cita la società di sua moglie. «Non capisco, davvero. Sono tutti fatti noti e ampiamente spiegati. Non sono mai stato coinvolto in illeciti, la stessa Procura lo ha riconosciuto». Ma anche lei lavorava nella società che faceva consulenze per il Consorzio. «Non è mica un segreto. L’ho fatto nei periodi in cui non svolgevo attività istituzionale, non ero parlamentare né sottosegretario. Facevo il mio lavoro, e forse proprio per questo sono stato poi indicato alla presidenza del Consorzio. Conoscevo bene la materia, ci lavoravo da anni. Ma ero anche estraneo a qualunque vicenda illecita». I finanzieri sono venuti a casa sua. «Certo, la mattina del 4 giugno. Lo ricordo bene, abbiamo anche fatto un’intervista. Ma non hanno trovato nulla. Quelle fatture evidentemente erano regolari, no? Il presidente dell’Autorità anticorruzione ritiene che non ci sia stato un cambiamento in questi mesi. «Ripeto, prenderò atto con il dovuto rispetto delle decisioni che saranno prese. Ma vorrei ricordare che in questi 15 mesi di presidenza in un periodo di grande turbolenza sono riuscito a creare le condizioni, niente affatto scontate, per continuare il Mose e portarlo a termine». Dunque la vive come un’ingiustizia. «Dico solo che il completamento dell’opera più complessa mai progettata è sempre stato il mio unico obiettivo. E che la discontinuità dalla precedente gestione è stata a mio avviso straordinaria». Esempio? «Abbiamo risparmiato un sacco di soldi, ridotto le consulenze, rinnovato molti incarichi e figure del management a cominciare dallo stesso Consiglio di amministrazione. Separato le funzioni di presidente e direttore con la nomina dell’ingegner Redi, funzioni prima unite nella persona di Mazzacurati. E poi ci siamo costituiti parte lesa nell’inchiesta». Se il prefetto come probabile accetterà la richiesta dell’Anac lei che farà? «Non potrò che prenderne atto e trovarmi un altro lavoro».

Alberto Vitucci

 

L’inchiesta

I pm: il capo del consorzio non è indagato

Non ci sarebbe alcuna rilevanza penale nelle telefonate in cui compare Mauro Fabris, all’epoca sottosegretario ai Lavori Pubblici, intercettate nel corso dell’inchiesta relativa alle tangenti sul Mose, nella quale l’attuale presidente del Consorzio Venezia Nuova non risulta di conseguenza indagato. Si tratta, secondo quanto si apprende da fonti qualificate della procura della Repubblica di Venezia, di «semplici contatti di routine tra un politico che è anche stato sottosegretario ai Lavori pubblici, ed un consorzio di imprese che faceva riferimento al Magistrato delle acque che è emanazione dello Stato e dello stesso ministero». Fabris, attuale presidente del Consorzio Venezia Nuova – società che il commissario anti corruzione Raffaele Cantone ha chiesto di commissariare con una lettera al prefetto di Roma, nella quale si fa riferimento a due intercettazioni telefoniche e a un passo dell’ordinanza emessa il 4 giugno scorso dal Gip Alberto Scaramuzza – è finito nelle intercettazioni della Finanza per «attività d’ufficio» senza che vi fosse alcun estremo di reato. «Non c’è nessuna indagine sui nuovi vertici del Consorzio Venezia Nuova» sottolineano le fonti della procura della Repubblica di Venezia.

 

Galan presenta la sua denuncia dei redditi, dichiarate entrate 2013 pari a 111 mila euro

Nel 2013 ha introitato 111.223 lordi; cifra sulla quale ha pagato imposte pari a 41.042 euro. Lo dichiara l’onorevole Giancarlo Galan, esponente di Forza Italia e presidente della commissione Cultura di Montecitorio. Il 29 ottobre Galan, 58 anni, che attualmente si trova agli arresti domiciliari nella sua villa di Cinto Euganeo (dopo aver ottenuto il patteggiamento per il caso Mose), ha inoltre attestato, sul suo onore, che «nessuna variazione patrimoniale è intervenuta in rapporto all’ultima dichiarazione presentata e pubblicata sul Bollettino della documentazione patrimoniale 2013». Il 30 maggio 2013, nella dichiarazione riferita ai redditi del 2012 (anno in cui non era né ministro né parlamentare), il deputato forzista aveva dichiarato un imponibile di 40.316 euro (su cui ha pagato un’imposta lorda pari a 11.640). Per quanto riguarda il patrimonio, l’ex ministro delle Politiche agricole e dei Beni culturali aveva attestato la comproprietà (al 98%) di una casa di abitazione – con due pertinenze – a Cinto Euganeo; la proprietà di un bosco non edificabile a Rovolon; la nuda proprietà (al 33,33%) della casa di abitazione della madre, a Padova; la nuda proprietà (al 33,33%) della casa di abitazione della sorella, a Padova; la nuda proprietà (al 33,33%) del fabbricato di Milano in cui abita la prima moglie. Inoltre, l’ex governatore veneto dichiarava la prorietà di un’autovettura Audi Q7 del 2006; di un Land Rover Pickup del 1980; di un Pinzgauer del 1979; di un quadriciclo Pelpi del 2007; di un mezzo agricolo Carry-all del 2007; di una Minor Morris del 1995. E ancora di due imbarcazioni da diporto (del 1991 e del 2001). Sul versante azionario, Galan attestava il possesso di 3.000 azioni di Veneto Banca; il 100% della Franica Doo con sede a Rovigno in Croazia (capitale sociale pari a 1.173.300 kune) e il 50% del capitale sociale (di 20.000 euro) della Margherita srl di Padova. Il 14 ottobre i deputati del M5S hanno chiesto le dimissioni di Galan. «La rinuncia alla carica di presidente di commissione», ha risposto la presidente Laura Boldrini, «non può che discendere dalle autonome determinazioni del deputato Galan».

Claudio Baccarin

 

FISSATE LE UDIENZE – Chisso, Casarin, Sutto al patteggiamento il 28 novembre

VENEZIA Il 28 novembre: è il giorno che il giudice per le udienze preliminari Massimo Vicinanza ha segnato in agenda per l’udienza di patteggiamento dell’ex assessore regionale ai Lavori pubblici Renato Chisso, del suo segretario personale Enzo Casarin e dell’ex braccio destro di Giovanni Mazzacurati al Consorzio Venezia Nuova, Federico Sutto. Le accuse nei loro confronti sono quelle ben note dell’inchiesta Mose: sostanzialmente, essere stato a libro paga del Cvn e della Mantovani per anni (per Chisso) e aver partecipato al sistema corruttivo trasportando e gestendo mazzette (Casarin e Sutto). Il giudice Vicinanza – lo stesso magistrato che respinse l’accordo di patteggiamento a quattro mesi che l’ex sindaco Giorgio Orsoni aveva raggiunto con la Procura, per l’accusa di finanziamento illecito ai partiti ai tempi della campagna elettorale come candidato del Pd – dovrà valutare se la pena concordata tra i pm Ancilotto, Buccini, Tonini, Nordio con le difese sia congrua, a suo giudizio: due anni e mezzo di reclusione per Renato Chisso (arrestato il 4 giugno e ora agli arresti domiciliari: per lui, sarà il giudice a dover stabilire l’ammontare del risarcimento all’Erario, dal momento che la difesa sostiene non abbia beni personali); un anno e 8 mesi e 115 mila euro per il suo segretario Enzo Casarin (da poco tornato in libertà); due anni di reclusione (sospesa grazie alla condizionale) e 150 mila euro di risarcimento per Federico Sutto, ancora agli arresti domiciliari. Dei 35 arrestati a giugno, 26 alla fine sono ricorsi al patteggiamento (compreso l’ex presidente Giancarlo Galan: 2 anni e 10 mesi e 2,6 milioni di euro di multa), 19 posizioni sono già state definite dalla gup Galasso (per un totale di 12 milioni di euro recuperati alle casse dello Stato), quattro sono in corso a Milano, mentre anche il commercialista di Mazzacurati, Francesco Giordano, sta definendo con la Procura la sua pena.

(r.d.r.)

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