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ROMA – Il presidente Fabris incontra Cantone (Anticorruzione) e il prefetto Pecoraro: 30 giorni (forse meno) per la nomina

VENEZIA – L’incontro è stato cordiale. Ma i punti all’ordine del giorno erano senz’altro delicati. Primo tra tutti il “passaggio di consegne” tra l’attuale vertice del Consorzio Venezia Nuova guidato dal presidente Mauro Fabris e il futuro commissario dell’ente concessionario così come ha deciso in queste settimane il presidente dell’Autorità nazionale anti-corruzione, Raffaele Cantone.

Così, ieri pomeriggio, a Roma, lo stesso Fabris, accompagnato dal direttore del Cvn, Hermes Redi, si è incontrato con il “numero uno” dell’Anac e con il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro che sarà chiamato, come prevede la norma del decreto 90 sulla pubblica amministrazione, a scegliere il futuro commissario del Consorzio Venezia Nuova che avrà il compito di portare a termine le opere alle dighe mobili alle bocche di porto della laguna di Venezia.

«Ci è stata illustrata – sottolinea Fabris – la procedura di applicazione delle misure di gestione straordinaria e temporanea del Consorzio. Abbiamo voluto ribadire a Cantone che il nostro unico obiettivo è quello che si operi e si lavori per la conclusione del Mose. L’incontro è servito anche per favorire il maggiore coinvolgimento delle strutture del Consorzio in questo passaggio verso il commissariamento».

Non è escluso che proprio dopo questo incontro, ma è possibile che ce ne possano essere altri vista la complessità dell’opera, si avvii la seconda fase dell’operazione con la facoltà del prefetto di scegliere il nuovo commissario nell’arco di trenta giorni. Ma l’impressione è quella che tutti i soggetti coinvolti puntino a dimezzare, e anche abbondantemente, i tempi delle decisioni.

P.N.D.

 

CURIA DI VENEZIA «Alla Fondazione dovevamo dare 100mila euro l’anno»

«Così finanziavamo Pd e Marcianum»

Morbiolo: «Veniva da me Savioli e mi diceva chi sponsorizzare: Marchese, Zoggia ma anche la Sartori»

DAZIONI TRASVERSALI «Fui sorpreso quando mi chiese di dar soldi all’esponente di Fi»

«Quando c’erano le campagne elettorali per l’area che si andava a appartenere, Savioli ogni tanto veniva e mi diceva: “Sarebbe bene sponsorizzare il Marchese, è bene sponsorizzare Zoggia”…»
Franco Morbiolo, presidente del Coveco dal 2007, ha giustificato così parte dei soldi che dal Consorzio delle coop “rosse” usciva per finanziare esponenti politici di tutti i colori; denaro che finì perfino al Marcianum, la Fondazione culturale della Curia, voluta dall’allora Patriarca Angelo Scola (100mila euro all’anno). «Il Marcianum… era una sponsorizzazione che Savioli chiedeva ogni anno che ci fosse. Poi abbiamo capito… Savioli diceva: “È necessario fare questa sponsorizzazione. Non la faccio? Allora mi metti in difficoltà con Cvn. Te non ti devi preoccupare, fai la sponsorizzazione”…»

Secondo Morbiolo a gestire il flusso di finanziamenti e contributi era l’allora consulente (ed ex presidente) Pio Savioli, l’uomo che per il Coveco si occupava dei rapporti con il Consorzio Venezia Nuova. Morbiolo ha spiegato al pm Paola Tonini che i contributi ai politici “rossi”, vicini al Coveco, erano nella norma: capitava di finanziare le feste dell’Unità o altre iniziative del Pd. Ha invece ammesso di essere rimasto sorpreso ricevendo la richiesta di finanziare Lia Sartori, esponente di spicco di Forza Italia, ex presidente del Consiglio regionale del Veneto e poi eurodeputato: «È venuto Savioli, ha detto: “È necessario fare un finanziamento per la campagna elettorale della Sartori… Ho portato in Consiglio, perché non è che decido io… ci sono tutti, si chiede perché, per come… e si è fatto il finanziamento per la Sartori…»
Nel lungo interrogatorio sostenuto lo scorso 16 luglio, Morbiolo si è dipinto come un presidente che firmava in gran parte senza sapere cosa stesse firmando: ha assicurato che era Savioli a gestire i rapporti con Mazzacurati e i flussi di denaro del “sistema Mose”, aggiungendo che all’interno del Coveco tutto passava attraverso il responsabile amministrativo, Enrico Provenzano. «Io non ero a conoscenza di tutto il meccanismo che c’era dietro», ha spergiurato Morbiolo, uscito dall’inchiesta con il patteggiamento di un anno e sei mesi di reclusione per false fatturazioni e per finanziamento illecito all’ex sindaco Giorgio Orsoni e all’ex responsabile amministrativo del Pd, Gianpietro Marchese (che ha già pattegiato 11 mesi).

Più volte l’ex presidente del Coveco ha ribadito di non aver saputo del meccanismo delle false fatture e delle retrocessioni utilizzato dal Cvn per realizzare fondi neri, poi utilizzati per mazzette e finanziamenti illeciti: «Quando mi portavano i contratti li firmavo lungo il corridoio velocemente e neanche li leggevo… Provenzano aveva parecchia autonomia…», ha dichiarato al pm Tonini. Per poi spiegare che iniziò a sospettare qualcosa soltanto nel 2011, senza però fare nulla, o quasi, in quanto era materia di cui si occupava Savioli. Di conseguenza continuava a firmare i documenti che Provenzano gli portava: «Però ho cominciato ad essere più attento… ho detto no all’America’s Cup, e quando è venuto fuori il discorso della Finanza ho voluto andare a vedere i contratti…»
Nel corso dell’interrogatorio il pm Tonini ha chiesto conto a Morbiolo dell’appunto rinvenuto a casa di una dipendente del Coveco, con nomi e cifre annotati a fianco, ricevendo risposte poco precise: «Vedo delle annotazioni che sono state fatte: “Marcianum”, “Davide Zoggia”… su cui io non mi sono neanche interessato e non ho neanche pensato a quel meccanismo che c’era, proprio non ci ho pensato…»

Morbiolo non ha fornito spiegazioni convincenti neppure in merito al colloquio intercettato nel quale suggerisce a Provenzano di trascrivere su carta “mangiabile” e di nascondere in un luogo sicuro i documenti compromettenti relativi proprio ai rapporti tra Coveco e Cvn. «È una battuta che mi è rimasta dal 2002 – ha dichiarato al pm – Al Consorzio ravennate dove lavoravo è stato arrestato un mio collaboratore per turbativa d’asta, che dopo è venuto fuori innocente e ogni tanto mi diceva: “Franco, per qualsiasi cosa ricordati le tue annotazioni, fattele sempre su carta mangiabile”».
Risposte che non hanno mancato di indisporre il rappresentante della pubblica accusa, che a metà interrogatorio sbotta: «Lei sta venendo a raccontare la favola del lupo». Lo stesso Tribunale del riesame, quando trattò la posizione di Morbiolo, scrisse che il presidente Coveco era a conoscenza di tutto, come confermano sia Savioli che Provenzano.

Gianluca Amadori

 

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