Segui @OpzioneZero Gli aggiornamenti principali anche su Facebook e Twitter. Clicca su "Mi piace" o "Segui".

Questo sito utilizza cookie di profilazione, propri o di terze parti per rendere migliore l'esperienza d'uso degli utenti. Continuando la navigazione acconsenti all'uso dei cookie. Per maggiori informazioni cliccare qui



Sostieni la battaglia contro l'inceneritore di Fusina, contribuisci alle spese legali per il ricorso al Consiglio di Stato. Versamento su cc intestato a Opzione Zero IBAN IT12C0501812101000017280280 causale "Sottoscrizione per ricorso Consiglio di Stato contro inceneritore Fusina" Per maggiori informazioni cliccare qui

Sull’accordo siglato con Versalis-Eni, sindacati e politici sollecitano rapidità agli enti pubblici per le autorizzazioni

«Non perdiamo anche questa grande occasione»: è la parola d’ordine all’indomani della firma, al ministero dello Sviluppo Economico, dell’accordo che prevede l’investimento di 200 milioni di euro da parte di Versalis-Eni per il nuovo polo di chimica verde a Porto Marghera. Il timore, di più di qualcuno, è che i tempi delle procedure amministrative per ottenere le autorizzazioni (Via regionale e concessione edilizie comunali) per edificare i nuovi impianti non vengano rispettati. Un’eventualità che si spera scongiurata dall’impegno previsto dal Protocollo firmato al ministero, oltre che da sindacati e i vertici di Versalis-Eni, anche da Regione Veneto, Autorità Portuale e Comune di Venezia. Testualmente, nel Protocollo le amministrazioni locali si prevede che gli enti pubblici preposti devono «assicurare la certezza dei tempi di esecuzione degli investimenti prospettati» a cominciare «dagli iter istruttori relativi al rilascio delle autorizzazioni ad Eni e Versalis entro un periodo massimo di 10 mesi per il Via ambientale e di 4 mesi per le restanti autorizzazioni dalla presentazione delle relative istanze, compatibilmente con i tempi di rilascio dei pareri obbligatori richiesti alle istituzioni non firmatarie del Protocollo, garantendo la massima celerità anche degli iter istruttori delle fasi successive». Il Protocollo stesso prevede la costituzione di un tavolo di coordinamento che si riunirà annualmente al ministero per verificare l’avanzamento dei lavori. I primi a mettere le mani avanti, comunque, sono i sindacati dei chimici di Cgil, Cisl, Uil. Per Massimo Meneghetti e Giuseppe Callegaro, (Cisl veneziana), «sarà fondamentale gestire l’intero progetto a livello locale e monitorare con attenzione lo stato di avanzamento delle autorizzazioni e degli investimenti che potrebbero aprire una nuova stagione per la chimica locale e nazionale. L’importante ora è che tutti facciano la loro parte per il rispetto integrale dell’accordo e delle tempistiche per la realizzazione degli interventi concordati, aspetti che come sindacato monitoreremo quotidianamente». «Ora c’è un futuro per un’area industriale abbandonata nel tempo dalle istituzioni, dall’Eni e dalla politica» ha commentato a sua volta Emilio Miceli, segretario generale nazionale dei chimici della Cgil «abbiamo, infatti, ottenuto interessanti impegni industriali e finanziari su Porto Marghera e gli insediamenti chimici dell’area padana collegati. Adesso comincia la difficile fase di gestione di un accordo complesso su cui serve vigilare con grande attenzione e puntualità per garantire la realizzazione, nei tempi previsti, degli investimenti e dei percorsi formativi di riqualificazione del personale e l’inserimento graduale (entro il 2017) di nuove risorse collegate allo sviluppo dei nuovi impianti: a regime l’occupazione, come prevede l’accordo, crescerà dagli attuali 310 addetti a 430». «Finalmente, dopo una lunga vertenza contro Versalis ed Eni, abbiamo siglato il protocollo per il rilancio di Porto Marghera in tre anni», ha sottolineato Tito Cristian, segretario dei chimici della Uil veneziana. «Il work in progress dell’intero progetto sarà costantemente monitorato dalla commissione composta dai firmatari del protocollo e soprattutto dai delegati sindacali aziendali. Tutto questo affinché non faccia la misera fine di precedenti progetti industriali. Tutti coloro che hanno siglato il Protocollo devono ora prodigarsi affinché il progetto sia realizzato nella sua interezza». «Questo accordo per Porto Marghera rappresenta un traguardo per il quale ci siamo impegnati, ma è soprattutto un punto di non ritorno» osserva il vicepresidente del gruppo Pd alla Camera, Andrea Martella, «d’ora in poi non c’è più scusa che tenga: gli impegni si devono trasformare in fatti concreti, perché dopo tanto, troppo tempo, Eni ha firmato un’intesa che apre scenari incoraggianti per l’occupazione e lo sviluppo “green” che permette di tenere assieme le esigenze ambientali e quelle produttive. Per questo occorrerà un monitoraggio costante del Governo e degli enti locali». Emanuele Rosteghin, segretario comunale del Pd, aggiunge: «Il monitoraggio deve riguardare anche la vendita sul mercato europeo delle aree cedute da Eni alla newco di Comune e Regione e deve anche garantire la miriade di imprese dell’indotto del Petrolchimico da coinvolgere nei processi di riconversione».

Gianni Favarato

 

L’olio di palma certificato in futuro sarà sostituito

Saranno cinque le navi cisterna (nella foto) che riforniranno di olio di palma (200 mila tonnellate all’anno) il nuovo polo di chimica verde di Versalis-Eni a Porto Marghera che dal 2017 produrrà bioadditivi chimici. La stessa Autorità Portuale di Venezia – che ha sottoscritto il Protocollo su Porto Marghera al ministero – spiega che «Versalis utilizzerà nuove strutture logistiche portuali assieme a quelle esistenti nel sito e ciò è un primo esempio magazzino della chimica che sperimenterà nuovo modello di integrazione di manifattura-logistica a Porto Marghera su cui l’Autorità Portuale sta lavorando in un’ottica di riconversione, non solo dell’industria che si affaccia sulle banchine, ma anche degli stessi traffici marittimi». L’olio di palma è già utilizzato nella riconvertita bioraffineria Eni di Porto Margheraper produrre biodiesel. «L’olio di palma, proveniente dall’Indonesia», ha precisato Eni, «è un prodotto in stretta osservanza delle norme europee, che vietano la coltivazione in zone aree ricoperte da foresta primaria, con la Certificazione Iscc, che attesta la coltivazione effettuata in terreni autorizzati e nel rispetto dei diritti umani e del lavoro, a cui si aggiunge la Certificazione 2BSvs che attesta la riduzione delle emissioni dei gas serra e, infine, la Roundtable on sustainable Biofuel con la quale si certifica l’eliminazione degli impatti negativi sull’ambiente e il mantenimento della produttività dei suoli e della qualità delle acque». Eni precisa anche che la Green Refinery prevede di sostituire in futuro l’olio di palma con altre «biomasse oleose di prima generazione, di seconda generazione (grassi animali, oli esausti di cottura e waste del ciclo agricolo) o di terza generazione (oli da alghe e rifiuti)».

 

Il progetto

Da qui al 2017 è tutto stabilito. Investimenti da 200 milioni

A scanso di possibili equivoci e soprattutto ritardi, il Protocollo per la trasformazione dello stabilimento di Versalis a Porto Marghera, siglato l’altro ieri al ministero dello Sviluppo, ha in allegato due tabelle con il cronoprogramma dei lavori, trimestre per trimestre con tanto di adempimenti tecnici e burocratici da compiere, fino alla loro conclusione prevista per la fine del 2017. Il progetto prevede investimenti per circa 200 milioni di euro – dei quali 10 per le infrastrutture e la logistica entro il 2015 – che si svilupperà a tappe entro il 2017, con la chiusura definitiva del cracking dell’etilene ma non quello degli “aromatici”. Sono previsti due tipi di interventi, il primo dovrebbe concludersi nel primo trimestre del 2017 e riguarderà il riassetto della logistica di Versalis (ricondizionamento dei depositi, scarico delle navi cisterna e gestione pipe-line per i rifornimenti di etilene e altri derivati della virginafta a Mantova, Ferrara e Ravenna), la costruzione di nuove caldaie per la produzione di vapore. Il secondo capitolo di investimento riguarda la costruzione del nuovo polo tecnologico di chimica verde, insieme alla società americana Elevance per la produzione di polimeri speciali (bioadditivi chimici) rinnovabili con un nuovo impianto di “metatesi” e un secondo per la “idrogenazione e separazione selettiva”.

 

Per l’ex assessore all’Ambiente occorre un «monitoraggio costante» per evitare fallimenti

Bettin: «Un salto in avanti, ma non è scontato»

Anche l’ex assessore all’Ambiente e leader storico dei Verdi veneziani, Gianfranco Bettin, plaude all’accordo che prevede «finalmente» la riconversione di Porto Marghera alla «chimica verde». Ma con molta prudenza e preoccupazioni sulla sua applicazione, visto i precedenti. In un’intervista rilasciata al sito on-line Venezie Post, Bettin riconosce che «la novità sarebbe la trasformazione del cuore stesso degli impianti strategici del Petrolchimico con una chimica radicalmente cambiata, con la ripresa di una filiera di ricerca che tenderebbe poi ad essere applicata alla produzione, a riportare qui il mix di eccellenza che fece grande Marghera tra gli anni ‘40 e i ’60. Quella chimica che prese il Premio Nobel con Natta, che inventò nuovi materiali e che si nutriva di un nesso strettissimo con la ricerca». L’uso del condizionale, però, è d’obbligo, secondo Bettin, perché «anche altre volte sembrava decollare in modo ottimale e poi in realtà non ha prodotto nulla e gli accordi hanno funto da alibi per spremere le aziende. Chi firmava quelle intese aveva il retropensiero di andarsene prima possibile e usava gli accordi per spremere gli impianti, come fece la Dow Chemical per esempio. Cosa che spiega gli incidenti di quegli anni dovuti alla mancanza di investimenti in sicurezza. Le aziende erano a perdere e non ci si investiva». Il Protocollo siglato l’altro ieri al ministero dello Sviluppo, secondo Bettin, sancisce «il fallimento di quegli accordi, cercare di sostenere la vecchia chimica del petrolio e del cloro» e potrebbe rappresentare «un vero salto di qualità, anche perché la filiera residua che resterebbe in gioco verrebbe messa a nuovo. Riposizionare ciò che resta del polo chimico, con una produzione sul versante green che usa materie vegetali non sottratte possibilmente a usi alimentari, significa una grandissima novità. Non più, quindi, la chiusura d’interi stabilimenti e reparti ma il riavvio di un ciclo virtuoso sulla natura delle produzioni, con una ripresa dell’attività di ricerca. Venezia ha un enorme patrimonio tecnico scientifico, professionalità d’eccellenza e un tessuto sociale che ha saputo convivere con una chimica tra le più pericolose al mondo. Ora ha la possibilità di sostenere la conversione green anche con i saperi delle facoltà di scienze ambientali e chimica dell’Università Ca’ Foscari, il centro di ricerca Vega, tutte condizioni importanti perché questo investimento possa poi generare altre cose».

(g.fav.)

 

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Copyrights © 2012-2015 by Opzione Zero

Per leggere la Privacy policy cliccare qui