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MOSE – Il patron della Mantovani e il commissariamento del Cvn

Romeo Chiarotto, patron della Mantovani, socio principale del Consorzio Venezia Nuova, non era a conoscenza dei rapporti tra il presidente Mauro Fabris e l’ex Giovanni Mazzacurati: «E un po’ questo mi dispiace». E il commissariamento? «Ciò che conta è finire il Mose».

IL CASO – Il patron della Mantovani: «Ma il Consorzio è gestito bene. Il commissariamento? Non ci interessa»

«Fabris-Mazzacurati, non sapevo»

Chiarotto: «Non ero a conoscenza di rapporti così stretti. E mi dispiace»

Commissario o non commissario, per l’impresa Mantovani l’importante è finire i lavori nei cantieri del Mose nel miglior modo possibile. Romeo Chiarotto, 84 anni, patron dell’impresa che è il socio principale del Consorzio Venezia Nuova, in questi ultimi due anni ne ha viste di cotte e di crude e l’unico suo pensiero è quello di poter dimostrare il valore della sua impresa e degli operai e ingegneri che hanno preso parte alla realizzazione del Mose.

Come vive questo la richiesta di commissariamento del Consorzio da parte dell’Autorità nazionale anticorruzione?
«Mi pare di averlo già accennato. Il commissariamento, tenuto conto che è finalizzato a finire i lavori nei tempi previsti, a noi imprese interessa poco. Il Consorzio è la parte burocratica che gestisce le direzioni lavori, cerca i fondi e fa molte altre cose. A noi interessa fare i lavori presto e bene; che ci sia “A” o “B”, non importa più di tanto. Se poi penso a quello che è successo in passato, tutto sommato non mi scandalizzo del fatto che ci possa essere un commissario. Noi siamo solo responsabili del risultato e mi sembra che, grazie al Cielo, abbiamo quasi finito, e lo abbiamo fatto un anno e mezzo prima degli altri».

Il presidente dell’Anac Raffaele Cantone ha detto che con la nomina di Mauro Fabris non c’è stata quella discontinuità che lo stato avrebbe auspicato. Come giudica l’operato di Fabris?
«È stato un ottimo presidente. È riuscito a farci avere i finanziamenti per terminare in fretta e senza problematiche più o meno scorrette. Il Consorzio era gestito, secondo me, in modo valido da lui. Non sapevo che aveva rapporti così stretti con Mazzacurati e un po’ questo mi dispiace».

Lui, però, dice che tutti sapevano che lui, nei momenti in cui non ricopriva cariche politiche, rappresentava gli interessi del Consorzio.
«Tutti sapevano, dice? Io, sinceramente, non lo sapevo. Pensandoci un po’, credo però che sia normale ad un certo livello avere rapporti con parlamentari. Queste cose io non le ho mai fatte e soprattutto in questa fase purtroppo non sono positive. Per l’anno e mezzo in cui è stato presidente, però, non ho davvero nulla da eccepire».

Cosa succede ora al Consorzio?
«Lunedì (domani, ndr) abbiamo un direttivo, credo che sarà l’ultimo, in cui dovremo decidere cosa fare a proposito delle contestazioni fiscali che hanno fatto al Consorzio la Guardia di finanza e l’Agenzia delle entrate, perché i termini per agire sono in scadenza».

Come sono le prospettive dei cantieri del Mose?
«A Punta Sabbioni abbiamo quasi finito e il lavoro è interamente della Mantovani. A Malamocco, dove abbiamo noi il 70 per cento dei lavori e il 30 per cento la Fincosit, siamo molto avanti. Se posso permettermi, lavori come questi non li ha mai fatti nessuno al mondo, per qualità di progetti, lavori e materiali. Il discorso della gestione e dell’inchiesta ha messo purtroppo in ombra la parte tecnologica dell’opera. Da tutto il mondo, mi creda, vengono a vedere il cantiere: nessuno ha mai realizzato cassoni in calcestruzzo 60 metri per 45 per 20 con tolleranze di 3 millimetri! Non esiste al mondo una precisione del genere. Ultima cosa, ho sentito dire tanto dei prezzi gonfiati: i prezzi contrattuali sono quelli del 2004 e non sono cambiati».

 

LA SCELTA DI CANTONE – Quelle due telefonate nel mirino dell’Anticorruzione

Le telefonate del presidente del Consorzio Venezia Nuova, cui fa riferimento Romeo Chiarotto nell’intervista accanto, sono quelle citate dall’Autorità anticorruzione per giustificare la richiesta di commissariamento. Si tratta di alcune conversazioni telefoniche che, pur non rivestendo alcuna rilevanza penale, rivelerebbero secondo il presidente dell’Anac Raffaele Cantone una certa contiguità con l’ambiente del Consorzio almeno tra il 2011 e il 2013, anni considerati dall’inchiesta della Procura veneziana. In particolare è lo stesso Fabris a dire che, nei periodi in cui non aveva incarichi istituzionali e politici, svolgeva “un regolare lavoro di rappresentanza dei legittimi interessi del Cvn nei confronti dei suoi stakeholders – spiega lo stesso Fabris – una cosa pubblicamente nota”.

La prima intercettazione considerata risale all’8 settembre 2011 e Fabris commenta la nomina di Ciriaco D’Alessio a presidente del Magistrato alle Acque di Venezia. Un fatto evidentemente non gradito al Consorzio. «D’Alessio? – dice Fabris – ahhh… il mitico D’Alessio». «Eh, non è stato coinvolto nel bordello là, si ricorda». (Vent’anni prima era stato coinvolto in un’inchiesta per concussione, poi finita con la prescrizione del reato). Quindi Mazzacurati parla di un altro nome che girava come papabile al Magistrato, Fabris si impegna a tenere informato il presidente del Consorzio.

La seconda telefonata, del 17 giugno 2013, riguarda la successione di D’Alessio per impedire la nomina a presidente del vicepresidente Fabio Riva. A chiamare è ancora Fabris, il quale riferisce di un incontro con Ercole Incalza, del Ministero delle Infrastrutture, sul tema del nuovo presidente: «Solo per dirle che venerdì poi avevo visto Ercole eh!… che loro… niente intanto pensavano di far un supplente diciamo… un facente funzione come Sessa perché… sto nome di Riva ovviamente no no… non gli va insomma». Al termine della telefonata consiglia a Mazzacurati di recarsi a Roma. Visita inutile, perché per mesi il Magistrato alle Acque è stato senza presidente, mentre esplodeva intanto l’inchiesta.

 

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